Intramoenia

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mente una critica distratta ed un mercato centralizzato avevano alzato, in definitiva di entrare a pieno titolo nel sistema dell’arte. Indipendente e parallela al sistema dell’arte è, invece, l’attività del progetto Oreste, collettivo di artisti dall’identità variabile e sfuggente che, intorno alla seconda metà degli anni ’90, mette al centro della sua azione la condivisione, la progettualità, lo scambio di idee, il coinvolgimento del pubblico. Dell’esperienza delle residenze a Montescaglioso, località scelta dal gruppo per le sue caratteristiche di marginalità, si nutre la formazione di alcuni artisti lucani, come Dario Carmentano, che approfondirà, attraverso suoi progetti di residenze – Rupextre – e di mostre come occasioni di confronto tra artisti, la ricerca di Oreste volta alla creazione di comunità allargate ed aperte di artisti ed intellettuali in grado di esercitare liberamente il proprio spirito critico nei riguardi del mondo contemporaneo, metterne in discussione i codici o servirsene per immaginare e progettare mondi diversi. Carmentano trasfonde questo spirito nel gruppo di artisti che, prima di Intramœnia, aveva esposto a Matera al parco La Palomba, nella mostra Chora, territorialità spurie. Già al suo apparire il gruppo si presenta come un “dispositivo di ricerca” (Donato Faruolo, ndr), uno spazio di dibattito intellettuale aperto a chiunque voglia parteciparvi – gli artisti coinvolti non sono presenze fisse – contribuendo alla realizzazione di un laboratorio di riflessione sul mondo contemporaneo. L’obsolescenza delle immagini nell’era digitale, la manipolazione degli immaginari collettivi, la verifica di nuove dinamiche di relazione tra gli esseri umani, la mercificazione del patrimonio identitario dei territori, la crisi del paesaggio ridotto a “riserva indiana” per un turismo sostenibile, il colonialismo linguistico e iconografico imposto dal sistema economico, l’irriducibilità della morte nell’era dell’identità virtuale, il ruolo dell’artista al di fuori del sistema dell’arte, sono alcuni degli stimoli raccolti dagli artisti per innescare opere come macchine di senso, per congegnare un affresco

corale ma dissonante in cui ogni tono timbrico è ben riconoscibile. A confermare questo intento di confronto nella differenza, gli artisti hanno scelto di esporre, oltre ad un’opera singola incastonata in una delle nicchie del museo, un’altra loro opera in dialogo con quella di un altro artista del gruppo, con criteri assolutamente imprevedibili, lasciando il fruitore libero di creare le proprie associazioni. E tutto questo partendo da un osservatorio, la Basilicata, che, purificato da tutte le connotazioni e gli immaginari proiettatigli addosso in secoli di conquiste, diventa, come il tursitano “inventato” da Pierro, “un’isola linguistica”, il luogo delle possibilità sperimentali e delle deviazioni dalla tradizione, il contesto ideale per un’arte essenziale, sorgiva, esente da lasciti immarcescibili, che dell’isolamento fa una ricchezza e non un limite, o meglio nel limite trova la sua forza gnoseologica. Qualche anno fa avevo rilevato in un mio intervento per la Fondazione SoutHeritage l’approccio inevitabilmente indiretto degli artisti lucani all’arte e il carattere metalinguistico della produzione artistica che viene fuori da questo particolare stato di cattività, dalla vertigine di un azzeramento culturale che, ormai mi sembra chiaro, è sia cercato che imposto. A distanza di anni da quella ricognizione l’arte qui rappresentata conferma la sua natura di arte mentale che mai indulge alla pura emozione “retinica” e sensoriale, un’arte intellettuale che riflette su se stessa. Ma al di là dello sperimentare e verificare, l’arte lucana contemporanea è meno autoriflessiva di un tempo, meno chiusa nel proprio empireo, alla meta-cognizione associa la coscienza del mondo in cui è immersa, attraverso i suoi strumenti di riflessione e il suo linguaggio analizza, critica e ridefinisce la realtà contemporanea. Intramœnia è l’opposto della chiusura in un recinto, è la riflessione senza condizionamenti, è la condivisione di idee senza prevaricazione, è l’arte senza scopo. L’indagine profonda del paesaggio è parte importante del lavoro di Salvatore Laurenzana, fotografo e documentarista che esplora da tempo le per-


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