Invitation to the Kremlin

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Tessuti pregiati e opere d’arte applicata italiana nel cerimoniale di stato russo del Cinquecento e del Seicento

realizzate sulla falsariga di quelle vecchie. Nei documenti di archivio relativi al consumo dei tessuti in base ai decreti dello zar, spesso si riscontra la frase ”... più del miglior modello vale il modello del vecchio …” (velluti, kamke, panni ecc.). Le usanze di corte in Russia erano caratterizzate da un certo conservatorismo nell’uso dei tessuti. Poiché la forma e la funzione degli oggetti e la foggia degli abiti non cambiarono fino alla fine del Seicento, spesso si ricorreva senza pensarci agli stessi disegni e allo stesso tipo di tessitura. L’attenzione scrupolosa e lo zelante rispetto che suscitavano le stoffe pregiate italiane e gli oggetti confezionati con esse, fecero sentire la neccessità di fabbricare foderi e custodie per proteggerli. Forse sarà utile ricordare che l’amore “dei Russi per coprire e mettere al riparo ogni cosa” era una caratteristica segnalata dai viaggiatori stranieri. Inoltre, le custodie e gli astucci per le reliquie religiose avevano anche la funzione di proteggerne la sacralità, mentre le custodie per gli oggetti della famiglia reale dovevano preservarli dai danni materiali e dal “malocchio”. Tra gli oggetti della mostra è esposta la custodia di una palitsa (epigonation), confezionata con kamka verde italiana a disegno vegetale (cat. n. 84). L’involucro che si chiude con bottoni d’argento ha tre apposite cavità per proteggere le nappe di perle dell’oggetto appartenente alla Sagrestia patriarcale.

fianchi senza cucitura, falde oblique, profonda scollatura, maniche larghe e corte. Il copricorrazza dello zar Michele, giunto fino a noi, passò nella tesoreria di suo figlio Alessio, e con quest’ultimo partecipò alla campagna di Smolensk, nel 1654. Confezionato con ogni evidenza nelle botteghe del Cremlino, è cucito in atlas rosso ed è decorato con ricami di fili d’oro. Il disegno e la composizione dei ricami si ispirano a ricami e applicazioni italiani della fine del Cinquecento, inizio Seicento. L’artista russo, che creò il disegno del ricamo d’oro sul vestito dello zar, li aveva di certo visti a corte, dove erano entrati a fare parte della vita e del cerimoniale. Di questi oggetti italiani si è conservata una gualdrappa (chaldar) in velluto rosso scuro con disegno applicato eseguito con obyar liscio e rabescato in combinazione con canneté monocromo di seta (cat. n. 53). Le gualdrappe costituivano una parte importantissima della bardatura di gala dei cavalli. La loro destinazione specifica e di conseguenza la loro foggia erano di diverso tipo. Alcune gualdrappe coprivano il petto e la groppa del cavallo, altre venivano poste sotto la sella, altre ancora coprivano la sella. Durante una processione solenne lo stesso cavallo poteva portare più gualdrappe contemporaneamente. Ci sono documenti che raccontano come le gualdrappe di stoffe pregiate con ricami d’oro e perle venissero custodite in uno specifico deposito presso il Dicastero della scuderia del Cremlino di Mosca, che le distribuiva ai partecipanti alle cerimonie ufficiali. Facevano parte dell’addobbo dei cavalli anche le selle rivestite con tessuti di importazione fissati su intelaiature d’oro e d’argento, decorate con pietre preziose e rifinite con disegni cesellati, niellati e smaltati, e nappe da appendere sotto il collo dell’animale, nauz, intrecciate con fili di seta e perle. La mostra espone due selle, opera delle officine del Dicastero della scuderia, i cui sedili sono rivestiti con velluto rytiy italiano (cat. nn. 54–55), e una nappa per il collo che ha la parte superiore in argento a forma di un’aquila bicipite araldica sotto due corone (cat. n. 60). Le pregiate stoffe italiane non servivano solo per arredare le cerimonie ufficiali di corte e per altri usi laici e religiosi. I tessuti importati in pezze costituivano anche l’annuale emolumento reale, servivano cioè da onorificenza, e non a caso, tra i beni di molti nobili russi del Cinquecento e del Seicento sono elencati vestiti cuciti con stoffe pregiate donate dallo zar. Anche le donazioni che la corte offriva alle chiese e ai monasteri, una tradizione per l’ortodossia russa, erano costituite da stoffe preziose che arrivavano da altri paesi, o da oggetti fabbricati con le stesse.

Tra le più importanti cerimonie di stato in Russia c’erano quelle militari. La solenne processione della fanteria e della cavalleria accompagnava non solo le campagne militari, ma anche la partenza della famiglia reale per un pellegrinaggio. Gli stranieri che visitavano la Moscovia tra il Cinquecento e il Seicento con immancabile entusiasmo descrivevano le solenni parate militari dei russi. L’inglese Richard Chensler, che visitò Mosca durante il regno di Ivan il Terribile, notò la presenza di “giachi coperti di velluto e di broccato dorato” 10. Il suo connazionale Giles Fletcher notò cinquanta anni dopo che i capitani dell’esercito russo avevano addobbo “di corazza damascata, di ottimo acciaio lucente, sopra la quale era d’uso indossare anche vestiti di broccato d’oro con orlatura in ermellino” 11. La mostra espone un campione dei paramenti reali fatti per le parate militari, il cosiddetto nalatnik (copricorazza, cat. n. 44). Il pezzo che apparteneva allo zar Michele è descritto nell’inventario della tesoreria reale con queste parole: “Il copricorazza è ricamato su atlas con oro trafilato e filato, il rimesso in atlas giallo, la fodera in taffetà azzurro”. È un capo corto a larghi lembi, con


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