Dislivelli.eu n. 109 febbraio-marzo 2021

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a cura dell'Istituto architettura montana – www.polito.it/iam

di Luca Gibello Il rifugio è uno straordinario modello di socialità con condivisione degli spazi e funzioni che educano alla convivenza e all’adattamento. Oggi, messo in crisi dall’emergenza sanitaria, grazie agli gli accessi contingentati e programmati, potrebbe favorire una ridistribuzione più equilibrata dei flussi. La rarefazione, che connota nel profondo l’ambiente dell’alta quota (non solo la rarefazione dell’aria, ma anche quella della presenza antropica, vegetale e animale, dei morfemi paesaggistici, ecc.), a causa della pandemia riguarda anche l’ambito del rifugio, inteso come entità spaziale definita. Con il paradosso che l’unico elemento artificiale in alta quota, concepito come punto di riferimento e aggregazione, che favorisce e implica la concentrazione di persone e attività, ora si deve attrezzare per una loro, almeno parziale, dispersione. Ricordiamo che, tra le strutture di accoglienza, il rifugio è uno straordinario unicum come modello di socialità, con una serie di regole (scritte e non), che connotano la condivisione di spazi e funzioni che educano alla convivenza, all’adattamento. Tuttavia, ora, i concetti di “condivisione” e “promiscuità” appaiono quanto di più lontano ed esecrabile rispetto all’idea di separazione e allontanamento implicata dai protocolli dell’emergenza sanitaria. Talvolta, capita che non vi sia nulla di più definitivo delle trasformazioni “provvisorie”. Così, prima d’intervenire sullo spazio fisico dei rifugi (tavoloni dei refettori sostituiti da tavolini? camerette ricavate dalla vivisezione dei famigerati e inconfortevoli cameroni?), prendiamoci un attimo per riflettere, per non rischiare di buttare il bambino con l’acqua sporca. Così, bene ha fatto il Cai ad intervenire tempestivamente nel garantire fondi di solidarietà per i rifugi e i rifugisti (che, ricordiamolo, di quella passione, che è pur sempre un lavoro, debbono campare): una meritoria quanto doverosa politica di welfare per affrontare un’emergenza che, si spera, sia temporanea. Infine, esiste un risvolto (positivo) della medaglia? Probabilmente sì. Chissà che le limitazioni di spostamento, gli accessi contingentati e programmati, non favoriscano una ridistribuzione dei flussi. Da un lato, nell’arco temporale: se non siamo pensionati, ora che abbiamo scoperto lo smart working, riusciremo a frequentare la montagna qualche volta anche in settimana, spostando certune in32


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