n. 1-2 gennaio/febbraio 2010

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LINGUE STRANIERE

il contributo CLIL

Perché sceglierlo Molti istituti scolastici sono sempre più impegnati o perlomeno interessati ai progetti CLIL, ossia programmi di insegnamento di una disciplina in lingua straniera. L’esperienza maturata in questi anni come consulente e formatrice CLIL, sia in Trentino che a livello nazionale (compresi progetti MIUR) nonché in progetti europei, mi mette spesso di fronte al problema di spiegare agli insegnanti, soprattutto disciplinari, perché fare CLIL sia più vantaggioso che non farlo e quali siano i fattori che hanno portato a ottimi risultati in alcuni Stati europei, in cui il CLIL è ormai collaudato. Cercherò qui di riassumere le motivazioni più solide della ricerca, con l’augurio di fornire sia informazioni sia spunti di riflessione validi per coloro che intendano approfondire la conoscenza del CLIL senza farsi fuorviare da altre ragioni che spesso derivano dal puro e semplice pregiudizio. Le domande di tutti Come molti dei nuovi progetti didattici, anche il CLIL ha aspetti critici e aspetti vincenti. Il fatto che questi ultimi superino i primi per quantità e consistenza non esime però molti colleghi dal rifiutare aprioristicamente l’esperienza CLIL, per il semplice fatto che propone qualcosa di nuovo e pretende una rielaborazione dell’esistente. Questo connubio, novità + riflessione, basta già, nella scuola, a guadagnarsi dei nemici. Ecco dunque alcune delle domande che mi vengono rivolte di frequente. Le risposte non pretendono di essere indiscutibili, tuttavia richiedono al lettore una lettura intellettualmente onesta e curiosa. Chi me lo fa fare? Come tutte le cose serie e per di più nuove, anche il CLIL richiede impegno. Da qui la domanda posta. Onestamente la filosofia “del chi me lo fa fare” potrebbe valere per tutto il lavoro dell’insegnamento, così come per quello dell’apprendimento e mi piacerebbe sapere cosa rispondono gli insegnanti che si pongono questa domanda agli studenti che campano con la filosofia del “chi me lo fa fare a studiare”. Ora, è innegabile che nel CLIL ci sia “da fare”. Ma, a ben vedere, qualsiasi insegnamento richiede degli sforzi, “fa fare” una programmazione che non sia solo la copiatura dell’indice del libro di testo, impone la ricerca di materiali che non siano solo quelli del manuale, richiede la conoscenza dei propri alunni per stabilire le priorità dell’insegnamento. In compenso, però, mentre la supina applicazione del libro di testo non garantisce apn.1-2 gennaio/febbraio 2010

prendimento, il CLIL, se ben fatto, può produrre risultati davvero sorprendenti e non solo per l’alunno. Buoni risultati nella lingua Perché la maschera. Vale a dire, non la insegna in maniera esplicita e dunque rende l’esposizione ad essa molto più autentica, meno ansiogena e certamente più comunicativa. Il fare lingua senza accorgersene diventa dunque il primo motivo per un’acquisizione solida e motivante, molto più dell’insegnamento curricolare; la lingua finalmente non viene descritta, viene semplicemente usata, ascoltata, letta, parlata, cioè riacquista finalmente la sua vera essenza, ciò per cui esiste e vive. Il vero focus del CLIL non è la lingua, ma la disciplina, dunque l’insegnamento formale della lingua viene aggirato e così risulta molto più efficace. L’apprendimento nella disciplina Le ricerche dimostrano che i contenuti appresi in CLIL, diversamente da quanto accade con gli altri, sono molto più duraturi, non vengono dimenticati facilmente. Questo succede perché il CLIL impone almeno due azioni: una riflessione sui nuclei portanti della disciplina, sui suoi saperi irrinunciabili (cosa che da anni viene richiesta e mai veramente realizzata); un modo attivo, dinamico di proporla che esuli quasi totalmente dalla lezione frontale e dal circolo chiuso spiegazione-ripetizione che certo può garantire una valutazione consona alla struttura scolastica ma non è sempre sinonimo di apprendimento. Quanto alla prima azione, l’insegnante CLIL deve per prima cosa chiedersi: cosa voglio che i miei scolari sappiano e sappiano fare al termine di questa esperienza? Qual è la soglia di competenza sotto la quale non posso scendere? Non è una semplice domanda di routine, si tratta al contrario di un interrogativo molto serio che, una volta trovata una risposta, non dovrà più essere posto. Una programmazione dettagliata Quanto al metodo, è la parte più interessante di tutta l’azione. La programmazione CLIL deve essere dettagliata in maniera quasi maniacale. Una programmazione che reciti: “leggere in classe un testo e scambiarsi informazioni” non dice nulla di quanto in classe debba realmente avvenire. La scelta del testo, ad esempio, è fondamentale, poiché dovrà avallare la competenza di materiale disciplinare e non di conoscenze linguistiche, dunque va specificato con quale tipologia testuale si intende lavorare e perché quella e non un’altra. E poi: come si formano i gruppi? Quali sono le consegne esatte? Come vengono date? Cosa fanno gli alunni dentro al gruppo? E come fanno a scambiarsi conoscenze? Tutti parlano con tutti? Vengono dati incarichi? Distribuite schede? Usano il dizionario o altri materiali? Pianificare in anticipo In altre parole, il CLIL riabitua gli insegnanti alla minuta scansione dell’azione didattica, insistendo soprattutto sul tipo di compito, sul tipo di materiale da utilizzare, sulle consegne e sulle procedure e molto meno sul 9


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