Progettare con l'altro

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Giuseppe Lotti Progettare con l’Altro

uomini”4 è altrettanto vero che la coesistenza non sempre è facile e tante sono le implicazioni della problematica. Un manifesto tedesco degli anni novanta sintetizzava efficacemente la complessità del tema. “Il tuo Cristo è ebreo. La tua macchina è giapponese. La tua pizza è italiana. La tua democrazia greca. Il tuo caffè brasiliano. La tua vacanza turca. I tuoi numeri arabi. Il tuo alfabeto latino. Solo il tuo vicino è uno straniero”5. In più troppo spesso, da alcuni parti, la problematica è stata eccessivamente banalizzata. Come scrive Samgati: “…anche dalla xenofilia acritica, da un atteggiamento a priori e indiscriminatamente favorevole all’immigrazione, possono derivare malintesi e ostacoli a una società più aperta ed equa”6. “Presi da eccessi di buonismo, si rischia poi di sconfinare in una sorta di ecumenismo che per allontanare i primi accenni di razzismo dei ragazzi porta a dire: ‘Siamo tutti uguali.’ In questo modo si legittima l’altro solo perché è uguale a noi, non perché è diverso e come tale va rispettato”7. Il fenomeno è stato, nel tempo, variamente interpretato dagli analisti sociali. Inizialmente si è parlato di integrazione intesa come necessità da parte dei nuovi venuti di adeguarsi alle regole culturali della società di arrivo. Un concetto, quello di integrazione, ancora oggi molto diffuso sia nel linguaggio comune che a livello di dibattito politico. Successivamente si è visto nel multiculturalismo e dunque nel mantenimento dei modelli di partenza e nella convivenza tra le diverse etnie la soluzione democratica dei conflitti. L’integrazione oggi non può voler dire assimilazione al nostro modello culturale, ammesso che ne esista uno, valido in assoluto. La richiesta di assimilazione è ingiusta perché implica che il costo dell’adattamento sia pagato esclusivamente dai migranti, in termini di libertà del loro stile di vita. Poiché la società democratica è profondamente pluralista e riconosce a ciascuno il diritto di libertà culturale, la richiesta di uniformarsi ai nostri usi e costumi di per sé uniformi è insieme contraddittoria e discriminatoria. Ciò ha portato però alla creazione di quartieri monoculturali che talvolta sono divenuti dei veri e propri ghetti. L’opzione attuale è quella della scelta interculturale in cui si afferma che è necessario che da entrambe le parti – quella di chi arriva ma anche quella del residente – ci sia un avvicinamento cit. in Marco Aime, Eccessi di culture, Einaudi, Torino, 2004, p. 6. ivi, p. 73. 6 Samgati, Il mondo in casa. Storie da una piazza italiana, Laterza, Roma-Bari, 2006. 7 Marco Aime, op. cit., p. 61. 4 5

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