gi come foreste pietrificate, consunti e bruciati, le stoffe lacerate e strappate che mostrano le trame delle macchine che le hanno generate, perfino i frammenti di oggetti che a fatica la mente ricostruisce nella memoria, entrano definitivamente in una dimensione estetica che è ormai parte integrante anche della cultura architettonica più aggiornata. Mi vengono in mente gli interni di J. Nouvel per il “Bordeaux Hotel” con i rivestimenti e gli intonaci originari del vecchio decrepito albergo e le pareti e gli ingranaggi dell’antico teatro del “Triatrix“di P. Stark a Madrid, integrati perfettamente in nuova e coraggiosa architettura, o, addirittura, progetti più sorprendenti come la “Texas House” di Steven Holl o la “Doreen Residence” di Frank Gerhy. Ma la realtà del mondo ci parla non solo di materie naturali, vissute con una loro genesi ed una storia, ci parla anche di materie artificiali, i catrami e le plastiche, che non hanno mai avuto una forma e che rappresentano metaforicamente il segno più degradato dello sviluppo industriale. Su queste l’operazione di Burri, uscito da un lungo periodo di stasi dovuto all’immobilità della malattia, è ancora più sconvolgente. Questa nuovo campo di indagine è il prodotto di un processo industriale massificato irrazionale e dilagante. Su questo scenario si volge lo sguardo dell’artista, non solo critico ma comunque pervaso da un’inesauribile energia d’invenzione e costruzione. Questa nuova materia, bianca o nera, trasparente, sgradevolmente appannata o dimessamente lucente non può essere trattata con una cucitura o uno strappo. La composizione in questo caso è affidata ad un mezzo diverso dalla manualità quasi rituale con cui aveva operato in precedenza. Per la sua consistenza molecolare solo il fuoco può aggredirla, solo la fiamma ossidrica può dipingerla. Tuttavia l’operazione non è mai casuale, il fuoco non distrugge ma, sotto il controllo attento e partecipe dell’artista, crea con questa materia, la più insignificante e anonima, combustioni, pieghe e crateri che si aprono su fondi neri e lucidi a comporre nuovi e grandiosi territori. L’artista attua in sostanza la più antica delle metamorfosi: trasforma la materia più umile in oro con la magia dell’alchimia. Questo è un processo che potrebbe investire anche l’architettura se rapporteremo quelle materie artificiali alle materie dei contesti informi delle aree metropolitane e periferiche. Sono un labirinto della città per dirla con
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Rella, un luogo di smarrimento ma anche di scoperta: uno spazio fatto di frammenti disomogenei, di realtà incompiute e di degradazioni, che non possono essere chiuse in uno sguardo; se il nostro contesto è pertanto quello reale, composto da monumenti e pregevoli nuclei storici ma anche e soprattutto da vuoti urbani e anonimi casermoni, da manufatti e infrastrutture tecnologiche, da viadotti e raccordi autostradali, da relitti industriali e attrezzature dimesse, da esso dobbiamo trarre il massimo delle iterazioni possibili. E pare particolarmente efficace l’analogia con le operazioni artistiche di Burri da cui potremo derivare un più costruttivo rapporto con il contesto e in architettura, rinnovare soluzioni formali di un nuovo fondamentalismo materico di assolutezza espressiva. Materia e forma questi due termini che non solo il pensiero figurativo, ma anche quello architettonico, vuole divisi, torneranno di fatto a coincidere. Come quando in un dipinto figurativo i tagli e le cesure aprono squarci di cielo dobbiamo disporsi di fronte al progetto con analogo e partecipe atteggiamento; il risolversi dell’informe nella forma per un architetto significa, come già ci aveva insegnato Alberto Burri, accogliere i più insignificanti frammenti del panorama quotidiano, accettarli nella loro banalità e trasformarli in una forma, una dignità figurativa, un “ordine che congiunge la forma umana ad una realtà più alta, quella dello spirito”.13
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James Johnson Sweeney, Alberto Burri, Catalogo della VII Quadriennale Nazionale d’Arte, Roma, Novembre 1955 – Aprile 1956 2 Oreste del Buono, Piero della Francesca, Rizzoli editore, Milano, 1967 3 Arch. Paolo Zermani: nuovo museo per la Madonna del Parto, Arch. Gino Tavernelli: ampliamento del cimitero di Monterchi 4 Francesco Arcangeli, presentazione alla Mostra “Opere di Alberto Burri” Galleria La Loggia, Bologna: 22 Ottobre – 1 Novembre 1957 5 Bruno Matura, Presentazione al Catalogo della Mostra “Alberto Burri”, Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Roma: 15 Gennaio – 14 Marzo 1976 6 Dalla relazione della Tesi di Laurea di Nicola Faini e Renata Sicilia, Soundscape: spazi e attrezzature per attività musicali - A.A 1989-90, Relatore: prof. Alberto Breschi, correlatore: arch. R. M. Ansari 7 Giulio Carlo Argan, Salvezza e caduta dell’arte moderna, Milano, 1964 8 Metamorph Trajectories – 9° Mostra internazionale di Architettura, Venezia 2004 9 Paolo Volponi in Il cimitero sepolto, Feltrinelli ed., Milano, 1982 10 Giulio Carlo Argan, op. cit. 11 Giulio Carlo Argan, op. cit. 12 Maurizio Fagiolo, Rapporto 60 - Le arti oggi in Italia, Roma, 1966 13 James Johnson Sweeney, op. cit.
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