Dialoghi 269

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Pensare a cristiani preti

Una riflessione del vescovo di Lugano, Valerio Lazzeri Il numero ridotto di candidati al presbiterato, presenti oggi nel Seminario San Carlo, può legittimamente motivare l’approfondimento offerto in questo numero di «Dialoghi». Del resto, da decenni l’approccio statistico, non solo alla nostra realtà diocesana, ma a quella di tutta la Chiesa cattolica, almeno nei nostri Paesi di avanzata secolarizzazione, denuncia il fenomeno di un’inesorabile diminuzione di chi si prepara al ministero ordinato e, di conseguenza, dei preti attivi nel servizio pastorale. Più volte, questo dato è stato oggetto di analisi e riflessioni in vari ambiti diocesani, dai Consigli presbiterale e pastorale alla Pastorale giovanile e familiare, negli incontri di formazione permanente come nelle riunioni a livello vicariale. Un punto su tutti appare chiaro: non è così facile passare dalla correttezza delle

diverse diagnosi del male alla proposta di un’unica ed efficace terapia. Non si tratta infatti soltanto di assicurare un contingente di operatori pastorali adeguato alle esigenze della porzione di popolo di Dio presente sul nostro territorio. Ci si rende conto piuttosto che il processo di trasformazione in atto ci sta interpellando, a un livello ben più profondo, sul nostro essere Chiesa, sul nostro essere cristiani, ossia, «discepoli-missionari», come dice Papa Francesco, testimoni oggi, in quanto battezzati, di Gesù Cristo, morto e risorto. Non si può quindi isolare il problema della scarsità delle vocazioni al ministero ordinato dalla presa di coscienza del profondo travaglio che la Chiesa, la società, l’intera nostra civiltà sta vivendo. Penso personalmente che questo richieda un atteggiamento di profonda umiltà da

parte di tutti. Non ci sono rimedi miracolosi da applicare a quello che ci è chiesto di vivere. Ci è richiesta invece una postura specifica da assumere nel percorrere insieme, senza critiche amare e accuse reciproche, la Via, che, secondo gli Atti degli Apostoli, costituisce il proprium dei cristiani. Essa non è una teoria da tradurre in pratica, ma una Persona viva, che da oltre la morte continua a pronunciare il nostro nome, promettendoci la Verità, la saldezza incrollabile dell’Amore, la pienezza inesauribile della Vita. Oggi forse facciamo ancora fatica a immaginare come saranno in futuro i ministri ordinati e come esattamente li potremo preparare al loro compito. Una cosa mi sembra sicura: quelli che ancora ci saranno donati non potranno che avere le radici ben piantate in questa singolare e inconfondibile esperienza.

Candidati tra ideali e prospettive Il posto è bellissimo: l’ex monastero femminile di San Giuseppe, costruito nel Settecento e situato alla punta nord del centro storico di Lugano, di recente restaurato. Vi abbiamo incontrato la famiglia dei seminaristi della Diocesi di Lugano: cinque, che vi risiedono in permanenza frequentando durante l’anno scolastico la Facoltà di teologia di via Buffi. La sera dell’incontro mancava Davide Furlan (1983), locarnese: «vocazione adulta» la sua (dottorato in archeologia conseguito a Basilea), frequenta il quarto anno di teologia, è già stato ammesso all’accolitato1 Gli altri: Daniele Santini (1998), di Vacallo, maturità scientifica al liceo di Mendrisio, quarto anno di Facoltà teologica, lui pure già accolito. Sono gli unici due ticinesi-doc. Ma non è nato lontano da qui Stefano Piva (1994), di Colico, Alto Lario, diplomato di istituto tecnico, esperienza in fabbrica, organista, al secondo anno di teologia. Da… più lontano provengono Désiré Davguri, 1996, che il suo vescovo, nel Benin, ha mandato a studiare teologia a Lugano (è già diacono) e Hugo Mota, 1992, brasiliano di Minas Gerais, in

1. L’accolitato è un ministero conferito anche ai laici, in vista del servizio alla comunità e in particolare all’altare.

Gli attuali candidati al presbiterato della Diocesi di Lugano, con il rettore mons. Claudio Mottini.

possesso di una licenza di teologia biblica, studia a Lugano per il dottorato. Tre, dunque, i candidati all’impegno e alla vita sacerdotale in Diocesi. Pochi? Sì. Con loro parliamo di «vocazione». Da tutti e quattro è ritenuta un elemento difficile da definire ma importante, anzi: decisivo. Senza «vocazione» non si cresce, su di essa si riflette di persona e in comune. Il Seminario offre anche un accompagnamento di tipo psicologico, che fa presenti i rischi del mestiere (la gestione della propria sessualità, i casi di abusi), criticamente affrontati. Obiettivo condiviso è il mettersi a disposizione, a tutto campo,

al servizio della Chiesa e del prossimo. Che significa? La solitudine della canonica non è considerata un ideale, e chi vuole chiudersi in un monastero non viene in seminario. Qualche incertezza si rileva nel definire il «come» sarà l’impegno prossimo futuro, avvertito genericamente come vicinanza alle persone. Gli alti studi per i quali si deve passare nascondono la realtà del mondo? Risposta difficile. Ma quei tre sono pochi. La Diocesi ci riflette? Bastano le preghiere? Il pensiero corre alla fotografia dei cento e più fotografati tanti anni fa sulla scala di ingresso del seminario di Besso. E.M.

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