Impackt 2/2007

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consumatore pigro e sconsiderato. Al di fuori del tuo lavoro, ti senti più una “trentenaire régressive”, una consumatrice, una mamma possibile o reale...? Naturalmente mi sento sempre un po’ una “trentenne regressiva”, altrimenti non avrei né lo humor, né il distacco per prendermi gioco dei fenomeni della società, come ho fatto con Bollyfood a Milano o la serie dei templi per Le Bon Marché. Sapere che Colette [il noto emporio parigino di tendenza] vorrebbe esporre i miei camion-flaconi mi riempie di gioia. Naturalmente sono e rimango una consumatrice, ma soprattutto per lavoro: adoro esplorare nuovi supermercati, vedere cosa si fa nei bazar o nei discount, vedere cosa compra la gente, cosa butta, è importante per il mio lavoro. Nella mia vita personale, mi piace la catena francese Monoprix: fa lavorare creatori e designer per piccole collezioni moda o oggetti per la casa. Sono una mamma affettuosa, penso; i miei figli, ormai grandini, sono abbastanza fieri del mio lato un po’ folle, e vengono a vedere le mie mostre con i loro amici: questo è per me il più sincero dei complimenti. Che rapporto hai col tuo packaging quotidiano? È una domanda che mi fa sorridere. Siccome avevo bisogno del packaging per fotografarlo o metterlo nelle mie installazioni, mi sono trovata a mangiare coniglio per un mese di fila, per prendere le barchette di polistirolo del mio tempio Bollyfood. In questo periodo, continuo la mia serie di camion-flaconi, e quando mi trovo nella corsia dei detersivi al supermercato, non riesco a evitare di mettere il flacone in orizzontale prima di comprarlo, per vedere se può diventare un bel camioncino...


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