Cultura Commestibile 197

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17 DICEMBRE 2016 pag. 8

Il piacere del successo

Simonetta Zanuccoli simonetta.zanuccoli@gmail.com di

l’arte richiede sacrificio ed è oltre la vita. Il suo lungo apprendistato lo fece prima nello studio di Coubert poi nelle sale del Louvre dove studiava e copiava in maniera quasi ossessiva i maestri del passato, Giorgione, Velasqzquez...Non disdegnò il confronto e l’amicizia con gli artisti suoi contemporanei come Degas, Manet, Morisot e altri numerosi impressionisti ma respinse le loro teorie moderne sull’arte e non partecipò mai alle loro mostre e quando dopo

tanti anni nei quali si guadagnava la vita come copista decise di partecipare al Salon di Parigi nel 1859 la sua opera che seguiva la tradizione realistica e aveva un sapore d’antico e non venne accettata. Nello stesso anno l’amico Whistler lo portò a Londra e lo introdusse nell’ambiente artistico della capitale inglese. E qui le nature morte di mazzi di fiori che lui raccoglieva nel suo giardino ritratti su sfondi neutri in ocra, beige, grigio e nero, senza il pathos di

una dimensione narrativa ma con una perfezione che trasmetteva una misteriosa sensualità vennero molto apprezzate dal mercato e dalla critica tanto che la Royal Accademy gli dedicò una mostra. Sono felice con le mie nature morte nel mio studio in completa solitudine. Ma ben presto si stancò del soggetto e nel 1864 dipinge un quadro dal titolo Omaggio a Delacroix, e nello stesso anno, finalmente, venne accettato al Salon. Iniziò così una serie di ritratti delle persone che facevano parte della sua vita, le sorelle, la moglie, gli amici fatti con la stessa precisione e lo stesso distacco con i quali Fantin-Latour aveva dipinto i suoi mazzi di fiori. Le figure sono fra loro isolate, i colori austeri, i gesti contenuti, nessun messaggio particolare ma solo il piacere visivo della perfezione estetica. Ritratti severi e allo stesso tempo dolcissimi e misteriosi. Nel 1870 una sua opera venne acquistata dallo Stato Francese. È la consacrazione ufficiale. Aver successo senza alcuna concessione mi ha procurato un grande piacere. In seguito le opere di questo idealista che sognava di sfuggire con l’arte al mondo influenzeranno molti pittori simbolisti, facendo di lui, che si era sforzato tutta la vita di restare un pittore classico refrattario ai cambiamenti, moderno suo malgrado.

ne abbiamo ascoltate tante, ci abbiamo creduto, sperato anche se poi, alla fine, spesso ci hanno deluso. Accanto alle parole tradite troviamo montagne di parole offensive. Alcuni sostengono che chi conosce poche parole ha anche poche idee: più parole si conoscono e più ricca è la vita democratica, la discussione, il confronto. Al contrario invece si va incontro al dileggio, alla violenza. Una ricerca dimostra che i ragazzi più aggressivi sono quelli con un vocabolario ristretto, con scarsi strumenti linguistici, i più incapaci di raccontare le proprie esperienze, di esprimere i bisogni. Ma accanto alla ricchezza o povertà del vocabolario c’è anche e soprattutto la qualità delle parole, il loro stato di salute. E oggi

non si può certo dire che sia ottima. Assistiamo ad una loro progressiva perdita di aderenza alla realtà, anzi spesso narrano “verità” che non esistono, finendo per produrre danni e ferite, per sdoganare la trasgressione, le offese, le umiliazioni. Trasformando la nostra comunità in una specie di far west. E i cattivi esempi purtroppo arrivano dall’alto, vengono ripresi dai media e amplificati dai social, fino a diventare consueti e familiari. Quando coloro che sono sotto i riflettori e ai vertici delle istituzioni insultano il Presidente della Repubblica, parago-

nano un ministro ad un orango, oppure dichiarano di voler rottamare le persone, asfaltare gli avversari, di riesumare la “decimazione” verso i senatori e di entrare nel loro partito con il lanciafiamme, beh… allora la convivenza civile si trasforma in autoritarismo personale. A quel punto tutti ci sentiamo autorizzati a fare altrettanto. Penso che la spirale della maleducazione e della violenza, psicologica e fisica, trovi alimento anche da esempi come questi. Continuerà così fino a quando non smetteremo di far finta che le parole non siano importanti.

I

l pizzetto rossastro, i capelli arruffati lunghi e biondi, lo sguardo intenso e lontano, è con questo autoritratto fatto a 24 anni che Ignace Henri Jean Fantin-Latour (1836-1904) accoglie i visitatori alla mostra , la più completa a lui dedicata, al museo di Luxembourg a Parigi fino al 12 febbraio e poi da marzo fino al 18 giugno a Grenoble, sua città natale. Il nome dell’artista in Italia non è molto conosciuto anche se alcune delle sue mirabili nature morte ora esposte le abbiamo viste in molti libri d’arte dedicati al genere. La mostra con 150 opere tra dipinti a olio, litografie, disegni e molte delle foto, soprattutto nudi femminili che lui collezionava è una vera delizia per gli occhi e vale senz’altro la pena d’immergersi dentro per respirare un po’ quella pacata intimità che emanano. Henri Jean-Lautour arrivò a Parigi da Grenoble a cinque anni con le sorelle, la mamma russa e il babbo, docente di disegno e ritrattista la cui severa disciplina in nome dell’arte sarà determinante nello sviluppo della sua personalità. Per tutta la vita infatti Fantin-Latour inseguirà in una forma quasi mistica d’intransigenza un ideale d’arte non legato al suo presente ….ogni giorno che passa la mia visione dell’arte mi allontana da questa vita, perché

di

Remo Fattorini

Segnali di fumo Parole, soltanto parole. No, a pensarci bene le parole sono qualcosa di più e di più grande. Varrebbe la pena non scherzarci, non sottovalutarne l’uso e soprattutto l’abuso. Sarebbe sconsigliata anche la superficialità. Qualcuno ha detto che le parole sono pietre, sono finestre oppure muri. Roba da trattare con cura e da maneggiare con attenzione, anche se oggi hanno perso valore. Come si dice: contano solo i fatti e le parole le porta via il vento. In effetti di parole


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