A CURA DEL COORDINAMENTO TERRITORIALE D’AMBITO - UNIONE GIULIANA Anno 1 - Numero 2 - Luglio 2017
Editore Centro Servizi Volontariato FVG Viale Martelli, 51 - 33170 Pordenone Telefono 0434 21961 - 040 635061 Sito web www.csvfvg.it Direttore responsabile Pierpaolo Gregori Responsabile Privacy Francesco Monea
INSIEME olonta ria mente Progetto sostenuto dal CSV FVG
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Coordinamento editoriale Cristiano Drosg e Domenico Maiello Aut. Trib. di Pordenone n. 713/2017 R.G.V.G. Impaginazione e stampa Mittelcom srl Via del Toro 18 - 34125 Trieste Progetto Grafico Giuseppe Morea
Coordinamenti Territoriali d’Ambito (CTA): il nuovo modello regionale per l’animazione del volontariato Intervista a Marco Iob (presidente CSV FVG), Federico Coan (direttore CSV FVG ) e Francesca Macuz (coordinatrice progettualità OdV e CTA) A cura di Manuela Patella
In questo numero
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uon giorno presidente, molta gente comincia a chiedersi, sentendone parlare in tutta la regione, che cosa siano questi CTA… cos’ha immaginato il volontariato regionale nel pensare ai CTA? M. Iob - I Coordinamenti Territoriali di Ambito sono i luoghi dove le associazioni possono trovare occasioni e opportunità di conoscenza reciproca, di costruzione di sinergie e di collaborazioni; i luoghi dove poter analizzare i bisogni del territorio e costruire insieme le future progettualità. I CTA sono stati voluti dall’Assemblea regionale delle associazioni di volontariato, promossi dal Comitato Regionale e adottati dal CSV FVG come ambiti privilegiati di animazione territoriale. La ripartizione territoriale dei 18 CTA coincide con quella della programmazione sociale (Piani di Zona) e questo rappresenta una precisa volontà di valorizzare il ruolo del volontariato anche nella costruzione partecipata dei sistemi di welfare locale. Per sostenere il percorso costitutivo, il CSV FVG ha avviato e accompagnato, a partire dal 2016, un percorso di progettazione partecipata per ciascun territorio, coinvolgendo centinaia di associazioni, con l’obiettivo di pervenire alla definizione di obiettivi comuni e all’individuazione di un’iniziativa condivisa per dar vita ad un’azione concreta di
Sociale
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Lo Scautismo e i giovani
Il dovere della felicità Socio-Sanitario
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Malasanità: la nuova legge promozione, sostegno e valorizzazione del volontariato locale. A tal fine è stata istituita un’apposita “equipe territoriale di facilitatori” che ha collaborato attivamente all’organizzazione di 114 incontri di progettazio-
ne partecipata che hanno visto in un anno 1.535 presenze e che collabora tutt’ora e continuativamente per accompagnare e supportare le attività nei diversi territori. >>> Continua a pag. 16
Novità per i pazienti Ambiente
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L’editoriale - Volontariato d’estate di Pierpaolo Gregori
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omincia a diventare seria quest’avventura della nostra rivista, che tanta attenzione ha avuto sia dal mondo del volontariato che da quello dei media nelle settimane successive al lancio del primo numero. Esaurita una prima tornata di presentazioni delle OdV che hanno dato il là a questa iniziativa, questo numero ospita nuove associazioni ma ha, per una precisa e democratica scelta dei partecipanti, un taglio ben specifico. La linea guida che ispira gran parte dei contributi che troverete in questa edizione è infatti ispirata allo slogan:
“Volontariato d’estate”. In quella che potrebbe sembrare una stagione poco vivace, perché la più diversa a livello di impegni di routine rispetto alle altre, possiamo scoprire le tante proposte e le tante offerte che il nostro variegato mondo è in grado di mettere in campo in questi mesi caldi. Queste settimane, però, non rappresentano solo un periodo in cui le offerte si diversificano e si aprono ad ambienti che in inverno possono essere inospitali. Questo è un ottimo momento per coinvolgere le nuove
leve del volontariato, i giovani e gli studenti che lontani dai libri vogliono e possono dedicarsi a un ideale, a un hobby o più in generale a quelle passioni che in periodo scolastico/universitario non si riescono a coltivare degnamente. E credetemi, questi ragazzi ci sono, bisogna soltanto riuscire a incanalare la loro energia e la loro voglia di mettersi in gioco con proposte interessanti, motivanti e coinvolgenti. Alcuni suggerimenti potete trovarli proprio nelle prossime pagine: buona lettura!
Gabbiani: saperne di più
Convivenze difficili Cultura
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Pescaturismo e ittiturismo
Volontari ecosostenibili
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Essere felici è un dovere dei bambini Lo scautismo indica la strada giusta per diventare uomini e donne veramente in gamba I Castorini: sono piccoli ma con enormi sorrisi. Parliamo degli scout piu’ giovani in assoluto. Al richiamo di «casto-castorini», arrivano correndo e gridando «crunch». Con entusiasmo tirano fuori la voce per far sentire il loro «grido di capanna». Le capanne sono i gruppi in cui i Castori sono divisi, sono loro stessi a scegliersi i nomi. Quest’anno abbiamo le more e le castagne, il prossimo vedremo la fantasia dei bambini. Giocano, si divertono, condividono momenti sereni e festosi assieme ai Vecchi Castori; il loro motto è condividere. Quando Occhi di Falco, Raggio di Sole, Tic Tac o Gym raccontano le storie della famiglia Jones, vengono catapultati con la fantasia ai margini del bosco, dove i Castori costruiscono dighe e fanno amicizia con gli umani. Durante le vacanze di Colonia sono instancabili, quando arriva la sera sono stanchissimi e allora arrivano le coccole dei Vecchi Castori, che li aiutano ad addormentarsi. I Lupetti: faccine un po’ perplesse ed altre con un sorriso enorme. Entusiasmo e timore si mescolano ad aspettative e domande. Stanno per iniziare le vacanze di «Branco»; questo è il nome del campo estivo dei Lupetti, ragazzini dagli 8 ai 12 anni. E’ un’esperienza entusiasmante durante la quale i Lupetti incontreranno strani personaggi che li accompagneranno durante le giornate del campo. Vivranno prove divertenti, giocheranno assieme e impareranno lentamente a diventare autonomi. Si impara a condividere momenti di gioia; essere felici è un dovere dei bambini. Capita di cercare un «nemico» che ha rubato un oggetto importante per il Branco. ed ecco che partono alla caccia del tesoro perduto durante una sera d’estate, accompagnatidai Vecchi Lupi (i capi che accompagnano i ragazzi), che stanno attenti affinché nessuno si faccia male.
E’ bello scoprire la zona che ci ospita, fare una passeggiata lungo i sentieri che portano in cima alla montagna. La salita è faticosa, ma ci sentiamo orgogliosi di essere arrivati fin lassù, tutti assieme. Il momento magico è quando si accende il fiore rosso, così i Lupetti chiamano il fuoco di bivacco. Scenette, canti, giochi, che emozione attorno a quelle fiamme, questi ricordi rimarranno indelebili nel cuore di tutti. Gli Esploratori: il campo estivo del reparto conclude un anno in cui, Esploratori ed Esploratrici, si sono preparati sulle tecniche scout. Stiamo parlando di nodi, costruzioni, fuoco, cucina, orientamento con
bussola e cartina, primo soccorso, camminate in montagna, e altre tecniche che ci rendono pronti alla vita all’aria aperta, che solo il campo estivo può dare. Quando un ragazzo può applicare tutte queste tecniche, assieme ai suoi compagni della pattuglia e assieme alle altre pattuglie del reparto, il divertimento e l’avventura sono assicurati. La domanda che ci viene fatta più spesso è : Perché dovrei iscrivermi nel reparto «San Giorgio» dell’ASSG? Perché lo scautismo e la vita di reparto, soprattutto al campo estivo, è un ambiente avventuroso, divertente, soprattutto sano e sicuro dove l’amicizia, la fratellanza e la valoriz-
zazione del singolo fa crescere i ragazzi, li educa al rispetto reciproco, all’impegno e all’autonomia personale, ma soprattutto, indica la strada giusta per diventare, in futuro, uomini e donne veramente in gamba. Il nostro è uno dei reparti scout più antichi e longevi di Trieste, abbiamo trovato documenti che decretano l’apertura del reparto addirittura nel 1923. I Rover: anche i Rover, 16-19 anni, fanno servizio ai piu’ piccoli, oppure all’esterno dell’associazione, oltre ad attività in cammino. Associazione San Giorgio e-mail: info@assg.it
SOS Vita, il numero verde nazionale da 20 anni a fianco dei CAV SOS Vita 800 813 000 è un numero verde nazionale, nato più di vent’anni fa come servizio telefonico gratuito a fianco dei CAV (Centri di Aiuto alla Vita),denominato S.O.S. Vita. Da una parte qualcuno che chiama: una donna in ansia per il timore di una gravidanza non prevista, una ragazza che ha avuto un rapporto a rischio e non sa cosa fare, qualcuno che chiede informazioni, un ragazzo preoccupato per la sua lei forse incinta, dall’altra una volontaria che risponde sempre, ascolta, sostiene, indirizza. Suona spesso, soprattutto d’estate, quando molti servizi non sono raggiungibili, oppure ci si trova in vacanza in un luogo diverso dal proprio e non si sa a chi rivolgersi. SOS Vita rappresenta per la donna una via di dialogo, di aperto confronto sulla gravidanza possibile o già accertata, e contribuisce a realizzare percorsi di accoglienza per lei e per il figlio, nei Centri di Aiuto alla Vita del territorio di pertinenza. Nella nostra regione i CAV sono presenti in tutte le province e in altre località logisticamente favorevoli: Li troviamo oltre che a Trieste, a Gorizia e Monfalcone, Pordenone, SanVito al Tagliamento, Gemona, Tolmezzo, Udine e lo sportello presso l’ospedale di Latisana. Le varie vie d’accesso alla rete di SOS Vita ovvero il telefono, la chat recentemente istituita, e i Centri di Aiuto alla Vita realizzano l’obiettivo di “Accogliere per aiutare ad accogliere la Vita”. Scrive una operatrice volontaria: Sono in chat quasi tutti i giorni, anche in periodo di ferie, e ne ho raccolte di confidenze, dubbi e paure di donne che hanno soprattutto bisogno di essere ascoltate e comprese. Cerchiamo di dar loro quello che nessuno, tra le persone a loro care, pare riconoscergli - rac-
conta Rossella una operatrice di SOS vita che da alcuni anni è attiva in chat all’indirizzo www.sosvita.it - ovvero la fiducia in se stesse, la certezza di essere una brava mamma sin da subito, nonostante le paure, le incertezze e la speranza di non essere comunque sole, ma calate in un contesto sociale accogliente. Sono migliaia le donne che si trovano a vivere difficoltà legate ad una gravidanza possibile o accertata e che prendono contatto con noi di SOS Vita, sempre crescente è la richiesta di maggiori informazioni legate all’assunzione di pillole del giorno dopo. Scrive una operatrice telefonica del numero verde 800 813 000: Le telefonate sono messaggere di problemi di vario tipo: alcuni risolvibili nell’immediato, altre in cui la fatica e la disperazione di chi chiama fanno intendere un grande bisogno di amore e conforto che deve passare attraverso la relazione che riuscirà a costruire con me che sono in prima linea… impegno e voglia di donarsi, in parole, ma a volte con le parole salviamo una vita, anzi due, quella del bambino e della sua mamma. Le parole che accolgono e confortano sono il modo con cui riusciamo a mettere in relazione la donna con il Centro territoriale più vicino, a costruire le premesse affinché il loro incontro porti frutti. Luisa Ranallo Federvita Friuli-Venezia Giulia http://federvitafvg.it/
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Anche quest’estate parto: volontariato internazionale Al Confine con la Siria per vivere un’esperienza unica con i bambini dell’orfanotrofio Bayti L’estate ci permette di avere un po’ più di tempo libero da dedicare alle nostre passioni. C’è chi parte per lunghi viaggi, chi trascorre più tempo in famiglia e poi c’è qualcuno che sceglie di usare il tempo delle vacanze per qualche cosa di diverso come vivere una delle esperienze più toccanti della sua vita. Nel 2011 è iniziato in Siria un sanguinoso conflitto che ha causato la morte di centinaia di migliaia di persone, obbligato oltre 6 milioni di persone a lasciare le loro case. Persone che si sono spostate all’interno del paese o hanno raggiunto paesi limitrofi come Libano, Giordania, Iraq e Turchia o hanno intrapreso viaggi più lunghi e rischiosi fino al nostro paese. Nel 2012 ho iniziato ad interessarmi al lato umano di questo conflitto cercando di capire dove andavano tutte quelle persone che scappavano dai bombardamenti, come vivevano e di cosa avevano bisogno. Avevo visto i rifugiati che dalla Libia lasciavano il loro paese e raggiungevano la Tunisia, c’erano i feriti che cercavano aiuto con viaggi verso gli ospedali di Djerba, c’erano lunghe file di uomini che armati di valigia camminavano lungo la strada che da Ben Guarden andava verso Zarzis, c’erano i primi campi profughi a Tatataouine, Dihba, Ramada e poi c’erano i bambini. Avevamo lavorato giorno e notte per portare aiuto e non abbandonare quei 550.000 esseri umani che fuggivano da una guerra che non avevano voluto. La storia si ripeteva in Siria e l’esperienza che avevo della Tunisia poteva diventare utile ad altre persone. Mi sembrava quasi una forma di egoismo non aiutare o cedere alla scusa che la Siria fosse troppo lontana per evitare di vedere il problema. Era l’estate del 2012 e in molti abbiamo deciso di non restare indifferenti, non volevamo sentirci complici di quel disastro così abbiamo iniziato la raccolta e la spedizione di aiuti. Sono partita la prima volta durante l’estate del 2013 per il confine della Siria e consegnato due camion di aiuti per i bambini del campo profughi di Atma in Siria. Quel viaggio ha cambiato qualche cosa in me e da allora durante le vacanze parto e torno al confine con la Siria all’orfanotrofio Bayti a Reyhanli in Turchia gestito dalla Maram Foundation. Passo il mio tempo con le donne e i bambini, per giocare, farci compagnia, lavorare insieme, raccogliere centinaia di calzini colorati di quei 60 bambini che hanno trovato in questo piccolo angolo sperduto finalmente un po’ di serenità. La curiosità dei bambini è contagiosa e per le donne il nostro ritornare è un modo per non sentirsi abbandonati e sentirsi ancora parte di questo mondo. Insegniamo alle donne a non arrendersi, a riprendere in mano il loro futuro, le aiutiamo a fare i piccoli lavori legati alle loro tradizioni e
trasformarli in un’attività artigianale che permette di guadagnare quanto necessario per mantenere le loro famiglie. Con i bambini facciamo disegni e lavoretti che riempiono la mia valigia che porterò con me in Italia per trovare loro un “amico di penna” che possa scrivere un pensierino d riportare nel prossimo viaggio. Un appuntamento a cui non posso più rinunciare, il mio modo di aiutare il prossimo ma aiutare anche me stessa ad apprezzare di più la mia vita e la realtà in cui vivo. Il volontariato internazionale è un modo diverso di vivere le vacanze estive e un’ottima opportunità per vivere un’esperienza veramente unica. Marta Vuch Mondo 2000 www.uwcad.it/Mondo2000
La volontà di sentirsi utili La mente pensa e crea pensieri, l’anima sente e crea sentieri
Parto dall’etimologia della parola volontario: procede da un interno impulso, se penso ad impulso mi viene in mente la volontà di darsi da fare e se penso alla volontà di darsi da fare mi viene in mente la passione, la passione per la vita assieme agli altri, la passione di sentrirsi protagonsiti del mondo cioè come con una nostra azione semplice e umile si possa creare una condizione di trasformazione difficile da far tornare nella piatta abitudinarietà. Ecco perchè non parlerò di volontariato ma di volontà di darsi da fare. Ho conosciuto nel mio percorso molte persone etichettate per la loro disabilità e per questo inserite in percorsi assistenziali a prescindere dalle loro potenzialità. Il simbolo della disabilità è la sedia a rotelle e allora mi ripetevo dentro di me che oltre quella sedia ci deve pur essere qualcosa. Mi sono avventurato verso la ricerca di quei tanti qualcosa che caratterizzavano le persone oltre alla loro disabilità. Ho incontrato persone con disabilità con tanta voglia di normalità e una volta immersi nella vita normale scoprivo che hanno delle capacità relazionali importanti tanto da poter andare nelle case di riposo a fare compagnia agli anziani e perchè no andare con loro accompagnadoli a bere un caffè al bar, a
leggere il giornale ecc., delle doti artistiche da poter sviluppare con strumenti di libera espressione, delle capacità affettive tali da poter prendersi cura dei bambini negli asili nido e scuole dell’infanzia. Il concetto che ci sta dietro a questo è il passare dall’essere aiutato al sentirsi utile. L’associazione Oltre quella sedia ha creato tanti sentieri di utilità sociale dove
dare l’opportunità di sentirsi utili per gli altri e per la città a numerose persone con disabilità. Stefano dopo essere andato numerose volte a pulire i giochi dei bambini nei giardini pubblici (scivoli, altalene ecc.) dalle squallide scritte, commenta dicendo: Io ho un autismo però non sono mica un robot da istruire, sono un giovane che ha voglia di aiutare gli altri. Lina che va da più mesi in una casa di
riposo a fare compagnia ad una signora anziana dice: Noi esistiamo, non siamo disabili, siamo persone e siamo capaci anche di dare una mano agli altri, siamo stufi di essere presi noi per mano, vogliamo sentirci utili. Cristina che crea giochi di teatro con i bambini dice: Mi chiamano maestra e mi piace tanto, io posso dare agli altri la mia esperienza. Francesco che va a dare da mangiare alle colonie di gatti di strada dice: Ho imparato a prendermi cura di loro, mi sento finalmente importante come persona. Ci sono tante azioni di volontariato che si possono fare, ma per noi c’è soprattutto tanta voglia di trasmettere la passione per il giorno, dedicare la propria esperienza di vita per ampliare i pensieri, avere grandi idee di possibilità e farla finita con le piccole lamentele di impossibilità. Un abbraccio a tutti coloro che dedicano tempo ed energia al volontariato e non molliamo perché «la mente pensa e crea pensieri, l’anima sente e crea sentieri». Buon sentiero a tutti. Marco Tortul Oltre quella sedia oltrequellasedia.org
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Intervista a Renata Tedeschi, operatrice dell’Associazione per il trattamento delle alcoldipendenze As.tr.A.
Alcol e problemi correlati La via da percorrere è: non devo, non posso, NON VOGLIO! Da quanto tempo aiuta le persone con dipendenza da alcool e problemi alcool correlati? Da 25 anni, impegnativi ma ricchi di soddisfazioni e di rinnovato stupore. Accompagnare le persone in un percorso di riacquisizione della propria interiorità e delle proprie risorse genera moltissima gioia. Quale ruolo svolge nell’associazione? Sono operatore in un gruppo di automutuo aiuto, favorisco tra i partecipanti l’ascolto ascolto ed il dialogo, creando così relazioni di sincerità, fiducia, stima, e reciproco soccorso. Attraverso l’ascolto ogni persona può sentire dentro di sé l’eco dei propri bisogni interiori ed entrando in dialogo può trovare soluzioni, aumentando la propria autostima. Chi sono le persone che hanno bisogno del vostro aiuto? Con il tempo le dipendenze sono mutate, sempre più frequentemente si manifestano multi-dipendenze. Spesso sono affiancati alcolismo e tabagismo, si presenta anche la dipendenza da psicofarmaci e ultimamente la ludopatia sta assumendo un carattere molto preoccupante. Che tipo di relazione si crea tra operatori e persone in trattamento? È necessario far riconoscere l’autorevolezza dell’operatore e far rispettare le regole. Comprendo le loro debolezze e sentimenti, posso essere un’amica ma debbo mettere distanza tra le loro sofferenze e la mia sensibilità. Quando andiamo a cena insieme il clima è decisamente rilassato e conviviale. Diamo scandalo nei locali, perché in tanti mangiamo la pizza senza bere la birra. Per solidarietà con loro non assumo alcolici da 25 anni. Perché è importante coinvolgere la famiglia, nel percorso di recupero?
I componenti la famiglia sono i più vicini, a volte le risorse economiche sono andate in fumo, sono delusi, hanno perso ogni stima nel congiunto e soffrono per la sua dipendenza. Con un alcolista in casa, tutta la famiglia è ammalata. Ci sono poi le corresponsabilità, che quasi mai vengono autonomamente riconosciute: facile comprendere quanto sia necessaria la partecipazione della famiglia al processo di cambiamento. L’alcolista cambia e se la famiglia non partecipa non comprende quanto sta accadendo. La solidarietà con chi ami ha una valenza altissima ed è molto gratificante per la persona che fatica nel capovolgere i propri stili di vita. Il consumo di alcol tra i giovanissimi è un problema preoccupante. Ci sono iniziative per sensibilizzare la popolazione giovanile? Il problema è preoccupante perché dietro l’assunzione sfrenata di alcolici e di altre sostanze si nasconde un problema di profondo disagio sociale. L’età di approccio errato all’alcool si sta abbassando alla primissima adolescenza e anche meno. La nostra associazione promuove campagne di informazione nelle scuole; non facciamo terrorismo o moralismo, diamo informazioni scientifiche sui danni dovuti all’abuso. Ogni anno ad aprile ci dedichiamo alla prevenzione, distribuzione informativa, conferenze e convegni destinati specialmente ai giovani. C’è speranza di uscire dalla dipendenza dell’alcol? Indubbiamente sì. Nella maggioranza dei casi non è un percorso facile, né scontato, né privo di ostacoli, ma quando si arriva alla decisione di dover-voler uscire da una situazione non più tollerabile, allora si trova la strada. Nel servizio di alcologia
Opinioni dei lettori Chi legge «INSIEME Volontariamente» ne parla Il giornale è dedicato a quanti non conoscono i numerosi aspetti del volontariato locale ed è curato da persone che dopo anni mantengono ancora vivi entusiasmo e desiderio di mettersi in gioco. Nel corso della distribuzione del giornale abbiamo raccolto alcuni riscontri, positivi e non; entrambi saranno per noi motivo di crescita. Stimolati da queste prime opinioni abbiamo ritenuto utile raccogliere ulteriori riscontri per dare voce a tutti e per migliorare il nostro lavoro. Inseriremo nel giornale
una scheda dove i lettori potranno esprimere la loro opinione. Ecco le opinioni raccolte da alcuni operatori. • È meglio del PICCOLO. È un bel giornale. Il tuo articolo mi ha commosso. Grande da tenere in mano. • Difficile da leggere online, se non ci fossero stati i tuoi articoli non lo avrei letto. • Un altro commento che da solo basta a dare una soddisfazione al lavoro svolto, adesso capisco meglio cosa fate.
presso il comprensorio di San Giovanni, opera un’equipe di professionisti pronti a valutare i singoli casi e a mettere in atto la strategia terapeutica migliore per ciascuno. Ci sono poi diverse associazioni di volontariato che lavorano in quest’ambito. Chi lo desidera veramente, può cambia-
re il proprio destino, in una vita piena di sorprese, di gioia, di autocoscienza e di orgoglio.
• Troppo autoreferenziale, di fatto ogni associazione ha cercato di mettere in mostra sé stessa. Il mio interesse è incontrare persone che mi raccontano della loro esperienza di volontariato, sono meno motivata a leggere «racconti». • Rispetto ai bisogni della città è un lusso fare un progetto e spendere tanti soldi per creare un giornale ad hoc. Molte Organizzazioni hanno già un loro giornalino/rivista, perché non partire dalla loro esperienza e poi capire cosa serve per comunicare con la città, le istituzioni e il mondo del non profit? Non si corre forse il rischio di competere anziché collaborare? • Io sono un insegnante che cerca di collaborare con il Volontariato. Il mio bisogno è di conoscere, avere una banca dati aggiornata sui progetti che il mondo del Volontariato sta realizzando in città. Il giornale non mi aiuta se non per frammenti. • L’editoriale di «insieme volontariamente» mi ha guidato nella modalità di lettura del giornale. Raccontare dell’esistenza di un mondo migliore di quello che si
conosce ma di cui si parla poco è il programma che già da questo primo numero mi ha dato la possibilità di venire a sapere delle varie organizzazioni presenti nel territorio. • Le realtà descritte coprono una vasta e varia esperienza di volontariato che deve essere comunicata in modo più proficuo di quanto non si faccia oggi, in modo da non risultare confinata nell’ambito delle singole organizzazioni del volontariato. E’ fondamentale per il cittadino venirne a conoscenza ma non è facile raggiungere tutte le associazioni se non esiste un modo unitario di comunicarle e mi pare che questo giornale assolva questo compito. • Ho finalmente letto il giornale di cui mi hai portato copia, congratulazioni, che bella esperienza! Mi ha fatto molto piacere scorrerlo e leggere alcuni contributi. Spero possa continuare con successo. • Un’altra persona, sollecitata risponde mi è sembrato ridondante e noioso. Giorgio Cassoni referente gruppo redazionale SOCIALE
Associazione comunità e famiglia Friuli Venezia Giulia segreteria@acf-fvg.it
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Quaranta anni di fedeltà
Tante estati assieme hanno creato tessuto sociale tra gli anziani di questa città La Pro senectute nasce a Ts nel 1977. La sua missione, dice Celestino Regattieri, attuale segretario, era quella di «sollevare dalla solitudine le persone anziane. Quest’anno festeggiamo 40 anni di vita. Un’occasione preziosa per fare memoria, riconoscere il contributo dato alla città e interrogarsi sul futuro. La sua identità, in seguito allo sviluppo delle politiche sociali, è cambiata nel tempo. Dal 1981 al 2006 diventa un Ipab a carattere associativo, che accoglie come soci anche i volontari, nel 2006 assume la fisionomia attuale: azienda pubblica Pro senectute e associazione di volontariato Amici della pro senectute, due identità diverse con un’anima sola. Esse operano attraverso un paternariato, regolato da apposita convenzione, che si propone di rendere più accessibili servizi e programmi dell’Azienda pubblica, sia sotto il profilo della qualità dell’accoglienza e delle relazioni, che sotto quello del contenimento dei costi. Sono tante le persone anziane che, in questi quaranta anni, si sono messe a servizio di altri anziani». In una città che anticipa, sia sotto il profilo demografico che culturale, quella che poi diventerà l’attuale società post-moderna, fluida e dai legami deboli, come dice il sociologo e filosofo Bauman, le giovani famiglie, già alla fine degli anni ‘80, aspirano ad una vita indipendente e durante l’estate lasciano gli anziani a casa. E’ così che Renata Solazzi, da 37 anni volontaria alla Ps e attuale presidente, ricorda i tanti soggiorni marini e montani che l’hanno vista nel ruolo di volontaria referente. «Tanti anni fa, ho accompagnato persone fisicamente autonome, prive di amicizie perché avevano vissuto per lo più dentro la cerchia familiare. Il soggiorno era per molte di loro l’occasione per creare nuovi legami e riscoprire interessi da coltivare, una volta rientrati in città, al centro diurno». Di recente, l’Azienda ha inserito nel programma di socialità estivo il soggiorno in montagna per persone con ridotta autonomia. Al volontario, integrato da un operatore, viene affidato il compito di «animare il soggiorno» formando il gruppo e vivere un’esperienza di condivisione e di mutuo aiuto. Si tratta di grandi anziani, già ritirati dalla vita sociale e di persone che camminano con il bastone, piuttosto che con il passeggino e la carrozzella. «E’ la prima avventura che faccio a sei gambe» dice Adriana, che non rinuncia a nessuna proposta: dalla passeggiata al laghetto, alla visita al museo etnografico, al giro tra le bancarelle nel centro di Forni di Sopra. «Sono venuto qui, per assaporare il piacere del passato. Non mi sono sposato e non ho avuto figli. Amavo viaggiare e andare in vacanza». «A 95 anni questo soggiorno è una bella opportunità: uscire dalla casa albergo dove vivo e respirare aria di montagna». Sono queste le esperienze che hanno contribuito, tra le altre, a creare tessuto sociale e cultura di appartenenza, che si esprimono con segni diversi: dal passaparola, ai gruppi dove si coltivano interessi comuni, quali ad esempio la tombola, il burraco, il canto e il ballo. Maria Pia Solari Amici della Pro Senectute amici.prosenectute.ts@gmail.com
E...state con noi a Villa Ara Una settimana di giochi per i piccoli e i ragazzi che hanno terminato la scuola
Abito con la mia famiglia nel Condominio Solidale di Villa Ara, dove le persone hanno scelto di vivere vicine condividendo valori di apertura, accoglienza, sobrietà di vita e i frutti del proprio lavoro. Il Centro giovanile studenti di Villa Ara è un’opera dei padri gesuiti dove da oltre cinquant’anni si svolgono attività sportive, ricreative e formative per giovani e adulti. I gesuiti approvando e condividendo valori e finalità della nostra associazione, ci hanno offerto il secondo piano di Villa Ara. Vivere in un contesto così attivo favorisce la relazione tra le persone. Lo scorso anno i padri gesuiti hanno proposto una settimana di giochi, da lunedì 20 a venerdì 25 giugno, per i piccoli e i ragazzi che hanno concluso la scuola. È stata una bella occasione per far partecipare a questa iniziativa il bambino che avevamo in affido e mia moglie ed io abbiamo affiancato gli animatori nel percorso di accompagnamento tra giochi e relazioni. Gli spazi attrezzati offrono attività quali il calcio, la pallavolo, la pallacanestro, il tennis da tavolo e il calciobalilla. È stato creato un laboratorio di pittura creativa che proponeva l’utilizzo di materiali riciclati e la varietà dei progetti ben si adattava alla differente inventiva dei partecipanti. Hanno partecipato anche due bambini molto piccoli, accompagnati dalla nonna. Alcuni bambini hanno realizzato le maschere dei loro super eroi preferiti, mentre una nutrita squadra di piccoli ingegneri e di tecnici ha progettato e realizzato una minicasa super tecnologica. Alla struttura classica non si sono proprio voluti ispirare, la configurazione della costruzione assumeva una sagoma dalle linee anticonvenzionali. Sono stati realizzati pannelli solari in cartone e per fornire l’energia elettrica in assenza di sole è stata costruita una grande pala eolica. La casa
del futuro dopo l’assemblaggio è stata dipinta contemporaneamente da una decina di decoratori. I pennelli compivano evoluzioni simili alla danze con le spade prima di posarsi e stendere i lucenti e vivaci colori dell’acrilico. Le bocche di ventilazione sono state dipinte a parte e poi assemblate. Un gran numero di bambini ha partecipato ad una divertente caccia al tesoro. La ricerca degli indizi prevedeva un percorso dalle crescenti difficoltà. Una tappa con molti indovinelli da risolvere per passare all’indizio successivo ha fatto sorridere bambini e animatori. Alla fine tutti sono arrivati, al «forziere» che conteneva premi per ciascuno. Ogni pomeriggio era prevista una sosta a tutti gradita, quella della merenda. Il venerdì pomeriggio è stato dedicato ai giochi d’acqua. L’inizio è stato timido, con brevi rincorse prima dei lanci di gavettoni. Poi sono iniziati «feroci inseguimenti» e con l’esaurimento dei gavettoni sono entrati in campo i potenti mezzi tra i quali la «canna» dell’acqua. Di seguito è stato il turno delle caraffe di plastica da cui volavano fiumi d’acqua da cui nessuno si è salvato. Infine sono state azionate le pompe del campo di calcio e sotto questa doccia il pomeriggio di giochi si è concluso tra arcobaleni di goccioline d’acqua e risate. È molto importante che i bambini non si siano mai sentiti in competizione. Se per gli animatori è stata una fatica questa è stata ampiamente ripagata dall’abbondante partecipazione. Con la bella stagione la villa è sempre molto frequentata e le molte voci allegre arrivano forti fino al secondo piano, ma non sono per noi fonte di disturbo, bensì le viviamo come un segno di vitalità. Giorgio Cassoni Associazione comunità e famiglia Friuli Venezia Giulia segreteria@acf-fvg.it
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Gruppo Socio Sanitario
Il racconto di una volontaria speciale
Volontariato a 4 zampe
Dare il proprio tempo per ricevere in cambio qualcos’altro
Vivremo fino a 100 anni
La buona notizia è che vivremo un secolo, l’altra è che dobbiamo imparare a viverli bene Come vivere bene il notro tempo Vivere bene il nostro tempo è un’arte non facile, ma che possiamo apprendere tutti a ogni età. Tuttavia, per soddisfare questo desiderio dobbiamo assumerci la piena responsabilità della nostra vita: senza regole e senza disciplina del corpo e della mente è difficile raggiungere il risultato desiderato. E’ appagante scegliere cibi gustosi, ma è saggio alzarsi da tavola ancora con un poco di appetito; è opportuno riposare, ma è saggio non trascurare una camminata di buon passo alcune volte la settimana; è interessante vedere un bel film per nutrire lo spirito e la mente, ma è saggio non indugiare troppe ore sul divano davanti allo schermo. L’invecchiamento è un processo che può manifestarsi in modi e con cadenze molto diverse da persona a persona; alla visione di Terenzio, che considerava la vecchiaia come una malattia, si contrapponeva quella di Cicerone, che esaltava le molte opportunità della terza età. Mentre la scienza attende ancora di conoscere i meccanismi biologici che rendono così variabile l’invecchiamento, da molto tempo gli uomini hanno capito con la loro saggezza che una mente sana va d’accordo con un corpo sano e che chi ride campa cent’anni; e tutto ciò è avvenuto quando gli uomini non avevano alcuna conoscenza del funzionamento del corpo umano e tanto meno degli effetti che la psiche può esercitare sul corpo.
Resta comunque il fatto che nulla nasce per caso: oggi è dimostrato, infatti, che vive a lungo e in salute chi ha cura del suo corpo, mantiene salda la mente e alleggerisce l’animo, cioè chi conosce e pratica l’arte di vivere bene il proprio tempo. Invecchiamento e salute del corpo Sebbene in generale la longevità possa assicurare un maggior numero di anni in buona salute, non vi è dubbio che l’allungamento della vita media sia associato anche ad un aumento delle malattie e della disabilità nella popolazione. Infatti, negli ultimi 50 anni, proprio mentre la vita ha continuato ad allungarsi, si è registrato un aumento esponenziale di alcune condizioni morbose come l’obesità, il diabete, l’ipertensione arteriosa, l’aterosclerosi e di alcune forme di tumore, che per la loro natura e per la recente diffusione sono state chiamate le “moderne malattie cronico-degenerative”. E’ noto che l’aumento di queste malattie è dovuto alle cattive abitudini di vita legate alla modernità e principalmente all’alimentazione abbondante o incongrua, alla sedentarietà (con conseguente sovrappeso e obesità), al fumo di sigaretta e all’eccessivo consumo dell’alcol. Ed è chiaro che proprio alle conseguenze di tali malattie siano oggi da addebitare i maggiori problemi di salute degli anziani; a confermarlo stanno gli studi moderni che mostrano anche come con
Ciao a tutti, mi presento sono Nebbia una cagnolina meticcia (papà pastore tedesco e mamma pastore belga) nata il 20/09/2014, provengo da una situazione un po’ difficile fatta di sequestri e pessimi affidi, ma alla tenera età di neanche due mesi la Dea fortuna si è ricordata di me e mi ha fatto incontrare il vero amore della mia vita, la mia compagna di vita Emanuela. Lei mi ha portato a casa sua e trattata davvero come un cucciolo si merita di essere trattato. Mi ha chiamata appunto Nebbia, in onore di un mio predecessore molto amato pure lui in famiglia che, poco prima della mia nascita, è volato in cielo. Con Emanuela, dopo un po’ di mesi, ho intrapreso un percorso che è quello del soccorso in mare. La mia compagna già faceva parte di questo mondo, è membra della SICS (Scuola Italiana Cani Salvataggio sezione del Friuli Venezia Giulia) già da parecchi anni, ma per me era tutto una grande novità. Non vi sto a raccontare quante alzatacce ogni santa domenica (sono una dormigliona e dormirei sempre fino alle 10) per presenziare agli addestramenti. Prima a terra per imparare a comportarmi bene e qui, devo essere sincera, fatico un pochino... e poi da aprile anche in acqua. Ecco il mio vero scoglio, sono un pastore! Con l’acqua non ci entro nulla! Poi è
fredda e non mi piace bagnarmi il pelo, eppure per Emanuela farei questo ed altro ancora. Quindi, armata di tantissima fiducia e amore reciproco tra noi due (non per niente ci chiamano unità cinofila di salvataggio) affrontiamo i duri addestramenti richiesti. Ad un certo punto però ad Emanuela inizia a crescere un pancione tanto, ma tanto grande che ci stoppa per un po’. Inutile dirvi che dopo nove mesi in famiglia è arrivata una splendida bambina di nome Anna, per me una vera sorellina umana con cui sino da subito andata d’accordo. Oggi, passato questo periodo di stop ci riproviamo, insieme più forti ed agguerrite di prima per conseguire il brevetto di unità cinofila di salvataggio. Io ed Emanuela due cuori che battono insieme per uno splendido obbiettivo, quello di essere considerate idonee al salvataggio di future persone in difficoltà. Ecco, adesso che ci penso, tutte le fatiche fatte e le ore di addestramento iniziano ad avere un senso al solo pensiero di essere utili al prossimo. Vi prego, tifate per noi perché il giorno dell’esame per il conseguimento del brevetto si avvicina… Saluti dalla vostra Nebbia.
l’alimentazione corretta e con l’attività fisica regolare sia possibile prevenire queste patologie o attenuarne le conseguenze. La sfida cui siamo chiamati è di giungere più sani all’età avanzata e per riuscirci dobbiamo assumere stili di vita corretti fin da giovani, avendo però a mente che i buoni comportamenti giovano comunque allo scopo anche quando siano messi in atto nell’età matura. Invecchiamento e salute della mente Quando si discuta degli anziani possono essere fatte due diverse letture: la prima punta sostanzialmente sui problemi generati dal fenomeno, la seconda è capace di un’analisi più articolata delle condizioni degli anziani che negli ultimi 30 anni sono profondamente cambiate rispetto allo stereotipo classico. Molti anziani hanno vissuto i grandi mutamenti sociali degli ultimi anni con l’accesso alla scolarizzazione e ai nuovi mezzi di informazione e di comunicazione; gran parte sono in buona forma e coltivano nuovi interessi, molti si dedicano ad attività produttive o si adoperano a favore di altri anziani meno fortunati. L’era antica della passività degli anziani sta rapidamente tramontando: non dobbiamo solo cercare la tranquillità o la realizzazione di qualche vecchio progetto trascurato, ma dobbiamo vivere a pieno la vita tenendo sotto controllo gli aspetti più critici per la nostra salute mentale. Infatti, come sopra ricordato, la capacità di vivere dipende anche dai buoni propositi della mente e questa deve essere sostenuta da nutrimenti appropriati: curiosità, obiettivi, affetti, spiritualità, socialità, altruismo, cultura e ottimismo costituiscono i principali fattori che favoriscono la salute e la longevità. Tutto ciò è ben dimostrato dagli studi recenti, an-
che se questi non hanno fatto altro che confermare quanto i nostri padri sapevano da lungo tempo. I nostri padri sapevano anche che i “cattivi pensieri” fanno male non solo alla mente, ma anche al corpo, fenomeno ovviamente confermato dagli studi. Dobbiamo sforzarci di evitare l’atteggiamento negativo, la depressione e l’isolamento sociale che costituiscono cattivo foraggio per la mente, e quindi pregiudizio per la salute.
Emanuela Giustincic SICS - Scuola Cani Salvataggio FVG www.scuolacanisalvataggiofvg.it
Invecchiamento e arte di vivere bene il nostro tempo A differenza di quanto potrebbe sembrare, la vecchiaia non è una condizione statica, ma dinamica; non si invecchia una volta per tutte e come si impara a crescere, così si deve imparare ad invecchiare. La perdita del ruolo con l’uscita dal lavoro, la nuova identificazione di se, gli impegni diversi, la riduzione dell’efficienza fisica e mentale, la malattia e la dipendenza costituiscono tappe evolutive della vecchiaia forse più difficili da affrontare di quelle giovanili. Se l’arte di vivere bene il nostro tempo è utile in ogni epoca della vita, essa è fondamentale quando l’età avanza. E tutto ciò consiglia di tornare all’insegnamento degli antichi, cioè di “non dar tempo al tempo” e di iniziare a praticare quest’arte prima possibile. Giovanni Oliviero Panzetta A.Ma.Re il rene info@amareilrene.com Mauro Cauzer Associazione ARIS Ricerche e Studi sull’Invecchiamento info@associazionearis.com
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I volontari sono formati all’utilizzo di questi strumenti e alla loro manutenzione
Le associazioni di volontariato distribuiscono i DAE Si tratta di apparecchi elettromedicali meglio conosciuti con il nome di defibrillatori La distribuzione ottimale dei DAE sul territorio dovrebbe essere capillare e tale da costituire una rete in grado di favorire la defibrillazione entro quattro/cinque minuti dall’arresto cardiaco, se necessario prima dell’intervento dei mezzi di soccorso sanitari. Negli ultimi anni c’è stata una diffusione capillare sul territorio regionale dei DAE, e la Regione FVG stessa ha provveduto all’acquisto e distribuzione degli apparecchi ad enti o strutture in cui è più frequente una concentrazione elevata di persone (es: stazioni ferroviarie, aeroporti). Le associazioni di volontariato hanno contribuito alla diffusione dei DAE, dotandosene e provvedendo a far formare i volontari. Infatti, sebbene questi apparecchi elettromedicali siano di così facile di utilizzo da poter essere utilizzati anche da operatori “laici” (ossia non sanitari), è comunque indispensabile la formazione e l’utilizzatore deve essere ben consapevole della sua responsabilità che l’esecuzione della manovra avvenga in condizioni di sicurezza per se stesso e per le persone presenti intorno al paziente. Non ha invece responsabilità sulla scarica
defibrillante (erogarla o meno) né sulle sue caratteristiche (potenza e durata) in quanto è l’apparecchio stesso - semiautomatico appunto - a “decidere” in base al segnale elettrico cardiaco rilevato la corretta indicazione di somministrazione dello shock. Le associazioni di volontariato promuovono la distribuzione dei DAE a salvaguardia della vita umana e ne ricordano l’utilità in ogni incontro: negli asili, nelle comunità di anziani fino nei singoli condomini. La presenza sulle spiagge triestine dei volontari di UCIO, Unità Cinofile Operative Onlus, il cui obiettivo principale è la salvaguardia della vita umana in acqua con unità cinofile, garantisce anche la pre-
senza di un DAE e del personale addestrato ad usarlo ed a manutenerlo. La manutenzione di questi apparecchi, infatti, è parte integrante del processo salvavita. Per garantire che il DAE funzionerà al momento opportuno, il consegnatario dell’apparecchio dovrà farsi carico di leggere il manuale d’uso dell’apparecchio e attuare tutte le procedure di verifica e manutenzione preventiva prevista dal manuale stesso. In caso di malfunzionamento l’apparecchio va riparato solo da tecnici esperti di apparecchi elettromedicali e formati sulla riparazione di quello specifico modello. Se il DAE non sarà più riparabile dovremo acquistarne un altro: preferiamo un moderno apparec-
chio ad onda bifasica a bassa energia, leggero e resistente all’acqua, agli urti ed alle polveri, di facile trasportabilità. Costruito in modo da non avere nulla di sporgente che può rompersi con facilità. Dotato di batteria di durata garantita di 5 anni in stand by, ed elettrodi monouso per adulti e pediatrici. Le segnalazioni oltre che visive è utile che siano anche audio. A norma di legge deve essere marcato CE Dispositivo Medico secondo la direttiva 93/42/ CE e s.m.i., ed avere manuale d’uso e software rigorosamente in lingua italiana. U.CI.O. Unità Cinofile Operative Onlus www.canisalvataggiofvg.org
Inizia il percorso di una nuova unità cinofila Come mettersi in gioco per costruire un binomio uomo-cane al servizio della collettività In principio fu il cane, anzi due, cuccioli, presi dopo l’improvvisa scomparsa del mio Kronos Bernese. Uno dei due cuccioli era un Landseer, non un Terranova, non un Bovaro. Sul web leggo che il Landseer è molto amante dell’acqua, così iniziai una ricerca per individuare qualche Associazione, che svolga attività cinofile in acqua. La prima che trovai fu Scuola Cani Salvataggio – FVG, fine della ricerca. Lessi della mission della Scuola, Salvare persone in difficoltà in mare con l’ausilio dei cani. Dopo alcuni contatti, assieme a mia moglie, decidemmo di andare a vedere come funzionava il tutto. Una domenica mattina di febbraio andammo ai topolini di Barcola,
con Gheos, il cucciolo landseer di tre mesi e Bella, una meticcia bianca misto maremmano/retriver/eccetera di cinque, per incontrare il responsabile/ Presidente Giovanni. Dopo poche parole capimmo di essere nel posto giusto, con le persone giuste. Sono passati un po’ di mesi, con l’incoscienza tipica dei fine cinquanta, che non demordono ne si rassegnano, abbiamo intrapreso un percorso duro ma affascinante, continuamente pungolati dagli istruttori a dare il meglio di noi, dove per noi intendo l’unità cinofila (conduttore-cane), un unità sempre più coesa ed inscindibile. Abbiamo incontrato persone che condividono l’amore assoluto per i cani e
condividono anche lo spirito che anima il gruppo: dedicare qualche ora del nostro tempo al servizio della collettività. Data la delicatezza e la complessità delle azioni da svolgere, noi allievi dovremo sottoporci ancora a duri allenamenti, dovremo crescere assieme ai nostri cuccioli, ci vorrà del tempo, un paio di anni, ma intanto il percorso è iniziato e lo seguiremo tutti fino in fondo. Siamo una squadra, ognuno aiuta l’altro: queste parole le sentiamo gridate
dal Capo degli istruttori ad ogni seduta di allenamento. In effetti squadra lo siamo diventati noi allievi, provenienti dalle esperienze più varie, ma tutti accomunati dal desiderio di farcela, di arrivare in fondo, nonostante. Noi siamo diventati amici e i nostri cani sono diventati un branco. Giorgio Morelli SICS - Scuola Cani Salvataggio FVG www.scuolacanisalvataggiofvg.it
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Novità per i pazienti vittime di malasanità La Legge Gelli modifica (finalmente) a vantaggio degli utenti molti punti della vecchia normativa La legge N.24 del 8.3.2017 (c.d. Legge Gelli), entrata in vigore lo scorso 1° aprile, tratta – tra l’altro – della responsabilità di strutture ed esercenti professioni sanitarie per danni conseguiti ai pazienti/utenti e delle procedure, obbligate per questi ultimi, al fine di conseguire il risarcimento di tali danni.
Cominciando da queste, è necessario premettere che, prima di questo nuovo intervento normativo, al danneggiato incombeva l’onere di adire alla procedura di media-conciliazione prima di poter iniziare una vera e propria causa davanti alla Magistratura ordinaria. Il Legislatore pare (finalmente!) essersi
Unità cinofile U.CI.O. per “Barcola sicura 2017” I soccorritori volontari U.CI.O. della Protezione Civile FVg e i loro cani da salvataggio portano un pò di sicurezza in più sul litorale di Barcola
Con l’avvicinarsi del periodo estivo ci sono alcune associazioni che intensificano le loro attività: è il caso delle unità cinofile di UCIO (Unità Cinofile Operative), una onlus iscritta nelle fila della Protezione Civile regionale, che mettono a disposizione della comunità le loro competenze di salvataggio in mare sui litorali del Friuli Venezia Giulia ed in par ticolare a Trieste. In coordinamento con il Comune di Trieste e la Guardia Costiera, i volontari e i loro compagni a quattrozampe pattuglieranno il lungomare di Barcola nelle giornate estive di maggior affollamento, incrementando così la sicurezza dei bagnanti. I servizi di “Barcola sicura 2017” (così si chiama il programma ideato dalla stessa onlus) infatti si concentreranno prevalentemente nelle zone sprovviste di assistenza alla balneazione. Le squadre che opereranno saranno composte da almeno due unità cinofile adeguatamente attrezzate e preparate per intervenire sia a terra che in mare; è impor tante quindi ricordare che fa par te della
dotazione dei soccorritori anche un DAE (c.d. defibrillatore). Al loro fianco, pronti a seguirli in acqua e ad aiutarli nel recupero di eventuali bagnanti in difficoltà, i fedelissimi e preparatissimi cani da salvataggio. Le unità cinofile si addestrano ininterrottamente tutto l’anno per fornire ai triestini questo servizio, ma per loro, seppur consci della responsabilità e della serietà indispensabili che li aspetta, è un piacere e per i loro cani un bellissimo gioco diver tente. È fondamentale infatti tener sempre vivo il desiderio e l’entusiasmo di questi magnifici angeli pelosi e l’unico modo perchè ciò avvenga è farglielo vivere come un gioco diver tente. Dal punto di vista etico sarebbe impensabile delegare la responsabilità a loro, questa spetta solo ai conduttori, ampiamente ricompensati dalla felicità che i loro cani dimostrano quando ripor tano a riva conduttore e pericolante. A presto! Cristiano Drosg U.CI.O. Unità Cinofile Operative Onlus www.canisalvataggiofvg.org
reso conto del totale fallimento di tale procedura in questa materia, fallimento avvenuto essenzialmente per tre ragioni: la prima, il fatto che nella quasi totalità dei casi le strutture ospedaliere ed anche i singoli medici interessati si sono astenuti dalla partecipazione alla media-conciliazione stessa; la seconda, la sostanziale impossibilità per il conciliatore di turno di possedere nozioni tecniche molto spesso assai complesse per chi di medicina sia digiuno; la terza, il tempo estremamente breve nel quale la procedura doveva e deve concludersi (4 mesi), decisamente incompatibile con la complessità dei problemi in questa particolare materia. Preso atto di tale fallimento, ora il primo comma dell’art. 8 della L. 24/17 prevede che il danneggiato “è tenuto preliminarmente a proporre ricorso ai sensi dell’art. 696-bis del codice di procedura civile davanti al giudice competente”. Si tratta della procedura di accertamento tecnico preventivo (ATP), nella quale il Tribunale nomina uno o più consulenti tecnici (CTU) assegnando loro il còmpito di valutare, in tempi abbastanza ridotti, eventuale responsabilità e valutazione dei danni conseguiti al ricorrente: a questo proposito vi è da notare che (si consenta: finalmente!) il successivo art. 15 dispone che, accanto al consueto medico-legale, sia nominato consulente tecnico d’ufficio anche uno specialista della branca della medicina interessata dall’evento. Naturalmente non si è voluto sconfessare pienamente quanto fatto cinque anni fa, allorché l’obbligo per il danneggiato di promuovere la media-conciliazione venne previsto anche per questa materia: l’art. 8 citato prevede esplicitamente che, in luogo dell’accertamento tecnico preventivo (ATP) possa ancora farsi luogo alla vecchia procedura, sicché chi
vorrà farsi del male perdendo tempo inutilmente potrà adirla… Il procedimento di ATP è certamente (parecchio) più costoso della mediaconciliazione, ma comunque molto meno caro dell’affrontare direttamente una vera e propria causa civile: e, in forza della possibilità data dall’art. 696bis c.p.c. di addivenire a conciliazione sulla base delle conclusioni della CTU, è più che probabile che tutto il percorso per l’ottenimento del risarcimento si concluda in tale sede. Chiarito il procedimento da seguire, passiamo ad esaminare le norme che d’ora innanzi regolano la responsabilità degli esercenti professioni sanitarie e delle strutture a ciò dedicate in sede civile. L’art. 7 della legge citata prevede una netta dicotomia tra responsabilità delle strutture e quella dei singoli sanitari: la struttura risponderà ex artt. 1218 e 1228 cod. civ., cioè contrattualmente, mentre il medico solo ex art. 2043 cod. civ., cioè per responsabilità extracontrattuale, a meno che con il paziente/cliente non abbia concluso un vero e proprio contratto (che il paziente, in evidente soggezione, quasi mai avrà il coraggio di preventivamente richiedere…). La differenza non è davvero poca cosa, innanzi tutto in tema di prescrizione: dieci anni per l’azione contrattuale, la metà per quella aquiliana; e, cosa ancor più rilevante, per quel che concerne l’onere della prova della corretta o scorretta cura prestata: nel caso della struttura, sarà essa a dover provare la correttezza del suo agire, nel caso del medico sarà il paziente a dover provare che quegli ha errato. Giancarlo Muciaccia Associazione per la difesa del malato emailadm.trieste@gmail.com
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20 anni di Carla... e il suo percorso di solidarietà Il 7 maggio a Grado alla volontaria della Comunità Famiglia “La Fonte” è stato conferito il Premio Regionale Solidarietà 2017
La volontaria Carla Huzu, domenica 7 Maggio, al Palazzo dei congressi di Grado, è stata premiata per i suoi 20 anni nel volontariato, nell’ambito di una giornata dedicata a tutte quelle persone e associazioni che quotidianamente e lontano dai riflettori si spendono per aiutare il prossimo. Ha ricevuto il Premio regionale solidarietà 2017 durante la manifestazione organizzata dalla Consulta dei disabili con la collaborazione del Centro Servizi Volontariato del Friuli Venezia Giulia, il
sostegno della Fondazione Carigo e il patrocinio di Regione e del Comune di Grado. La Sig.ra Carla è una socia-volontaria della Comunità Famiglia “La Fonte” di Prosecco, ha ritirato, in questa giornata speciale per lei, il suo riconoscimento con lo stile che ha contraddistinto i suoi 20 anni di volontariato: con la prossimità, il sorriso, la gentilezza e le poche parole che la contraddistinguono. Pensiamo che la semplicità, i toni di
voce mai alti siano un aspetto non secondario, bensì centrale, dell’esperienza del volontariato. Chi, come la Sig. ra Carla, lo fa da una vita, può ancora, per fortuna, ricordarcelo portando la sua esperienza come testimonianza. Quello che è stato evidente è che ciò che è stato ed è, prima di tutto, un’esperienza “interna” non chiede proclami e visibilità, ma trova dentro al percorso il suo stesso nutrimento. E’ bello e fondamentale, naturalmente, che ciò che si configura come impegno
e sensibilità individuale possa avere un così incisivo e riconosciuto risvolto sociale. In maniera significativa, Mario Brancati definiva i volontari “piccoli eroi, tante piccole gocce che fanno un oceano d’amore”. Giornate come questa riescono a dare visibilità ad una preziosa goccia nell’oceano Giacomo Coppola Comunità La Fonte www.lafontefvg.it
Angy e Matrix, due cani da salvataggio neo pensionati Due fratelloni golden retriever che hanno passato la loro vita a fare salvataggio in mare ed ora si godono la spiaggia da pensionati a cinque stelle Da pochi giorni Angy e Matrix, due atletici golden retriever della UCIO, hanno compiuto 10 anni e quindi si godranno una bella vita da pensionati: non faranno più servizio sulle spiagge e per la protezione civile, ma continueranno la loro attività per diletto, in modo ludico. Li abbiamo incontrati in campeggio al mare, in Croazia, dove possono dedicarsi alle loro attività preferite: tuffi e nuoto. Angy, come hai iniziato la tua attività?
“Fin dal secondo mese di vita ho dimostrato una grandissima propensione per tuffi e nuoto. Alla prima gita in Val Rosandra ho visto la mia mamma Joelle che si tuffava e l’ho seguita: è stata una cosa bellissima trovarmi nell’acqua e facilissimo stare a galla e tanto, tanto divertente! Non sono più riuscito a resistere alla tentazione di buttarmi, ovunque fosse possibile mi lanciavo travolgendo qualsiasi cosa sul mio cammino e nessuno riusciva
a trattenermi, così il mio umano ha deciso di convogliare tutta questa energia in qualcosa di positivo ed entusiasmante e assieme abbiamo cominciato ad addestrarci con la UCIO.” Quindi è stato facile? “Il lavoro a terra mi stancava tantissimo e dovevo sempre fare qualcosa: seduto, resta, piede, indifferenza, salta… ma prendevo tanti bocconcini e quindi ero contento. Poi abbiamo incominciato a nuotare e a riportare cose a terra: nuotavo e tiravo, tiravo e nuotavo più veloce che potevo, ero bravissimo!!! Prendere il brevetto di cane da salvataggio è stato un gioco da ragazzi.” Qual è stata l’impresa che ti ha dato più soddisfazione? “Sicuramente, quando ad una nostra dimostrazione, davanti ai moli gremiti di gente, ho tirato la scialuppa della Palinuro con 11 persone a bordo: erano tutti sbalorditi, e quanto ero orgoglioso di me stesso!” Matrix, e tu invece come hai iniziato? “Sono andato a vivere con Angy a tre anni e lui aveva già il brevetto di salvamento, la mia umana ha così deciso che avremmo potuto diventare un’unità cinofila operativa anche noi: anche per me è stato un
gioco da ragazzi, per lei un po’ più dura perché ha dovuto prima conquistarsi il brevetto da assistente bagnanti, che richiede molto impegno, anche fisico, e lei non era più tanto giovane come invece i suoi compagni di corso.” Quindi anche tu un talento naturale? “Sì, è un marchio di famiglia! Ma lo sai che Angy ed io siamo fratelli?” Lo avevo sospettato! Anche tu sei così esuberante?” “Sono il fratello maggiore e quindi sono sempre stato il più serio, ho fatto tanti pattugliamenti operativi a Sistiana e a Barcola, ho fatto tante manifestazioni e mi sono specializzato nel tuffo dal gommone in corsa. Una volta, in una giornata di bora, sono riuscito a recuperare un povero surfista in balia delle onde: forse non sarebbe annegato, ma è stato comunque molto contento di essere stato trainato fino a riva da me. Ora però ti salutiamo: il mare ci aspetta!!!” “Ciao Angy, ciao Matrix! Arrivederci a presto!”
Una volta compiuti i 10 anni di età i cani da salvataggio possono continuare l’attività solo per diletto, in modo ludico
Alessandra Nassivera U.CI.O. Unità Cinofile Operative Onlus www.canisalvataggiofvg.org
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I gabbiani in città: saperne di più Da fenomeno di passaggio occasionale alla colonizzazione dei tetti iniziata negli anni ‘80
I gabbiani reali sono in città, ormai da molti anni, come presenza costante e, talvolta, invadente. Nel passato i passaggi erano occasionali, siamo pur sempre una città di mare, ma oggi dagli anni ‘80 in poi progressivamente i gabbiani hanno preso possesso dei tetti della città. Ad indurli a tale scelta contribuirono i cassonetti delle immondizie in strada che sostituirono la raccolta casa per casa. I cassonetti insufficienti e spesso stracolmi erano una fonte trofica inesauribile.Bastava un colpo di becco su un sacchetto di plastica ed usciva cibo a volontà. In breve si sistemarono sui tetti piatti di molti edifici circa 200-240 coppie di gabbiani che iniziarono a riprodursi. Il gabbiano è un uccello monogamo, la coppia resta unita per la vita, ed è longevo, vive oltre 15 anni. Il nido è costituito da quattro stecchi e qualche paglia. La femmina depone due uova, talvolta tre nel periodo tra marzo e giugno. I piccoli vengono svezzati in circa 6 settimane dopo una cova di 4 settimane. Il
problema nasce proprio nel periodo di cova e svezzamento dei piccoli. Siamo in periodo primavera-estate, si aprono le finestre e si odono all’alba e al tramonto le strida della coppia prima e, poi, i pigolii insistenti e penetranti dei piccoli in crescita. I gabbiani adulti sono molto comunicativi e si scambiano numerose informazioni al momento del cambio di presenza sul nido con strida ben udibili anche da grande distanza. Oltre a ciò nel momento dell’involo dei nuovi nati o durante la cova i gabbiani sono degli eccellenti difensori per cui chi si avvicina al nido o ai piccoli sarà minacciato o aggredito. Il becco di un gabbiano è come una forbice e ferisce. Il gabbiano tecnicamente è fauna selvatica anche se vive in città. E’ protetto dalla legge 157/92, ne è vietata la cattura, l’uccisione ed i nidi sono intoccabili pena severe sanzioni. Nel passato Comune e Provincia tentarono, con le doverose autorizzazioni, di contenerne il numero incaricando una
ditta di forare le uova per impedire la nascita dei piccoli. La cosa scientificamente inutile ed eticamente inaccettabile suscitò le ire di Margherita Hack e la riprovazione dei naturalisti e degli zoofili. Si dimostrò, al di là della crudele azione, che la femmina deponeva altre uova appena si accorgeva della morte del piccolo nell’uovo. Maggior successo ebbe nel 2006-2007 il progetto di sterilizzazione di almeno uno dei componenti la coppia. Gli studi dell’Università di Trieste, Facoltà di Psicologia Animale, dimostrarono la possibilità di un buon risultato, e con l’autorizzazione del Ministero della Salute e l’accordo tra Comune e Provincia il progetto fu avviato. Gli uccelli raccolti dai volontari della Protezione Animale e ricoverati nel Cras Enpa di Trieste furono sterilizzati chirurgicamente. Il recupero e la liberazione dopo breve degenza consentirono di analizzare gli aspetti comportamentali correlati. Il risultato positivo su 100 gabbiani induceva a buone prospettive, ma
tutto si arenò miseramente in una diatriba tra Comune e Provincia sulla competenza a guidare il progetto. Comunque al progetto arrise la positiva considerazione della Comunità scientifica Europea e vi furono apprezzamenti in vari convegni. La sterilizzazione chirurgica rappresenta ormai una delle modalità di gestione umanitaria delle specie ornitiche presenti in ambito urbano che viene normalmente inserita in un piano PM (Integred Pest Management) di sanità pubblica. In conclusione al di là di fantasiose soluzioni (ricordo la risibile proposta si sostuire le uova vere con quelle di plastica) l’unico metodo di riduzione del clamore dei gabbiani resta la sterilizzazione. La coppia resterà unita, ma non potendo riprodursi non avrà piccoli da accudire o nidi da difendere e, quindi, saranno molto ridotte le tanto vituperate strida dell’alba e del tramonto. Protezione Animali – A.Z.T. protezioneanimaliazt@yahoo.it
Estate con il naso all’insù
Il volontariato d’estate: una preziosa risorsa per la tutela della biodiversità urbana
Le nostre città sono “monumenti vivi”, dove oltre all’uomo, anche se spesso considerate inosservate, albergano diverse specie aviarie, tra cui migratori a lunga distanza, che meritano di essere aiutate e che ogni anno compiono migliaia di km per tornare a riprodursi nei nostri lidi europei, affrontando, durante il viaggio, ogni genere di difficoltà, intemperie e comportandosi poi da veri “spazzini dell’aria”. In particolare, l’arrivo delle rondini e dei rondoni, appartenenti a specie aviarie altamente protette, fanno breccia nei nostri cieli, alla ricerca del loro primo nido da costruire o per tornare in quello già creato, sono un annuncio di primavera. La nostra associazione di volontariato “Liberi di volare” si occupa della loro tutela. Ciò che pochi sanno è che il rondone e le rondini sono grandissimi spazzini dell’aria: pensate che uno solo di questi migratori caccia dai 3 mila ai 6 mila insetti al giorno, comprese le zanzare, uno dei suoi cibi preferiti! Come un’aspirapolvere alla massima potenza essi aiutano a mante-
nere i nostri cieli più puliti, meglio di qualsiasi altro agente che il più delle volte è altamente inquinante e dannoso per la nostra salute. Purtroppo, a causa dell’uomo e dei moderni sistemi di coibentazione, gli ambienti in cui nidificare stanno drasticamente diminuendo e spesso i nidi vengono distrutti. Molti “pazienti” ogni primavera-estate arrivano da ogni parte d’Italia e dall’estero, presso il nostro centro di recupero, il quale si avvale dell’opera di più volontari per l’assistenza e l’accudimento dei volatili accolti perché feriti, debilitati dopo una lunga migrazione o perché piccoli e caduti dal nido e non ancora in grado di volare. In che modo i volontari possono essere utili nello specifico? Ecco di seguito spiegato! Ogni volontario interessato po-
trà contribuire alla salvaguardia di questa biodiversità urbana mediante azioni, che sono anche sinonimo di aggregazione sociale, inclusione e condivisione di progetti e idee. Partecipare alla mappatura e censimento delle colonie a Trieste e dei “siti di nidificazione naturali è il primo passo. Questa attività permetterà di capire, dove le colonie sono più numerose e dove sarebbe necessario intervenire collocando siti di nidificazione artificiali. Liberi di volare ha collocato fino ad oggi circa 115 nidi artificiali che hanno visto la colonizzazione di un’alta percentuale degli stessi. I volontari sono un aiuto prezioso per la nostra struttura, dove, attraverso corsi di preparazione specifica e con un’alimentazione altamente
specializzata, si impara, correttamente, ad alimentare un rondone o una rondine e prendersene cura durante il periodo di detenzione, riabilitazione, fino alla sua riammissione in natura, il tutto, con il sostegno e l’aiuto di un medico veterinario esperto in medicina aviare, specialista in fauna selvatica. Partecipare ad eventi culturali e di animazione come anche la didattica presso i centri estivi per bambini, partecipazione alle liberazioni, dove accorrono famiglie di adulti e bambini, divulgazione e sensibilizzazione della popolazione al rispetto di questi preziosi alleati dell’uomo, durante il periodo di permanenza nelle nostre città, sono modi per proteggere questi instancabili “navigatori del cielo” che divorano migliaia di insetti dannosi all’uomo e all’agricoltura, mantenendo più pulita la nostra aria, prima di ritornare ai loro paesi di svernamento. Silvana di Mauro Liberi di Volare www.liberidivolare2012.com
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No alberi, no party Senza l’uomo la terra sopravviverebbe allegramente, mentre noi senza piante spariremmo in un batter baleno La vita della nostra associazione è dedicata ad aumentare la conoscenza del verde, dato che ‘no alberi no party’. La terra sopravviverebbe allegramente se l’uomo scomparisse mentre noi senza piante spariremmo in un batter baleno. Tra Fiori e Piante cerca di ‘inculcare’ (e questo è il verbo più appropriato, ahimè) questo concetto tramite conferenze e convegni nei mesi di riposo delle piante, con visite ai giardini nella bella stagione e con dimostrazioni e corsi di potatura. Le piante sono così diverse tra loro come lo sono gli esseri umani e l’apprendimento di un giardiniere comprende mutatis mutandis la preparazione di un medico e quella di un paesaggista, la pianta cioè deve essere in buona salute e ben collocata. Non basta sapere come disporre le piante in un dato contesto, che può essere tanto un piccolo giardino quanto una vasta tenuta, ma bisogna che vi si trovino bene. Prima si diventa giardinieri e dopo paesaggisti. Per i giardinieri pratica e grammatica vanno di pari passo, se manca una di queste due componenti l’insuccesso è garantito. Nella bella stagione si va a visitare giardini, ma questo non esclude che lo si possa fare anche durante tutto l’anno. Poiché la brutta stagione dura quattro mesi, la progettazione di un giardino deve cominciare proprio dall’inverno. Il fascino della primavera non ha bisogno di essere spiegato e neppure quello dell’autunno. L’altra stagione difficile è l’estate. Perché? Perché al primo sbocciare di un bucaneve o di un croco è tutto un precipitarsi nei vivai o nelle agrarie.
Ci si lascia conquistare dalle fioriture e si perde di vista che alle nostre latitudini le piante al massimo fioriscono tre settimane, e dopo? Certo ci sono gerani e lisette, petunie e lobelie e tante altre annuali, ma la struttura del giardino, che è costituita da alberi e arbusti, con l’avanzare dell’estate perde grazia e si ottunde in un Grande Verde. Che fare? Visitare i vivai almeno quattro volte all’anno, al cambio di stagione, per renderci conto di quanto perdiamo se pensiamo solo alla primavera. Anche le mostre mercato di piante sono tutte concentrate tra aprile e maggio, ma ce n’è una in Friuli, a Villafredda di Tarcento, che va controcorrente e si tiene a fine giugno o ai primissimi di luglio, e sta alla pari, come qualità degli espositori, sia con Horti Tergestini che con Villa Manin, che si tiene a marzo e a settembre. Dunque, stabilito il vostro budget, suddividetelo in modo da creare un giardino che sia interessante in tutte le stagioni. Come dicevo prima, un giardiniere deve essere come un medico plurispecialista, dal pediatra al chirurgo. Una bella preparazione della buca e del sesto d’impianto è garanzia di eccellente sviluppo, ma poi le piante vanno seguite costantemente per individuare al primo apparire le avversità dovute a problemi agronomici, all’attacco di insetti, batteri e funghi. Ed esiste la dendrochirurgia. E’ un parolone che significa potatura degli alberi, per lo più ammalati. Se qualcuno mi chiede quando si deve potare, immancabilmente rispondo che non si ‘deve’ potare, che in natura non esiste un dio
potatore. E che ogni potatura accorcia la vita dell’albero. Non lo sapevate? Adesso lo sapete. Si pota raramente per il benessere della pianta, spesso invece per nostra convenienza. Vogliamo più fiori o più frutti, o ci piace l’arte topiaria o semplicemente per ragioni di spazio. In città, poi, gli alberi vivono in condizioni innaturali e dunque devono essere potati. E ci sono solo due periodi dell’anno in cui è possibile farlo senza procurare danni (a parte la diminuzione della longevità): a fine inverno quando la linfa è a riposo, potatura al bruno. Oppure si può
potare in luglio e noi organizziamo ogni anno dimostrazioni in giardini privati, e questa è la potatura al verde. Entrambe necessitano di personale specializzato, con un giardiniere che sale sull’albero e uno a terra che dà le indicazioni. Al termine del lavoro non ci si deve assolutamente rendere conto che potatura c’è stata. Come dice Giorgio Valvason, un grande arboricoltore delle nostre parti, va ricreato l’albero nell’albero. Mariangela Barbiero Tra Fiori e Piante www.trafioriepiante.it
Estate: tempo di cuccioli, nidiacei e pulli Primavera ed estate annunciano le nuove generazioni di fiori e animali. Per noi, volontari Enpa, è un appuntamento ben noto che ci riempie di speranze e preoccupazioni. La speranza è di aver predisposto al meglio la nostra struttura per l’accoglienza delle giovani vite che stanno per vedere la luce e vengono a trovarsi in difficoltà, la preoccupazione è di non essere adeguati e pronti ad ogni necessità. Il Centro Recupero Animali Enpa, struttura complessa di accoglimento animali domestici, selvatici ed esotici è dotato di ambulatorio veterinario, sala chirurgica, sala raggi, laboratorio di analisi, sala nursery con camera calda, ricoveri interni ed esterni per riabilitazione. L’Oasi del Farneto, Oasi di Protezione annessa alla struttura, consente la liberazione in ambiente protetto di molte specie di ospiti riabilitati definitavamente. I veterinari sono esperti in animali domestici, fauna selvatica ed animali non convezionali, i volontari che accudiscono gli animali sono sensibili e preparati, Tuttavia doversi confrontare, quotidianamente, con emergenze che mettono a
rischio una vita, a qualsiasi specie appartenga, fa sì che ci si accosti sempre con una buona dose di umiltà alle necessità di chi è in difficoltà. Alla fine di maggio arrivano i primi cuccioli di lepre, vittime di incidenti causati dallo sfalcio dei prati: hanno bisogno di essere alimentati a biberon, all’alba e al tramonto, ancora per un certo tempo prima dello svezzamento. Cuccioli di ricci vengono accolti, sempre in questo periodo, a causa della perdita delle madri per investimenti. I nidacei, caduti da nido o per predazione
da parte di un altro animale o a causa del maltempo o per interventi antropici, sono in gran numero. Cinciallegre, passeri, verdoni, capinere, fringuelli, pettirossi, cinciarelle, rondoni, rondini, balestrucci, merli, gazze, ghiandaie: talvolta ancora implumi vengono accuditi ed alimentati a stecco, dall’alba alla sera ininterrottatmente, dai volontari che predispongono i pastoni specializzati per ogni singola specie arricchiti da vitamine ed eventuali terapie prescritte dai
veterinari. Talvolta ve ne sono contemporaneamente oltre 60 da alimentare uno ad uno. Non meno importanti le operazioni di pulizia e disinfezione che vengono effettuate ad ogni fine pasto. Appena in grado di alimentarsi da soli questi uccelli saranno ospitati in grandi voliere per verificare la capacità di volo e, soltanto a fine agosto, saranno reintrodotti in natura. Un discorso a parte per i pulli di gabbiano, prole precoce, che pur ricoverati piccolissimi non hanno bisogno di essere imboccati perchè si alimentano autonomamente con il cibo messo loro a disposizione nelle voliere. Tuttavia hanno bisogno di un lungo periodo di ricovero, anche diversi mesi, prima di essere in grado di volare convenientemente. Ogni vita salvata ci riempie di gioia, ma quelle perse lasciano un vuoto incolmabile. Patrizia Bufo Ente Nazionale Protezione Animali Sezione di Trieste www.enpa-trieste.it
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L’impatto del volontariato sulla società L’impatto del volontariato sulla società è molto forte, il problema è che la società non se ne accorge. Stante le manchevolezze dello stato, se non ci fosse il volontariato saremmo alla bancarotta, non quella delle banche, ma proprio quella sociale. Questo è il punctum dolens, ma a renderlo anche più dolente è che la società percepisce come prestazioni volontarie quelle di persone che invece sono retribuite. Ricordiamo tutti, credo, i ‘volontari’ della Val Rosandra… Questa è la ragione per cui è nato il progetto ‘Comunicazione’ che vede nella pubblicazione trimestrale di “TITOLO” il mezzo per portare a conoscenza della cittadinanza l’attività dell’associazionismo di volontariato e quindi la possibilità
di avvalersene. La nostra attività si basa solo sul passaparola e su qualche raro articolo che appare sul Piccolo. La mia convinzione è che il volontariato dovrebbe coprire solo il superfluo indispensabile, invece - e purtroppo - i veri volontari coprono moltissimi settori che dovrebbero essere di competenza dello stato, come l’apertura dei musei o l’assistenza sociosanitaria. Se va avanti così saremo anche noi obiettivo di “Medici senza frontiere”... Ho fatto per molti anni la volontaria al Civico Orto Botanico, dal diserbo manuale, al ripicchettamento, all’imbustamento dei semi, alla guida del giardino. Ed è stato proprio in questa veste che mi sono sentita a disagio, sentendo di rubare un posto di lavoro, visto che all’Orto Botanico di Pa-
I cani triestini al mare
Regole da rispettare e precauzioni da prendere
I cani triestini sono cani fortunati, perché hanno la possibilità di fare il bagno in mare durante il periodo estivo, anche quando è aperta la balneazione sul nostro litorale. Ovviamente non tutte le spiagge sono loro accessibili ma rispetto al resto d’Italia la nostra città - e regione - ha dimostrato una grande apertura nei confronti del migliore amico dell’uomo. Per capire quali siano le spiagge frequentabili assieme a Fido e quali siano le regole da seguire, per non incorrere in sanzioni e tutelare al contempo i nostri fedeli amici e i bagnanti presenti, è sufficiente leggere bene l’ordinanza di sicurezza balneare a terra comunale corrente e seguirla. Ne citiamo la parte relativa all’accesso dei cani sulle spiagge: NORME DI COMPORTAMENTO SULL’ACCESSO DEI CANI ALLE SPIAGGE CONSENTITE Sui seguenti tratti liberi del litorale triestino e cioé: a) sul lungomare Benedetto Croce, b) sul tratto di mare che va dalla fine
del bagno ex Cedas ai Topolini, c) sul tratto di mare che va dalla fine del porticciolo di Barcola Cedas (quello dopo i Topolini) al “bivio” fra il viale Miramare e la Strada Costiera, d) sul molo situato prima dell’ingresso principale al castello di Miramare, e) sulla spiaggia prossima al porticciolo di Santa Croce, f) sulla spiaggia tra il porticciolo di S. Croce e i Filtri ed infine sulla spiaggia denominata “ai Filtri”), si possono condurre, far permanere e bagnare i cani, purché dotati di microchip o tatuati ed esenti da infestazioni di pulci, zecche o altri parassiti esterni o endofagi, alle seguenti condizioni: - è obbligatorio l’uso del guinzaglio, di lunghezza non superiore a mt. 1,50 e, nei casi previsti dalla norma, di museruola. Gli assistenti bagnanti conduttori di cani di salvamento qualora in servizio, possono condurre i cani anche solo tramite l’apposita pettorina; - è obbligatorio portare con sé una museruola rigida o morbida da applicare ai cani in caso di rischio per l’incolumità
dova la visita guidata era a pagamento e neppure tanto a buon mercato, com’è giusto che sia. Ora il lavoro è stato affidato a una cooperativa e ne sono molto contenta. In questi tempi di vacche magre, tuttavia e per fortuna, ci sono i volontari. E sempre per fortuna c’è il Centro Servizi Volontariato, senza il quale sarebbe molto difficile tenere in piedi una OdV, Organizzazione di Volontariato, questo è l’esatta denominazione, perché la burocrazia è il peccato originale di questo Paese (eredità borbonica, savoiarda o austriaca?) e tenersi al passo con le norme fiscali è compito impossibile per persone il cui unico obiettivo è di aiutare il prossimo senza ricompensa alcuna che non sia il piacere del dono del proprio tempo e delle proprie competenze (che raramente
di persone o animali, o su richiesta delle Autorità competenti; - è obbligatorio portare con sé strumenti idonei alla immediata rimozione delle deiezioni e provvedere alla rimozione delle stesse. Sono esentati i non vedenti accompagnati da cani guida e particolari categorie di persone diversamente abili impossibilitate alla effettuazione della raccolta delle feci. Il privo di vista ha diritto di farsi accompagnare dal proprio cane guida anche se non munito di museruola; - è obbligatorio provvedere autonomamente all’ombreggiatura dei propri animali con idonei dispositivi, alla fornitura di acqua pulita per l’abbeverata e per eventuali docciature. È vietato l’utilizzo delle docce presenti nelle spiagge per la docciatura dei cani; - i detentori dei cani sono tenuti a far effettuare la passeggiata igienica al cane al di fuori della spiaggia almeno ogni due ore; - l’ingresso dei cani in acqua è ammesso solo contestualmente al detentore. Tale ingresso avverrà senza guinzaglio, per garantire la sicurezza dell’animale, ma dovrà essere effettuato a stretto contatto con il conduttore che sarà responsabile del comportamento dell’animale. I cani dovranno essere riassicurati al guinzaglio prima dell’uscita dall’acqua; - deve essere evitato, se possibile, lo scrollamento del cane all’uscita dal mare in prossimità degli altri bagnanti; - è vietato il lancio di qualsiasi oggetto utilizzato come gioco da parte dei detentori quando il cane si trova in acqua; - è vietato l’accesso alla spiaggia e l’ingresso in acqua per cani di sesso femminile in periodo estrale o calore. Ai contravventori si applicheranno le seguenti sanzioni amministrative, qualora il fatto non costituisca reato più grave: • per le violazioni sulla battigia si fa riferimento all’art. 51 del vigente Regolamento comunale per la tutela ed il benessere degli animali in combinato disposto con l’art. 33 della L.R. 20/2012 e s.m.i.;
coprono il settore fiscale). Se questo foglio riuscisse anche solo a informare la gente che il Centro Servizi Volontariato è lo ‘sportello’ cui rivolgersi per sapere se e da chi si può ottenere aiuto nel peggiore dei casi o semplicemente per avere un elenco delle varie organizzazioni culturali o ambientaliste, che sono veramente molte e molto diversificate, dalla conoscenza dell’esperanto alla protezione degli animali, dalla cultura del verde all’aeronautica, dal ‘bio’ alla grafologia, il successo del progetto ‘Comunicazione’ sarebbe assicurato. Mariangela Barbiero Associazione Orticola FVG “Tra fiori e piante” www.trafioriepiante.it
• per le violazioni relative alla balneazione, si fa riferimento all’art. 1164 comma 2 del Codice della Navigazione. È fondamentale però prendere alcuni ulteriori accorgimenti per tutelare i nostri animali e godere assieme di queste occasioni. 1. Non forzare mai il cane ad entrare in acqua. Il cane dovrebbe entrare soltanto di sua spontanea volontà: potrebbe aver paura dell’acqua e forzarlo significherebbe trasformare la sua titubanza in trauma. 2. Fare attenzione a dove cammina il cane. D’estate la temperatura del suolo può anche superare i 50° e Fido non ha le scarpe come noi ma solo polpastrelli, che potrebbero scottarsi e, nei casi più gravi, compromettere la deambulazione per qualche giorno. 3. Attenzione anche al fondo marino della zona antistante la battigia, i primi due-tre metri dalla riva: potrebbe riservare brutte sorprese come cozze o residui taglienti e provocare dei danni alle zampe del cane. 4. Evitare di dar da mangiare al nostro amico almeno due o tre ore prima di fare attività fisica: il nuoto è un’attività fisica a tutti gli effetti. 5. Evitare i tuffi da altezze troppo alte: se non riesce ad entrare in acqua con un assetto corretto rischia di farsi male. 6. Fare massima attenzione per evitare i colpi di calore: nei cani sopraggiungono con più facilità che nell’uomo. Quindi, come prevede la stessa ordinanza, rendere sempre disponibile al nostro affezionato peloso una zona d’ombra e una ciotola con acqua fresca, non ghiacciata. 7. Se il nostro amico non è un esperto nuotatore, aiutarlo con una pettorina galleggiante o un salvagente per cani. In commercio ne esistono diversi tipi, scegliere il modello più adatto alle dimensioni e razza. Cristiano Drosg U.CI.O. Unità Cinofile Operative Onlus www.canisalvataggiofvg.org
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Pescaturismo e ittiturismo
Volontariato e cooperazione per uno sviluppo ecosostenibile nel periodo estivo Grazie al pescaturismo si possono scoprire le bellezze delle zone marine anche inaccessibili dalla terra ed immergersi nell’atmosfera della cattura dei pesci. Il Pescaturismo (escursioni giornaliere) e l’Ittiturismo (alloggio e ristorazione), cioè le due forme di turismo ecosostenibile nelle acque marine che mettono in risalto i pescatori e le tradizioni marinare è destinato a crescere ulteriormente. Per cui la Lega Pesca ha anche in programma diversi progetti transnazionali sulle opportunità che il Pescaturismo offre nella valorizzazione delle Aree Marine Protette. La necessità di divulgare la cultura del mare e della pesca, di valorizzare l’ambiente costiero con la sua bellezza paesaggistica hanno portato alla nascita del Pescaturismo che comprende lo svolgimento dell’attività con brevi escursioni lungo le coste. L’Ittiturismo consiste in un’attività di ospitalità nelle proprie abitazioni da parte di pescatori volontari professionisti, i quali offrono anche servizi di ristorazione e degustazione di prodotti tipici delle marinerie italiane. Il Progetto Turismo con i Pescatori promosso dalla Lega Pesca si prefigge l’obiettivo di risanare antichi borghi marinari per allestirvi ristoranti dove si cucina esclusivamente pesce appena pescato e per aprire botteghe con vendita di prodotti locali artigianali. Il Progetto “ Neptune “ del 2008, promosso dalla Regione Marche si propone di riscoprire e valorizzare la cultura marinara, promuovere il pescaturismo nell’Adriatico e indagare sulle radici culturali comuni della
tradizione legate alla pesca delle regioni italiane e balcaniche che si affacciano sull’Adriatico; inoltre si avvale, attraverso la creazione di musei, di vari strumenti di comunicazione della civiltà marinara adriatica, quali l’antropologia del pescatore, la letteratura marinara, le tecniche di costruzione delle barche, dai metodi classici alle più recenti tecnologie informatiche. Il progetto Neptune, è inserito nel Nuovo Programma di Prossimità Adriatico Interreg/cards/phare, promosso dalla
Regione Marche in collaborazione con il Museo della Marineria di Cesenatico, la Provincia di Venezia, il Comune di Molfetta, l’ Universita` di Spalato (Croazia), il Museo del Patrimonio culturale di Hvar (Croazia), la Prefettura di Durazzo (Albania) e la Regione di Scutari (Albania). Il Mare Adriatico è stato oggetto di vari percorsi storici, che hanno contribuito a creare immagini diverse e distanti tra di loro? tuttavia le consuetudini, le tradizioni, i costumi, le attività degli uomini, quali
la pesca, il commercio e il turismo hanno contribuito a far dialogare e legare intere comunità delle Regioni che vi si affacciano, dalle Marche, all’Istria, dalla Puglia, alla Dalmazia, alla Riviera Romagnola, alla Laguna Veneta. La pesca rappresenta un’attività che ha legato, attraverso la storia, identità culturali di popolazioni fra di loro differenti. Gianpaolo Dabbeni EOS gianpaolo.dabbeni@alice.it
Corea del sud, la meta più ambita Esperantisti di 65 Paesi a congresso. Lingua di lavoro: esperanto Dopo 23 anni, gli esperantisti celebrano nuovamente a Seul, nell’ultima settimana di luglio, l’evento annuale più importante. Sono previsti, per questo evento, straordinario per ricchezza di offerta culturale, turistica e organizzativa, circa 2000 congressisti provenienti da almeno 65 paesi. Il volontariato è presente pure in Corea ed è l’arma organizzativa vincente anche in questa occasione: il movimento esperantista coreano mette a disposizione almeno 200 volontari per far fronte a tutte le necessità nel corso della settimana congressuale, senza contare quelli che da due anni lavorano per il successo della manifestazione. Non ci saranno problemi di comunicazione, facciamo un esempio pratico: un bel tavolo al quale sono seduti 2 coreani, 1 italiano, 1 norvegese, 1 giapponese, 2 francesi, 1 ungherese, 1 australiano, 1 russo, in tutto dieci persone, una sola lingua: l’esperanto. I coreani sono precisi, affidabili, grandi organizzatori, e stanno preparando un congresso memorabile. Memorabile lo è stato
anche il precedente, quello del 1994, al quale hanno partecipato tre triestini, che ancora oggi ricordano quel viaggio. Che dire del vissuto? Ricordi di persone, luoghi, avventure, spettacoli teatrali e tante emozioni. Chiediamo a Elda che cosa l’ha più impressionata. “Molte sono le cose che mi hanno lasciato una traccia profonda, ma voglio citarne solo un paio: il kimchi, una pietanza che non può mai mancare sulla tavola e che praticamente è la versione coreana dei nostri crauti ma solo tanto, ma tanto piccanti, ed una visita ad un monastero femminile buddista in cima ad una collina, dove siamo stati accolti con ventagli, bibite fresche, frutta e dolci. Abbiamo potuto dialogare senza problemi grazie all’interpretazione dei nostri amici locali, in un’atmosfera di grande amicizia e complicità, tanto che al momento di andarcene eravamo tutti commossi e con qualche lagrimuccia”. Pino è rimasto colpito dall’affabilità degli abitanti e dalla loro voglia di comunicare. Ci racconta: il 1994 era l’anno del campionato mondiale di calcio che si
svolgeva proprio in quel periodo; dove si andava ci fermavano per chiedere “americani?” e noi “nooo, siamo italiani”, a queste parole grandi sorrisi e relazione sull’andamento delle partite e dei risultati dei calciatori italiani, i cui nomi venivano elencati con ammirazione. In un grande tempio buddista, un bonzo alla nostra risposta “italiani”, ci ha immediatamente informato che l’Italia era in finale contro il Brasile e fatto gli auguri per la desiderata vittoria,
poiché era un tifoso della nostra squadra. E quest’anno? Di triestini a Seul ce ne sarà solo uno, che tra l’altro dovrà rappresentare il movimento esperantista italiano, per cui ci diamo appuntamento alla prossima puntata per sapere qualcosa di più e di prima mano su questo grande paese, uno delle cosiddette “quattro tigri asiatiche. Edvige Ackermann Associazione esperantista triestina
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La terapia del sorriso
Tra le varie attività dell’Associazione Gruppo d’Azione Umanitaria (GAU) c’è quella dei clown-dottori, raggruppati sotto il nome di “Compagnia dell’arpa a dieci corde” I clown-dottori svolgono il loro servizio di volontariato ormai da quindici anni a Trieste presso l’IRCCS Burlo Garofolo, la struttura di oncologia dell’Ospedale Maggiore, il servizio vaccinazione del Distretto 4, la casa di riposo Emmaus, a Monfalcone presso la scuola primaria “Amelio Cuzzi” di Largo Isonzo, a Pordenone presso la pediatria di S.Maria degli Angeli; collaborano inoltre con importanti associazioni come l’ACCRI, l’AGMEN e l’Associazione Famiglie Diabetici di Pordenone. Per diventare clown-dottori, vista la particolarità della figura e dei tipi di intervento, è necessario fare un articolato percorso formativo che si fonda sulle parole TERAPIA e SORRISO. Il termine TERAPIA, fino ad alcuni anni apparteneva esclusivamente al medico; oggi la parola terapia si abbina ad una svariata modalità di tecniche socio-sanitarie: la musicoterapia, l’onoterapia, la terapia dei colori, l’abbraccioterapia, l’ippoterapia, ecc. In occasione del Convegno Internazionale della Federazione Nazionale dei Clown-Dottori svolto a Sanremo nel maggio 2007, il termine terapia è stato fortemente legato al lavoro dei clown-dottori. Il Prof. Bernasconi dell’Università degli Studi di Parma, ha considerato terapeutica l’azione dei clown-dottori che va ad agire sulla parte sana di un bambino ammalato: “Non tutto del bambino malato, è malato ... intelligenza, fantasia, voglia di apprendere, di giocare vanno preservate e sviluppate anche nella malattia ...”; il Prof. Di Pietro, Presidente della Società Italiana dei Pediatri, fa rientrare i clown-dottori nei programmi di tipo terapeutico sottolineando che non si trat-
ta di una moda; la Prof.ssa Lorini del Gaslini, vede i clown-dottori come elemento importante nel processo di umanizzazione delle cure negli ospedali; la Dott.ssa Anglisani del San Camillo di Roma vede la presenza dei clowndottori nella fase analgesica; ecc ... Qundi è ormai assodato il termine clown terapia; ma accettando la parola terapia, se ne assume anche la responsabilità. Oggi è inoltre dimostrato che RIDERE fa bene: di per sé ridere non è una cura, ma può provocare vari cambiamenti fisiologici che favoriscono il ritorno alla salute. Oggi si ammette che l’umorismo e il riso hanno effetti fisiologici e psicologici. Ridere aiuta a ridurre le tensioni muscolari, a eliminare le tossine, ad accrescere la produzione di immunoglobuline, ad aumentare l’apporto di ossigeno nel sangue, a rinforzare le energie che servono a fronteggiare la malattia e a liberare le endorfine, che abbassano la percezione del dolore. Ridere aiuta a combattere la depressione, l’ansia, la collera, la paura e l’insicurezza che
accompagnano la malattia. Stimola il sistema nervoso e cardiovascolare. Quando ridiamo dimentichiamo ciò che non va. Ridere contribuisce al mantenimento in buona salute di chi sta bene e a migliorare le condizioni di chi sta male. Ridere è un analgesico senza effetti collaterali: una bambina albanese sottoposta a biopsia ossea senza anestesia viene distratta dai clown-dottori e non avverte dolore durante l’intervento; il fatto è segnalato dall’ospedale pediatrico Meyer di Firenze; durante l’intervento, la bambina non si è spaventata né ha pianto, concentratissima sui giochi e sorrisi di due clown-dottori. Su queste basi, organizziamo delle giornate di TERAPIA del SORRISO, individuate come modalità per introdurre e promuovere il nostro corso di formazione der clown-dottori, ma anche per sensibilizzare, per presentarci all’esterno, per dare testimonianza dell’importanza del sorriso, per offrire uno strumento di benessere, per permettere la scoperta di un gruppo.
Il sorriso è una modalità per affrontare il mondo e il clown usa questa modalità; usa la terapia del sorriso. Non occorre essere necessariamente tutti dei clown, ma averne lo spirito si! Uno spirito che spinge a scoprire le cose belle che si hanno dentro e poi comunicarle, uno spirito per migliorare la qualità della vita, per affrontare dimensioni che la quotidianità limita. Lo spirito clown serve a comunicare gioia e speranza a chi l’ha persa, a illuminare con un sorriso il buio che colpisce molte persone. Nella giornata tenuta dai volontari dell’Associazione vengono toccati i seguenti temi: Il sorriso e l’autostima: aversi a cuore è un requisito importante per lo sviluppo personale ma anche un prerequisito per amare l’altro; si alimenta la propria autostima attraverso la stima degli altri. Il sorriso con fiducia e ascolto: con la fiducia si prende coscienza del proprio grado di apertura o chiusura, ci si affida all’altro; con l’ascolto si dona attenzione, comprensione, empatia all’altro. Il gruppo che sorride: nel gruppo si coopera, si accetta, si crea fiducia, consapevolezza e coesione; si scopre un senso di unità nell’ambito delle diversità. * Il sorriso in coppia: s’impara a non essere individualisti, a rinunciare all’esclusivismo per agire in sintonia con l’altro. Il sorriso e gli animali: dentro ognuno di noi c’è una parte selvatica, fantastica, istintuale; è una parte dimenticata che può essere tirata fuori. * Il sorriso nell’improvvisazione: per alimentare la capacità di sintesi e di osservazione, per non essere legati a schemi ma reagire d’impulso. “Metti il naso nel nostro mondo” è l’invito a partecipare ad una di queste giornate e chissà, a diventare un clown-dottore. Lorenzo Bovo GAU www.clown-arpa.it
Un’estate social tutta da condividere Il volontariato: un mare di opportunità per i giovani Finalmente è arrivata. L’Estate. La stagione più amata da noi giovani, la più attesa. Finalmente l’estate è arrivata per farci evadere dalla nostra monotona routine studio-casa e darci una rigenerante carica di energia! La maggior parte dei giovani per questa estate ha tre obiettivi: fare nuove conoscenze, viaggiare ed imparare divertendosi. Le aspettative sono alte ed il tempo è poco, ma la voglia di vivere a mille questi mesi c’è, ed è tanta. Quindi si passano giorni interi a cercare l’esperienza indimenticabile o l’offerta imperdibile e poi..e poi NIENTE. Si finisce sempre negli stessi posti, con la stessa gente a fare le stesse identiche cose dell’estate presedente, o peggio, si rimane a casa a non far nulla. Una soluzione a questa assordante noia estiva esiste. Si chiama volontariato. Alcuni di voi staranno sicuramente sorridendo perché pensano che il volontariato sia solo per gli anziani o per chi non ha altro di meglio da fare. O forse perché non sanno, realmente, cosa significa fare volontariato, soprattutto per noi giovani. Nel volontariato potete trovare tutto ciò che state cercando, amici sinceri, esperienze di vita, divertimento da condividere con un ulteriore surplus non
indifferente: fare del bene, tanto agli altri quanto a voi stessi. Il volontariato vi permette di vivere davvero a mille la vostra vita! Come è successo agli oltre cento giovani che, solo nel Friuli Venezia Giulia, hanno partecipato al Servizio Volontario Europeo cogliendo l’opportunità di fare volontariato in un altro paese acquisendo, inoltre, nuove competenze utili
per il loro futuro. Fabio, 27 anni, volontario SVE in Romania afferma «Attualmente lo SVE mi sta dando moltissimo come per esempio le competenze linguistiche, quelle culturali e quelle sociali» e ancora Aurora, 20 anni, Spagna, racconta con entusiasmo «E’ come un ragazzo con le vertigini conosciuto qui, e che ho visto far arrampicata. […] Un mondo che si apre». Il mondo del volontariato è così vasto ed eterogeneo che non dovete cercarlo, è già intorno a voi e aspetta solo di fare la vostra conoscenza. E’ il caso della nuova associazione triestina AGiRE che per presentarsi e conoscervi ha scelto proprio l’estate proponendo un ciclo di incontri culturali per condividere idee e progetti. Il volontariato è tutt’altro che una perdita di tempo. Il volontariato è vita, vita vera. E soprattutto, non serve aspettare l’estate per evadere dalla vostra soffocante routine. L’estate, per i giovani che fanno volontariato, è uno stato d’animo. Non dura tre mesi, ma tutto l’anno. Marta Peruccon Domenico Maiello AGiRE – Associazione Giovani Realtà Emergenti www.facebook.com/agireaps
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Estate, mare, divertimento e progetti in relax Quale momento migliore per pianificare gli obiettivi del nostro futuro
Sette giorni compongono una settimana, ma quando si è presi dallo studio o dal lavoro, non ci si accorge di quanto possa essere lesto il tempo. Si brama l’arrivo della pausa estiva per poter finalmente rilassare il corpo e la mente. La realtà in cui vivono i giovani d’oggi è caratterizzata sempre più spesso da periodi frenetici che portano alla saturazione del tempo e della mente. Gli studenti, ad esempio, passano da semestri di studio ad estenuanti sessioni d’esame. I giovani professionisti, neofiti del mondo del lavoro, combattono fra l’inesorabile lancetta dell’orologio e l’indicevole mole di impegni che, in alcuni casi, si protrae fino al weekend. Impiegando la maggior parte del nostro tempo in molteplici attività risulta spesso difficile riuscire a ritagliarsi quella frazione di tempo per poter pianificare il proprio futuro. «Lo farò dopo» la frase ricorrente che confina in quel lasso di tempo indefinito tutte le attività alle quali dovremmo dedicare il massimo della nostra attenzione. Con giugno, ormai, la strada sembra essere totalmente in discesa, nonostante questo sia il periodo più duro, quando le splendide giornate fiancheggiano lo studio o il lavoro, la consapevolezza che presto arriveranno le tanto attesa vacanze rende il tutto speciale. Il momento in
cui facciamo le valige e stacchiamo dalla monotona frenesia della nostra routine la mente comincia a rilassarsi. Solitamente nel corso dei periodi densi di avvenimenti ci troviamo ad effettuare quelle che sono le scelte che andranno a condizionare non solo la nostra quotidianità, ma anche il nostro futuro. Pur fermandosi, cercando di estraniarsi da ciò
«Non mi ricordo», dicono in tanti ed ecco il corso sul potenziamento della memoria Due gruppi di una quindicina di persone «non più giovanissime» ogni settimana si sono incontrate nella sede dell’Anteas Trieste Volontariato, per seguire un corso che si prefiggeva di aiutarli a ricordare. Il percorso prevedeva esercizi alla portata di tutti, per stimolare e soprattutto per capire come funziona la nostra memoria. Tra le tematiche trattate nei dieci incontri vi sono stati i cambiamenti della memoria con l’avanzare dell’età, l’influenza delle emozioni e le motivazioni sulla capacità di ricordare, insieme ad alcune tra le più semplici strategie per ricordare e le loro applicazioni. «Il primo obiettivo che ci siamo posti - racconta Sonia Persello, docente del corso - è stato analizzare le strategie migliorative per ricordare meglio. Questo può avvenire anche attraverso il confron-
to di ricordi dei partecipanti al gruppo, il potenziamento del benessere di tutto il gruppo e del singolo individuo». Molti dei corsisti hanno denunciato di avere una cattiva memoria e hanno confessato le loro paure, in quanto collegano queste carenze con l’insorgenza di eventuali malattie. «La verifica finale – ha rassicurato Persello - ha evidenziato tutte le potenzialità acquisite durante il corso, in quanto il riappropriarsi della propria memoria non è solo uno strumento per ricordare cose pratiche, ma anche un meccanismo che permette di stare bene con i ricordi autobiografici e utile nel relazionarsi con gli altri». Laura Luzzatto Anteas Volontariato Trieste anteastrieste@volontariato.fvg.it
che ci circonda per poter valutare quale possa essere la scelta migliore da intraprendere, non si riesce realmente ad avere una visione priva di influenze indotte dalla stressante routine. Ed è quindi qui che troviamo il vero valore dell’estate. La possibilità di affrontare ed intraprendere scelte al di fuori del caos quotidiano. La possibilità di dare ampio
e sano respiro alle idee e ai progetti per il nostro futuro tenendo lontano qualsiasi tipo di contaminazione, cosi da valutare ogni aspetto sotto un’ottica differente, pura. Si presuppone che almeno nel periodo estivo si voglia staccare allontanandosi dalla scrivania. Proprio in queste situazioni possiamo trarre il meglio dalla tecnologia che ormai è a portata di mano di tutti, grazie agli smatphone e alle svariate tipologie di applicazioni possiamo organizzare e sviluppare progetti, dalla creazione del nostro curriculum allo sviluppo di un blog personale. Ma esistono anche luoghi dove i giovani decidono di agire insieme, confrontandosi e mettendosi alla prova in un ambiente sereno fuori dagli schemi rigidi imposti dal luogo di lavoro: le associazioni. Sul territorio di Trieste sono presenti associazioni formate da ragazzi instancabili, che anche nel periodo estivo continuano a proporre iniziative e ad organizzare eventi volti a stimolare le capacità dei giovani. Non resta che rilassarsi e pianificare l’estate. Domenico Maiello AGiRE Associazione Giovani Realtà Emergenti facebook.com/agireaps
Cellulare amico: i giovani insegnano, i nonni imparano
Che gioia per un nonno o per una nonna inviare al nipotino un sms con il messaggio «la torta è pronta!» e con l’aggiunta di emoticon con sorriso. Ecco, è quello che ci siamo prefigurati facendo partire un corso per l’uso dei cellulari che ha come docenti un gruppo di studenti dello IAL, l’Istituto per l’Avviamento al Lavoro di Trieste. Agli studenti è stato richiesto di dedicare un paio d’ore alla settimana per insegnare i trucchi del cellulare a persone nate in un periodo in cui si usava il telefono fisso. L’obiettivo non è quello di portare i «veci» a smanettare come
i giovani, ma di fornire quelle basilari nozioni d’uso di uno strumento tecnologico di cui le nuove generazioni, con cui ci si rapporta ogni giorno, non sanno fare a meno. Il progetto è cresciuto quasi spontaneamente: da una parte il desiderio degli anziani d’imparare, dall’altro quello degli studenti di mettersi al servizio della comunità. Un piccolo esempio di educazione al volontariato. Laura Luzzatto Anteas Trieste Volontariato anteastrieste@volontariato.fvg.it
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Se vuoi partecipare all’iniziativa contatta il CTA dell’Unione Giuliana alla email giuliana@cta.fvg.it
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22 2017
Se se vol se pol V edizione 2017 Ex Lavatoio Il Progetto - Il progetto è nato dalla volontà di far vivere la struttura dell’Ex Lavatoio di San Giacomo, restituendolo alla gente. Vari eventi e spettacoli fino al 30 giugno. Associazione: AMIS Amici delle Iniziative Scout Contatti: info@amiscout.it
Luglio
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2017
Cook with leftovers - Cena di beneficienza con riutilizzo di avanzi Circolo Canottieri Saturnia - viale Miramare 36 Trieste - ore 20 - 21 luglio 2017 - TRIESTE RECUPERA riduce lo spreco e ridistribuisce, alle persone che ne hanno bisogno, le eccedenze soprattutto di tipo alimentare. Associazione: Trieste Recupera Onlus Contatti: triesterecupera@gmail.com
L’Ads e i suoi problemi con Banche, Ag.Entrate, pubb.atti A Trieste in Via Filzi, 14 il 22 settembre 2017 dalle ore 15.00 alle ore 19.00 presso il Dip.di Scienze Giur.del Linguaggio, dell’Interpretazione e della Traduzione Associazione: AsSostegno Onlus di diritto Contatti: sportello@assostegno.it
Luglio
29 2017
Settembre
27 2017
FEST@T! Festival Estivo di Scienza e Tecnologia @ Toti Dinosauri, robottini, vortici gravitazionali – ma non solo! Musica, arte, tecnologia e scienza: il 5 luglio, al Polo Giovanile Toti, Sinapsi organizza la prima festa della scienza e tecnologia tutta under 35 all’interno del PAG e Trieste Estate Associazione: Sinapsi Contatti: www.sinapsidivulgazione.it
Dimostrazione cani salvataggio Ucio all’Ausonia Dimostrazione di soccorso nautico delle Unità Cinofile Operative U.CI.O. della Protezione Civile FVG allo stabilimento balneare Ausonia a Trieste in occasione delle Olimpiadi delle Clanfe, che avrà luogo il 29 luglio 2017 alle ore 13.00. Associazione: U.CI.O. Unità Cinofile Operative Onlus Contatti: www.canisalvataggiofvg.org
RIFLESSIONI SU SANT’AGOSTINO E SENECA Tutti e due ricercano la felicità; Seneca a livello filosofico, Sant’Agostino scoprendola non solo nella filosofia, ma anche nella religione. Salone Matteucci, CSV, via Besenghi, 16 2.p. Trieste, Mercoledì 27 settembre ore 17:00-19:30 Associazione: EOS Centro Internazionale di Studi delle Culture Contatti: gianpaolo.dabbeni@alice.it
>>> Continua dalla prima pagina Buon giorno direttore, è passato più di un anno dalla partenza dei CTA possiamo fare un bilancio? F. Coan - Direi che un bilancio è prematuro in quanto chi ha partecipato sino ad ora sono i “pionieri”, gli innovatori della prima ora, e le forme partecipative previste si sono limitate agli incontri di definizione condivisa delle ipotesi progettuali. In questi mesi stanno partendo le attività: progressivamente cambieranno le occasioni e le forme di coinvolgimento dell’associazionismo e della cittadinanza attiva, e continueranno a cambiare negli anni, mano a mano che i percorsi evolveranno e la formula maturerà. I processi partecipativi necessitano di tempi lunghi. Comprendere il senso e la necessità di dar vita ad un coordinamento territoriale è un risultato complesso che richiede soprattutto l’acquisizione diffusa della consapevolezza che “non è più sostenibile perseguire i propri scopi senza considerare e concorrere agli scopi altrui”. Attraverso le dimensioni della prossimità geografica e dell’appartenenza comunitaria, espresse dai CTA, la partecipazione potrà diventare la condizione naturale (e necessaria) di una proposta di valore distintiva del volontariato
regionale e del CSV FVG. I CTA sono, prima di tutto, un fatto culturale. Francesca, nel tuo ruolo di coordinatore delle progettualità di OdV e CTA, sei soddisfatta dei risultati ottenuti finora nei 18 territori? F. Macuz - Il Consiglio Direttivo del CSV FVG ha messo a disposizione di ciascun CTA delle risorse economiche per realizzare dei progetti collettivi. Si è trattato di un anno di lavoro molto intenso in cui la sfida più importante è stata proprio quella di far convergere le realtà associative di un territorio, differenti per storia, cultura, attività, verso un obiettivo comune, in cui tutti si potessero ritrovare e soprattutto che fosse un elemento di crescita per l’intero territorio di appartenenza. Il merito dei risultati conseguiti va sicuramente al lavoro di squadra attuato da coloro che hanno facilitato l’attività di progettazione all’interno dei diversi territori e coloro che hanno promosso la partecipazione delle associazioni agli incontri. Federico puoi dirci come si porrà il CSV FVG nei confronti del CTA ed in prospet-
tiva come sarà secondo te la loro naturale evoluzione? F. Coan - Il CSV FVG in questa fase sta accompagnando i processi partecipativi di territorio e sostenendo la realizzazione dei progetti dei CTA. Lo step evolutivo successivo potrà riguardare un maggiore ancoraggio organizzativo e generativo dei servizi del CSV FVG ai CTA, in modo da garantire la minore distanza dai centri decisionali-erogativi-fruitivi e una più elevata intensità negli scambi collaborativi tra associazioni e tra associazioni e CSV FVG. Questo anche nella logica di un rinnovato rapporto tra CSV e associazioni, intese non più come destinatarie passive dei servizi ma come partner attivi. Francesca, è chiaro che ogni CTA si è impegnato molto nella progettazione sociale, qual è l’aspetto che più caratterizza l’attività che è stata realizzata? F. Macuz - I progetti nati e sviluppatisi in ciascun CTA rappresentano una prima modalità di supporto all’avvio e al consolidamento dei Coordinamenti Territoriali di Ambito e delle loro attività. Come dicevo, lo scopo di tali progettua-
lità è realizzare iniziative che abbiano come prospettiva la crescita del sistema di volontariato di un determinato territorio, e il loro valore non si trova unicamente in ciò che viene concretamente realizzato, ma soprattutto nel percorso che ha reso possibili tali realizzazioni e nel fatto di essere il risultato di un lavoro sviluppato insieme. Superare la prospettiva della singola associazione e abbracciare i bisogni e le esigenze comuni a tutte le associazioni di un determinato territorio per soddisfarli, sono, infatti, gli elementi caratterizzanti le 18 progettualità nate in seno ai CTA. Presidente, due battute di chiusura sui coordinamenti… Ci sono nuove idee in cantiere per il futuro? M. Iob - Certo! Le nuove idee riguardano l’evoluzione dei CTA che dovrebbero diventare non solo ambiti di co-progettazione delle associazioni ma veri e propri punti di riferimento anche per le Istituzioni nella programmazione territoriale nei diversi ambiti (sociale, socio-sanitaria, ambientale, ecc.).
INSIEME olonta ria mente La rivista del CTA dell’Unione Giuliana è realizzata nell’ambito del progetto “Il valore della comunicazione”, progetto elaborato dalle Organizzazioni di Volontariato del CTA e sostenuto dal programma regionale di valorizzazione dei Coordinamenti Territoriali di Ambito del CSV FVG Le opinioni espresse negli articoli appartengono ai singoli autori, dei quali si rispetta la libertà di giudizio ed ai quali rimane la responsabilità. © 2017 - Tutti i diritti sono riservati.