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panorama

pagina 10 • 16 aprile 2010

ragioni&torti di Giancristiano Desiderio

Renata Polverini e l’apologia della spintarella on hanno fatto una bella figura. Non ha fatto una bella figura il sindaco di Latina, Vincenzo Zaccheo. Non ha fatto una bella figura la neogovernatrice del Lazio, Renata Polverini. Le telecamere di Striscia la notizia sono state implacabili nel compiere il loro piccolo “furto”: non si spia dal buco della serratura e non si origlia da dietro la porta. Questo, invece, è stato fatto dalle telecamere della banda di Antonio Ricci. Ma, tutto sommato, è un peccato veniale. E, per essere precisi, non c’era di mezzo nessuna porta e si era, invece, proprio nel mezzo di una festa. Come a dire: le telecamere passavano di lì e l’occhio e le orecchie del Gabibbo hanno visto, sentito e registrato quanto ha detto il sindaco alla governatrice: «Non ti dimenticare delle mie figlie». Di rimando la Polverini: «No, ma stai scherzando?». Già, stavano scherzando o facevano sul serio?

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Ne è nato, come si usa dire, un “caso politico”. Ma il caso politico non ci interessa. Non ci interessa - nel senso che non è stimolante, non è decisivo - neanche quanto ha detto lo stesso sindaco Zaccheo sul senatore del Pdl Claudio Fazzone. Ciò che invece è interessante è proprio quanto detto da Zaccheo: «Non ti dimenticare delle mie figlie». Queste, infatti, sono cose che avvengono in ogni dove e da sempre, però niente è più imbarazzante della verità che appare improvvisa sulla scena. Un conto è sapere in astratto o credere di sapere e un altro conto è quando i fatti si mostrano in pubblico e senza che i suoi autori sanno di essere visti e ascoltati. Non c’è dubbio: è da qualunquisti dire che fanno tutti così e che la raccomandazione è un malcostume politico e sociale nazionale, ma il problema vero non è questo. È quest’altro: è avere una politica che si mostra all’altezza (bassezza) dei pregiudizi qualunquistici con i quali è giudicata. La risposta delle Polverini, in verità, sembra generica ed evasiva. Come di chi tende a farla breve e non ha neanche ben capito cosa gli stia chiedendo in quel momento di confusione il suo maldestro interlocutore. Insomma, la Polverini ha in quel momento la testa altrove, si vuol godere l’ora presente, la vittoria, e non vuole già pensare a tutti i grattacapi che verranno, compresi i favori e le raccomandazioni non solo dei clienti ma anche degli amici di partito. Polverini non vuole essere scocciata. Il filmato, in sincerità, mostra proprio questo. La governatrice del Lazio, facendo ricorso a un po’ di ingenuità, la possiamo anche salvare. Ma con Zaccheo come si fa?

Riguardiamo la scena nella nostra mente: siamo nel pieno di una festa, sorrisi, compiacimenti, congratulazioni, ma a lui, al sindaco di Latina, il primo pensiero che passa per la testa non è quello di inorgoglirsi per la vittoria politica e, nella generale esaltazione, di rendersi disponibile come conoscitore delle cose da amministrare nell’area pontina, bensì quello di ricordare alla vincitrice di averla fatta votare, anche a Ponza e Ventotene, e «non ti dimenticare delle mie figlie». È la perenne vittoria dell’uomo del Guicciardini non sulla morale, ma su Machiavelli e la patria.

Se le nuove professioni si chiudono al lavoro Alfano convoca gli Stati generali aperti solo agli Ordini di Angelo Deiana lla buona notizia – ieri il ministro della Giustizia, Angiolino Alfano, ha tenuto gli Stati generali delle professioni come primo passo verso l’auspicata riforma del settore – non ne è seguita un’altra migliore: l’invito a partecipare alle associazioni professionali e al CoLAP, il loro organismo di riferimento, dando spazio soltanto agli ordini e ai collegi. È proprio per evitare che un pezzo importante delle professioni fosse tenuto fuori dalla discussione che il CoLAP e più di 60 associazioni delle oltre 215 aderenti hanno inviato in questi giorni al ministro la richiesta per partecipare all’incontro. Ma da via Arenula non è arrivata risposta.

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Ed è davvero difficile comprendere il motivo di questo silenzio: non è pensabile che un governo che si fa promotore della necessità improcrastinabile di fare le riforme, impedisca a uno dei motori del sistema professionale di contribuire alla discussione di merito. Come si fa a dimenticare che tutte le proposte di legge di maggioranza e opposizione in esame in Parlamento prevedono l’istituzione di un sistema duale, composto da ordini ed associazioni? Quindi limitare la discussione agli ordini sarebbe come guardare al futuro con gli occhiali del passato. La realtà italiana è piena di nuove professioni che devono essere selezionate e valorizzate attraverso il riconoscimento delle associazioni. Un titolo che compensi l’asimmetria che vede i professionisti comunitari venire a esercitare in Italia senza problemi, mentre i nostri non possono fare altrettanto. Gli stati generali convocati da Alfano potevano essere l’occasione giusta per fornire risposte concrete a tale esigenza e al fatto che le professioni associative costituiscono un comparto produttivo di rilievo, che non può essere ignorato da chi ha la responsabilità di governare il Paese. Molti problemi economici della crisi sono dovuti anche alla mancata regolamentazione delle associazioni professionali. Nell’era del capitalismo intellettuale, infatti, quello che conta veramente è il valore della conoscenza. È importante dunque trovare una regolazione che consenta non soltanto di tutelare i clienti/consumatori, ma anche di competere diffondendo sempre più la conoscenza stessa, abbassandone i costi di

scambio e assecondando la novità più importante della fase attuale: per vincere le guerre dei saperi è diventato conveniente investire nei processi di apprendimento e tutto questo ha determinato la crescita tumultuosa di soggetti in grado di produrre e selezionare informazioni e di agire in base a esse. Non ha senso quindi ingessare tutta la regolamentazione con un impianto rigido come quello ordinistico. Tale approccio massimizza le rendite di posizione monopolistiche senza, come purtroppo evidenzia l’Antitrust, aumentare proporzionalmente i livelli di tutela. Anzi. Molto meglio avvalersi di un sistema accreditatorio/associativo. La popolazione dei professionisti non ordinistici costituisce una vera e propria maggioranza: dalle analisi esistenti (Istat, Isfol, Censis) emerge un quadro che dimostra come tale mondo rappresenti una quota molto significativa dei 20 milioni di occupati. Nell’accezione internazionale di knowledge workers, l’Italia nel 2007 raggiungeva una quota intorno al 46 per cento della popolazione lavorativa: una cifra di tutto rilievo e in continua crescita. Senza dimenticare che, negli ultimi 15 anni, il settore dei capitalisti intellettuali aumenta a velocità doppia rispetto al resto del mondo del lavoro in tutte le economie avanzate.

Non aprire alle associazioni vuol dire mantenere uno schema che soltanto in Italia penalizza i lavoratori non riconosciuti

Nel nostro Paese poi siamo di fronte a un fondamentale problema economico e sociale: quasi 4 milioni di professionisti associativi che operano sul mercato producendo l’8,9 per cento del Pil individualmente e il 21,1 con le aziende collegate. È dunque arrivata l’ora, di superare la logica delle professioni in termini di antagonismo riconoscendo le associazioni professionali, riformando sinergicamente il sistema nel suo complesso e tenendo conto che il nostro sistema è composto da professioni ordinistiche, da molte associazioni (con le relative attività nuove, emergenti e/o di specializzazione) fortemente consolidate e organizzate, e da una serie di attività professionali di sicuro rilievo economico e sociale ma non ancora ben organizzate. Se il ministro Alfano non si renderà conto di questa realtà, vorrà dire che questo governo dovrà metabolizzare la consapevolezza che sta trascurando i problemi di quasi 4 milioni di elettori. Presidente del Comitato scientifico del CoLAP


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