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22 ottobre 2009 • pagina 5

Granata conferma: «C’è un dossier in Procura, candidatura inopportuna»

Dal Pdl smontano la tesi del Cosentino «vincente» Alle ombre giudiziarie si aggiungono altri dubbi: alle Provinciali di Caserta nel 2005 il sottosegretario fallì un’elezione scontata di Errico Novi

ROMA. Ha titolo Nicola Cosentino per accredi- Prodi. Nel 2000 l’esponente di area cattolica, tarsi come un «vincente»? Al di là dei dubbi per le sue vicende giudiziarie (che ieri nel Pdl sono stati risollevati sia dal fronte aennino con Fabio Granata che dai forzisti con Denis Verdini) c’è un precedente che gioca a suo sfavore sul piano strettamente politico. È quello delle elezioni provinciali del 2005, in cui il sottosegretario al Cipe venne scalzato di tre punti da un avversario sceso in campo a pochi mesi dal voto, Alessandro De Franciscis. Cosentino partiva da un vantaggio impressionante: i sondaggisti lo davano sopra il 60 per cento. In poche settimane quel distacco venne progressivamente eroso dal candidato del centrosinistra. Come? Con una martellante campagna sul «no ai casalesi», slogan che De Franciscis fece stampare su migliaia di manifesti. Il medico cattolico dell’Udeur non esitò in più di un comizio a rappresentare l’attuale coordinatore campano del Pdl come «espressione della società di Casal di Principe». Soprattutto sui casertani del capoluogo – anche su una parte di quell’elettorato moderato che era stato decisivo per la vittoria del centrodestra nelle due consiliature precedenti – quella definizione fece colpo. Al punto da provocare il rovesciamento di un risultato che fino a un mese prima del voto sembrava già scritto.

passato agli azzurri dal Cdu, si era confermato. Ma soprattutto, Ventre era un magistrato amministrativo, e professore universitario con triplice laurea, di ottima reputazione. A maggior ragione è risultata incomprensibile la sua mancata ricandidatura alle Europee del giugno scorso. Dal partito di maggioranza ricordano che «Ventre era stato il candidato più votato della Circoscrizione Sud, dopo Berlusconi, alle precedenti elezioni per l’Europarlamento, quelle del 2004: raccolse la bellezza di 86mila voti». Eppure «ha pesato di più il fatto che Cosentino lo considerasse un avversario: è questa la sola ragione per cui non è stato rimesso in campo», teorizzano dal Pdl dietro richiesta di anonimato. Riguardo alle chances di vittoria nella sfida per la presidenza della Regione, le stesse fonti notano che Cosentino potrebbe trovarsi in seria difficoltà «se il Pd gli opponesse un candidato libero dal peso della questione morale come l’anti-bassoliniano Vincenzo De Luca: al sindaco di Salerno, soprattutto se avesse dalla sua parte l’Udc, basterebbe andarsene in giro con l’autore di Gomorra Roberto Saviano per evocare la minaccia casalese e far breccia tra i moderati». E De Luca due giorni fa ha ricevuto una quasi investitura da Massimo D’Alema: «Bassolino appartiene a una stagione che si è chiusa, anche se va rispettato», ha detto l’ex premier nel corso di una sua visita in Campania, aprendo la strada al grande antagonista del governatore uscente.

D’Alema apre alla discesa in campo del sindaco di Salerno De Luca per il Pd. «E a lui basterebbe andare in giro con Saviano per battere Nicola», dicono i forzisti

Antonio Bassolino (sopra) e Nicola Cosentino (a destra) sono da anni al centro di contestazioni e sospetti. Nella pagina a fianco, le “vele” di Scampia, simbolo del degrado napoletano mai considerato “risolutivo” lo sgombro dei rifiuti fatto da Berlusconi: «È positivo naturalmente, ma occorrerebbe ben altro. Le discariche non funzionano ancora, l’inquinamento del territorio è terribile, in mare è stato scaricato di tutto. I napoletani hanno bisogno di qualcuno che dia loro fiducia e voglia di riscattarsi».

In quindici, venti anni si è bruciata la grande speranza ed è nato “un sistema di potere” che sconfina nell’illegalità. La «camorra – secondo De Giovanni – è diventata una realtà imponente, che nessuno ha più arginato». Questo «è stato reso possibile dalla fine dei partiti: il loro crollo, determinato da tantegentopoli, ha fatto sì che sul territorio non ci fosse più alcun presidio, una condizione favorevole al dilagare dei clan camorristici. Oggi, in alcuni quartieri di Napoli, ad esempio a Scarpia, sono loro a rendere possibile la sopravvivenza della gente meno abbiente, con tutto quello di drammatico che

ciò comporta». Non può mancare il raffronto con la Sicilia: ormai - secondo i nostri interlocutori - la camorra è diventato un problema più grave della stessa mafia siciliana. Anche se De Giovanni riconosce che il ministro Maroni sta ingaggiando la lotta contro il clan campani con grande serietà: «Forse il suo non avere alcun legame col territorio lo aiuta».

Più va avanti il racconto e più la Campania appare malata in tutte le sue parti: un morbo difficilissimo da aggredire perché la società ormai non produce anticorpi. Per La Capria «esistono al mondo tanti problemi irrisolvibili, la fame, la sovrappopolazione; per l’Italia Napoli è un problema irrisolvibile». Anche De Giovanni “vede nero”. Dietro l’angolo «non c’è niente di buono». Non si intravedono né le persone né i programmi per risollevare la Campania: una regione affondata dai suoi governanti, aiutati da tante, troppe complicità.

In quella occasione, fanno notare dal Pdl,Cosentino pagò anche uno scotto per aver prefigurato nei suoi interventi pubblici una «discontinuità» dal presidente uscente, Riccardo Ventre, che pure era del suo stesso partito, cioè di Forza Italia.Ventre godeva di una certa popolarità per essere riuscito a riportare la Provincia di Caserta sotto le insegne di centrodestra nel 1996, cioè nell’anno terribile, per i berlusconiani, della vittoria di Romano

Da anni il primo cittadino di Salerno è di fatto l’unico esponente campano del centrosinistra a mettersi apertamente in conflitto con Bassolino senza uscirne massacrato. Ha ottimi rapporti con D’Alema ma una vittoria di Dario Franceschini non lo prenderebbe in contropiede. La Campania non potrebbe non essere una passeggiata, per il Pdl, chiunque scenda in campo. Ieri hanno continuato a circolare i nomi di Pasquale Viespoli e Stefano Caldoro, ma soprattutto non si è placato il fronte finiano: «La candidatura di Cosentino è inopportuna», ha sentenziato Granata: il vicepresidente della commissione Antimafia ha anche attestato che il dossier depositato dal capo della Procura napoletana Giandomenico Lepore (e citato ieri da Repubblica) «conferma l’inopportunità della candidatura», per una serie «di questioni legate a ciò che emerge». A sua volta il Pd spinge per calendarizzare al Senato una mozione contro il sottosegretario presentata un anno fa. Ieri Cosentino ha insolitamente rilasciato una dichiarazione alle agenzie, su un argomento che non lo vede direttamente coinvolto, ossia la bocciatura della mozione sulla libertà di stampa a Strasburgo. Chissà se non è troppo tardi per guadagnarsi nel dibattito pubblico un ruolo che faccia ombra ai sospetti.


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