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il paginone

icazione in Galilea, metafora della speranza di tutti i credenti Anche Gesù, che prima procedeva a passo svelto, si è arrestato improvvisamente. I più vicini a lui intuiscono che qualcosa è accaduto e si ritraggono, nonostante la pressione della massa, fino a creare un piccolo spazio libero, con il Cristo al centro. Si tratta di un momento di grande intensità: qualcuno è riuscito a stupire il Cristo con la propria fede, quasi a imporgli la necessità della salvezza. Gesù era già impegnato in una vicenda segnata da una richiesta avanzata con grande fede nelle sue capacità di governare le forze del mondo. Giàiro era venuto in piena fiducia a chiedergli la salvezza dalla malattia, forse la re-

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né tanto meno punirla.Vuole solo rendere completo il rapporto che si è stabilito con lei, portare a perfezione il suo gesto, e lo fa pronunciando una delle frasi più belle del vangelo, che ricorre spesso in tutta la sua forza e nella pienezza della speranza che arreca: «Figlia, la tua fede ti ha salvata», e perché il messaggio sia chiaro nella sua interezza aggiunge: «Va in pace e sii sanata dal tuo male».

La guarigione va considerata quindi un di più, un dono ulteriore che si aggiunge a quello della salvezza, o forse, e più probabilmente, il rapporto fra i due accadimenti salvifici è di una necessità che sfugge alla nostra comprensione umana. L’azione non si è però esaurita. Giàiro è ancora supplice a fianco il Cristo e le condizioni di sua fi-

L’emorroissa non aveva chiesto niente. Toccare il mantello del Cristo, o persino una frangia del suo mantello come scrive Matteo, le sarebbe stato sufficiente per essere salvata. E così accadde surrezione, per la figlia. Eppure, anche se credeva, aveva domandato un gesto, una presenza, un intervento consapevole e diretto perché la forza del Cristo divenisse salvifica per sua figlia. L’emorroissa non aveva chiesto niente. La sua fede era così grande che toccare il mantello di Gesù, o persino una frangia del suo mantello come scrive Matteo, le sarebbe stato sufficiente per essere salvata. E così accade. Ma appena avvenuta la guarigione anche Gesù, nella sua misteriosa pienezza di uomo e di Dio, si accorge che si è compiuto un miracolo, che la fede ha suscitato all’azione la potenza del Padre. Allora il Cristo si diverte a organizzare una scena destinata a stupire quelli che lo circondano, e i suoi discepoli per primi. Stretto nella ressa della folla che lo pressa da ogni parte, Gesù si ferma e affronta quelli che lo circondano con una domanda in apparenza assurda: «Chi mi ha toccato?». Cosa possono rispondere i poveri pescatori del lago di Tiberiade a questo interrogativo? Senza sapere cosa dire, gli apostoli guardano stupiti quell’uomo d’eccezione che li ha convocati non sanno ancora per quale missione e gli indicano le persone che da ogni parte premono per avvicinarsi. Nel racconto di Luca è Pietro a parlare per tutti e a dichiarare l’evidenza umana di ciò che sta accadendo: «Maestro, le folle ti stringono e ti schiacciano da ogni parte». Gesù intanto sorride. Sta vivendo un momento di gioia, ha incontrato una persona di vera fede e si guarda attorno per riconoscerla. La donna però si spaventa, teme di aver commesso una colpa affermando in modo così violento la propria ansia di guarigione. Come se avesse rubato la salvezza, sentendosi scoperta si fa avanti e si getta ai piedi del Cristo, dove confessa la propria fede. Gesù però non intende rimproverarla,

glia sono peggiorate in modo drammatico. La malattia è arrivata all’epilogo. Luca scrive che mentre Gesù ancora parlava con la donna un famiglio del maggiorente è arrivato sulla scena. Si è fatto largo nella folla per portare una notizia luttuosa: la fanciulla che giaceva gravemente ammalata si è spenta. Gesù avverte subito il padre: «Non temere, solo abbi fede e sarà salvata». Anche in questo caso la questione della salvezza, della guarigione e della salute, si propone nella sua complessità. Diversi sono i piani sui quali si manifesta l’effetto salvifico, anche se la via per il suo conseguimento è unica. La richiesta che Gesù avanza a Giàiro è certa e specifica, avere fede. Come la fede ha appena salvato l’emorroissa allo stesso modo potrà agire con sua figlia, se necessario addirittura richiamandola in vita dalla morte. Quindi il cammino riprende. Nonostante l’arrivo della notizia luttuosa, Gesù si reca ugualmente a casa di Giàiro, dove sono già iniziate le lamentazioni funebri per la morte della giovinetta. Parenti e servitù sanno che il capofamiglia si è recato da Gesù per chiedergli la grazia della guarigione, ma evidentemente non hanno creduto nell’efficacia del suo intervento salvifico. Si sono abbandonati all’evidenza della vittoria della morte. Hanno accettato la sconfitta della vita e piangono per questo.

Al suo arrivo il Cristo, per la seconda volta nella giornata, sembra voler andare intenzionalmente contro l’evidenza di una situazione. Come poco prima aveva chiesto chi era stato a toccarlo mentre si trovava in mezzo ad una folla, adesso fa un’affermazione quasi assurda, si rivolge a quelli che stanno lamentando la perdita della fanciulla e dice loro: «Perché fate chiasso e piangete?

La bambina non è morta, ma dorme». Sono parole quasi folli, ma sta lì il messaggio di Cristo, quando ci chiama a vivere una realtà più alta di quella che ci appare. Vero e falso convivono nelle parole di Gesù. Per gli uomini la fanciulla è morta, irrimediabilmente, ma non così per lui, che è divenuto complice della fede di Giàriro con l’obbiettivo di riportarla alla vita. La verità del Cristo è destinata a prevalere su quella che l’aveva preceduta, non illegittima, piuttosto lacunosa, manchevole. Una verità semplicemente umana e per questo imperfetta, dimentica del proprio fondamento. Di fronte all’affermazione in apparenza irragionevole di Gesù la maggioranza dei presenti si comporta come accade di solito quando la parola di Dio si manifesta con particolare urgenza e senso critico nei confronti del mondo: deridono chi la pronuncia. La realtà degli uomini è molto solida, e la loro fede in essa è robusta, il loro punto di vista difficile da intaccare. Gesù non si lascia distrarre, non tenta di convincerli, la grazia del Signore è a disposizione di tutti, ma la sua accettazione non è mai imposta. Il Cristo fa allontanare tutti i convenuti i rimane nell’intimità della famiglia di Giàiro e della ristretta cerchia dei suoi fedeli più devoti, Pietro, Giacomo e Giovanni, i tre apostoli della trasfigurazione e poi della veglia nell’Orto degli Ulivi. Davanti a questi pochi testimoni si compie il miracolo della resurrezione. Finali diversi chiudono i tre racconti evangelici, a conferma della complessità del messaggio e della ricchezza di letture che ogni gesto del Cristo offre. Per Matteo la fama dell’accaduto si sparge subito per tutti i dintorni. Secondo Luca Gesù intima invece il silenzio a tutti i testimoni del miracolo, secondo un costume che gli è solito, soprattutto all’inizio della predicazione. Marco fornisce questa versione, ma la sua narrazione è arricchita da un dettaglio di tenerezza umana. Appena la fanciulla torna in vita, Gesù ordina ai presenti di darle da mangiare. Il suo corpo ha bisogno di tornare alla pienezza dell’esistenza. Un’ultima riflessione è necessaria, riguardo a questo episodio evangelico di particolare importanza, dato che contiene il miracolo della resurrezione, della sconfitta della morte, ossia il gesto esemplare del fine per il quale il Cristo è venuto sulla terra. La sua assenza nel vangelo di Giovanni ci costringere a paragonarlo al grande miracolo della resurrezione di Lazzaro. Le similitudini sono numerose, a cominciare dalle parole di Gesù, prima di mettersi in cammino alla volta della sua casa: «Lazzaro, il nostro amico, si è addormentato, ma vado a svegliarlo». Una frase nella quale è condensata per intero la speranza della nostra religione. Tutti noi ci aspettiamo di essere, un giorno, svegliati dal Cristo che ci accoglie nell’abbraccio dei suoi amici, della sua Chiesa.


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