CORRIERE NEWS GENNAIO 2014

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Inchiesta/Emergenze 10 gennaio 2014

Le criticità del Fermano viste dal Forum “Salviamo il Paesaggio”

Cosa serve ancora per invertire la rotta? di Andrea Braconi

Le definisce “dinamiche contrarie ad uno sviluppo sostenibile”. E le motiva con dati inconfutabili: 321% l’incremento del suolo urbanizzato nel nostro territorio dal 1954 al 2010, con una velocità di 2.100 mq al giorno; 6,42% l’indice di urbanizzazione (vale a dire di perdita irreversibile di suolo), rispetto ad una media regionale pari al 5,23%. Dati - rimarca Jonata Sabbioni, referente del comitato provinciale di Fermo del Forum “Salviamo il Paesaggio - Difendiamo i Territori” - che sotto questo profilo fanno del Fermano la peggiore realtà marchigiana. Cosa hanno mostrato - e dimostrato - le recenti piogge? “Pur considerando la tendenza generale per cui sono aumentati, negli ultimi 10 anni, i fenomeni di pioggia di breve durata ed alta intensità, certamente occorre riflettere sugli esiti distruttivi che tali eventi hanno troppo spesso sul sistema territoriale. Di fatto, i fenomeni piovosi intensi stanno mettendo in evidenza tutte le criticità di un territorio aggredito.” Dove vanno ricercate le responsabilità? “Nel modello di governo del territorio e nelle strategie di pianificazione messe in atto, soprattutto negli ultimi vent’anni, dalle amministrazioni dei vari livelli. Sono mancate essenzialmente due volontà: la programmazione di lungo corso e la definizione di strategie di tutela e valorizzazione delle risorse. La conseguenza più evidente è stata l’eccessivo consumo di suolo, di cui il dissesto idrogeologico è l’esito più gravoso. Oggi il nostro paese paga circa 3 miliardi di euro all’anno per gli interventi d’emergenza post disastro. Da vent’anni. Fanno 60 miliardi di euro. Mentre la più importante infrastruttura di cui il Paese avrebbe bisogno sarebbe una grande opera di messa in sicurezza, oltre che di recupero urbano e di riqualificazione energetica

del patrimonio edilizio esistente. Servirebbero, per un primo fondamentale intervento, 5 miliardi di euro: con cui daremmo impiego almeno ad una parte di quei 500.000 operatori del settore edile che hanno subito uno dei costi più alti di questa crisi. Le criticità sono dovute a molteplici gravi mancanze: la totale autoreferenzialità dei piani regolatori comunali, l’assenza di una visione di programmazione di area vasta e sovra-comunale, oltre che di una pianificazione realmente agganciata alle esigenze del sistema territoriale. Inoltre è mancata una politica che tenesse insieme una visione generale. Il vuoto legislativo di una norma urbanistica regionale che manca da vent’anni non ha certamente favorito la costruzione di questa consapevolezza. Fortunatamente, questo vuoto si chiuderà con l’approvazione di una nuova legge: il Consiglio Regionale delle Marche, infatti, la discuterà, e dovrà confrontarsi con la proposta d’iniziativa popolare promossa dal Forum e sostenuta dalle firme di 9 mila cittadini.” Sulla prevenzione come si può intervenire in maniera efficace, oltre che tempestiva? “La prevenzione si basa su due aspetti: l’informazione e l’azione consapevole. In particolare per la seconda, occorre certamente costruire un piano di interventi di salvaguardia e messa in sicurezza. Penso ai pendii collinari più a rischio, alle zone soggette a rischio esondazione dei fiumi e dei canali urbani, allo stato di salute di tutti i corsi d’acqua e dei loro alvei, alla costa marittima soggetta ad erosione; ma anche allo stato di conservazione del patrimonio edilizio esistente. Occorre invertire la rotta e investire, ad esempio, su un’idea di pianificazione più lungimirante; occorre rendere la pianificazione un processo più aperto e partecipato; occorre liberare risorse per la riqualificazione urbana e, per questo, rendere strutturali gli incentivi per il recupero; occorre rivedere le previsioni dei piani regolatori e superare i piani comunali a favore di una

programmazione più vasta; occorre smettere di ritenere le infrastrutture viarie come il pre-requisito allo sviluppo economico ma occorre, invece, riconoscere e valorizzare quello che già esiste. Occorre, in sintesi, avere il coraggio di definire una propria identità territoriale e mettere in campo strategie in grado di promuoverla: puntare sull’agricoltura di qualità e non sui campi fotovoltaici a terra, sul turismo e non sulle centrali a biomasse, sulla manifattura di qualità e non agli insediamenti impattanti e fuori scala. Occorre, in definitiva, preservare il territorio come risorsa unica in quanto, purtroppo, non rinnovabile.” Qual è oggi il livello di consapevolezza della popolazione locale? “Il dissesto idrogeologico è drammaticamente percepito quando le sue manifestazioni sono più visibili e gravi. In questi casi intuiamo che il territorio è una risorsa fragile e le conseguenze della sua perdita irrecuperabili. Secondo me, però, manca una consapevolezza costante e un’attenzione continuativa, quotidiana direi. Dovremmo sviluppare una capacità di osservazione – e di preoccupazione – meno estemporanea e legata alla calamità e più vigile, invece, sulle piccole valutazioni.” Gestione fiumi: qual è la posizione del Forum rispetto agli interventi fatti lungo le aste fluviali? “Ritengo che si debba procedere al più presto ad una nuova discussione sui Contratti di Fiume, ossia sui piani di gestione, valorizzazione e tutela degli elementi idrici e dei loro ecosistemi. Il Fermano, e molti altri territori marchigiani, in passato hanno considerato il fiume unicamente in termini di risorsa da sfruttare. Basti pensare all’urbanizzazione industriale della valle del Tenna. Oggi, anche viste le mutate condizioni economiche, occorre pensare al fiume in modo diverso: evitare la pretesa di “controllare” il fiume è il primo passo per riconoscerne il valore eco-sistemico e per definire un’efficace strategia di prevenzione del rischio dissesto.”

Ricordi di ieri e... disastri di oggi

Jochi d’un tembu e cojonerie d’addè O jente vecchierella, ve rrecordéte de quanno, da frichi, javate a lu mare? Su ‘lle belle spiagge ruspandi, mica comme quelle de addè: che ad’è tutte rpettenate co’ lu scrimu, ‘llisciate e sinza più ‘na forma de vita che è una, che scia animale che vegetale. ‘Llora le spiagge (meno che quelle de li signori) ad’era comme l’avéa fatte lu Padreternu: co’ ‘lle dune pine de jerve, de tamerici e, soprattutto, de ‘lle morammazzàte de lappe rpuncecóse che te sse ‘nfizava su li pè comme le zécche; co’ ‘lli belli sassi tramenzo la rena e non se sa quanti vacarozzétti de ‘gni sorta che corréa comme diàoli, lascenne su la rena tuttu u’ stradellu de ‘mpronte co’ ‘lle zambette che ‘n gne la facéj a condàlle, pe’ quanto java fugati. Bè, ‘llora se ve ne rrecordéte, ve rrecordéte pure de li jochi che facéamo, visto che per nojatri fiji de la Guerra (o poco dopo) era un sognu proibitu pure lu secchiellu e la paletta, non parlemo po’ de le “formine”! E ‘llora ce doveàmo ‘rrangià co’ quellu che se stroàva su la spiaggia. E che ce stroàvi? ‘Ppundo: la rena, li sassi e li lignitti. Dice: e che gorbu ce facéj? Che ce faceàmo?! Tandi de quilli jochi che li frichi d’addè mango se li ‘nzogna! Per un presembiu: lu montarozzu. Comme, che d’è? Un montarozzu de rena, testo’! E comme ce sse jocava? Facile: se facéa un montarozzu puntutu de rena, ‘na mondagnetta, ‘nzomma; po’ ce sse ‘nfizava un zippu drittu, da capu a pè. Eppo’? Eppo’ se facéa la conta pe’ chi dovéa cumincià

pe’ primu e, a turnu, se ‘ncuminciava a tirà via co’ le mà, torno torno, la rena. A forza de tirà via la rena, lu montarozzu diventava sempre più ciucu e trettecande. Finghé, prima o dopo, ‘rriava lu turnu de quillu che, pe’ quanto stesse ‘ttendu, facéa cascà lu zippu de legno, perdéa la partita a montarozzu e dovéa da fà la pinitenza! Dice: perché me dici quesso? Perché me rrecorda quello che sta capiténne ogghidì a li paesetti nostri: tutti ‘bbuturati ‘ttorno a ‘lli cucùzzoli che pare tandi montarozzi. E tutti a scavàje torno torno pe’ costruicce ‘lli palazzo’ che ‘n ze pòle guardà, tanto ad’è brutti, sinza penzà che, scava ogghj scava domà, prima o poi lu montarozzu vène jo’, co’ tuttu lu paese! Atru jòcu era li castelli de sabbia: ce voléa la sabbia vagnata, perciò ‘gnava costruiti vicino la riva. Però a la distanza justa ‘che, sennò, ‘ppena ‘rriàva ‘che ónna più longa o se ‘rrizzava la marèa, te lu vuttava jo’. Che ce rrentra quesso? Ce rrentra, ce rrentra, pe’ lu solitu discorzu: pure ogghj ci sta tandi che costruisce case o capanno’ troppo vicino a li fossi, a li canali o a li fiumi. ‘Ddirittura ci stà che cojonacciu che prima li rcopre de cimendu eppo’ ce fa le case sopre. ‘Ppo’ rrìa lu momendu che lu fiume se ‘ncazza e se rpija tutto, case e perzo’. E chi ha fatto ‘lla pacca de cojonerìa o chi je l’ha permesso, a piagne. Atro che le pinitenze che dovéa da fà chi perdéa a montarozzu! Loredana Tomassini

FERMO - Viale Trento, 86 - Tel. 0734.225121 (r.a.) - Fax 0734.216289 - Email: fermo@liliantravel.it

BUS + TRENO SABATO 1° MARZO 2014

Con il treno non occorre prendere il vaporetto perchè la stazione F.S. si trova quasi al centro di Venezia Arrivo in mattinata, breve passeggiata passando per Ponte Rialto si arriva a San Marco. Visita guidata di una fabbrica di vetro, al centro di Venezia.

I ferrovieri e i loro familiari in regola con le concessioni di viaggio non pagano il treno QUOTA ADULTI € 70,00 (come lo scorso anno!!) QUOTA BAMBINI 4-11 anni € 60,00 BAMBINI 0-4 ANNI GRATIS

LE ISCRIZIONI SONO GIÀ APERTE, POSTI LIMITATI – AFFRETTATEVI! per informazioni chiamare ai numeri: 0734.642391 - 330.280067 - 0734.225121

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