inSide Sicilia dicembre 2010 - gennaio 2011

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Pane di Natale Una ciambella di pane con una fila di mandorle o noccioline sopra, veniva deposta ai margini dei presepi che una volta, a Scicli, si usava preparare con poche e modeste cose. Ma quello era anche il dono che si faceva ai più piccoli. A Modica si usava preparare un pane di forma rotonda, detto cannizzu, termine con il quale si indicava, anche, un grande contenitore circolare, intessuto di canna, impiegato per conservare il frumento. Su un lato, con alcune striscioline di pasta, era raffigurata una scala e, in cima ad essa, erano riposti tanti chicchi di pasta per simboleggiare, ancora una volta, il frumento. Andando a Palazzolo e Buscemi, il pane di Natale, di forma rotonda, era ricoperto da due fettucce di pasta, disposte a forma di croce, ornate con cinque nocciole, quattro sulle punte e una al centro. A Buccheri, come anche a Modica, il pane di Natale, detto i vuoi, era, invece, a forma di due cilindri legati da un cordoncino di pasta intrecciata. Ancora una volta il riferimento è al mondo agricolo, poiché i due cilindri altro non sono che i buoi appaiati durante il lavoro di aratura. Affidiamo all’immaginazione del lettore capire del perché, nel mondo di oggi, il posto del pane sia stato preso, anche in questi luoghi, da un morbido, grasso e vanigliato Panettone della rinomata industria dolciaria nazionale. Ma lasciamo le storie del pane e del frumento nel giorno di Natale per concederci ai dolci che, senz’altro, destano, tuttora, più interesse alla vista e al palato, di grandi e piccini.

Ciambelle di pane con nocciole di Scicli - foto di Associazione culturale L'Isola, tratta dal libro “Dolci e pani di Natale” - a cura di Giovanni Portelli e Giovanna Giallongo

Dolci della tradizione A Sortino, i dolci si preparano con miele e farina e sono detti cosaruci ri meli. Sono modellati con forme diverse che si ispirano alla natura o al mondo circostante. Alcuni possono contenere, al loro interno, una mandorla intera sgusciata oppure solo metà, spezzata e conficcata in superficie. Possono essere a forma di piccole pere (i piretti), di fave (favuzzi) e di palme (palmitti). Di dimensioni maggiori e più complessi sono, invece, la bambola (pupitta), il cavallino (cavadduzzu) e la colomba (palummedda). Diffusi nei diversi centri iblei sono alcuni biscotti composti da una sfoglia di pasta esterna e un ripieno di miele e frutta secca tritata. A fare la differenza sono il tipo di frutta secca impiegata, talvolta la forma, e, ovviamente, il nome con cui sono indicati. A Buscemi e Palazzolo, questi biscotti prendono il nome, rispettivamente, di saschitedda e ciascuna e hanno un ripieno composto di fichi secchi cotti con miele o vino cotto; hanno forma ad “S” oppure di un raviolo a mezzaluna; a Modica, il ripieno è un trito di noci e miele (nucatili), mentre, a Ragusa, è a base di mandorle tritate (mucatili); in entrambi i casi i biscotti hanno forma ad “S” e possono essere ornati, in superficie, con un filo di glassa. A Scicli, i biscotti (iadduzzi) hanno all’interno un trito di mandorle; sono ricoperti di glassa (marmara), talvolta spennellata con colori vivaci (verde e rosso), e hanno forma ad “S” o a bastoncino, con alcuni tagli sulle punte e sui lati.

Pane di Natale a Buscemi - foto di Associazione culturale L'Isola, tratta dal libro “Dolci e pani di Natale” - a cura di Giovanni Portelli e Giovanna Giallongo

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