XXXIII CGI - NODO 5 - STD3 - CASTELNOVI M.

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L’Aprile del 1653: Martino Martini presso Jan van Riebeeck al Capo di Buona Speranza. Note per la biografia di un cartografo in movimento tra le reti informative.

XXXIII Congresso Geografico Italiano, Padova, settembre 2021 – sessione STD3. Cartografi in movimento: biografie, scuole, reti (coordinata da Carla Masetti e Annalisa D’Ascenzo)

dr. Castelnovi Michele Ente di ricerca privato: Centro Studi Internazionali «Martino Martini» di Trento Mail to: michelecastelnovi@hotmail.com 1/20


In un saggio del 2002 sul ruolo della geografia nella sociologia della conoscenza, Peter Burke (2002, p.53) segnalava l’eccezionale incontro tra un arabista, protestante, olandese e un sinologo, cattolico, italiano, avvenuto a Leida nel 1654. L’olandese, Golius, era nel proprio studio, l’italiano invece tornava da un’intensa attività odeporica durata 17 anni in Cina, tramite una nave (protestante) sulla quale aveva avuto il tempo di elaborare i propri scritti consultando intensamente il proprio «tesoro» composto da oltre cinquanta libri e mappe di fattura cinese.

Quel viaggiatore geografo, così disponibile a condividere il proprio segreto sapere con i suoi interlocutori anche al di fuori del Cattolicesimo, era il padre gesuita Martino Martini (per una bibliografia si veda Dai Prà, 2014), qui ritratto dalla pittrice fiamminga Michaelina Wautier, 1617-89. Martini si definiva in parti uguali italiano e germanico e parlava correntemente la lingua tedesca (utile per dialogare 2/20 2 con gli olandesi).


Negli studi su Martini si accenna solo in maniera molto frettolosa al suo viaggio di ritorno dalla Cina su una nave della VOC, e brevissimamente si menziona il nome di Jan van Riebeeck come se fosse una comparsa accidentale, una sorta di “Carneade”. Al contrario, si tratta di uno dei protagonisti del Gouden Eeuw (Helmers e Janssen, 2018), fondatore del primo nucleo della fortezza di Goede Hoop e successivamente della Colonia del Capo. Tanto che la Repubblica Sudafricana gli tributò un importante celebrazione nel 300° anniversario della fondazione (1652-1952) dedicando al suo nome le banconote – in questa sede non importa che il ritratto si sia poi rivelato essere stato confuso con quello di un altro personaggio, né che le celebrazioni del 1952 fossero apertamente razziste in un regime di Apartheid: Jörder, 2019, p.447.

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L’esistenza di un Promontorio nell’estremità meridionale del continente era nota alla Cristianità almeno fin dal 1488 quando Bartolomeo Diaz lo battezzò “Cabo das Tormentas” per le Tempeste; anche se, dicono, re João II preferì l’eufemismo “Cabo da Boa Esperança”. Senza contare che era già presente nel Mappamondo di Fra’ Mauro (che avrebbe potuto ricavare il dato da reti informative maomettane) e alcuni speculavano fosse stato doppiato già in epoca antica per conto dei Faraoni d’Egitto da Nearco. 4/20


A prescindere dalle valutazioni morali e ideologiche, non si può tacere che Jan van Riebeeck (nell’imagine) effettuò viaggi molto lunghi dall’Olanda fino in Giappone, Formosa e al Tonchino (dove fu sanzionato dalla VOC per eccessiva intraprendenza individuale), poi in Groenlandia e verso il Brasile nelle Indie Occidentali per conto della WIC. Si era laureato in Medicina, il che implicava competenze di tipo scientifico in senso lato; botanica e zoologia, come si legge nei Diarii. Era cugino di Antonie van Diemen (1593–1645) uno dei principali collaboratori di Jan Pieterszoon Coen (1587-1629: entrambi Governatori Generali delle Indie Orientali). Jan van Riebeeck era cugino di Antonie van Diemen (1593–1645) uno dei principali collaboratori di Jan Pieterszoon Coen (1587-1629: entrambi Governatori Generali delle Indie Orientali). Van Diemen è noto agli storici della geografia per i suoi viaggi di esplorazione in Australia. La sanzione e il successivo allontanamento comminato a van Riebeeck dalle Indie Orientali avvenne precisamente l’anno successive alla morte del governatore van Diemen.

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Come è noto, fin dagli anni Quaranta Lucien Febvre e Marc Bloch consigliavano agli studiosi di storia di diffidare della ricerca del «primo» fondatore o scopritore… un consiglio noto soprattutto a chi studia esplorazioni e cartografia. In effetti, nel 1647 una nave olandese si era incagliata in loco, e l’equipaggio di 70 uomini era sopravvissuto utilizzando le risorse del relitto e altri mezzi di fortuna (e il baratto coi nativi) per un anno intero, costruendo una palizzata che essi chiamavano “Vastigcheyt Zandenborch” (Fortezza della Sabbia). Nel marzo 1648 erano stati salvati e portati in patria da una piccola flotta guidata da Wollebrandt Geleynssen de Jongh (1594-1674), su cui viaggiava anche van Riebeeck, il quale per 17 giorni ebbe l’opportunità di constatare le potenzialità di sfruttamento coloniale del territorio, sia pure in presenza di temperature molto alte. 6/20


I «XVII Heeren» (17 Gentiluomini) che amministravano la VOC ritennero che il Capo avrebbe potuto ospitare un minimo presidio stanziale per consentire una sosta alle navi olandesi in transito, dalle Indie all’Olanda. Chiesero ai naufraghi una «Remonstrantie» (resoconto) il 26 Luglio 1649, che confermava le buone possibilità di sopravvivenza anche in condizioni improvvisate: ma nessuno di loro accettava di tornare dopo la drammatica esperienza sudafricana. Nell’imagine (Een jacht van de VOC-Kamer Rotterdam, dettaglio da un quadro di Jacob van Strij, 1790 al Maritiem Museum Rotterdam) vediamo la bandiera della VOC, con il monogramma composte dalle tre lettere intrecciate, fra le tre bande “Oranje”/arancione, bianca e blu delle Province Unite). 7/20


Van Riebeeck in quel momento non era dipendente della VOC. Deluso dalle esperienze in Groenlandia e in Brasile, sposato da poco ma già con un figlio, presentò ai XVII Heeren una propria candidatura. Gli chiesero un’analisi scritta della precedente Remonstrantie, che egli consegnò nel giugno del 1651 col titolo Nader Consideratie (riflessione approfondita). La candidatura fu approvata, con la delibera «Jan Van Riebeek bij de vergadering aangenomen in qualité als koopman en opperhoofd van het volk, gaande met het schip de Drommedaris naar de Cabo de bona Esperance voor den tijd van vijf jaren onder een tractement van 75 guld. 's maands; en dat hij daar zoo lang zal blijven tot dat het werk in goede orde gebracht zal zijn» (Van Riebeek, Dagverhaal 1, pagina VI, edizione 1884) – ovvero, «come mercante e direttore della popolazione» per almeno cinque anni. Da notare che il documento olandese usa ancora il toponimo nella grafia portoghese: «Cabo de bona Esperance».

Nell’imagine, il ritratto pubblicato nell’edizione 1884 dei suoi Diarii – che trasse in inganno la zecca della Repubblica Sudafricana (secondo gli storici dell’arte e della numismatica dovrebbe trattarsi del patrizio Bartholomeus Vermuyden).

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Il famoso dipinto realizzato dal governatore britannico Charles Davidson Bell attorno al 1852, in occasione del 300° anniversario. Rappresenta in maniera metaforica il primo arrivo di van Rieebeck a Table Bay e l’incontro con i nativi. Alle sue spalle è ritratta, probabilmente, la moglie.

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Si conosce poco della moglie, Marie, se non che era figlia e nipote di due influenti predicatori ugonotti originari di Calais. Secondo Nicolas Étienne, un missionario lazzarista francese naufragato e soccorso al Capo nel 1661, Marie era “molto pia (riformata), diplomatica e molto intelligente” (GALIBERT 2007, lettera XXVI p. 399), e intratteneva gli ospiti suonando il clavicembalo. Non c’è motivo di pensare che si sia comportata diversamente con Martino Martini, che era più abituato a conversare coi protestanti olandesi (in tedesco).

Altre fonti affermano che Marie incontrava spesso i viaggiatori, a cena con il Governatore. (MEES 1952, p. 122). Dal 1658 Maria imprestava denaro ai liberi coloni, nel rispetto delle norme vigenti. 10/20


Nei suoi Diari, il 7 Maggio 1652 van Riebeeck annotava l’arrivo di due navi molto malandate, che avevano perduto decine di marina, la Oliphant e la Walvisch, che erano salpate da Texel il 3 gennaio. Secondo Bertuccioli, 1998, p. 521, Martini aveva viaggiato sulla nave Oliphant assieme ad altre due navi, partite da Batavia il 2 febbraio, guidate verso il Capo sotto il commando del “contrammiraglio A. Frisius”. Il 19 Maggio 1653, van Riebeeck registrava l’arrivo di Andries Frisius con una sola nave, la Oliphant, da tre partite da Batavia. (DIARII, Bosman e Thom, 1952, p. 135). La De Proventie arriverà solo tre giorni dopo. Si decise di attendere la terza nave solo fino al 3 Maggio (ivi, p. 137), ma la Enckhuysen arriverà il 1 Maggio. Nell’immagine, la decorazione di poppa della nave “De Witte Olifant” dell’ammiraglio Cornelis Tromp, 1666.

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Andries Frisius non era uno scienziato, e presso i posteri la sua reputazione è stata macchiata dallo scarso esito della sua ambasciata presso lo Shogun giapponese nel 1649, avendo sostituito il vero ambasciatore, Petrus Blockhovius, ch’era deceduto improvvisamente (van der Aa, 1855; Hesselink, 2002, pp. 151-152). Tuttavia In seguito fu segretario dell'Alto Governo nelle Indie Orientali, firmò il trattato concluso nel 1652 con il re dei Ternatanen (alle Molucche) e tornò in patria nel 1661 come comandante della flotta di ritorno, con sosta al Capo debitamente registrata da van Riebeeck. Non è questa la sede per esaminare anche la sua vicenda ma resta il fatto che Martini ha trascorso sette mesi sulle navi insieme ai funzionari olandesi della VOC, senza contare il periodo tra Maggio 1652 e febbraio 1653, in cui era “ospite” a Batavia.

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I documenti storici attestano che Martini condivideva le proprie conoscenze geografiche ed astronomiche con i suoi interlocutori. Durante il viaggio di andata aveva cercato di correggere un incompetente nostromo portoghese, evitando alcuni errori anche fatali (Martini, OO, 1998, p. 126). Durante il viaggio di ritorno, la sua sosta al Capo aveva permesso a van Riebeeck di ottenere informazioni importanti sulla geografia della costa orientale dell’Africa antistante il Madagascar (Godée-Molsbergen, 1916, p.12; Bertuccioli, 1998, p. 521), che era frequentata dai portoghesi da più di un secolo. Martini non lo aveva visitato di persona, ma poteva attingere alla cartografia portoghese ed alle relazioni degli altri gesuiti.

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Dai Diari di van Riebeeck apprendiamo che Martini ha soggiornato al Capo di Buona Speranza da sabato 19 aprile a martedì 5 maggio, condividendo con il governatore olandese importanti informazioni sulla geografia delle coste dell’Africa Orientale e del Madagascar (GodéeMolsbergen 1916, p. 12). Inoltre, anche se da Batavia erano partite tre navi assieme, Martini è arrivato al Capo sulla più veloce, la Oliphant; la quale, tuttavia, è rimasta ad attendere le altre due nel porto sicuro allestito da van Riebeeck, approvigionandosi di acqua e vettovaglie. Forse la sosta avrebbe potuto essere più breve, ma per la scelta di attendere anche le altre due navi che avrebbero percorso la rotta del ritorno, Martini rimase presso van Riebeeck diciassette giorni. 14/20


Pur essendo solo un comune missionario, Martini non esitava a ad incontrare personalmente i maggiori protagonisti del suo secolo: tra cui il papa, l’Imperatore, parecchi sovrani (sia in Europa sia in Asia), persuadendo molti ad accogliere le sue tesi, non solo sulla Questione dei Riti, ma anche su questioni geopolitiche e finanziarie. Ma diversamente da alcuni altri gesuiti (tra cui Ruggieri, Ricci e Boym), che cercarono in tutti i modi di tenere segrete le proprie informazioni cartografiche (in forma manoscritta e in archivi segreti) Martini si adoperò in ogni modo per diffondere anche presso i protestanti la propria conoscenza, affidandosi alla rete distributiva del cartografo ufficiale della VOC di Amsterdam, il protestante Joan Blaeu (che stampò l’Atlas sia in latino, sia in Olandese).

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Conclusione.

Nel Seicento assistiamo alla coeva coesistenza di due figure, il geografo-viaggiatore e il geografo-datavolino (o cabinet in francese). Un esempio Nicolas I Sanson, che nel 1658 decise arbitrariamente che siccome tre missionari (Ruggieri, Martini e Boym) si contraddicevano tra loro sulla cartografia della Cina, lui avrebbe preferito quello che a suo parere era «il migliore» – senza nemmeno ipotizzare di verificare con una missione esplorativa (Pastoureau, 1984; Castelnovi, 2012, pp. 119-120). Esponente di una geografia che si accontentava di «affermare» di sapere tutto, senza viaggiare, basandosi solo sulle (contraddittorie) notizie ottenute dalle “reti informative” dell’epoca – e stiamo parlando di uno dei maggiori del suo tempo, in una delle città più avanzate d’Europa.

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I paragoni spesso sono amari, ma: 1) Sanson adoperava solo notizie di altri, Martini invece aggiungeva le proprie esperienze al sapere libresco; 2) Sanson nelle proprie stampe spesso inseriva allusioni a mappe che lui conosceva ma si riservava di non divulgare, mantenendo il proprio in una posizione di subalternità, Martini invece cercava di condividere tutto (e se non ha divulgato qualcosa è solo perchè è deceduto troppo presto); 3) Sanson ha goduto per secoli di fama di grande Padre della Geografia occidentale (benché i suoi atlanti contengano molti errori (come si vede nella mappa dell’Estremo Oriente della prossima schermata), e totalmente sorpassati da quelli della generazione seguente, tra cui D’Anville), invece Martini è stato oggetto di una lunga fase di oblio apparente, sebbene tanti, da Vico a Voltaire fino a Cattaneo, continuassero a fare riferimento alle sue opera. 17/20


Invece le esigenze pratiche della VOC rendevano necessaria una immediata «verifica», affidata a persone concrete, come nel (giustamente) famoso caso di Johan Nieuhof inviato in Cina nel 1655-56 anche per controllare, tappa dopo tappa, l’esattezza delle informazioni fornite dal gesuita trentino (Arblaster 2010, Castelnovi 2012 e i saggi raccolti in Dai Prà, 2014). Il che contribuisce in parte a comprendere l’importanza sia delle “reti informative” del XVII secolo, sia di quei coraggiosi “cartografi in movimento”.

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Bibliografia essenziale: parte 1 di 2 ARBLASTER Paul, «Piracy and Play. Two Catholic Appropriations of Nieuhof’s Gezantschap», in Huigen S., de Jong J.L. and Kolfin E. (editors), The Dutch Trading Companies as Knowledge Networks, Leiden, Brill, 2010, pp. 129-144. BERTUCCIOLI, Giuliano, Cronologia della vita e delle opere di Martino Martini S.J., in Martini Opera Omnia 1, Trento, 1998, pp. 509-535. BOSMAN D.B. e H.B. THOM (a cura di), Riebeeck, Jan van, Daghregister. Deel 1. 1651-1655, pubblicato da A.A. Balkema per la «The van Riebeeck Society», Città del Capo, 1952. BURKE, Peter, Storia sociale della conoscenza. Da Gutenberg a Diderot, Bologna, Il Mulino, 2002. CASTELNOVI, Michele, Il primo atlante dell’Impero di Mezzo. Il contributo di Martino Martini alla conoscenza geografica della Cina, Trento, Centro Studi Martino Martini per le relazioni culturali EuropaCina, 2012. DAI PRÀ, Elena (a cura di), La storia della cartografia e Martino Martini, Milano, Franco Angeli, 2014. RICCI, Alessandro, Globalizzazione, Riforma Protestante e Secolarizzazione Cartografica, in “Pòlemos”, 2018, 2, pp. 57-73. GALIBERT, Nivoelisoa (a cura di), À l’angle de la Grande Maison. Les Lazaristes de Madagascar: correspondance avec Vincent de Paul (1648-1661), Paris, Presses de l’Université Paris-Sorbonne, 2007. GODÉE-MOLSBERGEN, Everhardus Cornelis, Reizen in Zuid-Afrika in de Hollandse tijd. Deel I. Tochten naar het Noorden 1652-1686, Martinus Nijhoff, Den Haag-Leiden, 1916. Continua... 19/20


Bibliografia essenziale: parte 2 di 2 …continua HELMERS, Helmer J., and JANSSEN, Geert H., «Epilogue. The Legacy of the Dutch Golden Age», in HELMERS, Helmer J., and JANSSEN, Geert H. (editors), The Cambridge Companion to the Dutch Golden Age, Cambridge, Cambridge University Press, 2018, pp. 390-399 JÖRDER, Katharina, «Constructing White Legitimacy. The Re-enactment of Jan van Riebeeck’s Landing (1952) Photographs by the Apartheid Regime’s State Information Office», in Irene GRAZIANI (a cura di), The Myth of the “Enemy”: the mutable faces of the Other and the construction of European identities, Bologna: Minerva, 2019, pp. 443-450. MASINI, Federico, Martini Martino, lemma in Dizionario Biografico degli Italiani v. 71, Roma, IPZS, 2008, pp. 244-246. MEES, Willem Cornelis, Maria Quevellerius Huisvrouw van Jan van Riebeeck en haar omgeving, Van Gorcum's historische bibliotheek, Assen, Van Gorcum, 1952. PASTOUREAU, Mireille, Les Atlas français XVIe -XVIIe siècles, Parigi, BNF, 1984. Sitografia: Database documenti olandesi del Seicento https://www.dbnl.org/

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