mensile febbraio confcommercio

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PRIMO PIANO ECONOMIA

delle maggiori priorità delle imprese, ma sono anche pensate in relazione alla realistica ed effettiva possibilità di intervento dei diversi interlocutori: il Governo, tramite i parlamentari umbri, ma anche Regione, Province, Comuni, Enti previdenziali, Agenzia delle Entrate, istituti bancari. è stato chiesto inoltre il sostegno della Confcommercio nazionale, perché la confederazione le faccia

proprie, in modo che le proposte che partono dall’Umbria possano essere estese a tutto il territorio nazionale. “Se i nostri interlocutori dovessero restare sordi alle nostre richieste ha sottolineato Giorgio Mencaroni esiste il rischio concreto di chiusura per migliaia di imprese commerciali, che in questo momento non sono in grado di far fronte ad adempimenti e scadenze”.

La condizione di difficoltà coinvolge anche le imprese del turismo: settore che non riesce a decollare come potrebbe, alle prese con problemi di scarsa redditività e sul quale incombe il rischio dell’introduzione della tassa di soggiorno. Ora che il grido di allarme, ma anche l’idea di un preciso piano di intervento, sono stati lanciati, il lavoro prosegue per ottenere risultati concreti.

Natale e saldi, nessuna schiarita

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atale e i saldi sono tradizionalmente un appuntamento fondamentale per i bilanci delle imprese del commercio, specie del settore abbigliamento e calzature. Quest’anno però i conti non sono tornati: sia nell’uno che nell’altro periodo le vendite hanno segna-

to il passo. A proposito del Natale, ad esempio, una indagine effettuata su un campione di 130 imprese umbre del commercio (abbigliamento, calzature, alimentari, profumerie, giocattoli, articoli da regalo, ecc.), condotta da Confcommercio tra Natale e Capodanno, evidenzia che per 64% l’andamento è stato complessivamente negativo; addirittura gravemente negativo per il 14%, a fronte di un 22% di imprese che, in controtendenza, hanno avuto un andamento positivo delle vendite. Sconfortante anche il raffronto con l’anno precedente. Per il 47% delle imprese le vendite sono risultate molto inferiori a quelle del 2010 (flessioni oltre il 20%). Il 36% ha dichiarato flessioni più moderate (sotto il 20%); per il 12% il livello delle vendite è stato stabile, con volumi equivalenti a quelli del 2010; il 5% ha dichiarato incrementi leggermente superiori - solo l’1% molto superiori - rispetto al 2010. A coloro che avevano dichiarato una flessione importante e molto importante delle vendite nel corso delle Festività 2011 (78% complessivo),

Confcommercio ha domandato quali fossero le conseguenze immediate di questo andamento rispetto alla gestione della propria impresa. Solo il 22% delle imprese ha risposto che, per ora, questa situazione delle vendite non sta comportando gravi conseguenze gestionali. è invece molto difficile la situazione evidenziata dalla maggioranza del campione. Tra le imprese che hanno infatti dichiarato di doversi già misurare con le conseguenze dall’attuale situazione critica delle vendite e dei consumi, il 28% ritiene di non poter più assortire adeguatamente la merce del negozio, il 20% pensa addirittura di cessare l’attività, il 17% farà ricorso al credito bancario ed il 16% intaccherà il proprio patrimonio personale, mentre il 13% ha dichiarato che non riuscirà ad assolvere regolarmente i pagamenti programmati. (La domanda era a risposta multipla). Per quanto riguarda i saldi, pur non essendo ancora possibile fare un bilancio definitivo, i segnali del primo mese denotano comunque una flessione notevole. Insomma, è davvero crisi.

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