DELITTO ALLE ELEZIONI

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sciallo rampante” insidiò nelle indagini il sospetto che il movente del delitto fosse legato a questioni di onore. Il maresciallo Inzerillo sostenne addirittura che il destinatario di quei due colpi di lupara che uccisero Paolo Bongiorno, sparati con così estrema precisione da ignoti killer la sera del 29 settembre del 1960, fosse Giuseppe Alfano, il nipote della vittima, 19 anni, studente, incensurato, segretario della Federazione giovani comunisti di Lucca Sicula. Le indagini si persero nelle presunte frequentazioni femminili di Giuseppe Alfano, con il chiaro tentativo di ridurre il delitto di Paolo Bongiorno a semplice questione d’onore, escludendo dalle investigazioni l’individuazione del movente politico-mafioso. Gli interrogatori rivolti ad Alfano Giuseppe e riguardanti la sua vita intima, tendevano ad accertare qualche elemento che potesse avallare la ipotesi che i malfattori avessero diretto i loro colpi contro l’Alfano, uccidendo il Bongiorno per errore. Così nella prosa del maresciallo Inzerillo: «Attraverso la mia conoscenza personale della vittima sono in grado di affermare che era incapace di commettere azioni criminose ed ho motivo di ritenere che l’uccisione del Bongiorno non può essere dovuta ad un’azione abnorme»5 . Dagli investigatori che indagavano sull’uccisione del segretario della Camera del Lavoro di Lucca Sicula, furono sentire in tutto 92 persone. Furono interrogate 56 persone e 36 furono chiamate come testimoni. Familiari, amici, compagni, colleghi di 109


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