SOGNO Clic.hè n. 37 Ottobre 2019

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SOGN0 #37 Ottobre 2019


EDITORE Associazione Culturale Deaphoto REDAZIONE AREA TEMI Paolo Contaldo Responsabile Sabrina Ingrassia Redattrice Giulia Sgherri Photoeditor AREA RECENSIONI Diego Cicionesi Responsabile Sandro Bini Comunicazione Alberto Ianiro Webmaster Paolo Contaldo Grafica Web

PROGETTO GRAFICO Niccolò Vonci IMMAGINE DI COPERTINA Francesca Pili


#37 SOGNO

PAOLO CONTALDO Introduzione alle immagini Pg. 5

portfolio ANTONELLA CAPPUCCIO I_Mago Maradona Pg. 6 MARGHERITA CITI Eden Pg. 24 FRANCESCA PILI Abruxaus Pg. 34 FRANCESCA CATELLANI Underskin Pg. 48 SERGIO GIANNOTTA Ieri ho sognato un giardino Pg. 68 MARIA CHIARA BONORA Non ho mai smesso di respirare Pg. 84 ISABELLA SOMMATI Acqua Pg. 100 SILVIA SANNA C'era una volta Pg. 112

recensione TOMASO CLAVARINO Confiteor A Cura di Tina Miglietta Pg. 126


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PAOLO CONTALDO

Introduzione alle immagini

Si parte con Antonella. Sogno lungo quanto un mito, incapace di andare via. La cittĂ bella e difficile, il calcio come religione e riscatto che non arriva mai. Liquida la fotografia di Antonella. Scorre e distende. Pace per il cuore. Francesca Pili ci provoca, lo fa bene. Dall'Eden del precedente si passa agli inferi. Solitudine di una terra deturpata, aggredita da un incubo mai sazio. Danza dell'io. Paura e luce. Francesca Catellani non dosa, lascia andare. Ritagli di una vicinanza, tra ricordo e leggerezza. Bello il sogno di Sergio. Accettare. Prendere la forma di un cambiamento. Maria Chiara ci racconta una strada che contiene coraggio e forza. Sono abbracci e protezione le immagini di Isabella. Sono respiro forte e poi quieto. Risveglio, riscatto. Silvia mette via le fiabe, sceglie..

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ANTONELLA CAPPUCCIO I-mago Maradona

“Sai cosa significa quando una squadra del Sud segna sei goal all’avvocato Agnelli?” è la domanda che Maradona pone a Emir Kusturica nel celebre film documentario a lui dedicato. Significa che a distanza di quasi un trentennio dall’ultima stagione a Napoli, l’immagine del pibe de oro è ancora viva, presente, soprattutto nella parte più antica e popolare della città che l’ha consacrato profeta di se stesso: “Voglio diventare l'idolo dei ragazzi poveri di Napoli, perché loro sono com’ero io a Buenos Aires”, dichiarò Maradona il 5 luglio del 1984 nel corso della presentazione ufficiale allo stadio San Paolo. I_mago Maradona ambisce a essere il racconto fotografico di un legame che nonostante tutto non si è mai spezzato. Maradona non c’è più ma ne sopravvive l’immagine (dal latino imago, termine che Jung ha utilizzato per indicare un’immagine materna, paterna, fraterna, amata nell’infanzia) perché in quell’immagine si è identificata e cristallizzato il sogno e al tempo stesso il riscatto non soltanto di una squadra del Sud ma di un’intera città.


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BIO Antonella Cappuccio è nata ad Avellino nel 1980. Si è laureata a Napoli con una tesi in Storia della critica d’arte e ha conseguito a Milano il Diploma di Specializzazione in Storia dell’arte medievale e moderna. Nel 2013 si è abilitata all’insegnamento della Storia dell’arte nelle Scuole secondarie di secondo grado e dal 2018 è docente di ruolo. Nel 2017 ha realizzato con Filippo Cristallo il progetto fotografico Memorie di palazzo esposto nell’ambito del Festival Fotografia Europea di Reggio Emilia, al Museo Antropologico Visivo di Lacedonia e nel 2018 al PAN (Palazzo delle Arti di Napoli).

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MARGHERITA CITI Eden

Genesi 2,8-14 << 8 Poi il Signore Dio piantò un giardino in Eden, a oriente, e vi collocò l'uomo che aveva plasmato. 9 Il Signore Dio fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi graditi alla vista e buoni da mangiare, tra cui l'albero della vita in mezzo al giardino e l'albero della conoscenza del bene e del male. >> Raneh Falls, Khajuraho, India Qui, il mio sogno fu visione e non più incubo, questo posto aveva qualcosa del paradiso che sogno.

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BIO Nata a Livorno nel 1996, studia a Firenze presso la Scuola Internazionale di Fotografia APAB.

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FRANCESCA PILI Abruxas

Abruxaus è un progetto nato nel 2017 su instagram, come ironica denuncia e come risposta alla cronaca estiva degli incendi in Sardegna. Il termine in sardo “signi ca” vuol dire “possiate bruciare vivi” riferito ai piromani. Quella degli incendi dolosi è solo una delle problematiche dell’isola, luo-go di cui ci si ricorda solo nei mesi estivi e dove ognuno si augura di trascorrere vacanze da sogno in pieno relax. Purtroppo negli ultimi anni appiccare incendi sembra sia diventato una triste moda; questa estate come non mai il dramma ambientale ha raggiunto il culmine con l’incendio tuttora in corso dell’Amazzonia. Non dimentichiamo quello della Siberia di qualche settimana fa. Il capitalismo mostra esponenzialmente il proprio fallimento e non riusciamo a trovare una soluzione adeguata a questa catastrofe. La società dei consumi ha creato un ambiente con-sunto. Noi reagiamo come turisti inebetiti davanti al mare in agosto. Niente più di un paesaggio bruciato ed estinto ricorda il prodotto della guerra. Niente più della guerra ci porta a fare i conti con l’orrore dell’umano..

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BIO Francesca Pili nasce nel 1986 a Benevento. Studia pittura presso l’Accademia di belle arti a Bologna e si specializza in fotogiornalismo a Napoli. Ha sempre vissuto l’arte come atto politico, infatti, ogni sua opera ha chiari riferimenti sociali. Con ABRUXAUS ha vinto vari premi ed ha esposto sia in Italia sia all’estero. Vive e lavora tra Telese (BN) e Roma. .


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FRANCESCA CATELLANI

Underskin

Quanto le memorie antiche influenzano il nostro quotidiano e quanto il significato delle nostre insonnie e paure sfugge all’analisi logica. Il vissuto non compreso si trasforma in immagine fantastica e simbolica e ci appare in sogno, nell’attesa di essere svelato. Lo studio del Libro Rosso di Jung ha aperto questa ricerca che mi ha condotto per molti mesi a sperimentare una dimensione di continuità tra coscienza di veglia e immagini oniriche. Sono entrata nelle sensazioni portate dai sogni cercandole nelle mie fotografie. Le immagini si susseguono, in un’alternanza di positivo-negativo, sotto-sopra, alto-basso. Dare voce e spazio a questo mondo “altro” che così intimamente ci appartiene, significa portare luce alla nostra parte oscura, tracciare linee e dare nuovi confini a una personale esperienza, nutrire di senso il non-senso. Presenza e riappropriazione, una direzione tanto necessaria al nostro frammentato vivere contemporaneo, quanto alla conciliazione con l’ombra che ci appartiene

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BIO Francesca Catellani è un’artista visiva che vive e lavora a Reggio Emilia. Studiosa di filosofie orientali si esprime attraverso il linguaggio fotografico, l’installazione e il video. Dall’attenzione al paesaggio esteriore quale rispecchiamento del mondo interiore nasce la prima mostra personale, “Rodriguez mon Amour”, presentata a Fotografia Europea 2016 Off. Nel 2017 il nuovo progetto, “Celeste Terrestre”, esposto al Museo Palazzo dei Principi di Correggio, indaga il tema dell’esistere in relazione al tempo. Nel 2018 “Celeste Terrestre” è finalista al Combat Prize e al Premio Nocivelli. Sempre nel 2018 il progetto complessivo “Memories in Super8” è selezionato nel circuito ufficiale di Fotografia Europea con esposizione alla Galleria Parmeggiani di Reggio Emilia. Insieme al Maestro Andrea Talmelli crea “Tutto è dato”, opera per fotografia, video e musica, presentato ai Musei Civici di Reggio Emilia nel dicembre 2018. “Underskin”, il suo ultimo lavoro, è finalista al Combat Prize 2019.


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SERGIO GIANNOTTA

Ieri ho sognato un giardino

Ieri ho sognato un giardino, è un progetto realizzato interamente in formato Polaroid SX70. E’ lo stupore continuo per ciò che è avvenuto e ha lasciato un segno, un’emozione. Sono colori proibiti che dipingono l’anima dopo un risveglio. Visioni di un Eden incantato fatto di segreti profumi e magica vegetazione, inteso come contrasto tra innocenza ed esperienza. Se i fiori sono simbolo eterno della provvisorietà della bellezza, l'innocenza del puro manifestarsi qui e ora, l'ombra allude all'incertezza che circonda ciò che precede e segue il loro effimero apparire: l'aver conosciuto, amato, perduto. La linea luminosa è come il filo del ricordo, sospesa tra la perfezione e il niente, la visione amata e il suo cortocircuito. Non dunque un'innocenza estranea all'esperienza o viceversa, ma un'efficace, soffusa mescolanza di queste due condizioni dell'essere. Si viene così a costruire lo spazio di un'esitazione tra il mondo reale e quello amorevolmente ricordato e sognato, in un tempo che scardina ogni pretesa di linearità.




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BIO Sergio Giannotta è nato a Catania nel 1965, dove ha frequentato il Liceo Artistico Statale e l’Accademia di Belle Arti (Sezione Pittura). Dopo iniziali esperienze nel campo della pittura, si accosta alla fotografia alla fine degli anni novanta, elaborando un personale linguaggio poetico in cui tecnica e memoria si fondono realizzando a visioni ricche di magiche suggestioni. Utilizza sia la tecnica digitale sia analogica in maniera indifferente. I suoi lavori si trovano in numerose collezioni private. Attualmente vive e lavora a Catania.

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MARIA CHIARA BONORA

Non ho mai smesso di respirare

Da quando mia madre è morta, ho cominciato a sognare il suo ritorno. All'inizio ero spaventata e molto contrariata perché tornava malata e doveva andarsene di nuovo. Poi tornava per rimanere, non sapeva dove fosse stata e lo chiedeva a me; poi il suo ritorno era stabile, per ricominciare una nuova vita, più serena della prima e più ricca. Col tempo è diventata una presenza normale nei miei sogni come lo è nei miei ricordi, che nei sogni stessi si mescolano e ritornano. Al risveglio dal sonno notturno ho trascritto e disegnato ciò che ricordavo per fissare i dettagli che inevitabilmente durante il giorno si perdono, sostituiti dalle contingenze quotidiane e ho deciso di ispirarmi a questi racconti sognati per scattare delle fotografie. È uno spazio onirico quello da cui ho raccolto i ricordi di momenti ed eventi mai accaduti. Ma la relazione tra sogni su mia madre e ricordi del tempo vissuto con lei, mi ha dato modo sia di accettare la sua perdita, sia di conoscerla meglio come donna e non solo come madre


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BIO Maria Chiara Bonora, nata a Ferrara nel 1980. Laureata in Architettura, esercita la professione di architetto e collabora come fotografa con alcune realtĂ del territorio dove abita. E’ co-fondatrice di Riaperture, associazione culturale che dal 2017 organizza il Riaperture Photofestival Ferrara nell'ambito del quale è responsabile degli allestimenti.

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ISABELLA SOMMATI

Acqua

Sono nata fronte mare. Ricordo che da piccola sognavo spesso il maremoto, la devastazione della casa, la distruzione della mia sicurezza, delle mie certezze. Impaurita, mi raccoglievo sotto le coperte e pensavo a una via di fuga, piangevo, mi abbracciavo, scappavo, nascevo. Ancora adesso non so attribuire un significato a quel sogno, non so dire se quel maremoto rappresentasse la morte o la vita, sono però cosciente che adesso in acqua io mi salvo. Ogni fotografia è rappresentativa di un determinato periodo della mia vita.

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BIO Livornese di nascita, conseguita la maturità artistica, decido di vivere a Firenze per diplomarmi in Grafica e Comunicazione. La passione per l’immagine e la comunicazione m’indurranno a spostarmi a Milano, città dove adesso risiedo, svolgendo il lavoro di art director per clienti del mondo della moda e del design. Dopo aver visionato foto per anni, decido di fotografare e fotografarmi, cominciando un percorso di ricerca e di conoscenza del proprio Io. Attraverso la fotografia cerco di raccontare il mio mondo di cui sono consenzientemente prigioniera, trovando così una comunicazione con il reale, che spesso è difficile per la mia introversione. L’elemento “acqua” è spesso presente nei miei scatti sotto forma di pioggia, lacrime, o semplici piscine comunali: l’acqua pulisce, lenisce oppure ingoia diventando l’unica via di fuga. Mi ritrovo molto in questa frase di Michael Ackerman: “Cerco di sfuggire alle trappole della realtà, conservando però un legame con il reale. Perché le immagini non sono invenzioni ma punti di incontro”.

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SILVIA SANNA C'era una volta

Sin da piccole le bambine sono incanalate a una sorta di galera mentale. Da quando nascono, inizia una specie di opera di convincimento che le porta a pensare di essere le “principesse deboli e indifese e solo un principe può salvarle”. Nella mia seria "C'era una volta", riprendo otto delle più celebri fiabe e ne trasformo le protagoniste in eroine che prendono posizione e si salvano da sole. Il numero degli scatti non è casuale, sono otto come gli anni che avevo quando per l'ultima volta ho letto una fiaba e ho deciso di non leggerne più. Trovavo noioso il fatto che le protagoniste fossero sempre rappresentate come delle incapaci. Già da bambina sognavo e ancora oggi, la parità dei diritti. Sogno che la donna venga presa in considerazione per ciò che è: un essere umano al pari degli altri. 1- Cenerentola 2- Biancaneve 3- La bella addormentata 4- La sirenetta 5- La principessa sul pisello 6- Barbablu 7- Cappuccetto rosso 8- Raperonzolo

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BIO Silvia Sanna nasce nel 1986 in Sardegna, dove vive e lavora. Si lascia presto affascinare dalla macchina fotografica che per lei diventa oggetto d’indagine e scoperta. Si laurea all’Accademia di Belle Arti e concentra il suo lavoro prevalentemente sull’autoritratto usando il corpo come un filo conduttore. Tra i temi indagati: condizioni, ossessioni, quotidianità. Ha partecipato a mostre nazionali e internazionali in Italia, Stati Uniti, Corea del Sud, Francia e Spagna e vinto due premi nazionali e uno mondiale a Seoul.


Avventura episodio imprevisto incontro

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TOMASO CLAVARINO | CONFITEOR A cura di Tina Miglietta

Ogni volta che sfoglio un libro di fotografia rimango colpita da quanto le immagini siano o meno “parlanti”. Le foto vanno sempre osservate in silenzio per poter ascoltare ciò che vogliono comunicarci anche se non sempre riusciamo a comprenderle. Questa volta il silenzio diventa addirittura assordante e ci conduce in un mondo che non fa rumore, un mondo che sembra non avere voce e dove la felicità pare essere impossibile. “Confiteor”, dal nome della famosa preghiera che si impara a recitare da bambini, è il titolo della fanzine fotografica in cui ci immergiamo questa settimana. Pensata e realizzata da Tomaso Clavarino ed edita da Zinetonic, racconta per immagini le storie di alcune persone vittime di abusi e molestie da parte di membri della Chiesa italiana. Questo argomento così delicato, raramente viene affrontato attraverso le fotografie: nei tanti articoli di cronaca sugli abusi clericali mancano quasi sempre le foto dei protagonisti e ciò rende ancora più difficile la battaglia che le vittime devono affrontare contribuendo a mandare nell’oblio le molestie subite. Le cicatrici sono profonde, la memoria pesante, il silenzio assordante” e “Confiteror” è un viaggio dentro queste memorie, dentro queste cicatrici, dentro questo silenzio. Tomaso racconta così il suo progetto: “Volevo dare visibilità a queste problematiche attraverso una narrazione fotografica, partendo dalle storie di alcune vittime di pedofilia in Italia e cercando di non fare un lavoro di soli ritratti. Volevo indagare non tanto la loro vita, quanto in che maniera gli abusi subiti avessero contribuito a distruggerla”. 127


E’ un lavoro iniziato nel 2016 e durato almeno due anni e mezzo. La parte di ricerca è stata la più difficile e guadagnare la fiducia delle vittime che acconsentivano a farsi ritrarre, lo è stato ancora di più. Sono persone che hanno perso completamente la fiducia nell’essere umano, che hanno paura di essere tradite da chiunque, persone che non riescono a credere che qualcuno possa avere cura di loro. I protagonisti del libro sono una ventina, tutti contattati tramite l’associazione “Rete l’Abuso”, l’unica a livello nazionale che fornisca aiuto sia legale che psicologico alle vittime di abusi. Alcune di queste storie sono narrate per immagini, altre trascrivendo ciò che la violenza aveva lasciato nell’anima. “L’abuso può inquinare la mente a tal punto da rendere la felicità impossibile” (scrive Mirko). Ritratti, still life di oggetti che ricordano gli abusi (tra cui antidepressivi, pantaloni di velluto, occhialini da piscina, sacchi a pelo), paesaggi spettatori di violenze terribili, luoghi apparentemente sicuri che fanno parte della nostra quotidianità, foto di documenti, testimonianze scritte, sono stati uniti e amalgamati ed hanno dato forma a “Confiteror”: un lavoro inchiesta che è riuscito a portare alla luce le sofferenze che le vittime di abusi hanno stampate in rilievo nella loro anima. Indagare su più storie ha permesso di rendere più forte l’impatto sul lettore e Tomaso ha preferito lavorare da solo al progetto, condividendone lo sviluppo con tutti i protagonisti del suo libro. Il progetto è stato esposto a livello internazionale ed è stato recentemente in mostra prima alle Officine Fotografiche di Milano e poi a quelle di Roma.





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Tomaso Clavarino: classe 1986, giornalista e fotografo freelance, nel corso degli anni ho scritto e pubblicato con numerose testate: la Stampa, la Repubblica, Corriere della Sera, Vanity Fair, East, il Post.Mi occupo principalmente di diritti umani, conseguenze dei conflitti e questioni sociali, con un focus sul continente africano. Ho realizzato reportage in Europa, Africa e Nord America, sono stato selezionato tra i finalisti, categoria Young Reporter, del premio internazionale di fotogiornalismo “Prix Bayeux Calvados des Correspondants de Guerre 2013”. Ho lavorato alla redazione Esteri del Corriere della Sera e ho partecipato, grazie alla Helge Hummelvoll Scholarship, alla 65esima edizione del Missouri Photojournalism Workshop. Vivo a Torino, ma ho vissuto anche a New York e Milano, e difficilmente riesco a stare fermo per più di qualche mese. Tina Miglietta nasce nel 1966 a Livorno . Ha vissuto in diverse parti d’Italia ed è tornata da poco nella sua città natale . E’ appassionata di fotografia come specchio per le emozioni intime e nascoste e come arte per dare ad esse nuovi colori e forme. Ricerca la naturalezza delle tinte che possano rasserenare e mettere a tacere i rumori della mente

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