DISPARI #34
GENNAIO 2019
#34 DISPARI EDITORE Associazione Culturale Deaphoto REDAZIONE AREA TEMI Paolo Contaldo Responsabile Sabrina Ingrassia Redattrice Giulia Sgherri Photoeditor AREA RECENSIONI Diego Cicionesi Responsabile Sandro Bini Comunicazione Alberto Ianiro Webmaster Paolo Contaldo Grafica Web
PROGETTO GRAFICO Niccolò Vonci IMMAGINE DI COPERTINA Giulia Sanità
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PAOLO CONTALDO Introduzione alle immagini Pg. 5
_portfolio AGATA KATIA LO COCO Inside a Shed (Dentro una capanna) Pg. 6 ROMINA ZANON La presenza acuta dell’assenza Pg. 18 GIULIA SANITA’ Insonnia Pg. 38 IRENE GAMBUZZI Assolo per un corpo illogico Pg. 50 JESSICA RAIMONDI Pt. = = = == Pg. 64 CARMEN SIGILLO Born In Italy Pg. 84 SOFIA PIRAS Due di zucchero Pg. 102
_rubriche “TERRA MALA” DI STEFANO SCHIRATO
Recensione a cura di Tina Miglietta Pg. 118
v _introduzione
Necessaria e contemporanea. La storia che Agata sapientemente ci racconta è quella di un migrante. Sfruttato, nuovo schiavo di un’economia spietata e politicamente incapace di darsi nuova luce. Presenza costante. Quella della separazione, del dolore sordo e fermo di Maria, per una sorella che non c’è più. Romina ci racconta l’attesa di un agognato ricongiungersi. Non pensavo che l’insonnia potesse essere una tale occasione di viaggio. Giulia ci porta in volo. Di notte, nel cielo di una Parigi fiabesca. Incontro con se stessi, con le altre anime libere dal sonno. Liquida scoperta. Indagine e balletto in mille emozioni. Irene scrive pagine di diario scomposte e profonde, luminose. Usare la superficie per condurre alla profondità. Nuotarci dentro, viverci e tirare fuori. Jessica ci completa. Tante storie o forse solo una. Lo sport che unisce, rende forti. Fiaba vera e potente che mette gioia. Grazie a Carmen. Particolare. Sofia riesce a restituire il significato pieno ed esclusivo di questa parola. Mappa del sentimento per immagini, piccole e immense 5
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INSIDE A SHED (DENTRO A UNA CAPANNA) Agata Katia Lo Coco
2017. A dicembre, ho fatto una serie di fotografie a un giovane migrante, in un terreno a Campobello di Mazara (tp), nel sud della Sicilia. Bakary viene dal Gambia, è uno dei tanti lavoratori stagionali, aspiranti contadini che si accampano come lui a contrada Erbe Bianche. Ogni anno, da fine settembre a dicembre, centinaia di migranti sono tentati dalla richiesta di manodopera per la raccolta delle olive locali, prodotte in grande quantità. L’ho incontrato per documentare la sua condizione di vita al campo, insieme agli altri giovani. Bacary mi accoglie nella capanna, dove vive da solo, dopo che altri sono andati via, in un riciclo umano in divenire. Ogni giorno aspetta di essere contattato dal contadino locale per lavorare, ma non tutti i giorni sono così. A volte piove e si resta fermi, nel fango ad aspettare un giorno migliore. E’ un mondo freddo, precario, di solitudine e d’isolamento. Egli vive al campo dell’invisibile ancora per due settimane, dopo andrà via.
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BIO Agata Katia Lo Coco, nasce a Palermo, si laurea con una tesi in cinema su Almodòvar, al DAMS. Fotografa dal quando aveva dieci anni. Vive in movimento. Si dedica a reportage sociali. La sua formazione multiculturale è rilevante nel definire la sua identità fotografica. L’aver vissuto a Barcellona si ripercuote nelle sue fotografie per il linguaggio estetico minimalista, giocando con la geometria delle ombre, la luce, i materiali. Agata usa la tecnica di desaturazione del colore e chiarezza.
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LA PRESENZA ACUTA DELL’ASSENZA Romina Zanon
Lei aspetta, sola. Un chiuso silenzio che non cede. Lei trema, sola. Maria ha perso l’amata sorella sul finire dell’estate, quando le foglie iniziano a rinsecchirsi e le nuvole ad addensarsi in cielo. Simili nel corpo e nell’animo, hanno condiviso tutto giorno, notti, risvegli. Non è semplice dolore ciò che lei ora sopporta, ma una sorta di nausea malvagia, un malessere fisico, un’amputazione: qualcosa che si traduce in un denso vuoto dai confini non definibili. Un’angosciosa assenza che, nel suo perdurare, acquista le forme di una più acuta presenza. Solo l’insistente preghiera riesce, di tanto in tanto, a coprire d’ombra il morso aguzzino del dolore che feroce e assillante la insegue e le gravita attorno; solo la fede profonda riesce a far assumere al vuoto, all’assenza e al tormento, il colore dell’attesa. L’attesa di un ritorno, o di un sonno profondo che non possa avere termine che nel giorno del ricongiungimento, oppure ancora, l’attesa di qualcosa in grado di consumare l’angoscia e colmare il vuoto dell’assenza. Solamente lo scorrere lento delle notti e dei giorni le permetterà di liberarsi di quel tarlo morboso e trovare un fine a quell’attesa.
E fu di nuovo giorno. Un aperto silenzio, un dolce tacere. 21
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BIO Artista visiva, da anni utilizza la fotografia, il video e il disegno per realizzare progetti artistici e di comunicazione. Ha all’attivo varie pubblicazioni di carattere artistico. I suoi progetti fotografici e video hanno ottenuto vari riconoscimenti e hanno preso parte a numerosi festival, mostre collettive e personali di respiro nazionale e internazionale: Mostra Internazionale di Arte Cinematografica di Venezia, TIMELINE International Film Festival di Milano, OnArt Gallery di Firenze, Nucleika gallery di Catania, Galleria d’arte moderna Fogolino di Trento, Centro Culturale Italiano di Cluj Napoca (RO), Villa Belvedere (Acireale), Dorfkirche di St. Moritz, Pala Arrex di Jesolo, Collettivo 42 (Viterbo) etc.
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INSONNIA Giulia Sanità
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Alle 03:13 dalla finestra della mia stanza si scorge la luce ancora accesa. Soffro d’insonnia. L’insonnia vive perennemente, agisce di notte, dove è in confidenza con le solitudini. Chi ne soffre sa di nutrirla con i pensieri reconditi, quelli intimi. L’insonne ha difficoltà a spiegare il suo stato, non è semplicemente il non riuscire a dormire, è qualcosa che mangia, logora, isola. Spesso proviamo a spiegarlo, ma incompresi dagli altri, di notte, torniamo al nostro esilio da desti. Immagino un volo sulla città, per ritrovare i marginati della notte, raggrupparli, convocarli, identificarli nel tentativo di sentirmi simile a qualcuno. Incontrare le persone delle finestre che si vedono al buio, come viaggio nello spazio alla ricerca delle stelle. .
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BIO Sono nata a Napoli nel 1994, tre anni dopo ho capito che non avrei mai più fatto a meno dell’arte. Camminando fra la pittura, la scultura e l’architettura mi sono ritrovata qualche anno fa a sognare la fotografia, un agrodolce ricordo mi ha portato alla memoria la mia prima macchina fotografica, la delusione quando si è rotta, mai più aggiustata, avevo smesso di fotografare a sette anni. Sono laureata in fotografia, cinema e televisione all’Accademia di belle arti di Napoli e ho frequentato un anno accademico all’università Paris 8, a Parigi, dove vivo al momento. Adesso prediligo l’espressione filmica, le mie ricerche vertono sul tema dell’intimo, dell’identitario, dell’autobiografico e la fotografia resta, perennemente compagna di piacevoli visioni.
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ASSOLO PER UN CORPO ILLOGICO Irene Gambuzzi
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Questa notte mi sono addormentata e quando mi sono svegliata, ho capito che mi sono sempre considerata tutto ciò che non sono mai stata. Ho sempre creduto di avere una sola voce dentro la mia testa, che mi raccontava delle storie sul mondo, sull’amore. Ho ingannato me stessa convincendomi di avere solo un filone di pensiero, magari un po’ confuso, per paradossalmente, sentirmi meno sola in mezzo agli altri. Ne ho milioni di voci, e ognuna mi racconta qualcosa di diverso. Ci sono mille urla che mi raccontano dell’amore, del dolore e non mi sono mai sentita tanto sola. Ho ascoltato tanto, ho riscritto, ho parlato con le mie fotografie. La solitudine la senti solo in mezzo alla folla. Di tutti i momenti belli ho scelto quello in cui lui mi ha girato le spalle, quando mi ha lasciata sulla spiaggia a guardare il mare da sola. Io ne ho bisogno di questa di questa malinconia. La cerco ovunque, con foga. La cerco come i filtri nello zaino, come l’ombra d’estate. ~ “Crediamo di intenderci, non ci capiremo mai”, citando Pirandello.~. Questo progetto parla della solitudine di chi uno solo non è. Di chi è in fila per due col resto di uno. 55
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BIO Classe 1997, studio fotografia alla Libera Accademia Belle Arti di Firenze (LABA). Nata in un piccolo paesino in provincia di Modena, ho subito avuto voglia di scappare per cercare qualcosa di più spettacolare, chiedevo al tramonto colori più belli. Ho trovato la mia stabilità a Firenze. Qui studio e osservo il mondo con malinconia. Le mie fotografie, infatti, sono caratterizzate da un’importante inquietudine, uno sguardo a qualcosa che non è mio, ma del quale sento la mancanza. Appassionata di ritrattistica mi sono cimentata nell’ultimo anno in una fotografia più intima e concettuale, spesso criptica. Dettagli, tagli di luce, cose che non ci sono, ma ci sono. La paura di raccontare il mondo per intero si è espressa in me nel catturare le piccole cose che nessuno vede. Sono ispirata dall’arte tutta, dalla pittura alla musica al teatro.Mi piace ciò che è chiaro, ma allo stesso tempo in confusione.
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PT. = = = = = Jessica Raimondi
pt. ===== parla di me come figlia. Quando sono nata, non sono stata riconosciuta legalmente da mio padre e, sul mio certificato di nascita, a fianco della parola “paternità”, compare uno spazio vuoto seguito dalla sigla pt. =====, dalla quale prende il nome il progetto. Questa situazione mi ha fatto sempre sentire inadeguata, difettosa, come se qualcosa in me concretamente non funzionasse. Attraverso le immagini ho cercato di ri-osservare la mia storia familiare ed emotiva e di raccontare ciò che ha significato per me, questo non riconoscimento, questa negazione della mia identità.
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BIO Jessica nasce sull’Appennino Tosco Emiliano ventisette anni fa. Vive da circa due anni vicino a Bologna e in questo periodo lavora come operatrice legale presso un’associazione che ospita donne migranti e vittime di violenza. Da sempre vicina alla fotografia come mezzo d’espressione artistico, intimo e personale, ha terminato gli studi presso lo Spazio Labò nel 2016. Ha successivamente continuato a formarsi avvicinandosi al mondo del libro fotografico e riuscendo a produrre il suo primo menabò. Ha esposto in varie mostre collettive e personali proponendo una fotografia di stampo molto concettuale e simbolico e, di recente, si è avvicinata al mondo della fotografia documentaria frequentando il Master tenuto da Davide Monteleone.
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BORN IN ITALY Carmen Sigillo
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La decisione di recarmi a Castel Volturno la presi per conoscere da vicino la battaglia legislativa che lo scorso anno stavano portando avanti i giovani della TamTam Basket. Seppure nati in Italia, poiché figli di stranieri, leggi anacronistiche gli impedirono la possibilità di continuare a giocare a pallacanestro. Credevo, all’epoca, sarei rimasta sul Domiziana uno, o due giorni, che avrei offerto il mio contributo con qualche scatto e poi mi sarei dedicata ad altro. Ben presto, però, dai campi di allenamento ho puntato l’obiettivo sulle vite private degli atleti di allenatore Antonelli, e da allora non sono più riuscita a lasciare il territorio. Insomma, sono partita da casa convinta di dare una mano ai ragazzi del Tam Tam, mi sono ritrovata io a ricevere tanto. Soprattutto per questo è nato il progetto BORN IN ITALY, per restituire a questi giovani parte di ciò che ho ricevuto.
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BIO Carmen Sigillo nata a Napoli il 1978, avvocato, dipendente del Ministero di Grazia e Giustizia, fotografa.
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DUE DI ZUCCHERO Sofia Piras
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Si dice che conosciamo davvero qualcuno nell’esatto momento in cui, una mattina, sappiamo quanto zucchero mette nel caffè. E così ho iniziato. Avete presente i grandi gesti, le scene, i momenti epici di una vita qualunque? Questo progetto è tutto il contrario. Non c’è nulla di grande, epico, mirabile, niente che stringa lo stomaco. C’è qualsiasi piccola cosa che avviene e che nessuno guarda. Un fermo immagine in un film, il particolare che noti solo se strizzi gli occhi. Qui non ci sono le belle vacanze, la vita da sogno. Ci sono le fatiche di vivere una vita fatta di piccoli colpi d’occhio. Di chi amiamo, ricordiamo lo sguardo che aveva mentre guardava il tramonto, non i colori, non il vento, non la velocità con cui il sole è scomparso. Ma la luce negli occhi di questa persona. Il modo in cui gira la testa quando non capisce qualcosa, il tappetino spostato, la pizza che ti porta in un giorno qualunque. E voglio ricordare. Voglio sempre ricordare di come le persone mi fanno sentire. Di come lei mi fa sentire. Non riesco però a spiegare cosa siano queste immagini, non so rispondere a chi mi chiede di cosa parla questo progetto. Perché non parla di niente. Parla di quel niente che per me, in realtà, è tutto. Non chiedetemi quindi che cosa voglio dire. Non voglio dire nulla. Guardate queste immagini e pensate a quello che amate, a come vi sentite e a non dimenticare. 107
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BIO Mi chiamo Sofia Piras, ho ventitré anni e sono nata in Sardegna. Ho studiato al liceo scientifico, ma già da subito mi sentivo stretta e sapevo che non stavo facendo quello che volevo, così ho deciso di trasferirmi a Firenze per studiare arte e seguire la mia strada. Mi sono dedicata alla fotografia perché sentivo che era l’unico modo che avevo per dire tutto quello che a parole mi veniva male, per raccontare le persone e le loro vite. Specialmente la mia.
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RITO NUOVO TEMA
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consetudine costume cerimoniale
Deadline 15 MARZO
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TERRA MALA di Stefano Schirato A cura di Tina Miglietta 121
Stefano Schirato è l’autore del libro fotografico presentato, edito da Crowdbooks ed intitolato ‘’Terra Mala’’, ambientato appunto in un fazzoletto di terra della Campania, tra le province di Caserta e di Napoli: un’area di degrado e inquinamento a causa dei rifiuti tossici smaltiti illegalmente da oltre trent’anni, di discariche illegali e veleni sotterranei. Stefano, con coraggioso desiderio di contribuire alla lotta contro le eco mafie, ritrae il degrado del territorio, i campi nomadi che sorgono su cumuli di immondizia, le storie di uomini, donne e bambini costretti a vivere in una terra tossica conosciuta anche col nome di ‘’triangolo della morte’’. L’idea nasce nel 2011 quando Stefano si reca nel quartiere Tamburi di Taranto per realizzare un reportage sull’Ilva e sulle conseguenze delle esalazioni degli impianti industriali sugli abitanti. Successivamente, in occasione dei 25 anni dalla catastrofe di Chernobyl, effettua un’indagine accurata su ciò che era accaduto dopo tutto questo tempo e focalizza la sua attenzione sul traffico illegale di materiale radioattivo. Questo importante reportage viene pubblicato su una rivista internazionale e si consolida così la sua missione fotografica di denuncia attiva contro i rifiuti tossici illegali che distruggono silenziosamente gran parte della popolazione devastando esseri umani innocenti con malattie mortali.
‘’Terra Mala’’ è un grido per indignarsi, per prendere posizione contro l’illegalità. E’ un lavoro strutturato su più storie, molto complesso e mostra, da un lato, il deterioramento implacabile di questa area geografica e, dall’altro, racconta le scelte coraggiose di chi ha deciso di resistere e di combattere per il luogo in cui è nato e per le proprie origini. L’ultimo rapporto dell’Istituto superiore della Sanità del 2016 fornisce una stima agghiacciante dell’effetto di questa dinamica criminale sulla popolazione locale : l’incidenza dei tumori in questa area geografica è superiore di circa l’11% alla media nazionale e mostra ulteriori dati allarmanti sulla mortalità dei bambini per neoplasie. Non è stato facile immortalare questo disastro ambientale dal punto di vista fotografico perché la maggior parte dei rifiuti sono interrati e spesso si scorgono solo colline ricoperte da erba. Ma c’è stato un incontro fondamentale per la costruzione di questo progetto: quello con don Maurizio Patriciello che con la sua forza e determinazione è stato un supporto molto importante. Don Patriciello è la bandiera vivente della Terra dei Fuochi, è parroco del parco verde di Caivano ed ha perso recentemente due fratelli di tumore diventando, così, uno dei maggiori attivisti che porta avanti questa lotta.
Stefano racconta così il suo incontro con questo sacerdote: ‘’Mi è stato chiaro che l’idea iniziale di raccontare fotograficamente un paesaggio così deturpato non poteva essere l’unica chiave di lettura; infatti quella più importante era rappresentare la storia vera delle persone che vivono lì. E grazie all’incontro con Don Patriciello sono entrato in contatto con le persone che hanno subito lutti e malattie.’’ Le immagini paesaggistiche ambientali presenti nel libro si intrecciano con le storie delle persone e danno vita ad una denuncia sociale attiva. Stefano racconta anche un altro incontro speciale che lo ha segnato in modo profondo: quello con il prof. Antonio Giordano, oncologo di fama internazionale ed anche Presidente del centro ricerche oncologiche di Mercogliano, autore anche della prefazione del libro. ‘’In una mia mostra fotografica a Orbetello avevo invitato il prof. Giordano e lui mi ha fatto il grande onore di parlare al pubblico ben ristretto che era lì presente. Alla fine dell’incontro mi sono avvicinato per scusarmi per la scarsità degli spettatori, ma lui ha ribattuto dicendomi che non dovevo scusarmi affatto e che adesso c’erano quaranta persone in più che ‘’SAPEVANO’’!”
Ecco, la storia delle ‘’quaranta persone in più’’ ha fatto prendere il volo all’idea della pubblicazione del libro che rimarrà a testimonianza e che mette un punto al lavoro fatto fino ad oggi per dare voce ad una storia di dolore, di deturpazione paesaggistica, ma anche di resistenza. I cittadini, infatti, si sono organizzati attivamente con applicazioni mobile dove vengono segnalati roghi e discariche abusive e grazie a ciò si sta risvegliando una coscienza civile di lotta organizzata contro una violenza invisibile ai più. ‘’Terra Mala’’ è stato pubblicato nell’ottobre 2018 da Crowdbooks dopo una campagna capillare di crowdfunding durata sessanta giorni. Fino al 23 dicembre, l’azienda farmaceutica GUNA, particolarmente sensibile al tema dei disastri ambientali, ha ospitato, presso la sua sede di via Palmanova 69 a Milano, una mostra ad ingresso gratuito che raccoglie i migliori scatti dell’autore sul dramma della Terra dei Fuochi. Inoltre, l’8 dicembre, Stefano Schirato è stato ospite al Photolux Festival di Lucca dove ha potuto presentare ‘’Terra Mala’’.
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Stefano Schirato
Tina Miglietta
Nasce a Bologna nel 1974 dove si laurea in Scienze Politiche. Lavora come fotografo freelance con un attento interesse ai temi sociali da più di 15 anni. Collabora con diverse riviste, associazioni e ONG quali Emergency, Caritas Internationalis, ICMC, con le quali ha partecipato a progetti sui diritti umani, sull’emergenza dei rifugiati e immigrazione clandestina. I suoi lavori sono stati pubblicati su riviste internazionali quali New York Times, CNN, Newsweek Japan, Vanity Fair, Al Jazeera, Le Figaro, National Geographic, Burnmagazine, Geo International. Attualmente ha diversi progetti in corso in Europa dell’Est e in Africa e negli ultimi 4 anni ha portato avanti una ricerca sull’inquinamento e la corruzione nel Sud Italia. Il suo ultimo lavoro sulla crisi dei rifugiati lungo la rotta balcanica ‘’One way only’’ è stato esposto alla Camera dei Deputati ed inaugurato dalla ex Presidente Laura Boldrini.
Nasce nel 1966 a Livorno . Ha vissuto in diverse parti d’Italia ed è tornata da poco nella sua città natale . E’ appassionata di fotografia come specchio per le emozioni intime e nascoste e come arte per dare ad esse nuovi colori e forme. Ricerca la naturalezza delle tinte che possano rasserenare e mettere a tacere i rumori della mente
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