EDITORIALE
Come una staffetta alla luce della fede
❝ di EMILIO SALVATORE
I
l padre Ilarione si recò dalla Palestina al luogo ove dimorava il padre Antonio. Questi gli disse: «Benvenuto, o astro del mattino, che sorgi all’aurora (citazione di Is 14,12)». E il padre Ilarione a lui: «Pace a te, o colonna di luce, che illumini il mondo» (probabile riferimento a Esodo 13, 21 e par. ). Questo episodio dei Padri del deserto (241c) mi è tornato in mente in questi giorni mentre accoglievo tra le mie mani, come un inaspettato dono la lettera enciclica di Papa Francesco, Lumen Fidei, tanto da pensare di dedicare ad esso l’editoriale di Clarus per il numero estivo. Nel dialogo dei padri del deserto appare evidente come la luce non è una realtà statica, ma dinamica. Antonio saluta Ilarione come una stella capace di illuminare i tempi bui che allora si vivevano. E Ilarione, che non è da meno, lo paragona alla colonna di fuoco, di luce, che guidava il popolo di Israele nel deserto. La luce della fede di cui parla il Papa nella sua prima enciclica è così, una luce calda, non fredda; una luce incarnata, risplendente sul volto degli uomini e delle donne che fanno esperienza come Mosè sul monte Sinai o come i discepoli sul Tabor, della rivelazione di Dio. In un certo senso questa enciclica è un inno alla luce che nasce dalla fede ossia dalla relazione profonda con Dio. Tutta la nostra cultura, soprattutto quella occidentale, vive di questa metafora conoscitiva della luce. La luce è sinonimo di conoscenza. Senza luce tutto è buio. Siamo dentro un uniforme caotico e magmatico. La fede è come la luce in quanto allarga gli orizzonti della nostra esperienza della verità su Dio, su noi stessi, sul mondo e sulla sua storia. Contro le visioni tipiche del mondo moderno che hanno propagandato una visione della fede come restrizione della conoscenza, limitazione del progresso scientifico e delle innovazioni tecnologiche, l’enciclica – e in ciò porta tutto il magistero di Benedetto XVI che ne resta estensore in larga parte – vuole sostenere che la fede è un allargamento della conoscenza, non solo e non tanto sul piano del sapere come sono le cose, quanto dell’entrare in relazione con esse in un rapporto armonico, rispettoso, gioioso. «La fede, che riceviamo da Dio come dono soprannaturale, appare come luce per la strada, luce che orienta il nostro cammino nel tempo» (n.4). La natura luminosa della luce è vista nel testo nella sua duplice prospettiva, proveniente dal passato «…è la luce di una memoria fondante, quella della vita di Gesù, dove si è manifestato il suo amore pienamente affidabile, capace di vincere la morte», ma anche proveniente dal futuro: «Allo stesso tempo, però, poiché Cristo è risorto e ci attira oltre la morte, la fede è luce che viene dal futuro, che schiude davanti a noi orizzonti grandi, e ci porta al di là del nostro “io” isolato verso l’ampiezza della comunione». La fede così, ripercorsa nelle sue tappe bibliche (capitolo 1°), da Abramo a Gesù, è dono che dall’esterno illumina la vita dell’uomo e rende lo sguardo dell’umanità, capace di vedere un progetto di Dio che chiama all’alleanza con lui, alla vita vissuta in comunione. Le coordinate luminose della fede sono dunque, in questa prima parte, temporali: passato – futuro. Al tempo stesso le coordinate sono anche e soprattutto conoscitive (cap. 2°). Il bisogno di verità è insopprimibile nel cuore dell’uomo e non può essere ridotto solo a ciò che serve all’uomo (il vero tecnologico) o ciò che appare al singolo nel suo individualismo più acuto (il vero emozionale). Vi è un desiderio di verità, intesa come capacità di dare senso alla vita dell’uomo, di tutto l’uomo, di ogni uomo. Continua a pag.9 n.7
Luglio 2013
1
primo piano
Consultorio Diocesano Porte aperte per le famiglie in cerca di ascolto e di aiuto
U
no spazio riservato per capire meglio se stessi, per affrontare con maturità le prove della vita, per trovare risposte, ma soprattutto persone in grado di ascoltare. Sarà questo, ma non solo, il consultorio familiare della Diocesi di Alife-Caiazzo che nascerà per venire incontro alle necessità del territorio (il nostro), in attesa di assistenza e accoglienza in un momento di crisi globale che investe molte delle strutture preposte ai servizi alla persona. tra essi in particolare quelli sanitari. L’idea – più volte riecheggiata in Diocesi – ora trova concretezza nell’impegno pastorale di S.E.Mons. Valentino Di Cerbo che all’indomani della sua elezione a vescovo di Alife-Caiazzo scriveva alla sua futura chiesa: «Mentre il Signore mi chiama ad esercitare una paternità più grande, non posso non inviare un ricordo pieno di attenzione e di sollecitudine ai malati, a quanti sono senza lavoro, a quanti cercano un senso più alto per la loro esistenza e, con tanto affetto, ai bambini, ai giovani e agli immigrati». La lettura del territorio, approfondita nelle sue problematiche ed esigenze particolari, ha orientato così la scelta di offrire un servizio gratuito e competente, alla vita e all’ identità degli uomini e delle donne di questo tempo. Lo scorso ottobre, nell’intervento conclusivo del Convegno diocesano, Mons. Di Cerbo comunicava - nell’ambito di una più vasta programmazione pastorale - l’istituzione del Consultorio familiare diocesano, di cui oggi possiamo parlare già con concretezza e serietà. Una prima pianificazione del lavoro, come l’iniziale “messa in opera” sono state affidate all’Istituto Giuseppe Toniolo di Studi Superiori (ente fondatore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore) che in Italia meridionale è presente a Napoli - dal 1990 - proprio con un consultorio familiare. Ma cos’è un consultorio familiare e di cosa si occupa in particolare un consultorio diocesano? Chi vi può accedere? Quali servizi offre? E come influirà nella pastorale ordinaria delle nostre parrocchie? A queste domande hanno risposto Domenico Costantini e Davide Cinotti: sociologo e direttore del Consultorio Giuseppe Toniolo di Napoli il primo; psicoterapeuta e coordinatore del nuovo ente diocesano il secondo. Entrambi hanno incontrato i sacerdoti della Diocesi per un primo confronto sul progetto e per illustrarne in breve le attività, ma so-
2
n.5
Maggio 2013
“Affermando che i coniugi, come genitori, sono collaboratori di Dio Creatore nel concepimento e nella generazione di un nuovo essere umano non ci riferiamo solo alle leggi della biologia; intendiamo sottolineare piuttosto che nella paternità e maternità umane Dio stesso è presente in un modo diverso da come avviene in ogni altra generazione « sulla terra ». Infatti soltanto da Dio può provenire quell’« immagine e somiglianza » che è propria dell’essere umano, così come è avvenuto nella creazione. La generazione è la continuazione della creazione (Pii XII, Humani Generis: AAS 42 (1950) 574).” Da LETTERA DI GIOVANNI PAOLO II ALLE FAMIGLIE Gratssimam Sane
prattutto porre le basi di una fruttuosa collaborazione tra la nascente struttura e le parrocchie. «Un consultorio - spiega Domenico Costantini – offre servizi alla persona e poi - a seconda dei casi - alla coppia, alla famiglia, occupandosi di problemi relazionali, psicologici, genitoriali, sanitari». Ampia l’utenza a cui prevede di rivolgersi la
struttura diocesana: scuole, parrocchie, servizi sociali comunali, Asl. Davide Cinotti legge la realtà, in particolare quella del territorio, spiegando come una simile proposta possa cambiare in meglio la difficile situazione dei servizi in Alto Casertano: «Le liste d’attesa, i servizi talvolta sbrigativi, gli ostacoli di ogni genere delle famiglie con figli o genitori diver-
Dal confessionale al consultorio. Cosa cambia? Indirizzare le persone al consultorio familiare diocesano rientrerà tra le nuove responsabilità dei sacerdoti di Alife-Caiazzo, a cui presto spetterà il delicato ruolo di indicare, suggerire, proporre una strada nuova, perché nuovi sono gli strumenti offerti per crescere, migliorare, raggiungere equilibri interiori (nelle relazioni, negli affetti…). Coppie, famiglie, giovani in difficoltà potranno trovare ascolto e accoglienza nella struttura diocesana pensata appositamente per il bene, la formazione, la salute delle persone, per un sostegno psicologico (e anche medico) che va oltre il ruolo di guida spirituale di sacerdoti o religiosi. Fino a qualche decennio fa il parroco era colui che oltre a svolgere il suo ministero di guida delle anime entrava più facilmente nelle famiglie in un clima di maggiore serenità, dialogo e confronto per risolvere problemi, suggerire, orientare. Un padre in più per i figli e le coppie. Risultava più facile l’approccio alle problematiche familiari, alle dinamiche psicologiche delle persone pur spesso senza gli strumenti e le competenze necessari. La situazione si è fatta diversa: i drammi, le difficoltà, le insicurezze hanno aumentato la loro portata e il loro peso sulle spalle di uomini e donne al punto da compromettere anche la sfera psichica e le dinamiche comportamentali e relazionali delle persone. Non basta più la chiacchiera con il fidato prete, un consiglio, o il sacramento della confessione, che conferisce la grazia ma presuppone la predisposizione della mente al cambiamento. Di tutto questo ne abbiamo parlato con don Cesare Tescione, parroco di Santa Maria Maggiore in Piedimonte, sacerdote da ventotto anni. «La semplicità con cui un tempo si entrava
n.5
Maggio 2013
3
nella vita delle persone e delle famiglie oggi si sostituisce ad incontri e dialoghi occasionali, talvolta fugaci, o più spesso circoscritti al confessionale. La portata delle difficoltà che oggi le persone vivono impongono anche competenze che vanno oltre la confessione e l’omelia o meglio ancora, la direzione spirituale». Il prete, un tempo l’uomo delle soluzioni, oggi fa i conti con la fitta rete di una intricata realtà che impone al suo ruolo una revisione costante e aggiornata. Don Cesare Tescione guarda in
prospettiva la figura del sacerdote in merito al nascente consultorio diocesano. «Questa straordinaria realtà che vivremo rappresenta un’altra faccia del Vangelo: il consultorio sarà parte integrante della pastorale diocesana e si affiancherà ad altre esperienze offerte dalla pastorale ordinaria della nostra chiesa locale». Quindi non un’agenzia di servizi, ma un servizio alla persona dove alla consulenza ambulatoriale del caso si associa comunque l’orientamento morale e spirituale che don Cesare Tescione vedrebbe affidato ad un sacerdote. Corsie a doppio senso di circolazione su cui si innestano il cammino del consultorio con quello della Caritas, della Pastorale giovanile, delle associazioni; corsie che si incrociano e sono chiamate ad incontrarsi su soluzioni comuni, sovrapponibili e ri-creative del tessuto sociale di questa terra. Nella revisione dei propri ruoli si impongono due passaggi fondamentali per i nostri preti: «Accogliere tale struttura come valido strumento della pastorale e accompagnare le persone ad un approccio maturo con essa: vista la profonda fiducia che la gente nutre per il sacerdote abbiamo il dovere di condurre per mano verso la novità e il cambiamento in vista della risoluzione di un problema personale; e poi avere la capacità di lasciare quella mano e permettere che il cammino vada avanti da sé, affidato alle persone competenti. Rimaniamo pur sempre sentinelle e compagni di viaggio della vita delle persone». Sono piccoli passi di un nuovo cammino per la Diocesi di Alife-Caiazzo; passi silenziosi ma partecipati: la possibilità di crescere e far crescere questa terra, offrendo ad essa strumenti per maturare, vivere bene, recuperare dignità, ritrovare se stessi.
4
n.5
Maggio 2013
procede gia" quasi un anno lo studio per la realizzazione del Consultorio diocesano. Nei prossimi mesi gli esperti incaricati di far partire la struttura incontreranno i sindaci e i dirigenti scolastici. Ad ottobre le prime attivita" e le consulenze di medici esperti nella struttura individuata in Viale della Liberta" a Piedimonte Matese.
I dottori Costantini e Cinotti con Mons. Valentino Di Cerbo in occasione dell’incontro con il clero diocesano
a z io
ne
de
gli
e
z az
ion
n ti
e
d
Realizz
ve
e
gl
i in
e n ti v r te
Realiz
n itin e r e
az ett
ge io
g
tt a z n
ed
ro
A partire dalla realizzazione degli interventi si snoda l’intero processo circolare che prevede fasi di lavoro in costante aggiornamento
Pr o
ei io n
zi o n e Valuta
Il processo circolare della progettazione partecipata eg
ve n li e
Ri ti
Valutazio n
p
e
samente abili sono il sintomo di una fatica economica e gestionale – di più alto respiro – che si riflette sull’utenza seppur ridotta di un’area come la nostra. Basti pensare ai servizi fino a poco fa offerti dall’ambito sociale ex C6 oggi drasticamente ridotti o cancellati». Il consultorio diocesano non sarà da subito la risposta all’enorme richiesta delle famiglie, ma un primo approccio alle problematiche che altrove non trovano risposta: «per questo motivo – spiega ancora Domenico Costantino – è bene individuare i bisogni e i servizi di cui necessitano le persone e in particolare quelli di cui non si occupano altre strutture. O meglio, rispondere alla domanda: quali sono le problematiche che le famiglie vogliono affrontare affidandosi ad una struttura diocesana piuttosto che ad un’altra?». Attese che chiedono risposte serie. Prendere a cuore non solo “il caso”, ma la vita delle persone, accogliere le domande di senso di ciascuno con gratuità e passione: a questo pensa un consultorio diocesano. Nell’ambito dell’Istituto Toniolo sono già state individuate le figure professionali che avranno una responsabilità nella struttura nascente. Intanto la macchina organizzativa procede il suo corso. La lettura dei dati Istat rappresenta il primo approccio con la realtà: indice di natalità, occupazione, formazione e studio, tendenze culturali e sociali sono già allo studio dei dott. Costantini e Cinotti; a questo tipo di indagine si affianca quella realizzata direttamente in loco
“La pastorale agisce per la promozione della vita cristiana e per l’edificazione della Chiesa e privilegia le risorse dell’evangelizzazione, della grazia sacramentale, della formazione spirituale e della testimonianza ecclesiale. I consultori, nell’ottica di un’antropologia personalistica coerente con la visione cristiana dell’uomo e della donna, guardano piuttosto ai dinamismi personali e relazionali e privilegiano l’apporto delle scienze umane delle loro metodologie”. Cfr.: Direttorio di Pastorale Familiare per la Chiesa Italiana (Cap. VIII n. 243 del 25 luglio 1993)
n.7
Luglio 2013
5
presso i servizi socioassistenziali e scolastici al fine di “scattare” attraverso dirigenti e responsabili di tali strutture una foto ancor più nitida del tessuto sociale al fine di far nascere anche progetti condivisibili. La scuola resta uno degli ambiti privilegiati di tale azione pastorale, la strada per accompagnare i giovani e di conseguenza affiancare le famiglie; è proprio nel settore scolastico che si indirizzano alcune delle attività di consultazione della nascente struttura: educazione degli affetti e della sessualità; cura e valorizzazione delle dimensioni relazionali, emotive ed affettive; prevenzione dei comportamenti a rischio. Quella del consultorio sarà una presenza in continuo aggiornamento che in itinere studierà e progetterà a seconda dei cambiamenti sociali e culturali le azioni d’impegno e i servizi da offrire; i professionisti chiamati ad incontrare il Clero diocesano hanno parlato di processo circolare della progettazione partecipata, che richiede attenzione e ascolto costanti alle dinamiche sociali in corso
Progetto Aurora
e ai relativi processi evolutivi. Si tratta di un lavoro compartecipato che chiama in causa l’intera comunità diocesana e quanti in essa svolgono un ruolo di responsabilità nelle associazioni, nelle parrocchie, nelle attività di volontariato al fine di creare ponti tra le famiglie e il consultorio o comunque occasioni di scambio tra essi. La nuova struttura sarà l’anello di una catena ben più lunga di collaborazioni e idee, valori e progetti non solo a livello locale, ma anche nazionale. Essa infatti farà parte della Confederazione Italiana dei Consultori familiari di Ispirazione Cristiana che ha come costante riferimento il Pontificio Consiglio per la famiglia.
Vita che rinasce per le donne vittime di violenza Un’altra iniziativa di forte impatto sociale è quella messa in cantiere dall’Amministrazione comunale di Piedimonte Matese. Si tratta del “Progetto Aurora” che prevede l’istituzione di un centro per l’assistenza alle donne vittime di violenza e per i loro figli con programmi di accoglienza e reinserimento nel mondo del lavoro. Il progetto è frutto di un iter progettuale e burocratico che dura da due anni e che ormai è giunto ai nastri di partenza, realizzato in collaborazione con l’Associazione onlus “Spazio Donna” che ha sede in Caserta. Presentato in conferenza stampa, il Progetto Aurora si sta svolgendo nella sua fase iniziale che prevede la formazione delle cinque operatrici (tutte di Piedimonte, selezionate in base a specifici requisiti) che avranno cura della struttura. Quanto agli ambienti preposti all’attività di accoglienza, essi sono stati individuati in un locale sito nel cuore del centro storico cittadino, in largo Santa Maria la Vecchia, in fase di ristrutturazione. Il finanziamento dell’intero progetto, per la durata di due anni, ammonta a circa 360mila euro, mentre 40mila recuperati dalla rinuncia alle indennità di carica del Sindaco Vincenzo Cappello e degli amministratori saranno destinati ai lavori di ristrutturazione del locale: saranno predisposti tre mini appartamenti destinati ad altrettante famiglie al fine di garantirne la privacy e una degna collocazione per le donne che verranno accolte. Ad ottobre sarà tutto pronto per dare il via alle attività. Il centro Aurora si doterà di un numero telefonico attivo ventiquattr’ore su ventiquattro al fine di garantire ascolto e assistenza costanti alle donne in difficoltà.
6
n.5
Maggio 2013
Il Centro Antiviolenza Aurora nasce in un edificio che la storia cittadina associa inevitabilmente ad Aurora Sanseverino, l’emblema della donna che nel XVIII secolo conferì a Piedimonte l’immagine di una viva e concreta rinascita culturale, ma in particolare “aurora” sta ad indicare la nascita di ogni nuovo giorno e quindi l’occasione per numerose donne di rinascere con dignità e ritrovare se stesse. Leggi l’articolo su Clarus on line: http:// www.clarusonline.it/2013/06/29/progetto-aurora-prende-il-via-a-piedimonte-il-centro-che-combatte-la-violenza-sulle-donne/
Il Telefono Rosa dell’Associazione Spazio Donna è attivo al numero: 0823 354126
n.7
Luglio 2013
7
Una Chiesa CHE VIVE
Accogliere la religione
far crescere la fede A partire dal prossimo anno pastorale la diocesi lancerà in alcune parrocchie la sperimentazione di un nuovo percorso di catechesi per adulti. Definiti i punti programmatici e i contenuti delle attività
V
illetta Barrea, cornice ideale individuata per la formazione dell’équipe di animatori pastorali che S.E. Mons. Valentino Di Cerbo ha individuato per l’ideazione di un percorso formativo rivolto ai genitori dei ragazzi che si preparano a ricevere la prima comunione. Sul precedente numero di Clarus nell’articolo “Genitori di oggi. Dedicato a voi…” già descrivevamo il motivo per cui la Diocesi si è fatta promotrice di tali percorsi affidandone la supervisione iniziale a don Luciano Meddi, docente di Catechetica missionaria presso la Pontificia Università Urbaniana. I tre giorni trascorsi dall’equipe con Meddi e Mons.Di Cerbo a Villetta Barrea sono serviti a fare il punto della situazione: mettere a fuoco nello specifico finalità, obiettivi e materiali pastorali che serviranno durante gli incontri nelle parrocchie individuate per la prima sperimentazione. Sono cinque le finalità del percorso, della durata di due anni, che mira al passaggio (degli adulti) dalla religione alla fede attraverso una nuova confidenza con la figura di Gesù, l’uomo della quotidianità evangelica. Aiutare e sostenere la coppia nella sua vocazione umana: condizione per la progressione spirituale e l’appartenenza ecclesiale. Sostenere il compito educativo dei genitori, per la crescita dei figli e per una maturazione personale. Riqualificare il tessuto religioso e cristiano delle persone facendolo evolvere verso una piena conoscenza ed adesione alla proposta “cristiana”. Far crescere nella parrocchia un nucleo di adulti che vivono la fede in forma di piccola comunità a servizio della missione della parrocchia in un territorio. Consentire alle parrocchie di realizzare la pastorale vocazionale e ministeriale. Sono finalità che comportano una rinnovata maturità personale e cristiana da parte degli adulti protagonisti del percorso ma Nelle foto i laboratori di Villetta Barrea e i momenti formativi a Piedimonte Matese
8
n.7
Luglio 2013
Segue da pag.1
Sistemi di valutazione, analisi transazionali, norme sindacali. Il lavoro degli Idr in preparazione al prossimo anno scolastico “La scuola riparte dall’autovalutazione”: filo conduttore dalla tre giorni dedicata alle insegnanti di religione (Idr), anch’essi riuniti a Villetta Barrea. La prof.ssa Elisabetta Giustini del MiUR ha avviato i lavori con alcune considerazioni in merito al regolamento nazionale del sistema di valutazione, per poi introdurre il più complesso argomento della “valutazione e autovalutazione del docente” su cui le insegnanti presenti hanno sviluppato opportune esercitazioni. Parte integrante di questo percorso è stato il laboratorio animato da don Davide Ortega che introducendo le Idr ai concetti base dell’analisi transazionale, le ha coinvolte in maniera anche “animata” in un proficuo lavoro di introspezione e analisi. Diritti e doveri dell’IdR, i rapporti con il collegio docenti e il collegio di classe e le problematiche legate agli avvalentesi e non, sono stati, infine, i temi di un incontro voluto dall’Ufficio scuola della Diocesi con i rappresentanti regionali dello Snadir (sindacato Idr) i quali hanno risposto su domande e quesiti che durante il nuovo anno scolastico verranno ulteriormente approfonditi. A S.E. Mons.Valentino Di Cerbo la cura della preghiera e le meditazioni che hanno aiutato il gruppo a dare spessore spirituale ad un appuntamento ormai consolidato e irrinunciabile per le insegnanti di religione della Diocesi.
soprattutto la consapevolezza di appartenere ad una comunità parrocchiale. Il successo formativo dell’itinerario si gioca tutto sulla innovazione catechistica proposta (cioè alla qualità della fede) e ad una forma di comunicazione “alla pari” cioè adulta, in grado di suscitare in ciascuno il desiderio e la capacità di narrare e raccontarsi quindi di mettersi in gioco e maturare la volontà di fare discernimento.
che offre significato ai nostri passi, ci illumina quando siamo toccati dall’amore. Chi ama capisce che l’amore è esperienza di verità, che esso stesso apre i nostri occhi per vedere tutta la realtà in modo nuovo, in unione con la persona amata» (LF n.27). L’amore come la fede è esodo, uscita dal nostro io per andare verso il Tu dell’altro, il Tu di Dio. La luce della fede, in quanto verità animata dall’amore, non ci porta ad una contemplazione fuori dalla realtà, ma al contrario ci rivolge anche al mondo concreto e si fa via con tutti coloro che cercano, con la ragione, con la riflessione intellettuale e con la ricerca teologica, scienza della fede, in quanto dialogo con il soggetto creduto ossia con Dio, fonte e origine, partner dialogico della stessa indagine. Le coordinate da temporali si fanno conoscitive, quasi spaziali: dall’io al Tu, dal Tu la ricaduta sull’io che costituisce il noi, la forma ecclesiale della fede. E’ la Chiesa, infatti, che trasmette la fede (cap. 3°): di generazione in generazione, come la famiglia, attraverso i sacramenti, la professione di fede (il Credo) e la preghiera, in particolare quella del Padre nostro, grazie al Magistero che svolge il servizio dell’unità della fede, da conservare e trasmettere. Dal noi ecclesiale il Papa passa al noi dell’intera umanità (cap. 4°), dalla famiglia allo stato, alle situazioni più buie di sofferenza: «La luce della fede è in grado di valorizzare la ricchezza delle relazioni umane, la loro capacità di mantenersi, di essere affidabili, di arricchire la vita comune. La fede non allontana dal mondo e non risulta estranea all’impegno concreto dei nostri contemporanei» (LF n. 51). “La fede con le gambe” ossia la speranza ci viene incontro «Non facciamoci rubare la speranza, - riprende l’enciclica - non permettiamo che sia vanificata con soluzioni e proposte immediate che ci bloccano nel cammino, che “frammentano” il tempo, trasformandolo in spazio. Il tempo è sempre superiore allo spazio. Lo spazio cristallizza i processi, il tempo proietta invece verso il futuro e spinge a camminare con speranza». Qui le parole, tremanti nel suono, ma nitide nel timbro di Benedetto, lasciano il passo a quelle forti nel suono e calde nel timbro di Francesco. E davvero sembra che i due papi, si passino il testimone, come una fiaccola da corridore, dalle parole ai gesti, dalla luce della fede contemplata a quella predicata nella trasparenza dello stile. n.7
Luglio 2013
9
Una Chiesa CHE VIVE
Una mano alla Ricerca Anche Clarus contribuisce
Sulla rivista edita dalla Diocesi di Alife-Caiazzo sarà possibile lanciare i risultati scientifici della Ricerca universitaria e renderli “rintracciabili” attraverso appositi criteri di pubblicazione
D
a poche settimane Clarus è stato inserito nell’elenco delle Riviste presenti nel sito del Cineca, all’interno del quale i ricercatori e i docenti universitari registrano e archiviano le relative attività scientifiche e didattiche. L’iniziativa, promossa dal professore Raffaele Santoro, titolare della Cattedra di Diritto Canonico presso il Dipartimento di Giurisprudenza della Seconda Università degli studi di Napoli, ha lo scopo di aprire le porte anche a contributi dal contenuto scientifico, favorendo la diffusione del nostro periodico anche all’interno delle università presenti sul territorio. Cineca è un Consorzio Interuniversitario senza scopo di lucro al servizio del sistema accademico nazionale. Nasce nel 1969 dalla intuizione del Ministero della Pubblica Istruzione e dei Rettori di quattro atenei, con lo scopo di “promuovere l’utilizzo dei più avanzati sistemi di elaborazione dell’informazione a favore della ricerca scientifica e tecnologica, pubblica e privata”. Da allora le università consorziate sono aumentate e oggi rappresentano quasi il 90% delle università statali italiane. Parallelamente il Consorzio ha ampliato il proprio raggio d’azione a tutti i principali ambiti dell’ICT, diventando un punto di riferimento per il sistema accademico nazionale, la pubblica amministrazione e le imprese. La sua missione istituzionale comprende la realizzazione di sistemi gestionali e servizi a sostegno delle università e del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (Miur). In questo ruolo, il Consorzio è impegnato nella costante ricerca di soluzioni in grado di accompagnare gli atenei nel loro cammino di ammodernamento dei metodi di governo di realtà così complesse e articolate. Per il Miur, nel tempo, il Cineca ha assunto il ruolo di “braccio tecnico operativo”, che attraverso la realizzazione di sofisticati sistemi telematici consente l’interazione di tutte le componenti del mondo accademico con l’Amministrazione centrale, garantendo al Ministero il costante monitoraggio dei processi ed il coordinamento di tutte le attività scientifiche. Inoltre, sempre su iniziativa di Santoro, Clarus è stato inserito anche nell’Anagrafe della Ricerca della Seconda Università degli Studi di Napoli, avente lo scopo diffondere all’esterno i risultati di ricerca per agevolare l’efficienza e l’efficacia della attività di ricerca scientifica svolte dall’Ateneo. Al suo interno sono archiviati i dipartimenti, i laboratori, i prodotti e i progetti di ricerca nonché i docenti con la relativa produzione scientifica.
10
n.7
Luglio 2013
Grazie a questo importante passo, i docenti universitari che intendono fornire dei contributi scientifici a Clarus, potranno registrare gli articoli pubblicati su queste due piattaforme informatiche, i quali in questo modo potranno essere valutati per fini concorsuali e per la definizione della produzione scientifica degli Atenei. A cura della Redazione
La crisi economica non lascia tregua. Sindaci indebitati e servizi sospesi
P
iccoli comuni in affanno. Piccoli comuni in cerca di voce perché qualcuno “ai vertici” possa chinarsi a raccogliere il racconto delle difficoltà (tante) con cui sindaci, amministratori e cittadini sono costretti a fare i conti. La cronaca degli ultimi mesi riferisce come a stento si riesca a “condurre” l’amministrazione ordinaria. E il disagio cresce ancor di più per i comuni di montagna che ricadono nel territorio diocesano, molti di questi ubicati nel Parco Regionale del Matese: qui il problema è maggiore se si considerano i disagi legati alla totale assenza di servizi sanitari e adeguate arterie di collegamento con i comuni maggiori dove è obbligatorio recarsi per ogni tipo di assistenza o altro genere di servizio alla persona. Per i comuni di Letino, Valle Agricola e Gallo Matese poche settimane fa si è presentata l’occasione per fare il punto della situazione in occasione del convegno promosso da CittadinazAttiva, tenuto a Valle su Montagna, salute e benessere: beni e diritti di cittadinanza da tutelare, promuovere e incentivare. Sindaci, rappresentati di Enti locali, autorità civili e religiose hanno potuto solo ribadire uno status che continua ad allertare tutti: in montagna – dove il 65% della popolazione supera i 60 anni di età – mancano presidi di pronto intervento in casi di emergenza sanitaria e i tempi di percorrenza verso Piedimonte Matese dove l’o-
Attualità E TERRITORIO
Aria pesante sui comuni di montagna spedale civile Ave Gratia Plena è dotato di pronto soccorso, sono di ben cinquanta minuti. La possibilità di collocare un presidio del 118 a Prata Sannita, quindi a metà strada tra la zona a valle e i paesi in quota è tutta da valutare. Al deficit sanitario se ne aggiunge un altro che nel caso di Valle Agricola rappresenta ormai una vera e propria piaga per l’intera comunità: da diversi anni l’unica strada di collegamento (di pertinenza provinciale) che collega il piccolo centro a quota settecento metri con il resto dei comuni matesini, risulta in perenne stato di dissesto e transennata in alcuni punti per motivi di sicurezza. Piogge e nevicate sono ormai la spada di Damocle che pende sui nostri piccoli centri: la nevicata del febbraio 2012 ha rappresentato di fatto un problema concreto non solo per l’isolamento temporaneo dei giorni in
Veduta di Letino. Foto Igino Palumbo
cui è caduta la neve, ma anche per i segni che essa ha lasciato peggiorando le condizioni del manto stradale. A quei giorni si deve un ulteriore danno alle amministrazioni locali causate dal necessario utilizzo dei mezzi spalaneve per i quali la Provincia non ha ancora provveduto a rimborsare ai Comuni le spese dovute alle Ditte incaricate dei lavori d’emergenza. Non solo. Le casse di tanti comuni sono completamente vuote. Le percentuali che essi avrebbero dovuto incassare grazie all’Imu finiscono direttamente a coprire le rate dei mutui contratti nel tempo. Idem per i pochi “spiccioli” trasferiti dal governo centrale o regionale. Senza considerare che non tutti i proprietari di immobili sono in grado oggi – per ristrettezze economiche - di versare regolarmente al Comune la tassa sulla prima casa. Una foto stropicciata, un quadro dalle tinte cupe. Appare così quello che era il sereno paesaggio e la vita dei comuni matesini e dei numerosi altri centri del versante opposto, nell’area del Monte Maggiore. In qualche caso l’unica entrata sicura per le amministrazioni locali viene dalla vendita di legname dei boschi demaniali. Oggi il problema è pagare i dipendenti, riparare l’immancabile perdita fognaria o idrica, garantire la manutenzione del manto stradale e dell’illuminazione pubblica, garantire la raccolta differenziata, offrire ai cittadini momenti di socializzazione, di svago o di cultura o agli anziani la vacanza alle terme o al mare. L’essenziale. Eppure proprio l’essenziale continua a rimanere (per questi cittadini italiani) un diritto negato. n.7
Luglio 2013
11
no Alvigna nei luoghi
nelle persone e
lvignano Alvignano
uno Storia, geografia e ricordi di
12
Cap 81012 Abitanti 4903 Superficie 37,65 kmq Densità demografica 130 ab/kmq Altitudine centro 132 m s.l.m. Lat 41° 14′ 41″ N Long 14° 20′ 15″ E
Hanno lavorato a Comunicando per la pagina di Alvignano: Francesca Costantino, Stefano Giannetti, Emilio Meola, Rosario Costantino, Alessio Cassella, Vincenzo Marzullo, Domenico Fortini, Gianmarco Fortini, Giuseppe Vitelli, Enrico La Vecchia, Franco Tessitrice, Domenico Barbato
l’Alto Casertano
degli angoli piÙ suggestivi del
Il piccolo paese di Alvignano si arrampica da un lato sulle cime dei colli Caprensi, dall’altro si adagia, con ritmi cadenzati e sommessi, sui più bassi e morbidi rilievi collinari,dai vigneti e uliveti silenziosi, invogliando lo sguardo a perdersi nell’ampia pianura che d’improvviso si spalanca e accoglie le acque del Volturno. Il paesaggio naturale è un susseguirsi di colori e sfumature, che si ripetono e rinnovano durante le stagioni: dal verde brillante dei boschi e dei prati, all’ocra dei campi di grano, al rosso e amaranto dei vigneti. Il palato, poi,è piacevolmente soddisfatto dalle delizie della gastronomia locale: la mozzarella di bufala, il pane, il vino e soprattutto l’olio. I piatti tradizionali sono quelli di un tempo, caratterizzati da elementi poveri della cucina quotidiana, come i legumi, i diversi tipi di farina, le erbe spontanee e quelle aromatiche, le carni suine e bovine.
COMUNIcando
gnano e FormiDopo Prata Sannita, San Gregorio Matese, Castel Campa fa tappa torio cola, la nostra rubrica dedicata ai comuni del terri confina con Liad Alvignano, piccolo centro del Medio Volturno, che no. In queste beri, Dragoni, Alife, Gioia Sannitica, Caiazzo e Ruvia ai residenti pagine sono proposti alcuni angoli del paese tanto cari ngue, ma disti li non solo per la caratteristica architettonica che di tranquilperchè custodi della storia della comunità e oggi oasi e che si votiv le lità. A seguire occhi rivolti ad alcune delle edico tra passato e incontrano lungo le strade e poi un veloce sguardo presente.
n.7
Luglio 2013
Andare per queiBORGHI dove IL TEMPO sembra essersi fermat0
SAN MAURO MARCIANOFREDDO
Lungo le curve che raggiungono l’abitato, la strada sale fino a raggiungere una modesta altura sul quale si conforma il borgo. Chi ha un po’ di anni o qualche nonno ricorda benissimo com’era un tempo, ma a dire il vero qui il tempo sembra essersi magicamente arrestato. Le case conservano ancora le caratteristiche originali, poiché di lieve entità risultano le trasformazioni apportate nel corso degli ultimi anni. Di più grave portata è invece, lo sfregio che, l’incuria e l’abbandono, lentamente ne sta mortificando la bellezza. Il racconto inizia con il significato attribuito al nome: “Marzanum Frigidum”, si traduce letteralmente con “zona fredda”, quindi deriva dalle sue caratteristiche specificamente climatiche. Le origini risalgono al IX-X sec., quando le incursioni saracene costrinsero i Cubulterini a ritirarsi sulle alture e a costituire nuovi agglomerati. L’atmosfera che si respira attraversando l’intrigo di viuzze, affacciate sulla via principale non ha bisogno di parole: è spiegata attraverso le antiche strutture che preservano
l’architettura in pietra locale, salvo poche trasformazioni d’epoca medievale. È tutto un susseguirsi di cortili, aie con pozzi e cisterne, forni e stalle. Al centro del borgo la Chiesa di Maria del Carmine domina incontrastata. L’ interno accoglie, tra l’altro, un capitello corinzio di epoca romana, attualmente utilizzato come base del fonte battesimale.
SAN NICOLA La caratteristica tipica del borgo è il suo ruotare tutt’intorno alla Chiesa di San Nicola e di possedere antichi palazzi nobiliari, purtroppo oggi non valorizzati, ma detentori del loro antico e immortale fascino. Contemporaneo storicamente agli altri, vive il suo massimo splendore in tempi relativamente più recenti, ossia tra il
XVIII e XIX secolo .Una passeggiata da fare a passo lento, sostando ogni tanto con il naso all’insù, restituisce la percezione di quello che doveva essere il cuore pulsante della borghesia cittadina alvignanese. Ecco, dunque, lo storico Palazzo Bengivenga, accogliere una delle famiglie più importanti della comunità cittadina, poiché appartenente a quella borghesia illuminata e liberista di fine Ottocento che contribuì all’affermazione dei valori risorgimentali progressisti all’interno di una piccola realtà di provincia. La raffinata architettura del palazzo è sostanzialmente intatta, e ricalca l’impostazione tipica sette – ottocentesca; tuttavia l’inarrestabile corso del tempo rischia di comprometterne definitivamente la straordinaria specificità e leggibilità. Di antichissima fattura è inoltre l’edicola votiva sulla facciata principale del palazzo, raffigurante una Madonna con il Bambino, purtroppo oggi quasi del tutto perduta.
Magnificamente appoggiato su un fianco del colle, in una posizione isolata rispetto all’attuale appendice urbana moderna, è sostanzialmente un centro chiuso, compiuto in sé, attraversato da una via principale. Anche qui la storia prende avvio in seguito all’invasione dei Saraceni, quando gruppi di famiglie, rifugiatesi in zone più alte rispetto all’abitato di Cubulteria, danno vita ad un agglomerato compatto. La formula “Sactus Maurus in Albinianum” costituisce la prima testimonianza dell’effettiva esistenza del borgo. Compare in un documento del 979 d.C, relativo all’ordinazione del vescovo di Caiazzo, Stefano Menecillo. Il suo vissuto lo svela in ogni angolo. Sorprendenti sono le abitazioni che trattengono ancora il fascino antico, soprattutto nell’articolazione delle architetture che, intorno ad un cortile, sviluppano diversi locali: al pianterreno assegnati al ricovero bestiame; al primo piano destinati ad abitazione. La pietra locale è il materiale predominante, accanto al tufo grigio e giallo, che pure sono recuperati da cave topiche o comunque limitrofe. Il procedimento di costruzione delle mura viene denominato a “faccia a vista”, ossia il lato liscio delle pietre, ben levigato e sfaccettato, è disposto verso l’esterno, in maniera visibile. Punto di riferimento e fulcro della vita nel borgo è la piccola Chiesa di Santa Maria della Natività. Espressione dei valori cristiani della comunità, è caratteristica per quattro elementi principali: il portale istoriato, l’antico fonte battesimale, i pregevoli affreschi interni e infine una statua lignea, raffigurante una Madonna con Bambino, che la leggenda narra come recuperata fortuitamente da un pozzo del borgo stesso.
n.7
Luglio 2013
13
Lungo le strade, brevi soste per la preghiera. Le edicole votive in cittÀ
L’
origine delle edicole votive, o sacre immagini, avviene durante il primo cristianesimo. Esse nascevano per volontà di privati cittadini che in tal modo, chiedevano l’intercessione e la protezione dei santi o come ex-voto per grazia ricevuta. Non erano solo luoghi sacri, ma come veri e propri punti di incontro posti pubblici di adorazione divina, stazioni sempre aperte e libere. Nel tempo sono state sempre espressione dell’arte e della religiosità popolare. L’abitudine di edificare edicole a protezione delle case o delle strade è tuttavia una usanza di origine romana. Per le vie del nostro comune di Alvignano si notano molte edicole, residuo di un numero sicuramente maggiore ma che il tempo e l’incuria ne ha fatto perdere memoria. Se si tiene conto del loro
immenso valore sia di fede che di arte, viene spontaneo il loro recupero e restauro, onde restituire al paese un pezzo di storia. Tra le edicole che possiamo ancora ammirare, molte sono quelle che si riferiscono alla Madonna (le più numerose sono quelle della Madonna del Carmine) altre riguardano invece il culto dei santi. Per lo più si tratta di immagini dipinte su “riggiole” mentre altre su ardesia o lastra di rame. Cinque dipinte ad affresco.
Una prima edicola bella dal punto di vista artistico è quella che si trova in via Adua, datata 1823. In alto campeggia la figura della Madonna. Con un braccio sorregge il Bambino, mentre con l’altra mano sembra quasi premere dal seno il latte, rappresentato da un fascio di luce, e che insolitamente ricade su un gruppo di anime del Purgatorio raffigurate in basso e in mezzo alle fiamme purificatrici. Forse l’immagine si riferisce alla mediazione e interccessione di Maria nell’opera di salvezza. Anche questa sicuramente è di origine cerretese.
Questa edicola a differenza delle altre ha una insolita forma quasi quadrata con il lato superiore ad arco molto schiacciato. Rappresenta la madonna con Bambino ed è dipinta ad affresco. La Madonna tiene in braccio il bambino che gli stringe al petto e con una mano gli accarezza il viso in una espressione di tenera familiarità. Entrambi i personaggi sono aureolati ed incoronati. La corona della Madonna è sorretta da due angeli mentre quella del Figlio è posizionata sul suo capo. le aureole dorate, (l’oro simboleggia il colore del sole), indicano la santità della Madre e del Figlio; il colore azzurro-verde (colore dell’acqua marina, simbolo della fertilità) del manto della Madonna ricorda il valore della sua maternità divina; il colore rosso (simbolo dell’amore) della tunica sotto il manto e della quale una parte copre il bambino, indica il forte amore che unisce la Madre al Figlio; la stella del manto è segno della sua verginità; la tunica color pelle di pecora del bambino ci ricorda che egli è l’Agnello di Dio.
Un’ultima immagine che prenderemo in considerazione è quella che si trova nella frazione di San Mauro. La tecnica usata per questa edicola è quella ad affresco. Essa rappresenta la Madonna del Rosario con i santi Chiara e Caterina, Francesco e Domenico. L’immagine, risalente al XVIII secolo è abbastanza rovinata anche se in un certo senso riparata dalle intemperie da tre tegole romane di più antica provenienza. Quello che maggiormente impreziosisce l’opera è tuttavia la cornice esterna realizzata in pietra grigia. Un arco a tutto sesto sostenuto da gentili e
16
n.5
Maggio 2013
fini capitelli che sembrano richiamare quelli di origine romanica. Questa breve descrizione di alcune delle edicole presenti sul territorio del nostro comune, vuole non solo ricordarci il loro valore artistico, ma anche e soprattutto quello religioso. Appartenenti sicuramente alle arti minori e ad una certa religiosità popolare, esse esprimono al meglio quelli che sono i sentimenti di gratitudine di un popolo che chiede, sicuro di non restare inascoltato, ma anche, e questo forse ciò che andato perduto nella nostra società contemporanea, la capacità di ringraziare per quanto ricevuto.
Semaforo rosso 1. Mancanza associazioni culturali e punti di ritrovo per qualunque età e sesso 2. Strade dissestate 3. Elevato tasso di disoccupazione 4. Pochi servizi alla persona 5. Amministrazione comunale poco efficiente
!
?
Lo stabilimento di laterizi Moccia (a sinistra) per circa quaranta anni è stata la “casa” di molti alvignanesi. Generazioni di cittadini hanno lavorato in questa fabbrica che ha lungamento garantito lavoro alle famiglie del posto fino alla metà degli anni ‘80. Da qualche anno, l’area quasi completamente dismessa, è oggetto di ampie discussioni a causa del pessimo impatto ambientale che genera. In occasione di ogni campagna elettorale per il rinnovo delle locali amministrazioni l’Area Moccia rientra tra i mega progetti che prevedono la bonifica della zona e la realizzazione di..., di...?
Oggi la produzione di mozzarella di bufala rappresenta una delle ricchezze del paese. I produttori locali esportano in tutto il mondo e nelle migliori pizzerie della Campania. Anche il commercio ambulante degli ultimi anni si è reso “famoso” nel resto d’Italia grazie a questo prodotto di “casa nostra”.
Semaforo verde 1. Territorio, clima e ambiente soddisfacenti 2. Strutture pubbliche adeguate (campi sportivi) 3. Genuinità dei prodotti locali 4. Umanità e bontà della popolazione 5. Sicurezza pubblica efficiente
n.7
Luglio 2013
15
storie di piccoli successi
Esperienze all’estero e voglia di tornare. Ecco come gli italiani “locali” si fanno strada nella vita. Claudia Civitillo e Federica Cavicchia, due storie diverse unite dalla bandiera
di MICHELE MENDITTO
E
nergia, curiosità, voglia di conoscere e arricchirsi: Claudia è ritornata da pochi giorni a Piedimonte Matese, e ci parla con entusiasmo della sua esperienza all’estero
che, come capita spesso per un giovane, si è rivelata essere una preziosa occasione per allargare i propri orizzonti sul mondo, ma anche per infoltire il personale bagaglio culturale a contatto con una realtà diversa ma congeniale agli studi seguiti. Claudia è stata la prima di cinque ragazzi a trascorrere tre mesi formativi in Germania, nella cittadina di Seligenstadt Am Main, gemellata con il Comune di Piedimonte. Proprio quest’ultimo aveva in16
ita
orgoglio
n.7
Luglio 2013
detto difatti un bando per permettere ai giovani del territorio di godere degli scambi culturali con gli amici tedeschi, offrendo loro un soggiorno oltre confine che per la città matesina rappresenta una vera novità, e che ancora di più stimola gli studenti a partecipare alla vita della propria comunità in una prospettiva didattica e formativa ma, ovviamente, anche multiculturale. Rapportarsi con una cultura differente, che è quasi sempre un modo alternativo di intendere e vedere la vita, può contribuire a una crescita personale al pari di una ordinaria esperienza di lavoro all’estero, nella misura in cui ci si apre all’altro e si abbraccia un modo nuovo di osservare il mondo, di viverlo, soprattutto nel caso di un gemellaggio dove il confronto e lo scambio sono parole chiave. E di questo è la stessa Claudia a parlarci: «Il dialogo con persone appartenenti a un’altra cultura ti apre la mente, ti permette di pensare in maniera differente, di avere una nuova concezione del mondo, e ti fa poi comprendere meglio il senso e il significato che sono dietro il legame tra la tua città e quella straniera». Laureata in lingue e letteratura straniere, specializzata in germanistica, Claudia ha vissuto a stretto contatto con la comunità di Seligenstadt, piccola cittadina poco distante da Francoforte, raccolta ma popolosa, di cui è diventata una piccola celebrità quale simbolo dell’amicizia con l’Italia, e conquistando tutti col suo carisma e la sua energia. Diverse esperienze – infopoint, agenzie turistiche, incontri con bambini e corsi di italiano – le hanno permesso di ambientarsi e di farsi amare da tutti. «Si è instaurato un rapporto bellissimo con quelle persone – spiega – di cui ricorderò con piacere soprattutto l’umanità che hanno saputo trasmettermi». Lontano dall’Italia, il confronto diventa inevitabile, e così come quando nei sogni riusciamo a vedere noi stessi dall’esterno, ci si volta indietro a guardare il proprio paese sotto un’altra
n
Con la testa nel pallone
no luce. E si individuano difetti prima poco evidenti, minore senso civico e partecipazione alla vita collettiva della comunità, ma nonostante tutto il legame con le radici resta intatto e si rinforza, si trasforma in orgoglio e voglia di tornare. Nel caso di Claudia, in controtendenza rispetto alle frequenti fughe dai piccoli paesi d’origine, diventa desiderio di contribuire al suo sviluppo. «Voglio investire in formazione altri due anni, per poi tornare a Piedimonte e dare un contributo alla mia terra, questo è quello in cui credo». Consapevolezza e determinazione, ma soprattutto imparare a guardare lontano, per riuscire a vedere e a comprendere meglio quello che ci sta più vicino.
Nella foto a sinistra, Claudia Civitillo durante il suo soggiorno a Seligenstadt Am Main. A destra, Federica Cavicchia a Prata Sannita
F
ampista della Nazionale ederica Cavicchia, 14 anni, centroc sorprendente per noi se italiana di Calcio under 17. Nulla di ragazza. La mamma non fosse per le origini della giovane ed è qui che Federica e la sua e il papà sono di Prata Sannita, le vacanze. E’ proprio a Prata che famiglia ritornano ogni estate per ati europei che si sono svolti in la incontriamo al ritorno dai Campion ria per la nazionale italiana e in Bulgaria: torneo che è valsa la vitto a di un gol nella partita contro la cui Federica si è resa protagonist Macedonia. ; piuttosto timida nel raccontare Lei, di poche parole, anzi pochissime carattere: determinazione e forza di sé. Ma non lascia dubbi sul suo ani all’estero, lei con l’Italia nel cuo di volontà ineguagliabili. Figlia di itali a form e sogno prende lentament re cresce fin da piccola, e il suo la, il Kriens, raggiunge Roma (tra l’a quando con la squadro in cui gioc per un allenamento speciale, dove tro il suo idolo è Francesco Totti) selezionare le “migliori” . ci saranno alcuni osservatori per adra si distingue per la netta vitIn quell’occasione la sua intera squ giovanile del grande club italiano. toria contro la squadra maschile ata della Figc e Federica si prepaA distanza di un mese la telefon a Coverciano. ra al ritiro con la Nazionale azzurra Destinazione Bulgaria. Cannavaro, Materassi, Grosso, Inzaghi. I campioni del mondo di qualche anno fa sono in Toscana per il corso che li formerà come arbitri. Quale occasione migliore per Federica di assaporare un pezzo di italianità che ha donato al Paese dei momenti indimenticabili... Ciò che colpisce delniente ingenua, è l’orgoglio la sua esperienza giovane, ma per ancor più indossando la di essere italiana e di sentirsi tale Mameli. Dice di non volemaglia azzurra e cantare l’inno di l’orgoglio dei genitori i quali re il passaporto svizzero. Ora è bianchi, rossi… e verdi e dicono di avere nel sangue globuli loro paese d’origine: non di avvertire forte il legame con il c’è scandalo politico c’è crisi economica che tenga, non nazionale) che faccia o vacillante reputazione (di ordine ngono e di cui vanno negare loro le origini a cui apparte tutta, così com’è e sempre orgogliosi. L’Italia la amano così come la conocome appare in Tv, ma soprattutto ico della famiglia che in scono, fondata sul legame autent nita – dove l’alternativa piccole comunità come Prata San paese è quella di ad avere parenti in ogni angolo del tutti – rappresentano conoscersi più o meno i nomi di o sociale. la spina dorsale dell’intero tessut na di non lasciare A Federica - che da grande sog La ritroveremo il calcio - i nostri migliori auguri. io, e noi la presto sui grandi campi di calc seguiremo.... n.7
Luglio 2013
17
L’autocelebrazione della società alifana attraverso i monumenti funebri nell’età augustea
Allifae e i suoi mausolei di EMILIA PARISI
N
ella città romana di Allifae, tra il I sec. a. C. e il I sec. d. C., le famiglie della classe dirigente municipale fecero costruire degli edifici imponenti, monumenti funebri diversificati e suggestivi dove seppellire i defunti e al contempo celebrare la loro autorevolezza di fronte al popolo. Si trattava di strutture architettoniche a pianta circolare o quadrangolare, munite di alto basamento, decorate con rivestimenti in marmo o calcare e provviste di iscrizioni che facevano cenno ai proprietari. Collocati lungo la strada principale erano i sei mausolei attualmente conosciuti: il mausoleo cosiddetto degli Acilii Glabriones; due mausolei in località Torrione; uno in via Cambisi; un altro in località Madonna delle Grazie; uno in località Ceraso, ricadente nel comune di Raviscanina.
a n t i c o s œ g n o
Il mausoleo degli Acilii Glabriones Struttura cilindrica alta 13 metri, il mausoleo è collocato all’esterno della cinta muraria di Alife, precisamente fuori Porta Napoli. In origine poggiava su un basamento quadrato ed era rivestito di lastre marmoree. La facciata esterna è costituita oggi da un conglomerato di malta e frammenti di pietra (opus caementicium) che un tempo svolgeva la funzione di collante per il paramento esterno; all’interno una cortina di laterizi e una fascia di opus incertum delimitano una cupola a volta semplice. Disposte lungo il perimetro della parete interna erano otto grandi nicchie a volta per la sepoltura che ricevevano la luce attraverso un sistema di feritoie. Diverse le trasformazioni subite nel corso del tempo dall’edificio: in epoca alto-medievale il sepolcro fu trasformato in fortezza extramuranea denominata S. Giovanni con una torre cilindrica più elevata; intorno al 1033 l’edificio fu convertito definitivamente al culto cristiano; alla fine del XIII sec. i Cavalieri Gerosolimitani di Alife aprirono un altro ingresso sul lato ovest sfondando uno degli otto loculi interni e chiudendo l’ingresso più antico sul lato est, oggi contrassegnato da un archetto di laterizi. I mausolei in località Torrione Due le strutture sepolcrali ubicate ad ovest della città lungo l’antica via che congiungeva Allifae con Venafrum: la prima, cosiddetta “Torrione”, risale alla prima età imperiale. Il sepolcro ospitò le spoglie di una celebre matrona alifana, tale Vulparia, come è attestato dalle cronache dell’abbazia di Santa Maria della Ferrara e in un’antica pergamena del 1454. Tra il 1996 e il 1999 furono rivenute una ventina di tombe nell’area circostante il mausoleo. Tale necropoli fu utilizzata dal I sec. a. C. fino ad epoca alto-medievale, quando il sepolcro fu trasformato in edificio cristiano. Intorno al IX-X sec., a causa di disastri atmosferici, la struttura fu abbandonata e utilizzata per nascondere tesori preziosi, come il gruzzolo di monete normanne rinvenute nel terreno alluvionale. Accanto al mausoleo più grande, sempre nella stessa località, è ubicato un altro edificio di proporzioni più modeste, oggi ricoperto da una fitta vegetazione. n.5
Maggio 2013
Il mausoleo in via Cambisi Collocato ad est di Alife, in direzione dell’antica Telesia, anche questo mausoleo risale alla prima età imperiale, come testimoniato dai ruderi che ancora oggi è possibile notare. Purtroppo la struttura, in parte crollata, non versa in buone condizioni Il mausoleo in località Madonna delle Grazie La chiesa della Madonna delle Grazie era in origine un antico mausoleo romano poi trasformato in edificio cristiano. Ubicato a nord-ovest della città di Alife, a circa due chilometri dal centro, si presenta come un edificio a pianta circolare con copertura a volta a cupola nella quale si aprono tre spiracula, a cui era possibile accedere attraversando un corridoio stretto e lungo, voltato a botte. Un catino absidale, arricchito da un affresco sul quale è possibile distinguere alcuni lacerti, fu ricavato nel vano circolare del mausoleo in età medievale. Nel 1938 fu edificata una nuova co-
struzione che, inglobando la precedente struttura, ne ha mascherato l’assetto originario. Il perimetro del mausoleo è oggi visibile grazie a lavori di recupero eseguiti dalla Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta. Il mausoleo in località Ceraso presso Raviscanina Anche questo edificio sepolcrale, ubicato nel comune di Raviscanina, può essere datato tra la fine del I sec. a. C. e gli inizi del I sec. d. C. Si tratta di una struttura con basamento quadrangolare sul quale si erge parte del corpo superiore in opus caementicium munito di una piccola nicchia coperta a volta. La facciata esterna era rivestita in pietra calcarea, come risulta da alcuni blocchi decorati da fregi ritrovati nelle vicinanze dell’edificio. E’ da ricondurre al mausoleo anche un’antica iscrizione, recante il nome del tribunus militum Sontius Cimber, rinvenuta in una masseria abbandonata.
n.5
Maggio 2013
19
D’ESTATE Tempo
Tempo del riposo, tempo di senso di Padre FABRIZIO CRISTARELLA ORESTANO, Priore Monastero di Ruviano
L
a Santa Scrittura ci permette di fare una riflessionr profonda sul tempo del riposo, un tempo non di vuoto, ma si senso. Nessun discorso biblico sul riposo può prescindere dalla concezione che la Scrittura ha del sabato. Questo giorno è dato ad Israele come un giorno santo, cioè “distinto” dagli altri giorni in cui c’è il lavoro. Il verbo ebraico “shabat” non significa tanto “risposare” (Dio il settimo giorno si riposò) ma “arrestarsi”, “astenersi”. Nel giorno settimo “Dio si astenne”, “prese le distanze” dalla creazione lasciandola nella propria dimensione di pienezza (“nel settimo giorno furono portati a compimento il cielo e la terra”) e lasciando l’uomo nella propria libertà; la libertà di accettare o rifiutare il creato e il proprio essere creatura (cfr E. Bianchi Giorno del Signore, giorno dell’uomo Ed Piemme). Il Dio della Bibbia non è un Dio invadente, è il Dio libero e amante che pone le sue creature in questa stessa logica di libertà e di amore. Il sabato allora diventa, possiamo dire, “sacramento”, segno di questa libertà! L’uomo riposando, astenendosi proclama la sua libertà. Libertà rispetto al lavoro, pure necessario e benedetto da Dio, ma che non può e non deve essere un mostro che tutto divora. Il lavoro senza riposo , in primo luogo, divora l’uomo in quanto gli instilla nel cuore l’idea tremenda di essere “necessario”, il riposo sabatico è invece per Israele, la “prova” settimanale della contingenza dell’uomo; infatti, l’uomo si astiene ma tutto continua a persistere nel suo essere ... solo Dio
20
n.7
Luglio 2013
Letino
Lago Matese
961 m s.l.m.
Sa
Castell
Grotte del Cavuto Nei pressi di Letino è possibile visitare l’inghiottitoio carsico scavato dalle acque del fiume Lete e numerosi altri corsi d’acqua. Predisposta l’apertura straordinaria del sito per i giorni: 28 luglio 10 e 11 agosto 17 e 18 agosto. Per informazioni su orari e possibilità di praticare escursioni contattare il Comune di Letino al numero 0823 945004 o consultare il sito www.letino.gov.it
Fate Festival Si tiene a San Potito Sannitico da diversi anni: una “raccolta” di eventi musicali e artistici di ampio respiro che per diversi giorni coivolge il piccolo comune. Qui, ospitalità e gusto sono di casa. Nella suggestiva cornice di Palazzo Pietrosimone gli eventi in programma dal 29 agosto al 1 settembre Giovedì 29 Agosto_Rei Momo in Demoni Tour. Venerdì 30 Agosto_Spettacolo teatrale. Sabato 31 Agosto_La notte delle Fate: fumetti, artisti di strada e magia. Domenica 1 Settembre_Banda Nato in concerto. Ingresso gratuito
il divertimento la natura la cultura le proposte nel tempo del riposo
an Gregorio 765 m s.l.m.
i dei Briganti t t o N e L M. 8 luglio 26-2
ievale
iosatgraostMoed G e es at M el d lo 2-4 476 m s.l.m.
San Potito 230 m s.l.m.
Piedimonte M. 170 m s.l.m.
ticini s o r r a li g e S2a7g-r2a 8dluglio
i r e b i L o ll e n g a ’ ll e S1a0g-r1a1dagosto gosto a di fine a G4rig-2lia5t agosto 2
470 m s.l.m.
è necessario, Lui tutto sostiene. Il riposo settimanale fu grande intuizione di altissima civiltà da parte di Israele; un’intuizione ed una concezione altamente umanizzanti. Nel Libro dell’Esodo (23,12) è scritto: “Sei giorni farai i tuoi lavori ma il settimo giorno riposerai, affinchè godano quiete il tuo bue e il tuo asino e riprendano fiato il figlio della tua schiava e lo straniero”! Straordinario! Il sabato umanizza l’uomo perchè gli proclama “chi è” per davvero: non è il despota del creato, degli animali, degli uomini, è creatura insieme ad altre creature! E’ co-creatura! Se il riposo del sabato è, per Isrele, luogo di umanizzazione e di rispetto del creato, il Cristianesimo, nato dalla Santa Radice di Israele, portò questa “conquista” del Popolo di Dio in tutto il mondo che raggiunse con l’Evangelo; il giorno di riposo fu posto dalla Chiesa al “giorno dopo il sabato” perchè in quel giorno il Signore è risorto! Così, a tutti i grandi motivi che animano il senso del sabato ebraico, la Chiesa aggiunse il grande motivo della gioia della più impensabile e incredibile libertà, quella dalla morte che la Risurrezione di Cristo ha posto nella storia! Così il “dies dominica” (= “giorno del Signore”) divenne per la Chiesa giorno di riposo, di lode, di libertà, di gioia, di comunione, di unità. Credo che oggi vada custodito con fermezza il giorno domenicale perchè siamo in un tempo in cui c’è l’inganno dell’ “efficienza” e dell’ “aperto di domenica”! Una prassi questa che noi credenti dobbiamo proclamare mortifera per l’uomo, una prassi disumanizzante, una prassi che tende a cancellare quella grande conquista di civiltà che Israele consegnò al mondo occidentale con il riposo settimanale (in un giorno comune! Non basta un qualsiasi giorno di riposo settimanale, deve essere lo stesso per tutti in quanto quello è giorno di comunione e di unità!). Il giorno del Signore è giorno di riposo, di bellezza, di gioia, di presa di distanza da ciò che si fa per esserne liberi e per tornarci con cuore rinnovato. La riflessione sul riposo settimanale è necessaria per comprendere il senso cristiano di ogni riposo, anche del tempo di vacanza. Un tempo fecondo perchè proclama il primato dell’uomo sull’opera stessa delle sue mani. n.7
Luglio 2013
21
o n o v i r c s i c I lettori info@redazioneclarus.it
Tornare a sognare come da bambini. Perchè no... L’altra sera ho attraversato con mio padre quelle strade che hanno segnato la sua vita e la mia infanzia. Quel portone e quella ringhiera del balcone della casa in cui è vissuto, che lui stesso ha pitturato e che ancora oggi hanno quel verde segnato dal tempo. Ho percorso poi una stradina che mi ha portato magicamente a quando ero bambino. Quel noto Vico Stretto, il cui nome così buffo mi ricordava più il gioco del Monopoli che Piedimonte
adulti il cui ruolo era sinonimo di verità tramandata, dai genitori ai catechisti, dal parroco e a tutti quei laici che giravano attorno al mondo della chiesa. Quelli erano però anche i tempi in cui eravamo immensamente felici con poco. Della domenica di festa senza scuola. Delle bustine di calciatori che avremmo acquistato. Dei giochi a cui
stessa. Come un flash cinematografico, ho riconosciuto uno per uno quegli scalini. Per noi bambini era una scorciatoia. O almeno pensavamo che lo fosse. Per evitare l’incubo di quelle tortuose curve in salita che portavano alla chiesa di San Marcellino. Era un modo per noi di arrivarci in discesa, perché quel vico portava ad un punto più alto, ma almeno ti godevi quei pochi ma intensi secondi di
avremmo giocato. Dei calci al pallone che avremmo tirato. Quelli erano i tempi in cui eravamo bambini. E i nostri sogni erano da bambini. Erano belli i nostri sogni perché non volavamo alto e sapevamo che presto e facilmente li avremmo realizzati. Poi deve essere cambiato qualcosa. Abbiamo alzato il tiro, le nostre ambizioni sono diventate troppo più grandi di noi. E i nostri sogni sono diventati ossessioni. La nostra vita si è rivelata una continua e stressante rincorsa alla ricerca di grandi soddisfazioni, salvo poi rendersi conto di quanto sia frustrante un’esistenza alla ricerca di chimere irraggiungibili. Forse dovremmo tornare a sognare da bambini. Forse dovrei tornare più spesso a sognare quei gradini.
ripresa del fiato dopo lo sforzo. Ho riconosciuto uno per uno quei gradini. Ho ricordato le nostre scorribande. Quando correvamo per la gioia della messa finita e finalmente iniziava la domenica che più ci piaceva. Quando correvamo per aver fatto degli scherzi alle persone che vi abitavano. Per aver suonato i campanelli o aver urlato con lo scopo di fare casino. Quelli erano i tempi in cui credevo ancora in Dio. Andavo in chiesa a seguire quei precetti che ora non accetto. A cantare candidamente per dare voce melodica alle preghiere, quelle parole che oggi, così ripetute, mi sembra abbiano perso di senso per tutti. Era il periodo in cui Dio era reale, perché te ne parlavano quegli
Alvignano (CE) · Piazza Mercato, 1 · Tel. 0823-865620 Caiazzo (CE) · Via Cattabeni, 26 · Tel. 0823-868907 Alife (CE) · Via Roma, 86 · Tel. 0823-783394 22
n.7
Luglio 2013
Luca Mattei
B VI U SI O N NI E
A c u ra
di Emi
el i e Mi c h s i r a P a li
e Me n d
i tt o
Una vita tranquilla
Atmosfere noir e ritmo serrato nel film di Cupellini sul passato che ritorna Titolo originale Una vita tranquilla Genere Drammatico Nazione Italia Anno 2010 Durata 105 min. Regia Claudio Cupellini Nel cuore della Germania l’immigrato napoletano Rosario Russo (Toni Servillo) conduce una “vita tranquilla”: ha una bella moglie, Renate (Juliane Kohler) e un figlioletto in gamba, Mathias (Leonardo Sprengler), gestisce un albergo con annesso ristorante dove prepara agli avventori deliziosi manicaretti, progetta di allargare l’hotel estirpando gli alberi dal campo vicino. C’è, però, un’ombra nel passato di Rosario che gli impedisce di vivere a pieno la sua vita e che lui vorrebbe tanto estirpare come gli alberi, se solo potesse. Ex camorrista pentito, quindici anni prima si è rifugiato in Germania sotto falso nome col proposito di costruirsi una nuova esistenza e di buttarsi alle spalle la parentesi malavitosa. A riportare a galla quel passato non troppo sepolto è l’irruzione in albergo di due giovani, Diego (Marco D’Amore), figlio di primo letto di Rosario, ed Edoardo (Francesco Di Leva). Da Napoli sono giunti in Germania con un incarico da portare a termine: assassinare per conto della camorra un imprenditore tedesco coinvolto nello smaltimento dei rifiuti provenienti dalla Campania. Rosario cercherà in tutti i modi di proteggere il figlio, impedendogli di commettere un errore fatale, ma verrà smascherato da Edoardo mettendo a repentaglio, forse per sempre, quella vita tranquilla che si è costruito con tenacia.
N
onostante i riferimenti cinematografici ben chiari (atmosfere da “Gomorra” e “Le conseguenze dell’amore”, non a caso con lo stesso attore protagonista), Una vita tranquilla è un film dotato di una dimensione propria meritevole di visione e apprezzamento nel suo ricostruire l’affresco di una realtà tutta italiana che solo negli ultimi anni ha cominciato a trovare spazio sugli schermi nostrani, sotto un profilo obiettivo e critico, un po’ come ha cercato di fare “Benvenuti al Sud” in un tono da commedia per delineare ironicamente il paradigma moderno del rapporto tra Meridione e Settentrione. Claudio Cupellini, regista padovano qui al suo secondo lungometraggio, realizza invece un vero e proprio noir declinato secondo il tema classico del passato tormentoso e minaccioso, in uno scenario d’oltralpe (Germania) che marca il contrasto con un Sud lontano, ricordo di una vita precedente e mai del tutto assopita. L’interpretazione di Toni Servillo, attore capace di performance sempre fuori dal comune, riesce a far risaltare attraverso il personaggio di Rosario Russo vizi e pregi di un’italianità che nell’immaginario collettivo cinematografico non ha avuto più un volto per lungo tempo, alternando un’allegria bonaria a rovesci malinconici e violenti. Da notare, ad esempio, la sua incapacità di comprendere le regole della società tedesca, che impedisce di tagliare un albero se sano, mentre Rosario decide di piantare chiodi nella corteccia per farlo morire e toglierlo dal giardino; oppure il rimpiazzo delle proprie mancanze con quella ‘simpatia’ tipicamente italiana. Anche se parte della critica ha rimproverato al film un eccesso di convenzionalità, Una vita tranquilla si ricorda per l’atmosfera che riesce a creare e per la forza di una vicenda che riesce a distinguersi nel panorama cinematografico nel nostro Paese.
n.7
Luglio 2013
23
L’azzurro della natura (Monti del Matese) Foto Nicoletta De Lellis
Incudine. Foto Alfonso De Lellis
Vecchi sentieri (San Gregorio Matese) Foto Salvatore Fragola
Biondo grano (San potito Sannitico) Foto Salvatore Fragola