Clarus dicembre 11 2013

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EDITORIALE

Dove ci conduce la famiglia di Nazaret? di VALENTINO DI CERBO, vescovo

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l Natale è la festa della famiglia». “E’ bello quando la famiglia è unita”. “Natale con i tuoi e Pasqua dove vuoi”. Sono tutte espressioni che attestano il forte legame tra la festa cristiana più sentita dell’anno e l’istituzione familiare, che il Natale fa riscoprire nei suoi aspetti positivi, anche se talora in maniera un po’ superficiale ed oleografica. Pertanto, in questa occasione sarebbe bello tener presente anche i problemi delle famiglie di oggi, e non ridursi a gesti buonistici, che durano un giorno o al più una settimana. La Chiesa, durante il periodo natalizio, ci propone la memoria della Santa Famiglia di Maria, Gesù e Giuseppe, per proiettare la luce del Natale sulla più antica e fondamentale istituzione umana. Pertanto, questa festa, secondo la comune vulgata, viene a riproporre la validità del modello familiare cristiano, composto da un uomo, una donna e uno o più figli, anche se a molti sacerdoti (purtroppo!) offre il destro per sfoderare un armamentario di anatemi e di visioni pessimistiche sulle famiglie di oggi, e parlare di “sfascio delle famiglie”

e così via. Ma qual è l’atteggiamento dell’uomo di fede verso il mistero e il dono della famiglia? Dobbiamo partire dal fatto che in questo tempo liturgico (e non solo), la Chiesa ci presenta una famiglia unica e atipica, in cui la madre è Vergine, il padre è putativo e il figlio non nasce dall’amore di questa coppia, ma per “opera” dello Spirito Santo, pur avendo la possibilità di scegliere una famiglia santa normale, tra le infinite coppie di santi coniugi. Non lo ha fatto. Continua a proporci invece un modello alto, ma irraggiungibile. Mi sono spesso domandato perché. Certo, come cristiani crediamo che il modello di famiglia formato da maschio, femmina e figlio/i, è quello in cui si realizza in pienezza la vocazione dell’uomo e della donna e costituisce, quando è pienamente scelto, compreso e vissuto nella fedeltà e nella indissolubilità, la più alta realizzazione dell’uomo e della donna e la condizione ideale per la nascita e l’educazione di altre persone umane.

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Tuttavia, occorre evitare l’errore di idealizzare la condizione delle famiglie di epoche passate, quando questo modello formalmente si realizzava, ma sovente a spese della dignità della donna e in un clima di maschilismo e di violenza tra le mura domestiche, occultato da forme di pudore e di perbenismo.

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e provocatori scenari, Di fronte a tali nuovi ità cristiana? cosa deve fare la Comun a proporre con nu­ E’ chiamata certamente e il modello di fami­ ova forza e convinzion to del matrimonio. glia nata dal sacramen

Oggi le condizioni economiche, sociali e culturali, giuridiche hanno fatto maturare un nuovo senso di libertà ed hanno dato nuova dignità e possibilità agli uomini e alle donne. Tuttavia, tale contesto facendo venire alla luce contraddizioni e ferite, che pure non erano assenti in famiglie di altre epoche, ha di fatto creato nuove forme di convivenza familiare, come famiglie monoparentali, o ricomposte dopo separazioni e divorzi, famiglie dove i figli sono affidati a nonni e altri parenti, coppie di fatto, talora dello stesso sesso… Di fronte a tali nuovi e provocatori scenari, cosa deve fare la Comunità cristiana? E’ chiamata certamente a proporre con nuova forza e convinzione il modello di famiglia nata dal sacramento del matrimonio, aiutando e motivando i giovani a sceglierlo, ma l’atipicità del modello della Santa Famiglia, la spinge, altresì, a farsi carico anche di ogni modello di “famiglia” presente nello scenario attuale, senza avere la sola preoccupazione di condannare, quando si discosta dal modello cristiano, ma accompagnando i loro componenti a ritrovare e a vivere quei valori che il Vangelo propone alla comunione familiare, perché ogni situazione possa esprimerli al massimo, realizzando le migliori condizioni umane e spirituali possibili per i loro componenti. Ecco la nuova sfida che si presenta alla Comunità cristiana: cogliere il tempo presente non con la rassegnazione di chi non sa leggere i segni dei tempi, ma con la fiducia che il Signore cammina anche nella nostra storia, che la salvezza è un dono per tutti e che, nonostante tutto, questo momento presenta condizioni molto più favorevoli perché l’uomo e la donna possano realizzare il modello di Famiglia proposto dal Vangelo.

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primopiano

Dio visita

di EMILIO SALVATORE

il suo L popolo ‹Benedetto il Signore, il Dio di Israele, che ha visitato e redento il suo popolo e ha suscitato per noi

una salvezza potente

nella casa di Davide suo servo› Lc 1,68-69

e parole del Cantico di Zaccaria ci ricordano il senso di ogni intervento di Dio nella storia degli uomini: esso è sempre una iniziativa di salvezza, un cambiamento di sorte, un nuovo inizio. Così il nostro Vescovo in “Ecco,io sto alla porta e busso” (Ap 3,20). Riflessioni Sulla visita pastorale (Piedimonte Matese 2013, pag. 3). Per spiegare il senso della visita pastorale cita esplicitamente il Benedictus, il secondo dei quattro inni lucani che puntellano il racconto dell’infanzia di Luca. Quale modo migliore per vivere il Natale 2013 che meditare insieme questo canto della salvezza, mirabile sintesi di tutto il progetto salvifico di Dio. Come già faceva notare il P. Vanhoye il testo ha una struttura chiasmatica. Si Loda Dio… che ha visitato e redento il suo popolo (v. 68); salvezza dai nostri nemici (v. 71); santa alleanza (vv. 72b); giuramento fatto ad Abramo (vv. 73); liberati dalle mani dei nemici (v. 74) (che)…verrà a visitarci (v. 78). La cornice che inquadra tutto il cantico è dunque la visita. Zaccaria, che canta, il sacerdote che ha ritrovato la voce dopo il mutismo impostogli da Dio per la sua poca fede, rivolge la sua lode a Dio, Dio che ha visitato e visiterà il suo popolo. «Benedetto il Signore Dio d’Israele, perché ha visitato e redento il suo popolo, e ha suscitato per noi una salvezza potente nella casa di Davide, suo servo». Il motivo per cui egli benedice il Signore, è perché Egli ha visitato. E’ una visita operosa, efficace: è la redenzione dell’esodo, è la salvezza (vv. 71 e v. 77). Tutto ciò è compimento delle promesse, che però non solo Israele, ma anche noi

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Ad Ain Karem, il Santuario della Visitazione, luogo in cui secondo la tradizione avvenne l’incontro tra Maria e la cugina Elisabetta.

Ein Kerem è un quartiere di Gerusalemme a circa a 8 km dalla città vecchia. Secondo la tradizione è il luogo dove vivevano Elisabetta e suo marito Zaccaria, dove Elisabetta incontrò Maria sua parente e in cui nacque Giovanni Battista. Oggi, sul luogo della nascita di Giovanni sorge un convento francescano.

(Lc 1,39-45)

Una scultura in bronzo raffigura l’incontro tra la Vergine ed Elisabetta. Sulle pareti le formelle con il canto del Magnificat in diverse lingue. (Lc 1,46-55)

Terra Santa, Foto Internet. In copertina foto Michele Menditto

Zaccaria dopo la nascita del figlio, Giovanni, loda Dio con la preghiera del Benedictus. Nella foto la versione in lingua italiana collocata alla parete della casa natale del Battista (Lc 1,68-79)

tendiamo a dimenticare, ecco allora Zaccaria che come dice la radice ebraica del suo nome (zkr) fa memoria: «Come aveva promesso per bocca dei suoi santi profeti d’un tempo: salvezza dai nostri nemici, e dalle mani di quanti ci odiano». Egli ringrazia Dio della vittoria contro i nemici che più volte ritornano nell’inno: sono gli avversari della elezione, sono le difficoltà, le prove di Israele, probabilmente anche quelle realtà di oppressione sperimentate nel tempo dell’esilio a Babilonia, nella persecuzione ellenistica e nella oppressione anche romana. 4

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Dio è dunque benedetto per la sua fedeltà alle promesse, che soprattutto sono liberazione dall’oppressione ed anche possibilità di un servizio “senza paura (aphobos), in santità e giustizia al suo cospetto, per tutti i nostri giorni”. La risposta al Dio che visita e libera è, infatti, una risposta da parte del popolo di amore a Lui e ai fratelli, nel servizio liturgico e nella santità della vita. La visita che libera apre una stagione di risposta nella vita a tale mistero di grazia, sia nell’esodo, sia dopo la venuta del Messia. Questa nostra esistenza umana, limitatissima con tutte le contraddizioni che porta in se stessa, con tutti i compromessi da cui non veniamo mai fuori interamente, questa nostra esistenza umana è liberata dalle continue visite del Signore e noi ne possiamo fare un’offerta gradita al vivente, al Santo, per servirlo senza più paura, in santità e giustizia, al suo cospetto per tutti i nostri giorni. La seconda parte del cantico è una profezia rivolta a Giovanni Battista (vv.76-77): «E tu, bambino, sarai chiamato profeta dell’Altissimo perché andrai innanzi al Signore a preparargli le strade,


Storie che sorprendono per dare al suo popolo la conoscenza della salvezza nella remissione dei suoi peccati». Il compito di Giovanni è profetico ossia dare al suo popolo la conoscenza della salvezza nella remissione dei suoi peccati. Il profeta è nel popolo per testimoniare che la strada è aperta in vista di quell’incontro che realizza la remissione dei peccati. La bontà misericordiosa di Dio, ha predisposto la azione di Lui e quella del Messia «per cui verrà a visitarci dall’alto un sole che sorge per rischiarare quelli che stanno nelle tenebre e nell’ombra della morte e dirigere i nostri passi sulla via della pace». Il Messia è proprio Colui che viene a visitare il suo popolo dall’alto come un sole che sorge. La visita del Messia compirà in modo definitivo l’opera della salvezza, come ben attestano altri testi di Luca. Il verbo “visitare” (in greco episkeptomai) ritorna molte volte anche nel resto del vangelo per indicare l’azione di Gesù, risanare, guarire, salvare. E’ il caso di Lc 7,16: «Tutti furono presi da timore e glorificavano Dio, dicendo: “Un grande profeta è sorto tra noi”, e: “Dio ha visitato il suo popolo”». Anche con tono rammaricato da parte di Gesù «…distruggeranno te e i tuoi figli dentro di te e non lasceranno in te pietra su pietra, perché non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata» (Lc 19,44). Facciamo nostra in questo Natale 2013, segnato dalla visita pastorale, la memoria viva di Zaccaria che ci riconduce a Dio, visitatore nostro (episkopos), a Gesù, pastore e vescovo delle nostre anime (cf 1 Pt 2, 25, come le folle che assistevano ai suoi miracoli, e ci apre alla novità delle continue visite di Dio che nel segno sacramentale della persona del nostro Vescovo, immagine del Padre, si rinnova in mezzo a noi. Così sarà doppiamente, ancora Natale, perché un sole che sorge illuminerà le nostre tenebre e rischiarerà i nostri passi, così che camminiamo sicuri su sentieri di pace.

Dio visita il suo popolo, e ogni volta non smette di sorprendere noi, sempre in corsa, alle prese con gli eventi del momento, i “non va”, i “potrebbe andare meglio”... Bussa discretamente alla porta di ciascuno, così come ha ricordato il Vescovo, Mons. Valentino Di Cerbo, nel Documento sulla visita pastorale, richiamando il versetto dell’Apocalisse “Ecco, io sto alla porta e busso” e attende, con pazienza e rispetto, la risposta di ciascuno, la disponibilità ad accoglierlo e a mettersi in ascolto. Visite che sorprendono tanto quanto ci lasciamo coinvolgere, con sensibilità d’animo, nel gioco straordinario della vita che attraverso episodi, racconti, esperienze, incontri, dimostra di continuo che Dio passa, si fa presente, ci afferra mentre e insieme si “lascia afferrare”. Il Natale è solo una delle occasioni per fare memoria, riappropriarci con più forza di questa verità. Le storie che seguono, sono alcune di queste esperienze di bontà, di amore, di fiducia nel futuro che leggiamo con gli occhi del cuore, che ci ridonano speranza, e ci ricordano che Dio passa, inaspettatamente e silenziosamente, tra le strade delle nostre città, delle parrocchie o dei paesi più piccoli e (apparentemente) dimenticati. E tutto quanto di buono può accadere, non è un’esperienza che ritorna solo a Natale: la certezza che “Dio visita il suo popolo”, ci accompagni sempre. Le esperienze che raccontiamo ai nostri lettori su questo numero “natalizio” sono il dono di serenità e positività che vogliamo condividere. Un oratorio, un giovane imprenditore agricolo, una famiglia che ha ritrovato la serenità: “Nulla è impossibile a Dio”.

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Una casa per tutti. Ad ogni ora

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na piccola Betlemme. Può sembrare eccessivo, ma per i tanti ragazzi che passano di qui, questa è la casa del pane, il luogo in cui si sperimenta l’amore, la vicinanza, la prossimità di un adulto capace di ascolto, ed anche il luogo in cui pranzare, (a volte dormire) in serenità: appartato, lontano dagli occhi indiscreti di molti, dalla strada del paesino dove “tutti sanno…” o dalle violenze di una famiglia che “inciampa”. Per altri ancora, questo è lo spazio in cui la carità corrisponde al tempo dedicato ai più piccoli, alla loro formazione e crescita. Siamo a Caiazzo, presso il Centro Madre Claudia, dove da anni Suor Nunzia Verdino (Ordine religiose Povere Figlie della Visitazione), apre le porte di questa casa, a tutte le ore del giorno, senza dire mai “no”: sono bambini, ragazzi, qualche adulto, presi per mano, voluti bene. Per chi vi entra, l’impressione è da subito quella di trovarsi in una casa abitata e vissuta da più persone, dove lo spazio è condiviso, e allo stesso tempo, esclusivo di chiunque vi acceda. Il vociare è intenso, come intensa è la familiarità che si respira. Due sale per giocare, guardare la tv, dedicarsi a qualche lavoro artigianale; poi un piccolo campo da gioco “recuperato” nell’unico spazio a disposizione della struttura. Fatte salve le proporzioni di questo campo multifunzione, il resto è perfetto per le esigenze dei ragazzi, quelle cioè di condividere il tempo del gioco con amici, a volte conosciuti solo qualche ora prima. Altri spazi a Caiazzo non ve ne sono, e chi sceglie (ancora) di “andare dalle suore” sa bene cosa troverà; questa non è una moderna alternativa o un ripiego alla routine, ma una scelta precisa di chi citofona al cancello, ancor di più sapendo che in queste sale non vi troverà playstation di ultima generazione o postazioni internet. Tuttavia non mancano le preoccupazioni di chi gestisce, a volte con fatica, questa che ormai è la casa di tutti: «Le attività oratoriali necessitano di programmazioni, di animatori, educatori, adulti non solo disponibili ma anche formati ad affrontare le esigenze e i disagi degli adolescenti che qui si rifugiano». Suor Nunzia è una riserva di energia, eppure, in serata, quando il numero dei ragazzi nei saloni diminuisce e le voci sono più pacate, alla sua porta bussa delicatamente anche la stanchezza e talvolta la preoccupazione per il gran lavoro del giorno dopo. Ed ogni mattina tutto si rimette in moto: chi occasionalmente non si reca a scuola, o per scelta ha deciso di non frequentare più, trascorre presso il Centro diverse ore del giorno, in compagnia o da solo, lanciando e rilanciando verso il canestro un pallone, non sempre gonfio. La severità di Suor Nunzia – utile a “tirare avanti” perché tutto quadri, si accompagna ad altrettanta disponibilità all’ascolto, al dialogo, a mettersi in auto ogni volta che uno di essi, o un loro genitore ha bisogno. E via, in giro, senza sosta, per le necessità di chiunque bussa a questa porta.

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Angelo Mastroianni

Storia di un pastore, di api e di miele a Villa Santa Croce

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ngelo da ragazzino portava le pecore al pascolo. Il loro gregge a Villa Santa Croce era detto “A morra e cient e pass”, era infatti il più numeroso della piccola frazione del comune di Piana di Monte Verna. I suoi pomeriggi, al ritorno da scuola, o i fine settimana erano dedicati alla cura degli animali allevati dai genitori Domenico e Anna. Un ragazzino che vive di sogni, non si accontenta di trascorrere in solitudine il suo tempo libero, eppure Angelo in quei momenti apprezza il dono del silenzio ed esercita la virtù dell’attesa. «Stare all’aria aperta, al cospetto della natura, mi ha educato all’ascolto, ad osservare il mondo ogni giorno con occhi diversi, ma soprattutto ad avere premura e rispetto per il paesaggio». Oggi guarda con più serenità a quegli anni, soddisfatto per i risultati raggiunti e per la strada percorsa, arricchita dal dono di una moglie, Giovanna, che ora lo affianca nelle attività agricole, e del loro figlio, Matteo, di soli due anni. «Ero il pastore delle pecore, ma il pastore della mia vita era mio padre: da lui ho imparato molto e a lui devo i risultati raggiunti». Angelo dopo la scuola superiore si iscrive alla facoltà di Scienze geologiche (si laurea con il massimo dei voti discutendo una tesi sui pollini fossili) ma nei week end torna a casa e puntuale si rimbocca le maniche per aiutare i genitori. Dopo la laurea la decisione di non abbandonare quel mondo, ma afferrarlo per le mani e “tirarlo su”: «La campagna è il nostro futuro, è la risposta al momento di crisi che sembra ci stia vincendo; e ancor di più deve esserlo se vogliamo dimostrare a tutti la vera bon-


Carità che educa

Q tà e la qualità delle nostre terre». Angelo è un giovane imprenditore agricolo seppur lui ama definirsi - alla vecchia maniera - “agricoltore e allevatore di api”; la sua famiglia non ha più il gregge di una volta; lui intanto ha dato un nome alla sua azienda, Il Giardino segreto in cui produce miele, ortaggi e conserve che vende direttamente presso la sua azienda a Villa Santa Croce o in occasione di mercatini allestiti sul territorio. Con i suoi prodotti è entrato a far parte di un Gas (gruppo di acquisto solidale) di Caserta dove settimanalmente si reca per consegnare la merce ordinata: «Per raccontare la qualità dei nostri ortaggi e della frutta, tempo fa abbiamo messo a disposizione di un gruppo di clienti del capoluogo di provincia una pullman che li ha condotti fino alla nostra azienda: sul posto hanno potuto constatare il criterio di coltivazione, assolutamente naturale, dei nostri prodotti». Il successo di Angelo sta soprattutto nell’entusiasmo e nelle motivazioni che ogni giorno lo spingono ad dare “il di più” alla sua azienda perché essa, come altre del posto, diventi un presentabile biglietto da visita per quanti accedono al territorio alto casertano. Il Giardino segreto oggi è un valido riferimento anche per alcuni ristoranti locali interessati all’utilizzo di prodotti a “chilometro zero” per garantire ai clienti qualità e sicurezza degli alimenti. Angelo crede fortemente nelle potenzialità del suo mestiere e nelle prospettive che esso potrebbe garantire: oggi vive a Nola, ma quotidianamente raggiunge Villa Santa Croce dove spera di trasferirsi preso con la moglie e il figlio; nel frattempo le sue giornate si arricchiscono di idee e di “possibilità”. La vita in campagna rende sereni ed apre alle necessità di chi condivide, nella terra confinante, le attese e la fatica del raccolto: «Su a Villa, siamo in tre che come giovani imprenditori abbiamo rilanciato ciascuno la propria azienda di famiglia; tra di noi è forte il senso di solidarietà e la sensibilità verso i bisogni gli uni degli altri – racconta Angelo. In più stiamo guidando e sostenendo altri ragazzi del posto a “riprendere” in mano il lavoro dei campi. Per chi come noi ha già fatto i conti con le difficoltà burocratiche e legali di una moderna azienda, sarà facile mostrare ai più giovani la strada». Lui è uno di quelli che da alcuni mesi tiene alta la guardia: la diffidenza che si è generata intorno alla qualità dei prodotti campani, da quando l’emergenza “terra dei fuochi” si è ulteriormente acuita rischia di danneggiare anche l’immagine dei produttori matesini e altocasertani: «No… non è così. (Angelo appare determinato e sereno mentre parla). Il territorio casertano conosce fin troppo bene la strada che conduce verso le nostre aziende e i clienti riconoscono la qualità di ciò che offriamo loro. In più si fidano. Sta a noi allevatori o agricoltori, presentare bene il nostro prodotto, uscire dalle aziende e presentarci sul mercato, affidarsi a dei buoni canali comunicativi (il passaparola tra i clienti è importante!) e non temere il confronto o lo scambio con altri produttori».

uello che in poche righe vi raccontiamo è la storia di una famiglia seguita per circa tre anni dalla Caritas diocesana, con l’unico interesse se non quello di valorizzare la dignità di ciascuno dei suoi membri. Si tratta di cinque persone, genitori e tre bambini; la mamma con gravi problemi psichici e fisici, il papà senza lavoro, una casa in affitto con sfratto pendente e con il rischio di veder portati via i propri di figli di cui uno piccolissimo. Mentre le famiglie d’origine di entrambi i coniugi s sono rivelate completamente assenti. La signora presa dalla sfiducia dei continui “no” da parte di tutti, decise di rivolgersi alla Caritas. Seguita sotto il profilo medico è riuscita lentamente a liberarsi dal mostro della depressione che la portava al deperimento; è stata aiutata a trovare una casa confortevole con un fitto minore per togliersi da dosso il fardello dello sfratto assicurando un tetto fisso ai suoi bambini; il marito, precario, è stato seguito in occasione di diversi colloqui di lavoro: grande la sua soddisfazione dopo l’assunzione in fabbrica. Tutt’oggi con questa famiglia manteniamo vivi i contatti tenendoci continuamente informati sulla loro situazione che grazie alla forza d’animo, alla fiducia in se stessi e nel Signore è totalmente cambiata. Per noi si tratta di un seme gettato ceh ha dato buoni frutti, per loro della riappropriazione della propria vita umile ed onesta, potendo vivere la quotidianità senza avere più la paura di perdere il loro bene più prezioso: i figli. Questa storia di riscatto così forte, possa essere d’esempio per tanti che leggono e si ritrovano in queste condizioni: vincere la povertà è prima di tutto superare la paura di soccombere e recuperare dignità. Questo il nostro impegno fondamentale: dare valore agli uomini, creature meravigliose fonti d’immenso valore. Équipe Caritas Alife-Caiazzo n.11

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VISITA PASTORALE Speciale

Verso il bene comune Chiesa e territorio si confrontano

di MICHELE MENDITTO

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omento di confronto e di ascolto, l’avvio di un cammino condiviso lungo un percorso di crescita in direzione del bene comune. La forania di Caiazzo, che comprende i centri di Alvignano, Caiazzo, Ruviano e Castel Campagnano, ha inaugurato il primo dei convegni previsti per la Visita Pastorale, ripresa nell’ottobre di quest’anno da S.E. Mons. Valentino Di Cerbo. Il primo dicembre il centro L’Oasi ha ospitato più di centocinquanta persone, tra operatori pastorali, laici impegnati, associazioni del territorio, sacerdoti e amministratori locali, che accogliendo l’invito del Vescovo hanno partecipato all’incontro teso a tracciare un’immagine della realtà ecclesiale e sociale della forania, una fotografia aggiornata ai dati più recenti grazie ai risultati emersi dal lavoro di assemblee parrocchiali e dalle attività di ricerca messe in campo dall’Ufficio diocesano per i problemi sociali e il lavoro. Dati – non soltanto quantitativi ma soprattutto qua-

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litativi – su cui si è imperniata la duplice lettura dei relatori chiamati a svolgere il compito di disegnare il profilo di una realtà diocesana che per la prima volta si è ritrovata a vivere un momento di interazione costruttiva nel suo circoscritto comprensorio, di cui un primo passo era già stato compiuto con il Convegno dello scorso anno in occasione del Giubileo diocesano. Un’esperienza nuova nel rapporto tra Chiesa e Istituzioni locali, centrata sul dialogo e sul reciproco sostegno nell’ottica di una comune collaborazione che serva a gestire e, laddove possibile, risolvere le problematiche e ridurre i punti deboli di un tessuto sociale su cui oggi, più di ieri, gravano problemi e difficoltà. «Siamo venuti qui per cercare il meglio di queste comunità, perché la chiesa non vive per sé ma è al servizio dell’uomo». Ha dato avvio al Convegno con queste parole il Vescovo Di Cerbo, introducendo i temi cardine delle relazioni redatte da don Cesare


1 dicembre 2013. Alcuni momenti del Convegno della Forania di Caiazzo presso il centro L’Oasi di Castel Campagnano.

Tescione, parroco di Santa Maria Maggiore a Piedimonte Matese, e dall’avvocato Antonio Santillo. Due prospettive, diverse e complementari, nel lavoro di lettura del territorio. “Come la Chiesa vede il territorio” è stato il filo conduttore del lavoro di don Cesare, che richiamando le novità introdotte dal Concilio Vaticano II, ha evidenziato come queste vennero recepite con fatica, e non sempre con tanta disponibilità, dai sacerdoti del posto. «Tra i fattori importanti che hanno pesato sull’ex diocesi di Caiazzo – ha sottolineato il sacerdote – ci sono la crisi vocazionale, e quindi l’assenza di ordinazioni sacerdotali, e la lunga permanenza dei parroci nelle parrocchie di origine». In un’ottica speculare, Antonio Santillo ha posto in evidenza i punti di forza, ma anche di debolezza della forania, denunciando i disagi vissuti oggi dalle famiglie e dai giovani, le difficoltà che pesano sul mondo scolastico e quello del lavoro. I problemi familiari e occupazionali sono quelli che registrano le percentuali più alte (rispettivamente 9,4% e 13,8%), assieme a quelli economici (9%) e relativi alla salute (7,2%). Anche le dipendenze – alcol, gioco d’azzardo, droghe – registrano numeri significativi, toccando il 7,2%. Una maggiore sinergia tra Chiesa e Istituzioni locali è stata la richiesta più sentita da laici, associazioni e amministratori intervenuti nel momento di dibattito e ascolto, fase conclusiva dalla quale sono emerse le necessità avvertite quotidianamente dalla comunità. Un “abbraccio” istituzionale in direzione del bene comune, e una Chiesa che può e deve giocare un ruolo importante sul territorio, perché, come detto da Mons. Di Cerbo, «di fronte a questi problemi dobbiamo metterci in atteggiamento di cammino, di corresponsabilità; se tutti ci sentiamo più responsabili riusciremo a trovarne soluzione».


Attualità

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Un giorno ho incon Un giorno ho incontrato Un giorno ho incontrato Un giorno ho incontrato ...

Un giorno ho incontrato

3 di ilaria rubino Meno di un anno fa partiva il torneo letteraio “Un giorno ho incontrato...” a cura della Biblioteca diocesana San Tommaso d’Aquino. Oltre centoventi partecipanti tra gli studenti delle scuole superiori del territorio diocesano si mettevano alla prova mostrando, prima che le loro capacità di scrittura, le emozioni e i sogni. Ben venti di quelle opere sono giunte alla fase finale del Concorso. Esse saranno pubblicate ogni mese sulle pagine centrali di Clarus per essere staccate e raccolte. Tra i racconti, nove, individuati dalla commissione esaminatrice sono confluiti nel libro “Un giorno ho incontrato...” edito da Città Nuova presto in distribuzione.

Un giorno ho incontrato l’amore

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n giorno ho incontrato…» quattro parole semplicissime, che a prima vista possono sembrare vuote, spesso tendono a passare inosservate, possono non suscitare interesse in chi le legge con indifferenza, ma esse sono racchiuse come in uno scrigno nell’anima di colui che in questo momento scrive e descrive la propria vita. Ecco… sì proprio quella vita, che ogni giorno diventa sempre più faticosa, forse un pò troppo caotica, con tante responsabilità e stress che si accumulano a dismisura quasi a far perdere quel briciolo di razionalità. Le giornate vanno avanti seguendo sempre la solita routine, diventata ormai scontata ma allo stesso tempo comoda e semplice quasi come se fosse un rifugio dai turbamenti che accompagnano la nostra esistenza. E se ci fermassimo un pò? Qualche tempo fa si diceva: “la notte porta consiglio”. Parole vere, autentiche, semplici, ma troppo complesse per poterle rapportare all’attualità che ci circonda. Eppure è proprio quando io chiudo gli occhi, che una piccola parte di me tende a proiettarsi oltre la ragione ed è lì che la mente viaggia varcando i limiti che ci precostituiamo e va ovunque. Questo viaggio è paragonabile al volo di aquila che sbatte, ma subito si rialza e imperterrita prende quota. E solo in questo preciso istante che ci si rende conto di tante cose, troppe, ci si sofferma a riflettere su situazioni, emozioni e stati d’animo che tendiamo inconsapevolmente a trascurare e su cui poniamo l’attenzione sempre quando probabilmente è troppo tardi. Ed è proprio in queste notti, quando il sonno o la veglia diventano agitati e ci ritroviamo increduli a fissare il soffitto lontani dalla frenetica vita di città che totalmente ci prende, che difficilmente si placano le fauci del pensiero e sopraggiunge una riflessione dentro di me: “Cos’è la vita, ma soprattutto, cos’è l’amore?” Ebbene sì! Un giorno io ho incontrato l’amore anche se distrattamente senza dargli troppa importanza, così come succede con un passante che cerca a tutti i costi un contatto con te ma tu n.11

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preferivo vivere in questo modo sei troppo preso da cose futili ed effimere per potergli prestare le dovute attenzioni. Ecco, questo è ciò che è accaduto a me in un giorno come tanti altri. Era una fredda domenica di gennaio, un giorno molto particolare, in cui hai già tutto pianificato e nulla può essere diverso da com’è, perché a volte avere tutto già organizzato significa non improvvisare, evitare quelle insoddisfazioni che risiedono nell’inconscio e stanno lì addormentate. Mi alzai presto e aprendo la finestra, non mi sarei mai aspettata di poter godere di un bel raggio di sole, seppur pallido data l’ora, che però preannunciava una mattinata diversa dopo svariati e lunghissimi giorni di pioggia infinita. Non ci pensai due volte e, dopo una bella doccia risvegliante, decisi di uscire a fare una passeggiata e di lì a poco mi recai al parco. Non è mia consuetudine passeggiare, soprattutto da sola, non perché abbia paura della solitudine piuttosto perché mi spaventa il viaggio che il mio pensiero compie nel silenzio assoluto. Il sole dapprima pallido assunse sempre più colore donando quel calore gradevole al viso, in quanto addolciva l’aria gelida e secca. Camminando iniziai a guardarmi intorno e a godere di ogni piccola immagine che la natura mi mostrava, e i miei occhi iniziarono a fotografare ogni essere che incontravano. Vidi un susseguirsi di diverse generazioni e, guardando ciascuna, cercavo di capire i sentimenti che stessero provando. Tutto iniziò per un gioco della mia mente e più osservavo e più scoprivo quanto fosse immensa e solleticante la ragione umana. La domenica dovrebbe essere un giorno di festa per ognuno non per il fatto che la maggior parte degli uomini non sia impegnata in nessuna sorta di impegno lavorativo o scolastico, ma soprattutto perché è il giorno del Signore, il giorno in cui il Signore si riposò per compiacersi del Suo creato, e dell’amore che gli aveva dato. Chissà se ancora oggi il Signore riesca a compiacersi della Sua immensa creazione! Mi immedesimai tanto in questo pensiero e iniziai a credere che il Signore adori la natura, silenziosa e fedele, che adori il genere animale, procacciatore rispettoso del proprio ambiente, e che adori i bambini perché non sarà mai stanco di riporre in loro e nella loro gioia tutte le speranze future. Mi sedetti sul muretto che delimitava il laghetto e rimasi estasiata per ore, cercando di caricarmi di tutta quella bella energia che il verde, gli alberi, gli uccelli cinguettanti, i gatti miagolanti e le oche candide che mi circondavano, riuscivano a trasmettermi. Ad un tratto, ai profumi che avvertivo, alle immagini che scannerizzavo e ai bucolici colori, si aggiunse il suono gradevole e risonante della voce di un bimbo, che giocava con la propria mamma, rotolandosi sul playd adagiato sul prato. Attrassero tutta la mia attenzione e mai in quel momento avrei creduto che proprio quella madre avrebbe reso quella mia domenica un giorno speciale. Il mio sguardo incrociò il loro. Questo fece scattare qualcosa in me che andava oltre ogni prerogativa: era come se non riuscissi più a distaccare i miei occhi dai loro. Li fissai e in me scatenarono una sorta di flashback; rividi tutta la mia vita, era come se fossero stati capaci di trasportarmi in un universo surreale, facendomi dimenticare che mi trovavo nel bel mezzo di una folla e che tutto

camminando iniziai a guardarmi intorno e

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chi erano? forse qualcuno che dio o il destino doveva proseguire come io l’avevo programmato. In quella frazione di secondo mille domande assalirono la mia mente: “Chi erano? Forse qualcuno che Dio o il Destino volevano farmi incontrare?” Ma adesso? Sì, proprio adesso che la mia vita in fondo sta via via prendendo una piega diversa da com’era in passato. E’ vero che con il tempo la nostra personalità tende a cambiare e io ero cambiata … Ero diventata quel tipo di persona a cui non interessavano più i sentimenti o credere in qualcosa per poter andare avanti. Io ero convinta che l’assenza di emozioni mi potesse garantire di non soffrire più. Preferivo vivere in questo modo, ormai mi risultava difficile fidarmi; l’unica persona con cui riuscivo ad avere un dialogo era con il mio Io. Stringere rapporti con il prossimo non rientrava più nei miei canoni, pensare a me stessa era ormai l’unica cosa che da molto tempo contava davvero. Non perché fossi diventata fredda e scostante, ma non ero più predisposta ad aprirmi verso gli altri. Ma quel giorno avvertii proprio un’attrazione magnetica tale da spingermi ad avvicinarmi a loro. Con il sorriso chiesi alla giovane madre il nome del suo grazioso bambino, facendole in seguito tanti complimenti per la simpatia coinvolgente di suo figlio. Iniziammo così a parlare, il tempo iniziò un po’ a volare e mentre giocavo con il piccolo Emanuele, le conversazioni con la donna divennero, stranamente, più amichevoli. Ad un certo punto mi ritrovai di fronte ad una scelta, avrei potuto giocare ancora un po’ con il bambino, per poi congedarmi dai due con un sorriso oppure cogliere il bisogno di parlare della donna favorendo l’opportunità di sfogo a pensieri profondi. Decisi di trattenermi e la giovane madre cominciò sempre più ad aprirsi. Maria Lourdes, questo il suo nome, iniziò a raccontarmi la sua storia che era speciale, in quanto iniziata ancor prima che lei venisse alla luce. Sua madre che tanto l’aveva desiderata, nonostante i medici affermassero una sua presunta sterilità, si recò a Lourdes spinta da profonda fede, e pregò tanto affinché potesse essere esaudito il suo desiderio. La sua era una storia fatta di tribolazioni e di sconfitte, eppure ella la raccontava con un costante sorriso, come se ogni tassello del puzzle complicato della sua vita si incastrasse perfettamente seguendo il disegno che Dio aveva programmato per lei. I suoi occhi sorridevano quasi come se mi dicessero: «Dio è amore e mi ama». Tra tanto stupore e commozione dopo meno di un anno nacque Maria Lourdes; la sua famiglia era molto umile, di origini modeste e riusciva a vivere con poco ma la loro energia, la loro forza, la loro stessa esistenza provenivano dall’amore. Infatti l’amore di una madre desiderosa di un figlio, l’amore della Madre Celeste che avvolge di grazia i propri figli, l’amore di una coppia vissuta nella fede, fecero di Maria Lourdes una donna forte, una donna rispettosa, una donna fortunata. Mentre io

Un giorno ho incontrato

a godere di ogni piccola immagine che la

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abbi fiducia, io sono l’amore

io sono l’amore

ascoltavo attonita il suo racconto, la giovane Maria Lourdes mi parlava ma, nel contempo, giocava con il piccolo Emanuele, avvolgendolo d’amore con il suo sguardo profondo e ridente. Incuriosita le chiesi della sua famiglia e Maria Lourdes non esitò nel rispondermi raccontandomi di una madre ancor sempre presente, anche se malata, e di un padre che vive per alleggerirla di ogni preoccupazione e gravose responsabilità. Emanuele è il frutto dell’amore, avuto dopo un’unione consacrata davanti a Dio, e ciò che più mi colpì nel profondo, fu vederla commuoversi mentre mi parlava del suo matrimonio avvenuto a Lourdes per volontà del marito. Ascoltando le sue parole avvertii come un senso di libertà interiore, una sensazione strana ma bellissima: a tratti ho desiderato essere lei per poter vivere le emozioni che riusciva a trasmettermi, per poter provare quella fede così profonda, caratterizzata da abbandono certo e sicuro ad un qualcosa di così grande da riempirla di vita, di speranza, di un credo in un Dio che non abbandonerà mai i propri figli, soprattutto nei momenti difficili. Maria Lourdes mi raccontò anche del periodo difficile che stava attraversando in casa: il marito, operaio dell’industria Ilva ormai in crisi, era in cerca di lavoro e lei cercava di rendere meno dura la situazione prestandosi a fare pulizie presso le famiglie del suo condominio. Le chiesi se il bambino risentisse di questa situazione e lei, con il suo candido sorriso e con il suo sguardo sereno, disse che nella sua famiglia ha sempre regnato l’amore e lì dove c’è amore c’è comprensione, c’è unione, c’è serenità e c’è soprattutto fiducia in tempi migliori. Era strano ascoltare parole così specifiche e ordinarie in momenti di malessere generale e, soprattutto, quelle sue stesse parole stonavano rispetto al clima di sfiducia che avvertivo intorno a me. Guardai l’orologio ed era passato piacevolmente molto tempo dalla mia passeggiata, circa tre ore. Era tardi, era l’ora di andare via, così salutai Maria Lourdes e il piccolo Emanuele dandoci appuntamento alla prossima domenica soleggiata. Mentre tornavo a casa mi sentivo serena, mi sentivo felice, appagata ma soprattutto contenta per aver incontrato e conosciuto tale splendida persona. Come da una scintilla può nascere un grande fuoco così quel racconto aveva acceso dentro di me la voglia di credere ancora, la voglia di potermi affidare a qualcuno che non mi avrebbe mai lasciata sola. Da quel giorno la mia vita è cambiata, eppure ancora adesso a distanza di tempo, di notte in sogno intravedo il volto di quella donna col suo bambino che mi sorridono con fiducia. Anche io gli sorrido. I loro volti cominciano pian piano a scomparire e da questa nebbia sento una voce dolce, che mi culla. La voce mi dice: «Abbi fiducia, io sono l’amore!».

da una scintilla puo’ nascere un

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Dalla CRONACA

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16 NOVEMBRE. Dramma a Dragoni. Il 45enne, Giovanni Fabrizio, è morto precipitando dalla finestra della casa in cui viveva con la mamma anziana. Sul posto sono intervenuti subito gli uomini del 118, che hanno solo potuto constatare il decesso, e poi i Carabinieri, che hanno svolto le indagini di rito. Le ipotesi degli inquirenti hanno fatto pensare al suicidio dell’uomo anche se la famiglia lo esclude pensando forse ad un malore improvviso alla testa che lo ha fatto precipitare dalla finestra a cui era affacciato. Pochi giorni dopo sarebbe ricorso il primo anniversario della scomparsa del fratello, morto per aver ingerito del disserbante.

25 NOVEMBRE. Manca poco all’apertura del “Centro Aurora”, casa di accoglienza per le donne vittime di violenza nelle zone matesine. Il 25 novembre c’è stata la conferenza nel Municipio di Piedimonte Matese per ufficializzare la consegna delle chiavi del locale sito nel centro storico della cittadina. Lo scopo del progetto Aurora è quello di offrire assistenza, supporto specialistico e ospitalità alle donne vittime di maltrattamenti e soprusi. La responsabile del progetto, Ilaria Boccagna, ha dichiarato che un corso di formazione e una selezione delle operatrici sono stati già operati. Un paio di settimane e il centro sarà inaugurato, mentre nel frattempo è stato già attivato uno sportello antiviolenza presso la Biblioteca Comunale.

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4 DICEMBRE. Un anniversario importante per il Gal Alto Casertano. Venti anni di esperienza che hanno visto tanto impegno nella promozione e valorizzazione del nostro territorio. Per celebrare questo traguardo c’è stato il convegno intitolato “L’identità dell’Alto Casertano” al quale ha partecipato anche l’assessore regionale all’agricoltura Daniela Nugnes. Il coordinatore del Gal, Pietro Cappello, ha voluto richiamare l’attenzione sugli esempi di valorizzazione del patrimonio rurale-ambientale, facendo l’esempio delle realtà agrituristiche nate nell’area matesina («Le nostre sono state le prime»). Nascita di nuove imprese, progetti di cooperazione internazionale nel campo dell’ospitalità rurale, pacchetti turistici, il rilancio del “made in alto casertano” con un marchio d’area, progetti di valorizzazione del patrimonio ambientale come “NavigaVolturno” o progetti di adozione di beni da parte delle scuole. Grande la soddisfazione quando lo stesso Cappello ha evidenziato i posti di lavoro che sono stati creati per svolgere tutte queste attività.

5 dicembre. Scioperi e manifestazioni presso l’Istituto Industriale di Piedimonte Matese per le condizioni di degrado in cui versa la scuola. Pezzi di intonaco cadenti, crepe, muffa, pozzanghere d’acqua nei corridoi e in alcuni laboratori, hanno reso impossibile il regolare svolgimento delle lezioni. Per giusta causa quindi gli studenti si sono uniti in una forte protesta affiancati anche dai docenti e dal personale scolastico. L’Ente Provinciale è stato contattato più volte prima di dare delle risposte, seppur evasive, a riguardo. Dopo alcuni giorni è stato fissato, per mercoledì 11 dicembre, un incontro con gli assessori che si occupano di edilizia scolastica presso gli uffici della Provincia, al quale parteciperanno il Dirigente Scolastico, alcuni docenti, genitori e alunni. Intanto sono stati stanziati 16mila euro e a seguito dell’incontro è venuto fuori che si è in attesa di risposte da parte della ditta che dovrebbe svolgere i lavori. Inoltre nel mese di ottobre un’altra ingente somma, ben 500mila euro, era stata “richiesta” alla Regione Campania, tramite un progetto. La speranza è che la burocrazia compia velocemente i suoi passi e il buon senso degli Amministratori “muova” verso gli studenti di questo istituto, che come altri dislocati sul territorio provinciale non godono di buona salute.


6 dicembre. A Pontelatone è stato istituito il “Comitato Commercio, Artigianato ed occupazione del Pontelatonese”. Secondo quanto spiegato da Gianpaolo Caserta e Gian Carlo di Domenico, rappresentanti del comitato, sarà interesse del neonato ente impegnarsi sostanzialmente in due direzioni: la creazione di un complesso turistico e commerciale nonché l’estensione dello stabilimento che si occupa della lavorazione delle carni, entrambi in via Ponte Pellegrino. Possono aderire al comitato commercianti, disoccupati e tutti coloro che ne intendono sposare gli obiettivi. Inoltre, per diventarne membro non viene richiesta nessuna quota associativa né comporta alcun vincolo di sorta, ma è sufficiente apporre la propria firma sull’atto costitutivo. Il primo dei due progetti di cui sopra è già stato discusso in una delle conferenze indette dal SUAP del Comune di Pontelatone, conferenza che ha visto la partecipazione attiva dei responsabili del comitato. È opportuno osservare che la nascita del Comitato rappresenta un evento molto significativo, soprattutto per l’utilità che i progetti da esso auspicati possono arrecare all’intera comunità. Giovanna Corsale

8 dicembre. In occasione della festa dell’Immacolata numerose sono state le attività svolte tre le strade di Piedimonte Matese. Partendo dal mercatino natalizio in via Scorciarini Coppola, che ha visto moltissimi partecipanti, al momento di preghiera alla Madonna in Via Epitaffio, presieduto dal Vescovo e seguito dal saluto del Sindaco, il quale ha apposto una corona di rose al monumento della Vergine. In serata presso il Santuario di Ave Gratia Plena, S. E. Mons. Valentino Di Cerbo ha scoperto la lapide commemorativa del 250° anniversario della statua dell’Immacolata presente in parrocchia. C’è stata l’inaugurazione del presepe nella chiesa del Carmine, allietata dalle musiche degli Amici del Conservatorio ed è stato possibile, inoltre, visitare le bici d’epoca della ditta Capuano esposte nel museo civico “Raffaele Marrocco”.

29 novembre. 8 dicembre. Ad Alife, i novizi della Comunità francescana dei Frati Minori di Santa Maria Occorrevole animano il novenario dell’Immacolata presso la Cattedrale. Giorni di intensa animazione pastorale presso le scuole del comune matesino, incontri con le famiglie dei ragazzi che si preparano e ricevere la Prima Comunione e il Sacramento della Cresima, e visita agli ammalati. Il tema del novenario scelto dal parroco, Mons. Domenico La Cerra, è stato “Maria, visitata da Dio, si fa visitatrice”: una rilfessione ad ampio raggio sulla Visita Pastorale di Mons. Di Cerbo e in particolare sul Documento a firma del Vescovo distribuito proprio in occasione di tale evento di grazia.

9-11 dicembre. Prima un assiolo, un raro rapace presente nel nostro territorio, poi un lupo, trovati morti all’interno del Parco Regionale del Matese. Due atti di estrema gravità se si pensa che è successo all’interno di un’area protetta. Lunedì 9 dicembre, a Fontegreca, è stato trovato l’assiolo morto e infilzato con un palo di ferro ed esposto in pubblica piazza, a dimostrazione di chissà cosa. Dopo due giorni, in località Ariola (San Potito), è stato trovato il cadavere di un lupo colpito a morte da diversi colpi di arma da fuoco. E’ scattato l’allarme tra le comunità del Parco. Intanto, grazie alle Istituzioni competenti, si sta tentando di trovare dei rimedi per porre fine a tali atti di inciviltà.

14 dicembre. In mattinata grande festa presso il centro L’Oasi di Castel Campagnano. Oltre 200 le persone che popolano questo luogo, vera e propria oasi di serenità, dove non mancano cure, affetto, dedizione e passione per la vita altrui. Qui vive l’esperienza concreta della carità, dell’amore e della vicinanza, così come nel sogno del direttore della struttura Gennaro Pascariello che insieme al figlio Orazio gestisce la struttura di riabilitazione neuromotoria dove vi giungono famiglie dall’Alto Casertano, dal capoluogo di provincia, ma soprattutto dall’hinterland napoletano. Alla festa era presente anche il Vescovo Valentino Di Cerbo, il quale ha consegnato al signor Gennaro il titolo di Cavaliere dell’Ordine Equestre di San Gregorio Magno, un riconoscimento conferito a quanti si distinguono per il buon esempio nella chiesa o in ambito civile, per il bene delle comunità. Grandi applausi e commozione hanno seguito la consegna del titolo.

A cura di Vincenzo Corbo

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dedicato a CHI LEGGE Le indulgenze. Storia e Disciplina canonica

Ritrovare nella storia delle indulgenze il volto misericordioso di Dio Il Prof. Raffaele Santoro, titolare della Cattedra di Diritto Canonico presso il Dipartimento di Giurisprudenza della Seconda Università di Napoli, ha recentemente pubblicato il volume “Le indulgenze. Storia e disciplina canonica” (Saletta dell’Uva, Caserta). L’interessante monografia ripercorre i profili storici e giuridici dell’istituto delle indulgenze, i quali, nel loro essere profondamente intrecciati con la riesposizione teologica e pastorale dell’istanza giuridica nella Chiesa promossa dal Concilio Vaticano II, a distanza di trent’anni dall’introduzione del vigente Codex Juris Canonici, sono stati ulteriormente approfonditi alla luce dell’attuale contesto sociale. L’elaborazione millenaria di questo istituto, che si sostanzia nella remissione dinanzi a Dio della pena temporale per i peccati, già rimessi quanto alla colpa, che il fedele, debitamente disposto e a determinate condizioni, acquista per intervento della Chiesa (can. 992 c.j.c.), si è intrecciata in modo significativo con la storia della Chiesa, condizionando alcuni dei momenti centrali della relativa evoluzione, tra i quali le crociate, l’introduzione della tradizione giubilare e la Riforma protestante. Dopo aver ripercorso l’evoluzione storica di questo sacramentale, l’autore ha tratteggiato l’indissolubile legame con la celebrazione dell’anno giubilare, per poi analizzare la relativa disciplina prevista nel vigente Codex Juris Canonici e nell’Enchiridion Indulgentiarum. Inoltre, all’interno del volume, al fine di offrire un contatto diretto con le fonti, sono stati riportati i testi, talvolta anche estesi, dei principali interventi dei Romani Pontefici e delle autorità ecclesiastiche in materia di indulgenze, in un ricco percorso di sintesi con lo scopo di far percepire – e talvolta riscoprire – la profonda dimensione salvifica di questo antico istituto giuridico espressivo della misericordia di Dio.

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Gesù incontra

lasciarsi coinvolgere da Gesù “Voglio leggere ad alta voce il vangelo. Non come una biografia o un resoconto storico, ma come un’appassionata testimonianza di fede. Per lasciarsi incontrare dalla Parola. Da Dio. Perché la fede nasce sempre da un incontro-. Paolo Curtaz intende continuare e ampliare la meditazione dei vangeli iniziati con alcuni fortunati testi sul Natale, la Passione e la Resurrezione, attraverso un linguaggio accessibile e semplice, proponendo un’esegesi spirituale che aiuti i Gesù incontra cercatori di Dio ad avPaolo Curtaz vicinarsi alla fede con San Paolo 2013 obiettività e passione. Pagg. 208 Questo primo volume € 14,00 di commento ai vangeli analizza alcuni degli incontri di Gesù (la samaritana, Nicodemo, il giovane ricco, Zaccheo) per trovare dentro i racconti le dinamiche che possono coinvolgere anche l’uomo contemporaneo e aprirlo al discepolato. In questi tempi confusi e di crisi l’autore condivide la sua personalissima e originale ricerca spirituale per avvicinarsi al Dio di Gesù attraverso la straordinaria testimonianza degli evangelisti. Paolo Curtaz rilegge gli incontri di Gesù. Perché la fede inizia sempre da un incontro.


B VI U SI O N NI E

di Em A c u ra

i l i a Pa r

isi

la vita e’ meravigliosa

A Natale gli angeli cadono sulla Terra, parola di Frank Capra Titolo originale It’s a Wonderful Life Genere Fantastico Nazione Usa Anno 1946 Durata 129 min. Regia Frank Capra

The Nightmare before Christmas 1993

SEMPREVERDI A NATALE

E’ la notte di Natale. A Bedford Falls, una piccola cittadina di provincia, George Bailey (James Stewart) sta per compiere un gesto disperato: vuole togliersi la vita gettandosi da un ponte poiché la sua società, in cui ha investito tutto rinunciando ai suoi sogni di gioventù, è in bancarotta. Grazie alle preghiere dei suoi cari, l’angelo di “seconda classe” Clarence Oddbody (Henry Travers) viene spedito sulla Terra per impedirgli di mettere in atto i cattivi propositi: in cambio, il messaggero divino riceverà un paio di ali, di cui è ancora sprovvisto. Prima di compiere la missione salvifica, i suoi “superiori” decidono di raccontargli dal principio la storia di Bailey: apprende così della profonda umanità e generosità d’animo che contraddistinguono il piccolo George, di come abbia sacrificato la sua carriera, il desiderio di successo e la passione per i viaggi per amore di Mary (Donna Reed), la donna che diventerà sua moglie, e per amministrare la cooperativa di famiglia impedendo che Bedford Falls cada nelle mani dell’affarista senza scrupoli Henry Potter (Lionel Barrymore). La speranza, però, si tramuta in amarezza e disperazione quando il piccolo universo costruito da Bailey sembra crollargli sulla testa come un castello di carte. Ma è la vigilia di Natale e un angelo vuole guadagnarsi delle ali nuove di zecca...

«Racconto natalizio che si muove leggiadro come lo scheletrico Jack, sulle note della fantasia più pura ed ispirata, mosso con cura e dedizione dal regista burattinaio Henry Selick. Ma nel film girato in stop motion, il ripieno è tutto della zucca di Tim Burton, tanto da insinuarsi persino nel titolo». Giuseppe Grossi, www.mymovies.it

A Christmas Carol 2009 «Piacevole commedia natalizia, che Robert Zemeckis trae da un racconto di Dickens, girandola al computer. Alla vigilia di Natale del 1843 il vecchio Ebenezer Scrooge, l’uomo più avaro della città, riceve la visita di tre spettri, che gli fanno ritrovare la gioia di fare del bene». Massimo Bertarelli, Il Giornale

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Storie DI PICCOLI SUCCESSI

Natale in arte Il primo album di

Sally Cangiano di VINCENZO CORBO

E’

uscito il primo cd realizzato da Sally Cangiano, uno tra gli artisti più conosciuti del nostro territorio. Musicista jazz, musicoterapeuta e arrangiatore, Sally ha portato a termine un progetto nato più di un anno fa: un album di dieci brani che rivela il Natale attraverso il suo personale filtro, tant’è che il titolo del suo lavoro musicale è proprio Natale a modo mio: «Il periodo natalizio è bello perché si sentono più profumi, si vedono più luci, più sorrisi. E’ un periodo in cui vedo lo sforzo che ciascuno compie per vivere in pace, mettendo da parte rancori e gelosie». Il musicista ha lavorato con entusiasmo e passione a questo progetto rompendo gli schemi musicali e quindi arrangiando “a modo suo” i pezzi presenti da secoli nella nostra tradizione: una sfida che ha voluto affrontare per fare «scalpore e scuotere gli animi». Ma allora

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dove sta la novità di questo cd? «Nel fatto che pezzi natalizi siano stati completamente distrutti e ricreati dalla testa ai piedi» la risposta compiaciuta e soddisfatta dell’artista. Simpatica la metafora usata da Sally a proposito dello stravolgimento di questi tradizionali canti: «E’ come vestire una donna che per centinaia di anni hai visto sempre vestita alla stessa maniera. Un bel giorno la mandi dal parrucchiere, la trucchi, le metti nuovi vestiti e la mandi in giro. Che succede? Farà ancora più scalpore di chi va sempre in giro ben preparata». Chi ha mai pensato di arrangiare in chiave jazz canti come Tu scendi dalle stelle o Quanno nascette ninno? «Proprio questo ha reso più intrigante il lavoro» ha confessato Sally. Delle dieci tracce, sei sono prettamente natalizie mentre le restanti rientrano bene nell’atmosfera magica che porta il Natale. Tra questi ci sono Round midnight (Intorno alla mezzanotte), «il cui titolo - continua Sally - mi fa pensare all’attesa per la nascita di Gesù Cristo”» e Over the rainbow, «la cui dolce melodia e il suo contenuto ci permettono di sognare». Hanno suonato con Sally: Vincenzo Faraldo, contrabbasso, basso elettrico e basso acustico; Raffaele Natale alla batteria e Fabio Tommasone al pianoforte. Ha accompagnato, in due dei dieci canti, la voce di Francesca Lombardi, mentre in Again i say rejoice è intervenuto il coro gospel di Telese Terme, Simply Singers Choir. Sally ha avuto un forte sostegno fisico ed emotivo da parte de Il Movimento per la Vita – Federazione Campania, dalla DV Mark che gli ha fornito l’apparecchiatura di amplificazione e dalla Gold Music che ha messo a disposizione le chitarre Tanglewood. Il cd è stato autofinanziato e realizzato in co-produzione con la 69Records Studio, di Pietravairano, che con questo lavoro ha pubblicato il suo primo progetto. «Questo cd è dedicato a tutti i giovani...i giovani dentro e fuori». Profonda e piena di speranza la dedica che Sally ha voluto fare con questo lavoro, perché le difficoltà non frenino la voglia e i sogni di quanti si sentono giovani, dentro e fuori.


I presepi di Marcellino Angelillo di GRAZIA BIASI

«Se volete vedere i migliori presepi del secolo andate ad Alife, ce ne sono tre». Giuseppe Ferrigno

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a sua passione per il presepe è l’eredità lasciatagli in dono dalla mamma (insieme all’amore per la vita!). Da piccoli erano soliti prepararsi al Natale allestendo la piccola capanna con personaggi di terracotta dipinti a mano che ancora conserva. Nasce così la forte esperienza di Marcellino Angelillo al servizio dell’arte. Non solo cultore e promotore di numerosi restauri di opere d’arte ad Alife, la città dove è nato e risiede, ma – negli ultimi venti anni – tra i maggiori sostenitori e promotori dell’arte presepiale napoletana, quella che attinge dalla tradizione settecentesca immagini, personaggi e storie di vita. Perché parlare di presepe napoletano equivale a dire “rilanciare” dal passato – nel tempo presente - storie di umanità e tradizioni di popolo, vita quotidiana, sofferenze, speranze, sogni come quelli dei personaggi che animano la scena, mentre la nascita del Figlio di Dio, in silenzio si immerge in essa. Marcellino Angelillo ha realizzato diversi presepi: quello della Cattedrale e del Santuario della Madonna delle Grazie ad Alife; quello più recente, presso il Santuario di Ave Gratia Plena in Piedimonte Matese, e uno custodito presso la propria abitazione, in continuo allestimento: «La più bella sorpresa, in casa mia, è stata quella di aver scoperto che la collocazione del presepe, in particolare della natività, corrisponde al luogo in cui un tempo era posta la mangiatoia degli animali che allevavamo nella nostra stalla». E’ di fatti la parola mangiatoia, con i suoi significati simbolici legati alla profezia della passione (sepolcro) e alla vita (in essa il bue e l’asino trovano cibo, come gli uomini in Cristo trovano il pane della vita) il vero significato di “presepe”. Marcellino Angelillo mostra il Trecentosessantacinque giorni all’anno presepe della Cattedrale alle in compagnia del Presepe, perché Antelecamenre di TeleFrance1 gelillo non si limita ad allestire le scene ma a studiare le storie di ogni personaggio che le abita, lavoro che richiede tempo e totale dedizione. La ricerca avviene sulle carte più antiche: gazzette e documenti ufficiali che risalgono fino al ‘500, racconti della tradizione popolare più antica, aneddoti riportati su cartigli e pergamene; il tutto per portare alla luce tradizioni e nomi che hanno a che fare con il popolo e le sue molteplici facce: la scena si rivela un gran movimento di mestieri, usi e tradizioni. A partire da questa attenzione per l’umano e il divino, Marcellino Angelillo innesta nella tradizione presepiale napoletana del settecento la vita dei luoghi e dei personaggi “locali” che egli fa realizzare direttamente dalla bottega Ferrigno di

San Gregorio Armeno: nei presepi di Alife e Piedimonte infatti sono raffigurati scorci, vedute, immagini significativi di questi posti; qui, fontane e balconi, pregiate bifore ed edicole votive, scene di lavoro sono perfettamente ricostruite con materiali autentici e pregiati e sono un tutt’uno con la “armoniosa confusione” inscenata davanti alla Natività. Confusione e fusione di lingue, esperienze, emozioni vivono davanti a Dio che sceglie – nella tradizione presepiale napoletana – questa umanità povera, ma ricca di espressioni vitali. La passione di Angelillo fa presto ad incontrarsi con quella di Giuseppe Ferrigno, e oggi con quella del figlio Marco che a San Gregorio Armeno, storica via di Napoli, lavora in bottega dodici mesi all’anno tra legni, sugheri, sete, argenti, cuoio, stoffe, creta, colle, fibre naturali: tutto ciò che serve a tenere in piedi il vero presepe napoletano. La ricerca sui personaggi che Angelillo conduce, qualche anno fa iniziava ad interessare Ferrigno, che intravede in questo studio la possibilità di arricchire di espressione e di senso le proprie creazioni. Il binomio Ferrigno-Angelillo diventa il contenuto di numerosi documentari girati dalle maggiori reti televisive italiane e in particolare francesi: «Questo ultimi, - spiega Angelillo – risultano più curiosi dei colleghi giornalisti italiani; per loro la scoperta del presepe napoletano con i suoi significati più profondi è ancora ai primi passi». Chiediamo a Marcellino se esiste un personaggio, al quale ha dedicato particolare studio e sente particolarmente vicino: «Si tratta de le ravi (l’estasiato), un pastore della tradizione provenzale: quest’uomo si presenta a Maria e al Bambino a mani vuote, portando con sé solo la meraviglia suscitata dalla straordinaria visione del figlio di Dio…» La meraviglia, l’innocenza e lo stupore di fronte alla più grande rivelazione di tutti i tempi: «... si fa messaggero di quella innocenza che sta mancando un po’ a noi adulti, mentre per fortuna, il cuore dei più piccoli continua a riservare uno spazio speciale al mistero del Natale». n.11

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La Basilica

di S. Stefano Menecillo a Caiazzo Dalla soffitta della Basilica alla Fabbrica Artigiana di Padova: il restauro di un pregevole organo a canne conservato per anni e giunto fino a noi

di EMILIA PARISI

L’organo a canne organo a canne della Basilica Minore (già concattedrale di S. Maria Assunta) in Caiazzo, costruito tra il 1851 ed il 1895, è una delle rare testimonianze della collaborazione tra due illustri artefici: Domenico Castellucci - organaro di Caserta - e Pietro Petillo di Napoli, come ci viene riportato da Mons. Bernardino Di Dario nel testo Notizie storiche della città e diocesi di Caiazzo (Editore G. Carabba). L’organo è stato rinvenuto completamente smontato nelle soffitte della cattedrale dove era stato depositato in seguito a lavori di restauro effettuati nella chiesa dopo il terremoto degli anni Ottanta. Ricco di particolarità insolite e di grande interesse storico-culturale, lo strumento è stato restaurato dalla Fabbrica Artigiana Organi Michelotto di Albignasego (Padova). Attraverso un delicato e laborioso intervento di recupero e salvaguardia di tutte le componenti, sono state riportate in luce le molteplici e particolari caratteristiche che i due autori vollero imprimere alla sua costruzione. Lo strumento dispone di due tastiere cromatiche di 61 note (Do 1 - do 6) e una pedaliera corta diritta di 20 note (Do 1 - Sol 2). La prima tastiera dispone di ben 10 registri ad intera estensione, un registro soprano dal Do 2 e quattro registri soprani dal Fa 3 mentre, alla seconda tastiera, troviamo un particolare dispositivo detto Armonica dotato di due fila e mezza di ance a pressione; alla basseria, molto corposa, troviamo due registri di canne realizzate in ottimo legno di castagno.

L’ a n t i c o s œ g n o

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Nella foto a sinistra “l’anima” dell’organo: la disposizione delle canne non visibile dall’esterno; a destra Daniele Michelotto durante le ultime fasi del lavoro di restauro.

La chiesa La concattedrale di Caiazzo fu fondata probabilmente intorno al VI secolo. L’impianto, in origine di forma basilicale, fu rinnovato in stile tardobarocco. Durante lavori di restauro all’interno della chiesa furono rinvenuti alcuni resti sufficienti a documentare le antiche origini del complesso: si tratta di alcuni pregevoli elementi di spoglio come colonne monolitiche ed un antico pavimento musivo. Tra XVI e XVII secolo la chiesa fu trasformata integralmente fino ad assumere l’attuale assetto dell’impianto, secondo la tipologia a croce latina a tre navate, con cappelle laterali e cupola, con embrici maiolicati al centro del presbiterio. Nella seconda metà del Settecento due personaggi di spicco della cultura tardobarocca napoletana, l’ingegnere camerale del regno Nicolò Tagliacozzi Canale e il mastro stuccatore Stefano Zagarolo, ristrutturarono totalmente la chiesa, dedicata a Santa Maria Assunta, secondo un gusto tardobarocco. Per volere del Vescovo Costantino Vigilante fu rifatta la Cappella di Santo Stefano sulla sinistra del braccio minore della croce latina; furono costruiti, nell’abside, il prezioso coro ligneo e, nella prima cappella della navata laterale destra, il battistero in preziosi marmi policromi. Nella chiesa vi sono numerose e pregevoli tele, di cui qualcuna attribuita a Giuseppe Bonito e a Francesco De Mura, ed altari in pietra e marmo, tipici del barocco napoletano. Nel 1886, come documenta una lapide interna, fu eseguito dall’ingegnere Pasquale Sasso un intervento nella cappella dedicata al Santissimo Sacramento, ubicata in fondo a destra dell’area absidale. In seguito ai danni provocati dal terremoto del 1980, furono realizzati lavori di consolidamento e restauro su progetto dell’architetto Mario Zampi-

Una recente ricerca ha portato alla scoperta di un interessante documento in lingua latina dell’ “Archivio Capitolare di Caiazzo presso la Cattedrale”. Si tratta per l’esattezza del “Quaderno dell’introito ed esito della riattazione della Chiesa Cattedrale di Caiazzo” (1727-1733). Riportiamo la trascrizione testuale da cui si evince che l’organo, oggi collocato a ridosso della controfacciata, agli inizi del 1700 era un tutt’uno con il coro.

26 settembre 1729 Si è principata la seconda opera della chiesa essersi levato il coro antico, che stava in mezzo alla chiesa, come anche l’organo sopra detto coro perché impedivano la fabrica che si doveva fare per rinforzo necessario, come anco rendevano più angusta la chiesa per capacità di popolo ...e l’organo fu trasportato sopra la porta della nave maggiore della chiesa, ed essersi fatta quasi del tutto di nuovo l’orchestra. 9 dicembre 1729 Per la trasportatura del suddetto organo, e nuova costruzione del orchestra, con tutti i materiali, come dall’annessa fede del falegname, pagato in tutto ducati quaranta e grana settanta quattro. no: a partire dal 1987 si provvedette ad un parziale adeguamento degli spazi secondo un tipo di intervento poco invasivo conservando l’assetto dello spazio presbiteriale e realizzando soltanto gli elementi primari della funzione liturgica, come l’altare conciliare proveniente dalla cappella del Santissimo Sacramento. Riguardo allo spazio esterno del sagrato non si segnalano opere particolari, né interventi relativi all’apparato iconografico. n.11

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8Xmille alla Chiesa Cattolica Italiana I progetti realizzati ad Alife-Caiazzo

Grazie alla tua firma cresciamo insieme In base alla dichiarazione annuale dei redditi, una quota pari all’8xmille del gettito complessivo che lo Stato riceve dall’Irpef, viene usata per scopi “sociali o umanitari” a gestione statale oppure “religiosi o caritativi” gestiti da confessioni religiose. Ogni persona può scegliere la destinazione di questa quota tra lo Stato, la Chiesa cattolica o altre confessioni religiose. La suddivisione di questi fondi viene fatta in proporzione alle scelte espresse, senza tenere conto degli “astenuti”: se il 60% dei contribuenti esprime una scelta, si terrà conto delle preferenze di quel 60%. Lo Stato dunque ripartisce l’8xmille senza che l’astensione di alcuni ne sottragga una parte alla ripartizione (cfr. www.8xmille.it). Grazie a queste forme di “donazione” la Chiesa cattolica italiana persegue tre finalità (Come previsto dalla legge 222/85): esigenze di culto e pastorale della popolazione italiana; interventi caritativi in Italia e nei paesi in via di sviluppo; sostentamento dei sacerdoti. In que-

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sto modo le Chiese diocesane riescono a portare avanti progetti altrimenti impossibili. La Diocesi di Alife-Caiazzo, grazie all’8xmille, nell’ultimo anno ha messo in cantiere due iniziative di carattere sociale e caritativo insieme: la realizzazione del Centro diocesano per la Famiglia e due borse di studio per studenti meritevoli. Il primo, viene lanciato nell’ottobre del 2012 a seguito del Convegno in chiusura del Giubileo diocesano; vengono da subito individuate la struttura da allestire e le figure di esperti cui affidare l’organizzazione dell’intero progetto. Dopo mesi di studio e di attente analisi sul territorio, delle emergenze sociali prevalenti, la Diocesi, oggi, è in grado di muovere i primi passi in questo complesso ambito. Il Centro per la famiglia, farà capo all’Istituto Toniolo di Napoli, attingendo dall’esperienza di questo, competenze, dinamiche, finalità. Uno spazio destinato all’ascolto: ecco l’ambizioso compito del Centro per la famiglia che entro la primavera 2014 muoverà concretamente i suoi primi passi in sinergia con le parrocchie della Diocesi; esse, e

in particolare i sacerdoti (a cui verrà destinata una formazione specifica) saranno il tramite, il canale che orienterà verso la struttura e i suoi servizi: assistenti sociali, psicologi, avvocati sono le figure professionali già individuate per il corretto funzionamento del Centro. Il secondo progetto messo in cantiere, grazie ai fondi 8xmille riguarda l’assegnazione di due borse di studio riservate agli studenti diplomati nel 2013: esse sono state assegnate – tramite un Concorso promosso dalla Caritas diocesana - tenendo conto della votazione finale e del basso reddito familiare e garantiranno la copertura delle spese universitarie per i primi tre anni di studio presso una Facoltà italiana (i tempi entro cui è previsto il conseguimento del titolo di Diploma universitario). Le iniziative rispondono all’appello che il Vescovo, Mons. Valentino Di Cerbo, lanciava all’inizio del suo ministero pastorale nella Diocesi di Alife-Caiazzo: la carità al centro. Piccoli passi, quelli compiuti fino ad ora che orientano il cammino diocesano verso orizzonti più concreti di umanità e solidarietà.


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