Sette giorni di Andrea Barilla

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sangue, dimenarsi fino alla chiusura della popolare balera, uscire all’aria aperta per ripristinare anche la quota sistemica di nicotina e raggiungere un chiosco per giocarsi il fegato grazie a un panino messo a scaldare su una piastra trasudante grasso. Qualcosa però era andato storto. La serata si era già conclusa nel corso della prima fase. Ad appena la metà della media chiara di esordio, Sebastiano aveva incominciato a provare diverse sensazioni sconosciute, sintetizzabili in un benessere generalizzato, un assoluto menefreghismo nei confronti del giudizio altrui e una strabiliante tendenza a straparlare. Inizialmente, la personalità nuova di zecca aveva provocato nei presenti incredulità mista con un sottile diletto, poi – man mano che l’ubriachezza capricciosa prendeva il sopravvento – la delizia si era tramutata in disagio unito a un discreto fastidio e, alla fine, in repulsione cronica per il poveretto che non reggeva l’alcol e che, alle undici di sera, se ne stava sdraiato sopra il tavolo di una birreria a sparare boiate. L’apice lo aveva raggiunto quando, una volta fuori del locale, dopo avere tentato di farsi una sigaretta dando fuoco al filtro, aveva


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