CASEMTTE - Il manuale

Page 1



COS’E LA piattaformaa soluzioni abitATIVE La Piattaforma per le Soluzione Abitative nasce a Pisa a Giugno 2021 durante un consiglio popolare aperto nel quartiere di Sant’Ermete. Dalle esperienze dei picchetti antisfratto di Prendocasa, dalle lotte di quartiere nelle case popolari, dalle battaglie per la fuoriuscita della violenza domestica e dalle iniziative degli studenti e delle studentesse per il diritto allo studio ed alle residenze, prende forma l’esigenza di costruire nella città di Pisa una nuova forma di organizzazione sociale. L’abolizione del libero mercato immobiliare, il protagonismo e l’autorecupero sociale dei quartieri popolari contro la segregazione urbana e l’indebitamento della popolazione inquilina sono i cardini delle rivendicazioni della Piattaforma. Le soluzioni alla violenza dell’aumento degli sfratti e dei pignoramenti, le soluzioni alla scarsità di risorse di alloggi da destinare alle necessità sociali abitative, le soluzioni all’abbandono e alla marginalizzazione delle periferie ci sono: è necessario riunire la forza e progettare un cambiamento di modello sociale per ottenerle! I nostri obiettivi sono: socializzare e condividere ciò che oggi è messo a profitto tramite libero mercato e privatizzazioni. Abbassare drasticamente il prezzo degli affitti; condonare i debiti illegittimi per le spese delle abitazioni; utilizzare il patrimonio immenso in disuso invece che cementificare; costruire alleanze e sinergie tra popolazioni differenti, anziché mettere in competizione le persone tra loro per contendersi le briciole. #casematte è un evento di formazione e incontro per dare voce e spazio alla marea di sfrattati, indebitati, sovraffollati, pignorati. E’ un momento di crescita e collaborazione per imparare insieme a utilizzare in comune gli immobili inutilizzati della città. E’ dare forza alle contraddizioni tra le esigenze della popolazione e l’uso elitario delle risorse sociali.

La lotta per l’abitazione oggi mette al centro del proprio agire un cambio di paradigma: ci hanno abituato a soffrire ed a vergognarci per non essere in grado di “stare sul mercato”. Ci hanno dichiarato “falliti” dopo che i nostri sforzi sono andati tutti nel cedere ai Proprietari, alle Banche i nostri risparmi e il nostro lavoro. Adesso dobbiamo svelare la truffa: è arrivato il momento della battaglia per abbassare i prezzi delle abitazioni, per confiscare ed utilizzare i milioni di appartamenti vuoti e messi in vendita, la battaglia per avere rispetto e considerazione dei nostri problemi dalle amministrazioni pubbliche. Tutto ciò avviene caoticamente ma simultaneamente in tutta Europa ed oltre. Giovani e giovanissimi formano nei quartieri e nei paesi delle città dei movimenti per la conquista di nuovi bisogni, contro le città capitalistiche delle crisi e delle astinenze sociali.


CASEMATTE: #iprincipi 1

Soluzione abitativa è eliminare il debito per l’affitto.

Il sistema del debito e i suoi strumenti ci umiliano, ci sfruttano, ci portano a interiorizzare come nostro il fallimento, cucendo addosso il marchio della vergogna sociale; ci isolano e usano le nostre debolezze, in un costante stato di ricatto. Ci escludono da ogni meccanismo decisionale, estromettendo la popolazione impoverita dalla gestione della vite pubblica. Sappiamo però che tutto questo è conseguenza e funzione dell’accumulazione di ricchezza e della sua distribuzione. Non siamo noi il problema, ma un sistema tanto ben radicato, quanto putrescente. L’accesso alle abitazioni è stato subordinato al credito ed alla finanza. Le città sono preda di fondi immobiliari, multinazionali e grandi imprese di costruzione, banche. Sono loro che governano, e la politica si riduce a gestire i flussi di questi finanziamenti. La chiamano “smart city”, ma per noi rimane la sofferenza dell’espulsione dagli alloggi messi sul mercato, i prestiti finanziari, i mutui che salgono ed i pignoramenti che bloccano i nostri miseri conti correnti. Il paradosso che non possiamo più sopportare è che per le banche e le grandi imprese il debito è motivo di vanto e risarcimento da parte dello Stato. Per chi non riesce a pagare un canone di locazione con uno stipendio operaio invece scattano gli sfratti. Questo stress finanziario è effetto dell’ingiustizia abitativa. Le case sono i luoghi in cui vivere e costruire, non devono più essere fonte di arricchimento privato. Questo è l’origine del disequilibrio che lascia immobili all’abbandono e prezzi altissimi per le abitazioni.

2

Soluzione abitativa è abolire la legge 431\98 e ottenere un controllo pubblico degli affitti.

Il processo di liberalizzazione del mercato degli affitti e dell’assegnazione dell’edilizia pubblica abitativa è tutto a danno delle fasce popolari. I grandi palazzinari, gli speculatori ei fondi finanziari dettano i prezzi rendendoli puntualmente superiori ai nostri stipendi sociali, costringendoci ad accettare condizioni abitative malsane, insicure ed esose, relegandoci negli

spazi bui della città. Il centro luccica, mentre proletari, migranti e non, sono condotti in una violenta competizione fra poveri, contendendosi i pochi fondi e l’assegnazione di alloggi. Il mercato si riproduce e guadagna a danno delle nostre reali esigenze. La morosità, l’insolvenza, il debito è diventato fattore di massa e vettore di un enorme processo di espulsione abitativa dalle città. Ma la scarsità e la mancanza di risorse è artificiale, è voluta e imposta con la violenza del mercato immobiliare. Alziamo la testa e organizziamoci per abbassare gli affitti, per contestare le leggi ed i contratti di locazione ed i provvedimenti ingiusti, e per condividere tra i residenti dei quartieri sovraffollati la proposta di lotta per abbassare i prezzi delle abitazioni e difenderci dagli sfratti e dai pignoramenti.

3

Soluzione abitativa è autodeterminazione delle donne contro la violenza domestica ed istituzionale.

La casa è il nucleo originario dove la riproduzione sociale si esplica e si diffonde nella società ed è soggetta ad ambivalenze: da un lato è il luogo in cui si danno le violenze più esplicite e si consolidano disparità di potere e privilegio, ma dall’altro potenzialmente vediamo e vogliamo la domesticità come strumento di lotta ed emancipazione dal patriarcato e di nostra organizzazione delle donne. Nei percorsi di fuoriuscita dalla violenza, la casa è una tappa indispensabile spesso negata dalle istituzioni che perpetuano ulteriore violenza. Il ricatto abitativo ed economico è uno dei principali ostacoli all’emancipazione da situazioni di violenza domestica e familiare. Le istituzioni sono complici nella retorica che racconta il debito e la precarietà abitativa come responsabilità e colpa individuale, non come risultato di un sistema finanziario, lavorativo e familistico volto a indebolire l’autonomia personale. La lotta per la casa è uno dei primi strumenti di rottura dell’isolamento in cui tante donne si trovano, di scoperta della propria forza e di legami differenti con le proprie comunità.


4

Soluzione abitativa è fermare l’inquinamento dei territori e il devasto ambientale.

Il mercato capitalistico del mattone si espande, si riproduce non solo sulla nostra pelle e sulle nostre esigenze, ma si nutre anche del nostro territorio, cementificando, inquinando, speculando sopra. Il principio che muove il mercato immobiliare è lo stesso che alimenta tutto il sistema capitalistico: andare sempre avanti, costruire sempre cose nuove lasciando relitti per la strada, creare senza mai fermarsi a sistemare quello che già esiste, producendo così spreco di risorse e consumo inutile dei territori. La città stessa per esistere e per sostenere il consumo sfrenato deve avere una discarica dove relegare i propri scarti. Si crea quindi uno stridente contrasto tra palazzi vuoti e emergenze abitative non considerate, tra smart city e periferie buie, contrasto in cui noi ci inseriamo pretendendo un’alternativa sociale negli orizzonti delle nostre esigenze, realmente ecologica, non l’ennesimo processo capitalistico “verde”.

5

Soluzione abitativa è giustizia sociale.

È nostro obiettivo costruire la fermezza necessaria a riconoscere e contrastare l’ingiustizia sociale abitativa, costruire muri popolari per pretendere e ottenere abitazioni e quartieri degni di essere vissuti. Per questo siamo convinte e convinti che la lotta per la casa non sia di retroguardia. E’ invece una lotta per cambiare modello sociale, è una lotta di potere, inteso come possibilità di riscatto collettivo. I nostri quartieri possono diventare occasioni di democrazia dal basso, di comunità che organizzandosi riescano a costruire reali alternative, solidali, mutualiste, autonome. Lottare per la casa significa stare accanto a chi ha bisogno, e in questa attività vedere la propria soddisfazione poiché cresce la nostra forza. Aggiustare una persiana rotta per la signora del quarto piano, impedire il distacco del contatore dell’acqua perchè non si è potuto pagare, fare un laboratorio di dolci e di biscotti coi bimbi e le bimbe del quartiere, leggere insieme degli articoli, raccontarsi delle storie, giocare. La lotta per la casa è giustizia sociale perché impariamo a stare insieme e a godere dei successi altrui, a combattere l’invidia e l’egoismo, ad accorgerci dei malesseri altrui e a domandarci insieme come fare? E’ giustizia sociale perché un tetto sulla testa è la base ma servono i soldi per tutto il resto. E allora la lotta per la casa è la battaglia per l’assegno

sociale e contro i licenziamenti. E’ impedire che gli anziani del quartiere rimangano senza televisore quando il governo crea l’ennesima truffa dell’HD e delle smart tv. E’ organizzarsi insieme per prendere le visite mediche quando tutto ormai si deve fare con internet. E’ battersi contro i servizi privatizzati di raccolta rifiuti perché le strade siano pulite, e nel mentre organizzare i turni di pulizia. Giustizia sociale è creare un sistema di comunicazione che ti permette di combattere la vergogna di quelle persone che rimangono senza un piatto di pasta o di latte in tavola; ed adoperarsi affinché vengano distribuiti i buoni spesa dal servizio sociale. E nel frattempo costruire un orto comunitario e una raccolta alimentare. Avere un tetto sulla testa è la base, ma dalla base si devono costruire tutte le mura! Queste mura sono la giustizia sociale


Soluzione abitativa è salute mentale.

fatte di errori e di soddisfazioni. Un lavoro vivo fatto insieme contro quelle fredde procedure che separano i nostri bisogni da quelli del “mercato”. La lotta per la casa è terapeutica perché ci fa riconquistare la Rischiare di rimanere senza un tetto sulla propria testa è un’esperienza dannosa. E’ una preoccupazione nostra presenza. Lo smarrimento non è più perpetuo, ma viene cullato dalle parole e dal calore fisico costante, è uno stress emotivo, è un dispendio enordelle nostre riunioni, dei nostri picchetti, delle nostre me di energie. E’ un costante esercizio di difesa da colazioni. La lotta per la casa è recupero del tempo una schiera di avvoltoi sociali che incentivano l’abbandono dell’alloggio con minacce, decreti ingiuntivi, per noi stessi, le nostre famiglie e relazioni. pignoramenti, molestie telefoniche, verbali e talora fisiche. Se si è da soli ci si ritrova in balia di “percorsi” che trattano la persona sotto sfratto oscillando coSoluzione abitativa è indipenstantemente tra la condanna morale dell’essere “catdenza abitativa per la gioventù tivo pagatore” e l’infantilizzazione di chi non capisce le “regole” della burocrazia governativa-sanitaria che La condizione dei giovani “senza eredità” è spinta ad dovrebbe “curare” lo sfrattato. Si è spesso umiliati acquisire una propria autonomia di vita economica e presi in giro. Dispositivo potente della gestione e sociale che negli anni è stata progressivamente neneoliberale della strutturale emergenza abitativa è il gata. Si è costretti a rimanere legati al cordone omservizio sociale. Un esercito formato aziendalmente belicale del proprio nucleo familiare, questo spesso per scaricare i costi della crisi abitativa sulle persone è causa di infantilizzazione e ricatto. La situazione stesse, rinunciando a lottare, neutralizzando ipoteintermittente lavorativa chiude ogni possibilità durasi di resistenza, convincendo ad accettare il “meno tura e stabile di costruzione della sicurezza abitativa. peggio”; case famiglie, affittacamere, contributi temOltre il danno, la beffa: tutto ciò è ulteriormente poranei all’affitto. La cura per la società della salute fatto pesare da chi invece ha avuto privilegi e potere capitalistica deve essere del malato insolvente. La e che ora ci governa giudicando e togliendo ogni tipo lotta e l’organizzazione collettiva sono terapeutiche di opportunità sociale. Palazzinari e proprietari di alinvece perché combatte il sistema ingiusto: è questo loggi lucrano insistentemente sulla popolazione stuad essere malato e irrazionale, da ogni punto di vista. dentesca privandoci di ogni risorsa e costringendoci Dare fiducia, formare in comune esperienze autenti- ad essere un peso economico e di mantenimento per che, sincere, solidali; conoscere studiare e prepararsi la nostra famiglia. il diritto allo studio e le residenze per difendere il proprio punto di vista all’insegna del- studentesche sono un lontano miraggio per poche la giustizia sociale; imparare a litigare e a discutere, persone, la maggioranza, dopo decenni di tagli, non liberarsi dalla falsità a cui veniamo abituati. La salute sa più nemmeno cosa sia. mentale è incompatibile con lo stress finanziario e la La precarietà del lavoro per noi è la norma e l’instadiscriminazione abitativa. La salute mentale è invece bilità economica oramai confligge con le richieste conquistata nell’esercizio costante della critica e economiche di fideiussioni, garanzie private e caparre della comprensione dei problemi sociali, e della per accedere agli alloggi in affitto. Serve conquistarci gioia della rivincita sociale che si dà nell’impegno una garanzia comune e pubblica per ottenere l’alloge nella partecipazione in prima persona. Le terapie gio a prezzi concordati, serve un programma sociale della lotta non prevedono “Medici esperti” né tantodi utilizzo e recupero degli stabili abbandonati, sermeno bombardamenti farmacologici ma promotori vono fondi per i servizi abitativi. Serve conquistarci di iniziative, iniezioni di fiducia e spontaneità, cura l’esperienza di un protagonismo diretto per abbattere della relazioni e soprattutto amore per la giustizia. il privilegio e ottenere nuovi diritti sociali. Ri-conoscersi insieme, combattendo affinchè nessuno finisca per strada, affinché l’affitto diventi sostenibile, affinchè le abitazioni siano dignitose e senza muffa. Liberarsi dei pregiudizi e delle paranoie, frutto dell’individualizzazione estrema, altra faccia del mito proprietario. La società dei proprietari è quella che ti inganna e ti lascia per strada, che ti compiace per spillarti i soldi in un mutuo o in un affitto. La società della giustizia abitativa è fatta di condivisioni e scontri, un tessuto di connessioni sensibili, umane,

6

7


CASEMATTE: programma Venerdi 29 0ttobre

pranzo sociale

H. 13:30

H. 15.00

Pranzo studentesco

A seguire... Gioventù fragili, fondamenta fragili.

Tavola Rotonda Lo stress finanziario abitativo

Sfratti e Pignoramenti: organizziamoci per l’affitto sociale.

Incontro per l’autonomia giovanile

A seguire...

H. 16:30

La lotta dei comitati iberici per il controllo pubblico degli affitti

Sportelli della piattaforma

momento laboratoriale di incontro, di ascolto e di scrittura condivisa delle storie di lotta e delle prospettive di chi vuole iniziare ad affrontare tutte le problematiche legate alla propria questione abitativa

H. 19:30

Con compagn* dei comitati di Barcellona, Lisbona e Andalusia

cena sociale

domenica 31 0ttobre Colazione

Aperitivo

Presentazione e saluti iniziali

sabato 30 0ttobre Colazione

H. 10:00 Assemblea donne in lotta per la casa Esperienza, autonomia, autodeterminazione

Pranzo sociale

H. 9:30 Tavola Rotonda Serie Zeta a chi? Lotta dei quartieri: tra Case popolari, occupazioni e mutualismo

a seguire... Focus

attivi tutti i giorni - Spazio ludico e attività per l* più piccol* - Bar


CASEMATTE: Gioventu fragili, fondamenta fragili Incontro per l’autonomia giovanile Venerdì 29 ottobre pranzo studentesco h. 13:30

Il lockdown forzato nelle nostre abitazioni, che siano state le strette mura con i genitori, i termitai degli studentati o le topaie guadagnate con il nostro sfruttamento, ci ha fatto vedere chiaro una cosa: gioventù vuol dire precarietà. Per l’istruzione, per i rapporti familiari e interpersonali, per la casa, per un futuro su questa Terra, per ogni cosa, in tutto e per tutto, siamo “precari”. Vale a dire, non proprio finiti, stabilizzati, tranquilli, sicuri. A scuola non ci hanno insegnato a difenderci, ancor meno a lottare, ma a essere inseriti in una gabbia di competizione, giudizio e valutazione continua; All’università blaterano di meritocrazia, di non fare domande, non aver senso critico, di inserirci in un tritacarne in cui solo pochi sopravvivono e che si nutre di sogni infranti e privazioni; complessivamente, ci formano o a subire o a comandare, quindi a stare necessariamente dentro rapporti sociali, umani, interpersonali di sfruttamento e dominio. Arriviamo a lavoro che siamo ben educati a stare zitti, a chinare il capo e dire grazie, anche per quello stesso lavoro di merda che siamo costretti a fare, in cui le uniche regole sono sfruttamento e paghe misere. Ci raccontano come un mantra che questa è la “vita normale”, fino a farcelo interiorizzare, a renderlo la nostra sicurezza, alla quale non concepiamo neanche una vaga alternativa: “Andrà tutto bene”... “Ce la faremo”...”Come stai? Bene...” I nostri professori, padroni e padroncini, talvolta i genitori, giocano il loro potere sulla nostra assenza di autonomia. L’orizzonte della precarietà è lo stesso della dipendenza. Stare dietro ai voti, dietro a lavoretti, dietro ai soldi della famiglia (quando ci sono!) sono tutte forme di dipendenza, in cui, prima ancora che lo sfruttamento materiale, quello che conta è avere un potere su di noi: se dipendiamo da qualcuno siamo ricattabili, siamo esposti, siamo insicuri, siamo manipolabili. Questo è il risvolto della precarietà.

iniziative

La casa è il fulcro e il centro di questo problema: vivere in affitto, cercare case o studentati ogni anno, sperando di non trovare un buco o almeno che i riscaldamenti funzionino, è il principio della nostra dipendenza. Non avere uno spazio per sé, dover cercare spazi in città (spazi che non ci sono), essere costretti a consumare… è una catena che si innesca e che comincia là dove noi non siamo autonomi e indipendenti, che è uno dei nostri bisogni essenziali e principali, perché significherebbe poter decidere meglio sulle nostre vite. E la dipendenza è la forma stessa del nostro vivere, così come la precarietà; non a caso le vite giovanili oscillano in tensioni nichiliste, dal consumo di sostanze, alla socialità compulsiva, alle ansie e ai disturbi (che chissà perché aumentano sempre di più), senza mai un punto fisso, sparate da una parte all’altra, da un lavoro a un altro, da una scuola a un’altra, da un bar a un altro e così via. Stiamo male, abusiamo di noi stessi, degli altri, di sostanze, di dipendenze, abbiamo bisogno di evadere, di non pensarci. Quando scrolliamo i nostri cellulari o ascoltiamo distrattamente la TV vediamo facilmente quello che i boomer pensano e dicono di noi: ci compatiscono o ci disprezzano, o addirittura ci dimenticano, cancellati e zittiti quando si parla di noi, ci tirano fuori solo quando c’è da spillarci soldi e lucrare sul nostro futuro. Per il resto siamo bamboccioni che traccheggiano dieci anni all’università o che puntano a campare a sbafo con il reddito di cittadinanza e un bel lavoro al nero (come se fossimo noi a guadagnarci). Andiamo via di casa a 40 anni non perché siamo mammoni, pigri, svogliati, anzi! Città intere si reggono sulle nostre fatiche e su quelle dei nostri genitori; facciamo lavori umilianti, stressanti e faticosi e a malapena riusciamo a permetterci una topaia. Ora più che mai in pandemia abbiamo bisogno di case a nostra misura, sicure, stabili per non dover più impazzire a causa di un futuro incerto e di un merdaio che non abbiamo creato noi. Ritrovare una stabilità e un’autonomia in un bisogno fondamentale, perché è la base di tantissimi altri e sta al centro della costruzione di nuove relazioni e nuove


comunità. Vorremmo cominciare condividendo esperienze, desideri e lotte che ci permettano di emanciparci e crescere collettivamente, nello sforzo e nella tensione di non farci annullare da queste dinamiche di dominio e sfruttamento, per costruire un’alternativa valida, creativa e antagonista al nichilismo e all’alienazione, i due orizzonti in cui le nostre vite dovrebbero stare, per chi comanda. Queste sono alcune delle domande\riflessioni che vorremo utilizzare come traccia. Quali sono le esperienze di vita e di lotta contro la mancanza dell’edilizia residenziale studentesca? Quali sono le esperienze di lotta contro i prezzi alti degli affitti e la mancanza di un welfare pubblico per le giovani generazioni? La riproposizione delle coperture economiche da parte dello Stato per il mutuo prima casa per i giovani, a cosa risponde? Ma più in profondità.. Cosa ci spinge a voler uscire di casa? Cosa vogliamo ottenere lasciando casa e famiglia? Cosa ci ha spinto anche a restare, in alcuni casi: paura? abitudine? Vogliamo esprimere e analizzare bisogni, le difficoltà economiche, la voglia d’indipendenza; le problematiche connesse ai tanti nostri disturbi delle attenzioni, al perenne spaesamento emotivo ed esistenziale, alla necessità disattesa della voglia di sentirsi valorizzato, alle trappole del mancato riconoscimento sociale. Vogliamo analizzare anche concretamente cosa significhi vivere in sovraffollamento, socializzare il disagio abitativo costretto dall’assenza di stabilità dei con-

tratti di lavoro, e la sproporzione dell’affitto; e il non potersi permettere di spendere troppo per stare male. Ma anche il rapporto con i propri genitori, provando a infrangere i tabù e le rappresentazioni semplicistiche della famiglia: cosa significa affrontare i ritmi differenti e togliere dal ventre individualistico l’aria di conflitto con i genitori. Provare a politicizzare queste questioni. Può darsi che i tuoi genitori ti possano anche rassicurare su il posto letto, sul pasto in tavola, sul mantenerti economicamente, ma questo non ci basta, perché? Vogliamo discutere anche delle esperienze positive e delle difficoltà (talora comiche) del come mandare avanti una casa e del come prendersi cura dei nostri spazi! Esperienze di occupazioni abitative e di convivenza in affitto. Può darsi che questi aspetti siano considerati pre-politici, ma siamo convinte e convinti che senza una costruzione collettiva di queste radici, senza la condivisione e l’analisi di queste problematiche, che sono il campo dove maturano bisogni interessi, sia difficile porsi sul terreno dell’organizzazione collettiva! Per questo “casematte” rappresenta per noi la conquista di uno spazio dove aprire questo nuovo percorso di lotta per l’autonomia abitativa giovanile... partendo dalle basi!


tavola rotonda serie zeta a chi? Case popolari, occupazioni, mutualismo. Lotte di comunità in quartiere, periferia, provincia Sabato 30 ottobre h. 9:30

Negli ultimi anni il disagio abitativo, la mancanza di servizi sociali e sanitari, l’impoverimento della popolazione lavoratrice, l’aumento del costo della vita stanno assegnando allo spazio suburbano e periferico una diversa centralità. “il populismo” come forma di governo di queste nuove tensioni sociali è in una parabola discendente e a livello politico istituzionale i partiti non sono più interessati a guadagnare rappresentatività per la crescente massa degli espulsi e degli impoveriti. Da tempo prendono forma nelle province periferiche della città vetrina forme di organizzazione e lotta per autodeterminare vecchi e nuovi bisogni. Con questa Tavola Rotonda, vogliamo discutere e progettare punti di vista sulle battaglie sociali degli esclusi. le occupazioni abitative e quelle sociali, ai presidi di quartiere, i movimenti di base che intrecciano lotta alla segregazione, alla violenza istituzionale con pratiche di partecipazione e cittadinanza attiva. L’angolatura che scegliamo come introduzione a questa multiforme ricchezza sociale, densa di contraddizioni e di vita, sono i luoghi periferici in lotta. Ad esempio, le case popolari sono utilizzate dalle amministrazioni come discariche sociali. Molte non vengono assegnate, praticamente la totalità abbandonata all’incuria. Svuotate completamente dal loro valore di diritto sociale, inabitabili e decadenti, diventano motivo di stigma e discriminazione per chi le abita, noi, i suoi abitanti “di serie z”. Al tempo stesso però riuscire ad accedervi è un miraggio, i criteri assurdi per le assegnazioni di spazi angusti e insalubri ci vorrebbero obbligati a partecipare a una gara feroce, l’un contro l’altr, mentre le amministrazioni mettono in vendita tutto il loro patrimonio pubblico abbandonato e all’orizzonte non si vedono che privatizzazione e piani di cosiddetto social housing. In tutto questo, le privazioni e le rinunce a cui è costretto chi abita in ciò che rimane delle case popolari non fanno che accrescere insofferenza e disagio: alle denunce delle inaccettabili condizioni degli immobili viene risposto con colpevolizzazione e umiliazione, alle richieste di intervento, tentativi di svilimento e ricatto.

A partire da queste inevitabili considerazioni preliminari, vogliamo, con questa tavola rotonda, confrontarci e formarci insieme su possibili rivendicazioni, organizzazioni e pratiche di lotta. Trovare idee e strumenti per unire e accrescere le nostre forze, ridare dignità alle nostre vite nei contesti dei quartieri popolari, per indirizzare la nostra rabbia e umiliazione verso le istituzioni che sistematicamente tentano di metterci un* contro l’altr* . In questo senso, partendo dalla nostra esperienza, dalle nostre pratiche e dai conflitti che abbiamo attraversato, condividiamo alcuni interrogativi utili per la discussione. A distanza di anni dalla messa in opera violenta del Piano Casa Lupi e Renzi, come stanno reagendo i movimenti di lotta di occupazioni abitative nei contesti urbani? quali strategie di difesa e rilancio per contrastare l’ulteriore precarietà provocata dall’articolo 5? Come stiamo fronteggiando i dispositivi di repressione che da anni stanno provando a criminalizzare la lotta per l’abitare dignitoso? come stanno incidendo da nord e sud italia le opere di rigenerazione urbana promosse da governo, regioni e comuni e sponsorizzate dalle lobby del mattone? che tipo di conflitti sono nati sul crinale di queste riqualificazioni? Quali sono le prime forme di protesta che possiamo mettere in campo rispetto alla manutenzione e le condizioni delle case popolari e quali sono le principali controparti? (es. esonero dall’affitto) Come valorizzare disagi e privazioni in un percorso di costruzione di nuove lotte nei quartieri popolari? (es.sovraffollamento) Quali lotte apparentemente non inerenti alla questione abitativa possono risultare perni fondamentali per la riconquista della dignità di chi abita nelle periferie popolari? (es. lotta per le visite mediche) In quali modi l’organizzazione collettiva di servizi comunitari o forme di mutualismo possono trasformare la partecipazione de* abitant*, il loro benessere e fiducia reciproca? Andando a intervenire insieme su quali aspetti della vita del quartiere? (es. formazione bambin*, igiene e pulizia, manutenzione, questione alimentare...)


tavola rotonda lo stress finanziario abitativo Sfratti e pignoramenti: organizziamoci per l’affitto sociale Sabato 30 ottobre h. 15:00

Con la legge 431 del 1998, che ha liberalizzato il mercato degli affitti, si è aperta una nuova fase di speculazione. Il prezzo d’affitto degli immobili è scelto solo e solamente dai proprietari che li mettono in affitto, in larga parte speculatori, palazzinari e fondi finanziari. La norma dei contratti a libero mercato è un sopruso che può avere tante forme: prezzi altissimi, condizioni inabitabili dell’alloggio, mancanza di risposte alle richieste di manutenzione straordinarie. Questo mercato volutamente non tiene conto delle possibilità de* inquilin*, del precario mercato del lavoro e della fragilità economica a cui siamo sottopost*. Le politiche Ue e il PNRR continuano ad agevolare e oliare i meccanismi di questo sistema di violenza e attacco sociale. Persone e famiglie si trovano sole davanti alla “vergogna” di non poter sostenere queste spese e alla rabbia di doverle sostenere nonostante siano sproporzionate rispetto al proprio salario e alle condizioni abitative dell’alloggio. “Mi vergognavo di stare in una casa che mi faceva paura, perché cadeva a pezzi, il proprietario si è sempre rifiutato di sistemare il tetto e gli impianti”. Quando non si riesce più a sottostare a questo sopruso i rapporti con la proprietà si deteriorano immediatamente. Minacce, istanze di sfratto, tribunali, avvocati, servizi sociali. Una piovra burocratica che cerca di trasformare la paura in orrore e assenza di speranza.

Questo accade anche a chi ha da pagare un mutuo per l’alloggio in cui vive. I tassi d’interesse mutano, il lavoro viene a mancare, dei problemi di salute irrompono nelle vite e ci si ritrova con la casa pignorata, in vendita all’asta giudiziaria. Anche qui: tribunali, avvocati, istituto vendite giudiziarie, minaccia della forza pubblica. In entrambi i casi pende sulle nostre teste la spada di Damocle dei decreti ingiuntivi, usati come vendetta e ricatto, che erodono il poco reddito a disposizione, portando le persone in condizione di non riuscire a sopravvivere. Questa pressione quotidiana crea malesseri, vergogne, sensi di colpa, depressioni, ansie. Porre le persone in condizione di non avere più una casa, che è ben più di un tetto sopra la testa, è un attentato alla società e alle comunità. Chiamiamo questa condizione “stress finanziario”. Una violenza istituzionale perpetrata in primis dai tribunali, fabbriche di persone senza casa. In tanti anni di lotte abbiamo combattuto questo stress, le sue cause e i suoi effetti. Trasformare la paura e la mancanza di speranza, che le istituzioni vogliono alimentare e attaccare addosso alle persone, in percorsi collettivi di lotta, riscatto, costruzione di forza e prospettive. Non sentirsi più sol* e colpevoli ma insieme contro questo sistema, per costruire relazioni e possibilità nuove. Con questa tavola rotonda vogliamo costruire un incontro in cui formarci, condividere e discutere le procedure che caratterizzano lo stress finanziario e gli strumenti che abbiamo costruito/vogliamo costruire per combatterlo nelle sue personificazioni di sfratto e pignoramento: Udienze di sfratto nei tribunali Decreto ingiuntivo Vertenza con i padroni di casa: autoriduzione, richiesta nuovo contratto, indennità etc.. Rapporti coi servizi sociali: colloqui, incontri, mediazioni Picchetti anti-sfratto/pignoramento ufficiale giudiziario e forza pubblica: tecniche e trappole. 610, rinvio posticipato, bugie su accordi per desistere picchetto. La condivisione di queste esperienze pensiamo sia utile per costruire una nuova base comune di lotta nazionale contro gli affitti per il libero mercato e la speculazione immobiliare. analizzare ricchezze e difficoltà delle nostre resistenze si servirà per progettare azioni comuni di mobilitazione per vincere le nostre battaglie contro le leggi che regolano la violenza economica contro il diritto alla casa!


Assemblea donne in lotta per la casa Esperienze, autonomia e autodeterminazione Domenica 31 ottobre h. 10:00

Lottiamo per la nostra libertà, ogni giorno sfidiamo la povertà che ci viene imposta e inventiamo nuovi modi per sopravvivere, noi e le nostre famiglie, per essere indipendenti, per non farci ferire dal razzismo e dal classismo. Siamo sfruttate come e assieme ai nostri compagni. Ma non siamo uguali, né a lavoro né a casa. Dobbiamo sfidare anche i soprusi che ci colpiscono come donne. Per noi la mancanza di asili, didattica online, persone disabili o anziane da curare significano non sapere come fare ad andare a lavoro, come pagare le bollette, come comprare il materiale scolastico necessario. Significa non avere tempo per sostenere nei compiti i nostri bambini. Non poter pagare visite mediche e farmaci. E dobbiamo persino preoccuparci di chi ci dirà che non siamo buone madri, che non facciamo abbastanza. Dobbiamo vivere con la minaccia che ci tolgano i figli perché siamo povere e perché lavoriamo troppo poco. Abbiamo affrontato episodi di violenza domestica,

violenza dei compagni e dei mariti, che a volte abbiamo timore di denunciare per colpa della precarietà abitativa in cui viviamo e per colpa delle ingiustizie che ci fanno vivere le istituzioni che dovrebbero aiutarci. Abbiamo affrontato la violenza del giudizio delle istituzioni. Le vessazioni dei datori di lavoro agli occhi dei quali, in quanto donne, risultiamo ancora più ricattabili e sfruttabili. Le minacce dei padroni di casa, che hanno provato a farci paura perché eravamo sole o con affianco unicamente i nostri figli. La lotta per la casa rappresenta per noi la possibilità di parlare di questo e di tanto altro, di organizzarci insieme costruendo forza, autonomia e autodeterminazione contro le istituzioni patriarcali che ci vorrebbero isolate, fragili e disposte a farci carico in silenzio di tutto il peso delle loro inadempienze. Nell’assemblea di domenica mattina vogliamo parlare di questo e insieme mettere dei punti fermi sui quali continuare a costruire le basi di una lotta per la casa che ci vede protagoniste, come donne e compagne. Vogliamo farlo insieme a tutte coloro che in questi anni hanno lottato per conquistare sempre più forza, spazi e coraggio. Veniamo da posti diversi, la nostra pelle e i nostri occhi hanno colori diversi, abbiamo età e bisogni diversi ma lottiamo per tutto ciò di cui abbiamo bisogno, una accanto all’altra. Lotteremo di più, lotteremo tutte insieme e le nostre case saranno i fuochi della rivoluzione.


appendice Sullo “Sciopero dell’affitto”

Lo “sciopero dell’affitto” è già una realtà di massa per decine di migliaia di residenti in locazione privata. L’insostenibilità economica dell’affitto rispetto al salario sociale e il “mal di abitare” dovuto alle pessime condizioni in cui sono costruite e affittati gli alloggi privati nelle varie cinture periferiche o nelle città sono i motivi scatenanti per cui nasce la morosità e si accumula il debito degli inquilini nei confronti del Mercato. Ma questo “sciopero” è vissuto individualmente e sottoposto a vessazioni, molestie e soprusi da parte dei proprietari e dal sistema istituzionale che ne garantisce il potere. Scopo di questa discussione è analizzare i comportamenti di resistenza e di lotta che nascono nelle lotte abitative, guardando ai rapporti sociali tra conduttore e locatore come fonte dell’ingiustizia. La moltiplicazione dei picchetti antisfratto è una pratica di resistenza fondamentale contro l’emergenza abitativa. Allo stesso modo pensiamo che la lotta per l’abolizione della legge 431\98 e l’imposizione del controllo pubblico degli affitti debba nutrirsi di una molteplicità di pratiche e vertenze capace di sabotare dall’interno in più punti l’intero rapporto sociale contribuito dalla “locazione privata”. Costruire un punto di vista ed un sapere di parte che sostenga scientificamente le ragioni della battaglia contro il libero mercato è il nostro obiettivo. Rompere l’ideologia proprietaria; il sentimento di vergogna e di paura che nasce dal non poter più pagare, ribaltarlo in consapevolezza e in obiettivi per ottenere un cambiamento strutturale dell’impianto liberista che regola l’accesso all’abitazione, sono dei compiti che vogliamo porci da subito per costruire un movimento generale per la riduzione dei contratti di affitto. La contraddizione tra buste paga da fame, lavoro estenuante – interinale, part-time, esternalizzato – e spese altissime per l’abitazione, è esplosiva. È tenuta a galla da un sistema politico e finanziario basato sulla compressione individuale delle relazioni sociali, sul ricatto del debito e sulla paura di finire in mezzo ad una strada. Affrontare pubblicamente questa ingiustizia abitativa economica, significa mettere in risalto la truffa dei contratti libero mercato,

svelando la diversità ed il privilegio costruito sulla proprietà. Il discorso pubblico è caratterizzato da un ribaltamento delle parti. Sono i proprietari a piangere per la cattiveria e furbizia degli inquilini. Nostro compito è dare voce e organizzazione a chi resiste ai soprusi, mostrando l’avidità, la falsità e la manipolazione che i padroni di casa attuano costantemente. Si parla degli affitti mancati, ma non vengono mai calcolati le decine o centinaia di migliaia di euro che quel nucleo familiare inquilino negli anni ha versato al proprietario, magari senza ricevere alcun tipo di manutenzione. E alla prima difficoltà il rapporto si incrina: si viene giudicati per la macchina posseduta, si viene spiati negli acquisti che si fanno per sostenere la propria famiglia. Una volta una famiglia allo sportello ci raccontò che il padrone di casa aveva rinfacciato all’inquilino moroso di averlo visto a passeggio d’estate sul lungomare a comprare il gelato alla figlia! Questa avidità è la caratteristica del mercato e su questa va contrapposto un senso di giustizia e di equilibrio da conquistare dando forza ai bisogni delle persone; rompendo il senso di solitudine e di abbandono. Costruire una prospettiva per tutti coloro che sentono di voler pagare meno l’affitto, per non rinunciare più a vivere una vita dignitosa. Il senso comune da fondare è quello che ha il coraggio di dire che la norma dei contratti di affitto libero mercato è il sopruso da parte dei padroni di casa, sia nel prezzo che nelle condizioni di abitabilità!


Le vertenze con i padroni di casa: autoriduzione e lotta per un nuovo contratto “Facevo la cameriera ai piani, lavoravo tutto il giorno per una busta paga di 1150 euro, facevo altri due lavori al nero come pulizia nelle case, e comunque non riuscivo a pagare l’affitto serenamente.” I salari italiani in Europa dal 1990 al 2020 sono gli unici ad essere diminuiti (-2,90%)! La liberalizzazione degli affitti invece ha fatto aumentare esponenzialmente i canoni di locazione, fino al 300% in trent’anni! Si calcola secondo fonti istat che le spese per l’abitazione – comprensive delle utenze- arrivino ad incidere fino al 40% del reddito familiare per coloro che sono in affitto. Il fondo per la morosità incolpevole, disciplinato dalla Legge 124/2013 , ha definito che l’improvvisa incapacità di pagare l’affitto dovuta alle varie cause della diminuzione reddituale maggiore del 30%, costituisce “morosità incolpevole”. I comuni quindi bandiscono dei fondi che vengono ripartiti ai proprietari di casa (fino a 12mila euro) per “slittare” l’esecuzione dello sfratto oppure per sospenderlo contraendo un nuovo canone di locazione.

Questa procedura è un ammortizzatore sociale per la rendita e dimostra l’insostenibilità dei contratti libero mercato in relazione alle famiglie. Ma anziché intervenire sul problema – la libertà proprietaria di abusare del bene casa mutandolo in merce su cui speculare – lo Stato interviene per gestire l’emergenza della “morosità”, ovvero la caduta dei profitti proprietari. L’accesso a questi fondi deve diventare oggetto di battaglia sociale e politica affinchè i proprietari che ne utilizzano debbano essere costretti a fare nuovi contratti sociali di locazione e a rendere l’alloggio abitabile e dignitoso, spendendo i soldi per le manutenzioni straordinarie (che puntualmente vengono sospese quando l’inquilino smette di pagare).

“Mi vergognavo di stare in una casa che mi faceva paura, perché cadeva a pezzi, il proprietario si è sempre rifiutato di sistemare il tetto e gli impianti” Un altro elemento scatenante il ritardo, l’autoriduzione o l’interruzione dei canoni di affitto è costituito dal ricorrente risparmio che i proprietari fanno lasciando deteriorata l’abitazione in affitto, rifiutandosi di adeguare gli impianti, i tetto, le mura agli standard di “abitabilità”. Ci sono leggi che regolano questi standard e le condizioni igienico-sanitarie che devono essere mantenute negli alloggi. I Beni immobili che non li possiedono non potrebbero essere locati, oppure il non soddisfacimento prolungato di questi requisiti comporta il diritto dell’inquilino a sospendere i canoni di locazione. E’ possibile e necessario certificare e documentare l’inabitabilità dell’alloggio tramite una richiesta di ispezione alla usl di riferimento, o in alternativa produrre una perizia privata dal geometra, sia nel caso di problematiche già presenti all’inizio del contratto locativo sia sorte successivamente, durante la permanenza dell’alloggio. Il proprietario dirà che “la colpa” è della negligenza dell’inquilino, o troverà scuse di altro tipo. Noi invece sappiamo che non pagare l’affitto se la casa non è a norma è un diritto. Conquistare collettivamente questa “norma” significa coinvolgere in questo percorso di “ispezione popolare delle condizioni dell’alloggio” molteplici saperi e figure. Avvocati, architetti e geometri, muratori ed idraulici, elettricisti; ma anche studiosi delle condizioni igienico sanitarie, e medici. Il problema della salute per il cattivo abitare è sempre più frequente: patologie cronicizzate come l’asma bronchiale, per non parlare di danni gravi derivanti da “incidenti domestici” cau-


sati dall’assenza della sicurezza sulle immobile sono frequenti. Il moto di rabbia che ne consegue non può però perdersi nella fatalità o nella disperazione ma va ricondotto a queste dimensioni strutturali del risparmio proprietario sulla salute, sicurezza, abitabilità degli alloggi! Non è un caso che queste situazioni siano piene di invarianze con altri fattori: la precarietà dell’alloggio è frutto di una ricerca sul mercato abitativo nelle fasce urbane secondarie e terziarie, per cercare locazioni più economica, ma assolutamente sproporzionate nel prezzo. Il poco risparmio economico è però ricompensato dalle sistematiche cattive condizioni delle abitazioni.

i contratti a canone concordato e gli “Accordi Teritoriali” L’unica forma di calmierazione dei canoni di locazione “sopravvissuta” alla scomparsa dell’equo canone nella legge 431\98 è quella che prevede, facoltativamente, la stipula di contratti a carattere “concordato”. Questo tipologia, largamente inutilizzata per più di 20 anni prevede l’istituzione di accordi territoriali tra enti ed istituzioni pubbliche e rappresentanze dei sindacati inquilini e le associazioni dei proprietari al fine di determinare delle zone di locazione corrispondenti a diverse “oscillazioni” dei prezzi degli alloggi al metro quadro. Sono previsti inoltre dei criteri ulteriori in base alla data di edificazione degli alloggi, alle sue caratteristiche, alla dotazioni di arredi e di altri spazi accessori (cantine, garage etc..). Questi contratti prevedono per i proprietari la possibilità di ottenere uno sconto sulla tassazione Imu al 10%, e sono della durata 3+2 anni. I prezzi vengono ripassati di un circa 30% ma le fasce di oscillazioni potrebbero ridurli ulteriormente. Solo con la pandemia molti proprietari hanno fatto ricorso a questo strumento, per contrattare dei canoni diventati insostenibili per milioni di persone. Un utilizzo che viene fatto di questi contratti è molto spesso quello di gonfiare le spese accessorie o di truffare sulle caratteristiche degli alloggi o addirittura sui metri quadrati affinchè si raggiungano comunque prezzi di affitto identici al libero mercato ma ottenendo lo sconto sulla tassazione! Questi contratti inoltre devono essere soggetti a revisione periodica per rideterminarne i prezzi e dovrebbe essere istituita a livello comunale una “commissione di garanzia” formata dalle rappresentanze degli accordi con il compito di risolvere i vari contenziosi di tipo economico o di abitabilità, prima i ricorrere a procedimenti giudiziari. Nella realtà questo strumen-

to non viene mai utilizzato e il proprietario continua a fare da Padrone: anche le istituzioni non hanno alcuna forma di controllo degli accordi territoriali né dei contenziosi che nascono per morosità incolpevole. Un ulteriore utilizzo di questi contratti è quello in relazione all’ottenimento da parte dei proprietari dei fondi per la morosità incolpevole: lo sfratto può essere revocato con l’ottenimento di una quota monetaria per coprire il debito dell’inquilino pagato dallo Stato, in cambio deve essere istituito un nuovo contratto del tipo “concordato”. Nella passi corrente avviene che questo canone ricalca lo stesso prezzo di quello precedente a libero mercato ed il proprietario dopo aver preso i fondi per la morosità incolpevole è subito pronto ad emettere un nuovo provvedimento di sfratto non appena l’inquino non riesca a pagare la mensilità dell’affitto; a quel punto di nuovo il proprietario può fare richiesta di accesso ai fondi della morosità incolpevole... una ruota infernale che garantisce alla rendita contributi milionari dallo Stato e che lascia gli inquilini in preda a procedimenti governati da tecniche burocratiche rette solo sulla paura di finire in mezzo ad una strada. Diventa sempre più esplicito il dissenso nei confronti di “regole” che sono ideate ed applicate esclusivamente sulla base di ritorsioni e ricatti. La scrittura di nuove regole per la riduzione dei canoni di locazione passa quindi dalla capacità collettiva di minare a fondo tutte le violente procedure che attualmente abusano dei diritti dei residenti e degli abitanti. Può apparire un commento “emotivo”, ma la nostra esperienza ci parla dell’insubordinazione e il coraggio di affrontare consapevolezze la morosità per ottenere un nuovo rapporto di locazione “più giusto” passa più dalla reazione a comportamenti di “presa in giro” e di di “manipolazione” da parte dei proprietari che da “freddi” ragionamenti tecnici sindacalesi. Una nuova forma di organizzazione sindacale e sociale può nascere, riscrivendo contratti, imponendo accordi, solo se saremo in grado di dare forza e progetto alle tante resistenze a questi soprusi! IN SINTESI: se più del 30% del reddito se ne va nell’affitto, se la casa che hai preso in locazione è malsana, ed il proprietario si rifiuta di fare i lavori di manutenzione NON PAGARE E’UN DIRITTO! La morosità non è colpevole, è il mercato ad essere responsabile della tragedia degli sfratti! Lo stato stanzia i fondi per la morosità incolpevole ai proprietari, ma questi non abbassano i contratti di affitto! Ci vuole un controllo da parte degli abitanti sui fondi e su come vengono gestiti!


rapporti con i servizi sociali: colloqui, scontri, mediazioni Uno dei pilastri del sistema liberista degli affitti e dei mutui è la realizzazione di sé come soggetto nella capacità di essere solvibile acquistando e possedendo mezzi e proprietà da cui ricavare Status. Nel momento in cui viene meno la capacità economa di “farcela” il debitore viene trasformato in “malato”, e quindi infantilizzato, trattato come un bambino da assistere in una rieducazione che ha l’obiettivo di rivalorizzarlo e dargli nuove possibilità di stare sul “marcato”. La gestione dell’emergenza abitativa è affidata ai servizi di alta marginalità della Società della Salute. Gli\le assistenti sociali di base, anch’esse precarie, esternalizzate in cooperative, vengono assunte per formare un esercito di controllori con l’obiettivo di far crescere i profitti della Società della Salute, che ha una governance di tipo manageriale e aziendale. Gli assistenti sociali non rispondono quindi al codice deontologico e professionale né a rapporti di reciprocità con i cittadini bisognosi, tanto meno con la comunità. Ma a commissioni che stanziano fondi e fanno investimenti su “progetti” e che hanno come obiettivo “il bilancio”. L’emergenza abitativa ha progetti di tipo privatistico e nessuna forma di garanzia sociale pubblica: soldi agli affittacamere privati, presa in affitto di strutture privati, contributi all’affitto per i proprietari stanziati dal servizio sociale. Obiettivo è curare il malato moroso aiutandolo a “pagare”. Invece è possibile e necessario organizzarsi insieme come comunità di persone impossibilitate a pagare il libero mercato affinchè questi servizi non siamo rivolti contro di noi ma che tutelino i diritti sociali. Sia nei rapporti con i proprietari sia nei rapporti con gli ufficiali giudiziari durante gli accessi, il servizio sociale deve essere messo nella condizione di individuare alternative utilizzando gli alloggi pubblici in disuso. Significa quindi saper organizzare una risposta alle tante esclamazioni che dicono “noi non abbiamo case”. Tenere vuote le case pubbliche e dare soldi pubblici ai proprietari è un controsenso da sottolineare. Dare i contributi ai proprietari senza provare a far ricontrattare gli affitti è un controsenso. Il servizio sociale serve come dispositivo di individualizzazione del rapporto tra persona e diritto alla casa. Sempre meno sono le persone che possono ottenere alloggio popolare tramite graduatoria erp pubblica, sempre di più invece si moltiplicano strumenti e dispositivi di emergenza abitativa che prevedono il ricorso al “privato”. Ma questo “ricorso” non vede nessuna contrattazione tra stato e mercato ma il semplice asservimento del primo al secondo.

Tutto ciò prende forma in una legittima diffidenza paura e ostilità dei nuclei familiari che si trovano o a piegarsi ai ricatti soddisfacendo i “percorsi” assolutamente umilianti previsti dal servizio sociale oppure semplicemente “non accedendo” a questi tipi di servizi. Lottare insieme affinchè questi servizi “facciano il loro lavoro” cioè “aiutino” le persone invece di metterle sempre di più in condizioni di vergogna e difficoltà è un obiettivo ricompositivo anche proprio con quei soggetti che all’interno di queste macchine aziendali sociali si trovano a lavorare in condizioni di precarietà. Il primo passo è non essere “soli” a questi appuntamenti. Accompagnare le persone ai colloqui, formarsi e informarsi sui propri diritti, saper mettere in discussione limiti e applicazioni delle regole assurde, ottenere deroghe e spingere su possibili “contro - percorsi sociali”. Far chiamare l’ufficiale giudiziario per far rinviare lo sfratto, oppure far mettere al tavolo il proprietario per ridurre gli affitti, così come ottenere delle garanzie sociali per l’ottenimento di alloggi sono compiti che possiamo fare e discutere insieme per radicare nelle comunità dei territori, fatte da giovani, famiglie , donne, un modo diverso di rapportarsi con le istituzioni. Non più paura, ma rispetto!

gli sfratti: dalle udienze in tribunale ai picchetti Un altro aspetto che intendiamo discutere ed analizzare e che sottratto dalla sua dimensione esclusivamente “tecnica” è il procedimento giudiziario di sfratto. Questo perchè l’organo competente di curare e applicare la legge è il Tribunale, che sempre di più è il luogo dove la giustizia assume dei caratteri di classe. La sezione civile del Tribunale è oramai una fabbrica dei senza casa. Perciò questa procedura è da conoscere e contestare per come viene attuata. L ‘udienza in tribunale è una pura formalità: i giudici non vogliono ascoltare le tue ragioni, i motivi per cui non hai potuto pagare, i lavori strutturali mai eseguiti dal proprietario. Allo stesso tempo il giudice sforna sentenze in serie. I procedimenti di sfratto sono quasi un milione negli ultimi anni. Da questi numeri e dalla serialità della giustizia “civile” in materia di morosità incolpevole si può serenamente affermare che il problema non è più di tipo individuale, il “reato” è di tipo sociale: a dover essere sul banco degli imputati deve esserci la legge 431\98! Il modo in cui si “diventa” morosi e in cui si affronta il calvario del procedimento deve qui di costituire un tempo politico, di lotta e di forma-


zione. Lo stesso sistema giudiziario oramai vede un rodaggio tra avvocati dei proprietari, degli inquilini, giudici che asfalta qualsiasi possibilità di presa in considerazione dei problemi dell’inquilino. Le velocità di convalida e l’assenza di dibattimento sono dei gravi elementi antidemocratici sintomo di un rapporto di forza tutto teso a rendere legale l’ingiustizia dell’abuso proprietario. Ma anche qui possiamo e dobbiamo batterci, e tutto ciò non va considerato “immutabile” ma soggetto a cambiamento!

cresce il rischio di non riuscire a portare a termine l’obiettivo: il rinvio dell’esecuzione e l’apertura di tavoli di trattativa per conquistare soluzioni abitative. Questo perchè il picchetto è una pratica di lotta, un’azione diretta, che immediatamente chiarifica le parti in campo dello scontro, misurando e modificando i rapporti di forza. Da una parte il bisogno abitativo, dall’altro la volontà di continuare a lucrare sull’abitazione. Questo scontro va costruito e coltivato adoperando varie strade al fine di ottenere il massimo livello di energia sociale. Nella nostra città dopo Allarme rosso: il Decreto ingiuntivo. un primo ciclo di lotta contro l’emergenza abitativa Un mezzo che costituisce un deterrente e una minac- (2011-2014) che ha visto numerosi picchetti essere cia molto grave nei confronti dello sciopero dell’affitto attaccati dall forze dell’ordine per tentare di eseguire e della morosità incolpevole è il provvedimento chia- gli sfratti, le istituzioni hanno iniziato ad utilizzare lo strumento di “graduazione della forza pubblica”. mato “decreto ingiuntivo”. Questo è un procedimenOvvero delle sospensioni temporali definite per tutti to distinto da quello di sfratto per morosità (e non obbligatorio) richiesto dal Proprietario di un alloggio quei nuclei la cui soluzione abitativa poteva essere raggiunta “sforzando gli uffici a individuare degli nei confronti di un inquilino moroso. Prevede l’applicazione entro 40 giorni di pignoramenti del quinto alloggi di emergenza abitativa. Questa sospensione è nata dalla resistenza dei “senza casa” anche al costo dello stipendio, blocco del conto corrente, pignoramento di beni mobili e fermi amministrativi dell’auto- di denunce e condanne, ed ha aperto a delle interlomobile. In questi 40 giorni, laddove il provvedimento cuzioni con le istituzioni che hanno reso sempre più difficile per i proprietari esercitare direttamente la viene effettivamente notificato, questo può essere impugnato dall’inquilino e fatta opposizione e quindi forza della questura per far liberare l’immobile. Questa tensione si è infatti scaricata anche sulle istituzioni portare al giudice le proprie condizioni socioeconopubbliche, che negli anni hanno dovuto aprire numemiche per annullare tali richieste o ridimensionarle. rosi bandi di emergenza abitativa e stanziare maggiori Ma gli scrupoli legislativi a vantaggio della proprietà non hanno conosciuto limiti in questi anni: e infatti è fondi per placare la sete economica dei proprietari. Con gli strumenti della indennità di occupazione e prevista anche una applicazione immediata (in dieci dei ristori della morosità incolpevole, si sono ottenuti giorni di tempo) dell’eventuale pignoramento, prima dell’udienza di fronte al giudice, che a quel punto può dei rinvi e delle sospensioni. La richiesta di sospenratificarla o modificarla o annullarla. Sempre più per- sione forza pubblica alla prefettura è stata procedusone si trovano ingabbiate in questo sistema perverso ralizzata tramite la compilazione di un modulo dove che oltre allo sfratto si trovano con richieste di risarci- allegare la “storia” e le prospettive di risoluzione del menti e rimborsi che li incatenano a pignoramenti e a disagio abitativo. calvari burocratico legali. Questo è strumento odioso Il ricorso alla forza pubblica quindi è una violenza è utilizzato in modo sproporzionato da ricchi proprie- esplicita che viene spesso utilizzata come minaccia e deterrente, più che essere esercitata in modo sistematari nei confronti di inquilini senza reddito o a basso tico. Solo una quota bassissima sul totale degli sfratti reddito rendendo ancora di più ingiusto e vessatorio questo strumento. Esso infatti serve soprattutto come infatti vede l’impiego della polizia e dei carabinieri. Tra decreti ingiuntivi e altri meccanismi persecutori, minaccia per impedire la permanenza nell’alloggio. la maggior parte delle persone che hanno un proceIl blocco dei conti correnti e il pignoramento del dimento di sfratto per morosità incolpevole preferiquinto stipendio, sono quindi misure coercitive finanziare tese a indebolire ancora di più la possibile sce lasciare l’alloggio e cercare soluzioni di fortuna. resistenza. Perciò è necessario battersi per abolire il Questo rappresenta un dato molto importante su cui riflettere: da una parte il ricorso continuo all’ordine decreto ingiuntivo per i debiti ingiusti dell’affitto! pubblico è un problema per la stessa politica istituzionale poiché alza un livello di conflitto e di contradPicchetti dizione difficilmente gestibile senza mettere mano a I picchetti antisfratto sono il culmine di una lotta riforme che le istituzioni non hanno assolutamente quotidiana che si svolge in molti modi e in più luointenzione di fare; dall’altro lato il prolungamento del ghi. Non sono eventi da concepire in modo isolato, periodo di sfratto e l’ottenimento di un numero alto e quando vengono organizzati “all’ultimo momento”


di rinvii, funziona solo con una battaglia duratura che deve essere preparata prima dell’esecuzione dello sfratto. Tecniche e trappole da parte degli ufficiali giudiziari in combutta con Proprietari, alcuni assistenti sociali e funzionari di polizia cercano costantemente di produrre rassegnazione e sfiducia nelle possibilità di resistenza. Perciò è decisivo confrontarci sulla dimensione pubblica e sociale e anche sulla comunicazione politica che deve accompagnare la lotta contro gli sfratti. La fermezza nel non lasciare nessuno in strada di fronte all’avidità dei proprietari e alla complicità di uno Stato che preferisce tenere sfitti migliaia di alloggi pubblici può dare vita a percorsi di mobilitazione collettivi. Non solo i “solidali” con la persona sotto sfratto, ma con l’insieme di nuclei familiari che condividono il medesimo problema, possiamo aprire delle vertenze collettive per la stipula di nuovi contratti, l’assegnazione di alloggi vuoti, l’attivazione di progetti di autorecupero. Il costo sociale dell’intervento della forza pubblica deve essere rovesciato in possibilità di far crescere l’indignazione e mettere a nudo le contraddizioni su cui si regge l’impalcatura violenta ma precaria del libero mercato. S’invertono i ruoli. Lo sfratto è comprensibilmente vissuto dall’inquilino come una tragedia in arrivo. Il carico di tensione e di paura si riversa anche come danno fisico e psicologico. I percorsi di lotta per la riduzione degli affitti prevedono un ribaltamento anche di questi stati. Il proprietario, l’agenzia immobiliare, il consulente o l’avvocato procurato dal padrone di casa, si trovano a strapparsi i capelli e ad implorare di lasciare l’abitazione. Questo succede quando riusciamo a costruire una serie di passaggi che rendono in orma persona lo “sfrattato” soggetto attivo e rivendicativo, capace di trovare le parole per descrivere una ingiustizia subita da molti, e che merita un cambiamento e una ribellione. La partecipazione fin dalle prime ore del mattino, prima dell’arrivo di ufficiale giudiziario e forma pubblica, di decine di persone, che genericamente scelgono di non andare a lavoro o di distribuire diversamente i diversi carichi della giornata, crea una situazione di calore e di giustizia che insieme fa affrontare i rischi, dimostrando fermezza e serenità alle controparti. Le colazioni con i caffè versati nei bicchieri di plastica e la formazione di nuove relazione tra le persone del picchetto, lo sforzo di comunicazione con i vicini- i giorni anche precedenti allo sfratto – e la produzione di materiale coreografico di striscioni, bandiere, cori e canzoni, sono gli ingre-

dienti basici di un momento di lotta che ha l’obiettivo di trasformare una tragedia in una festa. Dare coraggio, conoscere e trasmettere un sapere di lotta tanto articolato quanto concreto, non significa romanzare la realtà ma prestare adeguata attenzione a nuove forme di organizzazione sociale che devono attraversare sempre più spesso la quotidianità, trasformandoci da “vittime” dell’ingiustizia abitativa” a protagonisti di un grande movimento per il diritto alla casa.




Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.