IL LIBRO DELLE BUGIE
ADA ZEGNA La Salvaguardia del Sé ANDREA VINCENT LUPINO “Come as you are” SARA MIGNOGNA La Casa sul Faro SIMONA V. Dissolvenze ANONIMO D1715 La Confessione SARA NOTARANGELO La teoria di Pinocchio LULÙ WITHHELD This is a Lie LUISA MERTINA Amarti piano BEATRIX KITTEN Scrivo dunque mento MANUELA LA GAMMA Non mi aspettavi? CATERINA BEVILACQUA Il Mare TIZIANO DEMURO Leyes
Il Libro delle BUGIE foto di copertina © Mariateresa Pazienza
CASADIRINGHIERA
ADA ZEGNA la Salvaguardia del Sé
Non penso di essere mai stato pienamente sincero. Non ho mai avuto il coraggio di raccontare la realtà perché confrontarmi con la fantasia era molto più facile. Quando stavo dietro i banchi di scuola credevo a tutto ciò che la maestra diceva, dalla sua bocca le parole risultavano molto credibili e io non ero così sveglio da smontarle. Dal giorno in cui le cifre sulla mia torta di compleanno divennero due, qualcosa in me cambiò, una sorta di consapevolezza mi vestì con abiti nuovi, che puzzavano di domande strane, di bugie un po’ meno minuscole, di paure. Quindi man mano che crescevo mi rendevo conto che quei vestiti pesavano e mi cambiavano la forma del corpo, persino la mia mente cominciava a pensare a cose diverse, a cose più tristi; non avevo il privilegio di essere differente, ero proprio come tutti gli altri, solo che non lo sapevo. Mentre l’adolescenza sfumava via dalla mia vita e la predisposizione all’insicurezza si stabilizzava all’interno, adoperavo strategie per modificare un po’ quello che era il mondo reale per trasformarlo in un posto vicino a ciò che da piccolo mi immaginavo. Per esempio io non mi rendevo conto di che tipo di persona stavo diventando, mi accorgevo solo di mutare, e più cambiavo, meno mi ritrovavo negli altri, i cui occhi erano specchi sporchi dove mi ci riflettevo sconfitto.
Fatto sta che le aspettative che gli amici e la famiglia proiettavano su di me, cozzavano inevitabilmente con la mia lenta voglia di fare, perciò mentire era la via più comoda, non così in discesa, ma pur sempre adattabile con il mio stile di vita. Non ero un bugiardo patologico, non inventavo impegni o persone, molto più semplicemente negavo agli altri chi ero veramente. Ero fuggevole. Quando le persone mi chiedevano quotidianamente come stavo, io mentivo. Non era necessario guardarmi negli occhi per capirlo, perché di me tutto lo diceva, lo gridavano le mani, la posizione delle braccia, ma allo stesso tempo risultavo illeggibile. Nelle loro vastissime dimensioni, le bugie sono ingoiate per mostrarsi un po’ diversi, un po’ più forti, un po’ meno se stessi, per proteggersi nel migliore dei modi. Il peggiore, però, era l’autoinganno. Lo infliggevo sul mio corpo, intatto per essersi mostrato così poco, convinto che fingendo forse avrei potuto non pensare allo spazio che lasciavi vuoto, e così le gigantesche illusioni che tenevo per mano mi accompagnavano durante i giorni più scuri. Anche il buio dava questa sensazione e le menzogne erano come lui, ecco perché nascondersi mi riusciva davvero bene. Tu nel nascondino eri abile quanto me, forse un po’ più schietta nell’ammettere i tuoi limiti e nel dichiarare parti di te che ti cucivi addosso per gioco.
Ma adesso che sono grande e continuo a non comprendere bene chi sono, non mi interessa capire perché menti. Preferisco conoscere le cose su cui non dici mai la verità senza che tu mi spieghi niente e, piuttosto che mentirti, regalarti i miei silenzi migliori.
foto © Giacomo Fierro
ANDREA VINCENT LUPINO “Come as you are”
Perché una volta nella vita ti capita di fare una domanda del tipo: «Ma perché quando sei veramente triste ti ostini ad ascoltare canzoni ancora più tristi?» Mi hanno risposto che è un po' come fare il vaccino. Bisogna spararsi della merda per poi poter stare meglio. A volte ci credo. Perché quando tutto va bene nemmeno ci fai caso. E cazzo se sorridi. E cazzo se ti senti vivo. E cazzo quante puttanate che spari. E quanto sei finto, a volte. Puoi persino essere un'altra persona. Quella giusta al momento giusto. È invece quando le cose vanno male che ci fai caso. Eccome se ci fai caso. Te ne accorgi perché le sigarette che fumi sono più lente, meno nervose, l'aria è immobile e il fumo sale fin troppo verticale. Di quel blu azzurro che con Photoshop non lo riproduco mai come vorrei E la vodka, porca puttana, ti brucia dentro, cazzo, in modo diverso. Ti brucia davvero. Col cazzo che fai il coglione con shottini da liceale. La vodka diventa meditativa. Di brutto. Anzi… abbestia. Perché a quel bancone del bar, da solo, sai che hai già bevuto un casino. E quando dovrai alzarti anche per andare al cesso a pisciare sarà un fottuto macello. Ma io detesto le coppiette felici che ridono. Tanto non dura... quindi fanculo... baciatevi e tenetevi le mani ora che potete... e in sottofondo quella canzone di Vasco che dice… in fondo basta dire anche… ciao… io sto meglio senza te... Che mi piacerebbe fosse così. E mi illudo. Perché lei non è con me. Ora. E mento a me stesso. La mia fottuta enorme gigantesca BUGIA. Di questo venerdì sera del cazzo in una fottuta e malandata provincia.
SARA MIGNOGNA La Casa sul Faro
Eppure sembrava tutto così maledettamente vero. Intere giornate di pioggia buttati nel letto a disquisire sul futuro, a progettare la casa sullo scoglio vicino al faro così, dicevi, prima o poi una sera avremmo potuto assistere a qualche salvataggio di navi e dare soccorso ai naviganti offrendogli un tè fumante, il nostro preferito. Viaggi programmati alla perfezione: un anno una meta scelta da te e quello successivo da me. Estati, invece, da trascorrere in casa. Tanto il mare lo avevamo già! Ma è arrivato l’ennesimo inverno e continuo a restare solo io nella resa di un’assenza che è ancora mistero e nostalgia, e le tue tante, innumerevoli, inconcludenti parole.
SIMONA V. Dissolvenze
Le bugie in amore, un classico. E questa è la storia: siamo a letto, un letto vissuto, in un lungo pomeriggio di estasi fisica. Fuori piove e dentro c'è un silenzio irreale. Come quando si raccolgono i pensieri, cercando di dare loro un ordine, per non lasciarli sparsi sui cuscini, per essere certi che non scompaiano rimettendo su i vestiti. Quel tipo di silenzio che poi esplode in parole che vengono da lontano o dal profondo o chissà da dove, ma precise, che sembra non possano essere che quelle. Definitive. Lui veniva da una di quelle storie cosiddette serie, quelle storie che solitamente trovano il lieto fine sull'altare. Me ne aveva parlato quasi da subito, perché era un ostacolo per lui lasciarsi andare di nuovo, dopo la delusione. Naturalmente un tradimento, nulla di più comune e triviale, e cos'altro? Con tutto quello che ne consegue: la sfiducia, il pessimismo, la paura di ricominciare. Tutto secondo copione. E io ci avevo lavorato, avevo avuto pazienza “perché le donne non sono tutte uguali” e cose così. E insomma siamo lì, sguardo al soffitto, in attesa di noi. Girando appena la testa verso di me, dice: - Non hai mai amato nessuno... prima? Dopo una domanda così, capisci che lui ha dimenticato l'altra e che il muro è caduto. Che mi ama, insomma. E lo amo anche io. Quale altra risposta merita questa cieca fiducia? - Credo di non avere mai amato prima. Prima di te.
E qui immagino una dissolvenza. Che in effetti c'è stata, su tutto quello che è venuto dopo. Dopo è venuta la vita. Una casa il mutuo le bollette il lavoro la perdita del lavoro il nuovo lavoro le vacanze il cane i natali le persone care che se ne sono andate e le lacrime le coccole la tv con il plaid sulle gambe e i litigi e poi le riappacificazioni le telefonate e ho dimenticato il cellulare a casa le cene fuori la cucina in disordine la polvere sui mobili qualche capello bianco gli ospiti e gli amici le confessioni le confidenze le malattie e le convalescenze il regalo preso di nascosto per sorprendermi i baci e la passione la noia le risate gli inverni. Io ero stata innamorata prima di tutto questo, un amore tumultuoso, grande, profondo, indimenticabile. Ma non glielo avevo detto, quel pomeriggio. Volevo che si sentisse importante, una bugia a fin di bene, un altro classico. Che poi, invece, un pomeriggio in cui non piove ed è estate, guardandolo dormire di fianco a me, capisco che io amo solo lui, che ho amato solo lui. E che quella di tanti anni fa non è stata una bugia. Perché a volte le bugie sono solo realtà ancora da scoprire. Verità nascoste, in attesa.
Bugie e mentire son le cose che faccio più spesso. Non con gli altri ma con me stesso. Per esempio sto mentendo anche in questo momento e te, cara casadiringhiera, devi perdonarmi.
L’ANONIMO D1715 La Confessione
Dunque sono un auto-mentitore seriale. Di quelli che le cose le han fin troppo chiare e proprio per colpa di questa chiarezza, son costretti a mentire per chiudere gli occhi la sera. Non faccio male a nessuno. A volte nemmeno a me stesso. Mentire serve. E chi lo nega è ipocrita. Anzi, un bugiardo. Come me. Ho iniziato quando da piccolo mi costringevano ad andare a confessarmi. Io non avevo nulla da dire al prete. E dopo 5 minuti di "esame di coscienza" decisi che mentire dicendo di aver detto qualche bugia, poteva essere il giusto argomento per impegnare il tempo che va dal preambolo iniziale all'assegnazione della penitenza e del perdono. Col senno di poi avrei potuto abbracciare il prete come Danielino con don Salvatore Conte e prendermi il perdono in quel modo. Uno start del genere comunque non avrebbe potuto portarmi da nessun'altra parte se non nell'esatta posizione in cui mi trovo in questo momento. Con la testa che mi dice di fare una cosa e la coscienza che s'oppone negando che si tratti della scelta giusta. Insomma casadiringhiera, è Lunedì, sono le 12.32 e nel grande libro delle mie bugie sto scrivendo una nuova pagina che condivido con te. "Che culo" dirai te. Bella merda ti rispondo io. Il delirio è finito. Te sei assolta. Io no... almeno fino al giorno in cui sarò davvero pentito.
SARA NOTARANGELO La Teoria di Pinocchio
Alzi la mano chi non ha mai detto una bugia.
Tutti nella nostra vita almeno una volta abbiamo mentito. Abbiamo detto bugie a fin di bene, ma abbiamo mentito anche pesantemente, arrivando a ferire persone a cui vogliamo bene. Il punto è: perché si mente? Ho provato a dare una risposta a questa domanda e ho formulato una mia teoria: la teoria di Pinocchio. Il burattino era incline alla menzogna, e mentiva per nascondere i guai che combinava al suo Babbo, per non farlo preoccupare o arrabbiare. Più o meno funziona così. Un giorno ho visto mio nipote giocare con la mia collana. Dopo un paio di giorni non l'ho più trovata, gli ho chiesto se l'avesse vista o presa, e lui mi ha detto di no. Ovviamente mentiva. Perché un bambino di 5 anni già mente? È così piccolo ma già bugiardo! Allora con molta calma gli ho detto che non mi sarei arrabbiata se mi avesse detto la verità, e a quel punto mi ha detto che ci stava giocando, si è rotta e l'ha nascosta. Ecco perché si mente. Per paura. Ma questo è un esempio banale, una bugia a fin di bene.
Ma provate a chiedere a una persona che tradisce se ha mai tradito il partner. Non vi direbbe mai “sì amore, sai, ieri mi annoiavo, chattavo… e niente amò ti ho tradito/a”. O anche “cosa ha fatto ieri sera sig/sig.ra X”? “Ah guardi marescià ho pensato bene di commettere un omicidio/fare una rapina/stuprare”. Le bugie assumono un lato comico quando conosci la verità dietro, quando il bugiardo continua a mentire davanti all'evidenza. A quel punto non ti resta che farti una risata, prendere consapevolezza che il soggetto è un poveraccio e tirare avanti per la tua strada. Nella mia vita ne ho incontrati/e tanti di questi soggetti. I più divertenti sono quelli che mentono per una questione di comodità. Gente così falsa che addirittura esce insieme, ma alla prima occasione non perde tempo a buttare fango sull'altro, il presunto amico. Amicizie labili con fondamenta fatte di invidia. Rapporti interi basati su menzogne. In un mondo di bugiardi, essere sinceri è da coraggiosi. Ps: Pinocchio alla fine è diventato un bambino VERO.
this is a LIE Qualche anno fa un carissimo amico mi ha regalato, durante una delle nostre notti, un libro di fotografie di Dave McKean (illustratore e artista geniale, nonché collaboratore storico di Neil Gaiman). Il titolo del librino è Black and White Lies. Io e il mio carissimo amico ce ne siamo detti di bugie. Senza motivo alcuno, a ripensarci oggi. Ma nelle storie a due non si può mai sapere dove finiscono le verità e dove cominciano le menzogne. Il confine labile delle cose, sempre. A definire. L’ho riaperto oggi quel libro a proposito di LIES. E di botto mi sono venute in mente un po’ di cose. Tipo che dopo avere mentito occorre buona memoria. Oppure che da ragazzina ho mentito circa un tipo bellissimo che avrei limonato seduta stante e invece mi sono ritrovata a essere oggetto di desiderio di buona parte della frangia gaia del liceo. Che ho raccontato a mia madre che ero a dormire da un’amica e invece ero a vedermi la reunion dei Sex Pistols a Roma, che poi alla fine mi sono innamorata di Iggy Pop a quel megaconcertone. Che ho detto di avere diciotto anni quando ne avevo quindici, che ho detto di averne venticinque quando ne avevo trenta. Che ho detto ti amo a un uomo che non amavo. Che ho detto ti odio a mio padre, ed era una bugia. E mi è venuta in mente questa. Anni ’90, una città qualsiasi. C’è che siamo in una stanza d’albergo. Di sicuro siamo in gita, ma in un anno imprecisato (senza fotografie a sancire il tempo, la mia memoria fa cilecca). Siamo un po’ di gente in una stanza, di notte. Come sempre durante le gite. Non credo sia la mia stanza, la mia non ha il balcone questa invece sì. Le tende che chiudono la vista sono pesanti e di colore ocra e rosso e blu. E i due lettini hanno copriletto color ocra e rosso e blu. Quei coordinati da alberghi cheap anni ’80. La mia stanza invece è un piano sotto, troppo vicina al corridoio degli insegnanti.
But this isn’t truth this isn’t right this isn’t love this isn’t life this isn’t real This is a lie C’è che siamo tanti. La mia compagna di classe (nonché di stanza) si defila con un tizio di terza e mi lascia da sola in compagnia di questi ragazzi e ragazze più grandi. Amici del suo fidanzatino. Io frequento la prima C. Ho quattordici anni. E fumo paglie come se non ci fosse un domani. Gli altri sono dell’ultimo anno o del terzo, vai a capire. Non ricordo. Troppo tempo è trascorso nel mezzo. C’è che si decide di giocare a obbligo o verità, gioco del cazzo, movente per limonare o farsi i fatti degli altri. Ma decido di restare. Nonostante detesti questi giochi. Quello che ricordo è una versione di me giovane e arrabbiata seduta per terra vicino al balcone, con le spalle al muro. Sto fumando e butto fuori il fumo dalla portafinestra mezza aperta. Il rumore del traffico in strada, dai viali credo, e l’odore dell’acqua, un fiume immagino, occupano una parte dei miei pensieri. Immagini che mi permettono di divagare, in quel momento. Perché questo gioco mi mette ansia. Detesto trovarmi qui ma il tipo che mi piace, per il quale caspita non so farei qualunque cosa, è qui che mi sta di fianco, uno di quarta, un figo della madonna. Alessio. Camicia a quadri grunge tipica del periodo. Le cuffie poggiate sulle spalle. Le mani sporche di colore da writer. Le Lucky Strike morbide nella tasca dei jeans. Ma quanto caspita è figo. Le domande, gli obblighi e le verità, si ripetono simili -ancora lontane da me- e in mezzo alle domande le risate gli urletti le paglie e le lattine. Il fumo sopra le teste. Il rumore della bottiglia di plastica della Coca che gira imperterrita. La voce di Kurt Cobain da una qualche versione dell’unplugged su MTV in sottofondo canta My girl, my girl, don’t lie to me, tell me where did you sleep last night? Io intono sotto voce questo pezzo, che amo.
E sento che comincia a non fregarmene più nulla del gioco della stanza della notte della gita dell’Ale. Quindi mi alzo e vado a prendere aria in balcone. Dal di fuori, da qui, sembra un frame della versione dei poveri di Kids di Larry Clark e Harmony Korine, giusto per dare l’idea. Anche le magliette corte sulla pancia. I sorrisi. I colori della pellicola. «Obbligo o verità Lù?» mi chiede. Lui. L’Alessio. «Verità» dico senza pensarci. Quando invece obbligo sarebbe stata l’unica via d’uscita. E di botto in quel momento sento solo il cuore che tuona in quella stanzetta da albergo tre stelle di periferia di non ricordo quale città. Il cuore. Il mio. A briglie sciolte. E la maglietta troppo corta. Io che sono in piedi la paglia spenta tra le dita e tutti invece sono seduti sono sdraiati sono con gli occhi rivolti verso di me. Gli sguardi di tutti. Verso di me. Mioddio. La bottiglia per terra punta inesorabilmente alle mie Converse bordeaux. «Con chi andresti a letto tra i presenti?» (Parafrasando le sue parole). Un secondo interminabile in cui sorrido all’Ale e poi indico, con uno sguardo malizioso e triste e stupefacentemente lucido, la Samuela. Un secondo interminabile in cui sorrido all’Ale e poi indico, con uno sguardo malizioso e triste e stupefacentemente lucido, la Samuela. Lì, in un attimo, ho saputo che mentire era un atto di ferocia. Non so per quale cazzo di motivo ho indicato la Samuela, la Kelly Taylor della terza B. Quando invece l’unica cosa che avrei voluto era dare un bacio o farmi baciare dal tipo di fianco a me. Da Alessio.
In TV in quel momento esatto parte un pezzo dei Verve: Bitter sweet Symphony, che ancora oggi quando mi capita di riascoltarlo vengo catapultata in quella notte dei quattordici anni durante la quale per nessun motivo al mondo ho detto a tutti che avrei voluto farmi una storia con la Samuela. Con una faccia da culo disarmante. Ovviamente non mi è mai passato per l’anticamera del cervello di andare a letto con la Samuela, né con un’altra ragazza. (Non quella notte, almeno). Ma in quel momento mi è sembrata la bugia più eclatante (più eccitante) da dire. La cosa più lontana da me in assoluto. Perché sarei morta di vergogna a dire la verità. A dire «Con chi andresti a letto dei presenti?» «Con te. Stronzo». Mi parte in testa This is a Lie dei Cure, ovviamente.
I’ve never understood One special friend one true love Why each of us must lose everyone Tipo che la verità ha il suo prezzo da pagare. Le menzogne anche. Ho raccontato un botto di bugie. Tante, tantissime. Come tutti. Diffido di quelli che dicono di non averne raccontate. Le ho raccontate senza sapere di ferire pensando di proteggere. Molte le ho raccontate con ingenuità. Le ho raccontate perché non mi importava delle conseguenze. Molte di esse sono annegate nel tempo, altre le porto ancora qui con me. Cicatrici. Vessilli. Fotografie. Segni. Sono storie di case e di segreti.
La maggior parte di queste, infine, le ho raccontate a me stessa, pensando di proteggermi.
LULÙ WITHHELD This is a Lie
How each of us dreams to understand anything at all Why each of us decides I’ve never been sure The part we take The way we are *postilla: Alessio aveva chiesto al fidanzatino della mia compagna di classe (nonché di stanza) di invitarci quella sera nella loro camera perché voleva provarci con me. Lui, l’Ale, voleva provarci con me. Cioè, avete capito la storia? Pazzesco. Saperlo, giuro, mi ha devastato. Perché un conto è un amore platonico adolescenziale a senso unico (come credevo fosse il mio per lui) un altro conto è avere cosparso di mine deliberatamente, con sadismo e vigliaccheria, un amore che invece sarebbe stato, oh… pensate un po’, corrisposto. Sospiro. Perché davvero avrei preso a craniate il muro. È che io so sempre come mandare tutto a puttane. Sempre. Difatti quella sera io ho acceso la miccia e io ho visto i miei sogni da primo amore prendere fuoco. Che fregatura. Le mie inutili BUGIE. Averci una foto di quel giorno, se fosse andata diversamente con Alessio o se la Samuela mi avesse sorriso in qualche modo, sarebbe questa.
foto © Carver77
LUISA MERTINA Amarti piano
Sulle note calde di una birra di Ottobre l'ho promesso in un sussurro in un bacio lento di schiuma e l'ho fatto ti ho amato piano ma lontano nel buio di una notte a Camden sulle labbra di un altro e sembravano paure ma vestite da bugie ad amarti piano ad amarti da lontano
BEATRIX KITTEN
MANUELA LA GAMMA Non mi aspettavi?
Si, sono io. Un’altra bugia. Bellissimo Usignolo Già In Avaria
Non mi aspettavi? Come quando ti ha detto che eri bella. Come quando ti ha detto che eri l’unica. Come quando ti ha detto che ti amava. Come quando quel mattino ti ha guardato attraverso la penombra. La luce del lampione filtrava attraverso la serranda socchiusa, rendendolo un enigma a righe chiare e scure, una promessa appena abbozzata, un fantoccio pallido già lontano da tutti (lontano da te), uno scarabocchio cancellato a metà, un estraneo pallido e freddo come la luce di quella falce di luna appesa a un cielo pieno di vuoti. Ti ha guardato, e in quello sguardo hai visto amore e sofferenza. Quello sguardo era una bugia.
Blanda Uguale Gelosa Irascibile Apatica È incredibile, il numero di cose che ti sei costretta a credere per mitigare l’impatto della caduta e ritardare il dolore. Vivere vedendo solo quello che vuoi vedere è la più grande bugia che possa raccontare a te stessa.
Stasera prendi tutte le sue parole, tutte quelle che ti ha detto a mezza voce, tutte quelle che ha diluito nei messaggi, nelle e-mail, nei biglietti: snocciolale, e mettile tutte in fila, una dopo l’altra. Che effetto ti fa, perderti nella bugia più bella di tutte? Blanda Umana Gelida Idolatra Assente
CATERINA BEVILACQUA Il Mare
Quasi sento l’odore della plastica dei braccioli, la sabbia che scotta sotto i piedi, l’elastico del costume troppo stretto. E la salsedine, il sole e il caldo sono ancora ingredienti essenziali di quelle che considero giornate felici. Di tutto questo ti sono immensamente grata e non so davvero come dirlo meglio, papà. Poi, davvero, non ricordo gli anni, i nomi e i visi di tutta quella gente che popolava la spiaggia. È tutto sbiadito, confuso, un immenso gioco da continuare finché non è ora di tornare a casa, che tanto si torna domani, questo lo so papà, ma non si può rimanere ancora un poco? Se non qui in spiaggia, dove stare? Viviamo in un’isola, attorniata dal mare, nessuna via di fuga è percorribile senza attraversarlo ‘sto mare. Il mare. Dicevi sempre – continuamente e in maniera così seria, papà – che il mare è ingannatore. È stata la prima lezione che hai impartito a me e i miei fratelli quando c’hai insegnato a nuotare e no, no, anche quell'episodio non lo ricordo. L’unica cosa veramente chiara è solo quella frase e anche la voce, l’intonazione, l’aria preoccupata e severa con la quale sentenzi ancora le tue idee, tutti i santi giorni, tra il tavolo da pranzo e il corridoio. Sì, insomma, è stato quel tono che hai usato allora, con i tuoi figli, quando hai consigliato loro di star attenti al mare. Che sì, sembra quasi assurdo, il mare? Com'è può mai essere il mare in grado di raccontarti bugie?
Ma io, io ho capito, papà. Non era solo per quelle onde che sembravano ti spingessero verso la riva e invece ti allontanavano sempre di più dalla terra ferma, non era per le maree, né gli squali e tutti quei segreti che una cosa così immensa può contenere. Non era per nessuna di queste cose e l’ho capito quando ho prese quelle parole ad una ad una e le ho vivisezionate pensando a te, papà. Così, tanto spesso, negli anni, in questi ultimi, è stato confortante pensare che chilometri si frapponessero tra noi. Io, che mi son portata dietro tutto, i tuoi dolori, le tue nostalgie, i tuoi tormenti e anche parte dei tuoi malesseri mi son ritrovata ad essere rincuorata dalla tua lontananza, dall’idea che separandomi da te potessi in qualche modo seppellire tutto questo, magari in fondo al mare, in un qualsiasi punto sconosciuto della cartina, a metà strada tra casa tua e la mia. E il mare m’è stato amico, m’ha portato in luoghi lontani e l’ho sorvolato pensando a futuri migliori. Mi ha fatto vedere cose che non avrei mai pensato di vedere, papà. Ci crederesti mai? Eppure tu, tu che m’avevi insegnato a capirlo, il mare, in queste cose non c’eri.
TIZIANO DEMURO Leyes
FACE 1
FACE 2
This is a Lie (the Cure) Where did you sleep last night? (Nirvana) You lied (Green Day) Bugie Bianche (En?gma) Telling Lies (Sick Puppies) Lies (the Black Keys) Stayed too long in this Place (Barzin) Miserable Lie (The Smiths)
Liars (Persephone’s Bees) White Lies (Paolo Nutini) Terrible Lies (Nine Inch Nails) Nove Maggio (Liberato) Telling Lies (David Bowie) Lie to me (Depeche Mode) The biggest Lie (Elliot Smith) Liar (Sex Pistols)
BUGIE:lIES questa playlist su spotify