Casablanca n.30

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Femmina pericolosa sei… “altro” rispetto a certe logiche, si potrebbe pensare… Evoluzione femminile? Pari opportunità? Ascesa al potere e alla violenza per mantenere ciò che già si ha? In tale logica c’è chi non salva neppure i figli da questa terribile realtà. All’interno di Cosa nostra (e non solo questa) i mafiosi ammazzano le donne, le loro compagne o figlie per la loro “autonomia”, o desiderio di libertà, letti dall’interno della “famiglia”come disimpegno. L’elenco delle vittime è lunghissimo. Le violenze gratuite. Fra le giovani vite spezzate ci sono anche errori, ma molto praticata comunque è la premeditazione, per faida, per vendetta, a scopo preventivo. L’esempio! Annalisa Isaia, una giovane di vent’anni è stata ammazzata dallo zio perché a Catania frequentava i coetanei del clan rivale. Graziella Campagna vittima di Cosa nostra, si è trovata nel posto sbagliato, al momento sbagliato. Una ragazza innocente trattata come un boss mafioso, con accanimento di ferocia anche dopo la morte. Una ostentazione di violenza.

affettuosi, tra i quali l’ingegnere Toni Cannata e il suo assistente geometra Gianni Lombardo. In realtà si trattava di Gerlando Alberti junior e Giovanni Sutera, due pericolosissimi latitanti, ricercati nel palermitano per associazione mafiosa e traffico internazionale di droga, rintanati a Villafranca sotto la protezione di don Santo Sfameni capocosca della zona. Della presenza dei due mafiosi a Villafranca, lo sapevano in tanti, compreso il maresciallo Giardina, comandante della stazione dei carabinieri. Lo stesso Sfameni pare che abbia ospitato Gerlando Alberti junior, anche in una villetta adiacente alla caserma dei carabinieri. La madre ascoltava la ragazzina e continuava a preparare la cena, senza dare molta importanza a quel racconto. Tre giorni dopo questa rivelazione alla madre, Graziella Campagna non fece più ritorno a casa. Il 12 dicembre ’85, all’uscita dalla lavanderia “La Regina” di Villafranca Tirrena,

L’agendina che qualche giorno prima l’ingegnere Cannata-Alberti sbadatamente aveva lasciato nella tasca della camicia portata in lavanderia non solo era la prova della sua vera identità… uno dei maggiori narcotrafficanti di Cosa Nostra, conteneva appunti e nomi dei suoi affari e dei suoi complici. La ragazzina avrebbe potuto raccontarlo a suo fratello carabiniere? L’episodio riferito da Graziella alla mamma non viene preso in considerazione da nessuno, carabinieri e magistrati compresi. Per anni, per proteggere i due, qualsiasi prova è stata omessa, sottratta, tralasciata deliberatamente.

LA PICCOLA LAVANDAIA E IL BOSS “Mamma, lo sai che l’ingegner Cannata non è lui… è un’altra persona…”. La vera identità dell’ingegnere Cannata, la piccola Graziella Campagna l’aveva scoperta da una agendina che lo stesso aveva dimenticato nella tasca di una camicia portata alla lavanderia dove la ragazza lavorava. La giovane da pochi mesi viaggiava in pullman, da Saponara a Villafranca Tirrena, dove lavorava, presso la lavanderia “La Regina”, luogo in cui aveva conosciuto dei clienti gentili ed

rannicchiata contro il muro, con un braccio alzato in segno di difesa; il corpo barbaramente sfigurato da cinque colpi di lupara, uno alla faccia, uno alla spalla, uno al petto… Pare che le abbiano sparato anche mentre giaceva a terra. Una vera e propria esecuzione. Perché? Graziella Campagna – semplice, buona, posata, riservata, sincera – era una normalissima ragazza siciliana, di famiglia irreprensibile, onesta, laboriosa. Una ragazza che amava parlare di tutto con i suoi familiari. Da cosa scaturisce la necessità di ucciderla? Perché tutta quella violenza dopo morta?

dove lavorava come commessa, scomparve nel nulla. Qualcuno disse e tutti lo pensarono ”una scappatella amorosa”. Graziella sarà trovata a terra, Casablanca 44

L’arresto dei due malavitosi per anni non avverrà, parecchi anni dopo l’Associazione Antimafie Rita Atria insieme al fratello Piero Campagna e al comitato per la pace e il disarmo unilaterale di Messina, riesce a creare un movimento che farà riaprire il caso; da qui scaturirà un processo che porterà alla condanna dei due latitanti, esecutori materiali del


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