Camilla Senni - Portfolio

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Questo portfolio è un racconto. È fatto di immagini, parole, disegni, codici che madano altrove e, soprattutto, di ricordi di momenti. Lavorare per formati prestabiliti e confinare i progetti in definizioni o etichette mi è sempre sembrato non adeguato al mio modo di considerare l’arte e il suo rapporto con la vita. In queste pagine ho cercato di descrivere le modalità e le tematiche della mia ricerca a modo mio, con le parole che conosco e che non mi spaventano. I processi qui descritti sono spesso riproponibili in spazi e tempi differenti e possono continuare a produrre esperienze nuove. Inoltre, io continuo a camminare, continuo a raccogliere oggetti e immagini, continuo a disegnare e scrivere più o meno ogni giorno, portando avanti anche solo di qualche pensiero per volta la mia ricerca sul nostro abitare la realtà. Statement è un’ altra di quelle parole che ho sempre trovato antipatiche, scomode. Quello che penso è che scegliere di avere intenzione nel proprio relazionarsi con il mondo, di prestare attenzione e di prendersi cura di questa esperienza condivisa della realtà che facciamo sia la dichiarazione più basilare ma impegnativa che si possa fare. Per la mia storia personale, però, nello specifico, è l’ unica che sento valga la pena fare.


Outgrow




To outgrow (verb) Grow too big for / Stop doing or having an interest in (something) as one matures / Grow faster or taller than — Diventare troppo grande per / Disfarsi di / Crescere più di / Superare in statura / Perdere con l’età

Do you copy? Do you hear me? / Did you get that? / Do you understand? / Do you hear the message? — Mi ricevete? / Riuscite a sentirmi? / Capite?

Outgrow è un percorso di ritrovamenti. I passi sono suggestioni, riflessioni, ma anche oggetti veri e propri raccolti durante una serie di “derive” nei luoghi in cui sono cresciuta e che tuttora vivo quotidianamente. Ho lasciato che lo spazio mi parlasse e ho accolto tutto ciò che aveva da dirmi, restando spesso stupita dai flussi di pensiero azionati dalla semplicità delle cose. Con il passare del tempo la percezione iniziale di parlare due lingue differenti si è attenuata. O forse ho deciso che la musicalità di una lingua che non si capisce del tutto può comunque essere gradevole all’orecchio.






Si cresce davvero?

Si smette di avere paura della finestra della casa abbandonata?


Imparare ad andare in bicicletta è un rito di passaggio?


Mi chiedo se sia davvero possibile abbandonare certi modi di pensare, certi modi di vedere le cose. Sicuramente non si può diventare completamente neutrali e attraversare uno spazio conosciuto come se non lo fosse. Ma si possono cambiare quei pensieri che nascono attraversando tale luogo? Sono le proprie radici che allungano i rami in quello che pensiamo. Ho attraversato il mio spazio e l’ho visto muto ma pieno di cose da dire. Ho constatato che guardare il mondo esterno è inevitabilmente riflettere sul punto di incontro tra dentro e fuori, sul confine che li separa, sui flussi che superano incessantemente la linea che ci definisce.

Outgrow è un percorso a piedi a più riprese, una raccolta di immagini, oggetti e appunti realizzata attraversando lo spazio e una serie di disegni a gesso su lastre di ardesia lasciati sulla riva del fiume.



Una strana casa che si radica nella mia voce. E abita il vento. Capitolo 1.


Per le popolazioni di cacciatori-raccoglitori del Paleolitico il rifugio rappresentava per prima cosa un posto situato lontano dalle difficoltà. Uno spazio accogliente, dove era possibile anche esprimere sé stessi nelle relazioni con la comunità. Ancora oggi, immaginare liberamente una casa significa disegnare col pensiero uno spazio capace di ospitare la nostra felicità. Descrivere questa casa raccontandola, allora, vuol dire dare una forma con le parole a un posto sicuro, in cui sentiamo di poter essere ciò che vogliamo essere davvero.

Una strana casa che si radica nella mia voce. E abita il vento è parte di una poesia citata nel libro La poetica dello spazio di Gaston Bachelard, diverse camminate nella pineta, un disegno, delle casette di cartone lasciate nel muschio, un momento per stare con Francesco.


Camminando nella pineta ho chiesto a Francesco di immaginare una casa. Gli ho chiesto di non porsi limiti di nessun tipo, di metterci tutto quello che voleva. Camminando, gli ho chiesto di raccontarmela. Tornati a casa, gli ho chiesto di disegnarla.



Una strana casa che si radica nella mia voce. E abita il vento. Capitolo 2.

Mi sono seduta su un ceppo di legno nel prato e ho chiesto a chi si sedeva sull’altro, di fronte a me, di immaginare di poter costruire da zero la sua casa, il suo rifugio. Nel mondo dell’immaginazione, senza regole di gravità o funzionalità, ognuno ha visto qualcosa di diverso. Con la voce ognuno ha costruito uno spazio, in cui ha messo al sicuro una parte di sé. Con le parole me lo ha raccontato.


Una strana casa che si radica nella mia voce. E abita il vento è due ceppi di legno in un prato, alcuni racconti di case, delle cartoline in regalo, un’ installazione ambientale, un’ azione partecipata.




Un momento sospeso tra due punti distanti nel tempo e nello spazio. La minima frazione di un viaggio di cui non si conoscono origine e fine.

Non si risolve

Una tensione incessante che non volge in niente. Uno stato d’essere delle cose che non fornisce risposte.

Non si risolve è un breve video a bassa risoluzione, filmato con una vecchia videocamera sul traghetto che collega l’Isola del Giglio a Porto Santo Stefano e mandato in loop continuo.





Installation view @ Spazio Giacomq, Bergamo



Le isole che non esistono

Le isole che non esistono sono spazi definiti dall’ombra di rami e muschi nella loro compresenza. Se alla luce del sole è possibile distinguere un elemento dall’altro, nell’ ombra proiettata sul foglio questi sono legati indissolubilmente. Incastrati in un unica forma Raccolti dallo stesso confine Indistinguibili.

Le isole che non esistono è un lavoro realizzato durante il workshop Essere Nella Distanza, sull’ Isola del giglio a settembre 2020, un taccuino di appunti, una scatola di rametti raccolti, una serie di disegni.





Olinda

Come i tronchi degli alberi che ogni anno aumentano di un anello, anche a Olinda le vecchie mura si dilatano portandosi con sé i quartieri antichi. Questi, ingranditi mantenendo le proporzioni su un più largo orizzonte ai confini della città, lasciano spazio ogni anno a una città più piccola.

Olinda è un progetto realizzato insieme a Samuele Magri per la mostra “Le città invisibili”, tenutasi presso lo Spazio Giacomq a Bergamo a giugno 2021, un’installazione composta da cinque stampe al lasercut appese al soffitto.



In-between

Partendo dalla definizione di distanza, intesa come spazio che separa e al tempo stesso linea che unisce, In-between collega due estremi tramite il suono.

In-between è una raccolta di field recording, una conversazione su whatsapp, un ep di cinque tracce, un regalo per Laura.






Mi sono chiesta come potessero suonare le nostre vite nello stesso momento, la mia qui e la tua li. Ho pensato che non potendo condividere lo spazio, avremmo potuto condividere il tempo



A subire la distanza sono le nostre quotidianità. Non posso più senitrti morsicchiare la penna mentre studi e tu non puoi più sentire i miei talloni che pestano il pavimento del corridoio. Ora cosa succederebbe se, in un giorno qualunque, io fossi li ad ascoltare la tua vita e tu fossi qui ad ascoltare la mia?



Ho immaginato per un attimo che ci affacciassimo ancora alla stessa finestra.



Di fronte al dolore dell’assenza, la presenza sembra dover incarnare una soluzione costantemente valida. Io invece sono fermamente convinta che ci possano essere ancora momenti in cui non vorremmo condividere lo stesso spazio.



Credo nello spazio che ci ascolta mentre noi ascoltiamo lui. Nello spazio che ricorda. Gli spazi che abbiamo condiviso possono raccontarci della nostra presenza, del tempo che li abbiamo trascorso insieme. Se ascolti attentamente puoi sentirlo.