Cadillac 16 [ 16 ottobre 2016 ]

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S’è messo a piovere. Anche la pioggia, una volta caduta, se ne va di sotto. Prima però fa una pozzanghera scura. E lì sto io: guasto, zuppo, fradicio, che urlo: Giustinianooooo! Di notte brucio di ricordi: sono loro che comandano, se ne salgono da sottoterra e mi si mettono sotto gli occhi. Allora sento la voce di mia madre che dice “Sta’ attento”. I raggi della bicicletta azzurra risplendono nel buio e girano, girano, come la ruota al luna park, e mamma mi mette nel cestello la merenda e dice “Sta’ attento”. E mi sale come un tremito. Queste Cose fino all’altro giorno erano vive solamente dentro di me. Ritrovarmele sotto al naso, tutte riunite, fa un po’ impressione, ecco. Quando si fa giorno, anche se non so come mi chiamo, chi sono, che cosa faccio, se tornate mi vedete che me ne sto accanto alla roulotte, immobile come un monumento. Nascosto sotto la coperta come una lucertola. Avvelenato di nostalgia. Nel dormiveglia mi pare di sentirla ancora la voce di mia madre, e il ronzio di Giustiniano accompagnato dai campanelli di tutti i chierichetti della Basilica di San Paolo. E aspetto, faccio la posta all’istante in cui il giorno gira l’interruttore e la notte ritorna, e la testa mi si apre, e i ricordi saltano tutti fuori. E le Cose, con delle belle etichette come i barattoli che mamma teneva in dispensa, si riuniscono in un bel mucchio: se ne stanno accatastate, in equilibrio, una sull’altra, formano una torre altissima, che arriva fino al cielo. Una bellezza. Ogni notte, poi, arriva il Carro: un carro enorme, che porta via tutto. Lo capisco, se non mi credete. Avete ragione, è tutto un sogno: le Cose passano, mica finiscono sottoterra e poi risorgono. Piano piano com’è venuto, il Carro si allontana. Si lascia dietro una scia di polvere che sembra lo Spirito Santo. Lì sopra le Cose sembrano più belle. Potessi salirci anch’io una volta e via, a spiare nel buco del culo dell’eternità. L’altra notte, in alto, ci saltellava un canarino. Op op! si allontanava. E io mica

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