Storia ed Evoluzione del Corsetto

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Bisogna che sia abbastanza svasato in alto da sostenere il seno senza comprimerlo, che il giro manica sia molto confortevole, che le pieghe della stoffa siano poco spesse, ben dislocate e flessibili, e infine, che abbracci tutto il bacino e trovi sulle anche un solido punto d’appoggio che segua la linea naturale dei fianchi”. Comunque, alla fine del XIX secolo i corsetti erano così stretti che le donne non potevano più chinarsi e, ancor peggio, si servivano di apparecchiature inverosimili: corsetti sui quali veniva fissato un insieme di giarrettiere ed elastici per trattenere le calze, impedire loro di torcersi lungo la gamba e tendere al massimo il corsetto su tutto il corpo o quasi. Nel 1885, all’Esposizione del Lavoro, il pubblico scoprì i seni artificiali, in pelle di camoscio, in raso imbottito o in caucciù: fu presentato il “Mammif”, una coppia di mammelle posticce che si adattavano al corsetto, particolarmente interessanti perché gonfiabili a volontà. C’erano anche seni artificiali a ventosa, che evitavano imbarazzanti cambiamenti di proporzioni sotto il vestito, perché non scivolavano fuori posto. Per quanto riguarda i seni veri, la stampa ebbe per la prima volta l’idea di svolgere un’inchiesta fra i lettori a questo riguardo. In seguito l’inchiesta si concluse con, trecento uomini che preferivano il seno a mela e trenta quello a pera. Nel XIX secolo, mentre le donne sfacciate imbottivano i loro corsetti, le suore, allo scopo di contenere la protuberanza di un petto troppo voluminoso, comprimevano le loro ghiandole mammarie con rondelle di un materiale che, fra l’altro, fungeva anche da esca infiammabile. Witkowski ricorda i bibliofili maniaci che, sommo orrore, facevano rilegare i libri con pelle di seno di donna: i capezzoli formavano sulle copertine delle prominenze caratteristiche. Ritornando a fatti meno feticisti e più razionali, alla fine del XIX secolo alcuni Stati finirono col vietare il corsetto alle ragazze (Fig.78).

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