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VERSO LA CRESCITA ZERO Il 29 Maggio 1978 con una votazione sia alla Camera che al Senato entra in vigore la legge sull’aborto. Questa consentiva alla donna, nei casi previsti, di poter ricorrere alla IVG (interruzione volontaria di gravidanza) in una struttura pubblica (ospedale o poliambulatorio convenzionato con la Regione di appartenenza), nei primi 90 giorni di gestazione; dopo il terzo mese era invece possibile ricorrere alla IVG solo per motivi di natura terapeutica. Cita la legge: “ Lo Stato garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile, riconosce il valore sociale della maternità e tutela la vita umana dal suo inizio. L’interruzione volontaria della gravidanza, di cui alla presente legge, non è mezzo per il controllo delle nascite. Lo Stato, le regioni e gli enti locali, nell’ambito delle proprie funzioni e competenze, promuovono e sviluppano i servizi socio-sanitari, nonché altre iniziative necessarie per evitare che l’aborto sia usato ai fini della limitazione delle nascite.” Le conseguenze di tale legge furono da subito evidenti: l’anno successivo si registrarono ufficialmente 187.752 aborti, il 25% dei concepiti; a parte il fatto etico e le motivazioni di queste scelte, con la bassa natalità di iniziava a corerre verso il fenomeno della “CRESCITA ZERO”.

1981 - Referendum sull’aborto

‘78

LA LEGGE SULL’ ABORTO


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