Focus 5/2017 | Depressione e lavoro un rischio da evitare

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Depressione e lavoro: un rischio da evitare n. 5 del 27 febbraio 2017 a cura di B & B Studio S.t.p.

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In questo persistente periodo di crisi economica e crescente disoccupazione, il solo fatto di avere un lavoro dovrebbe essere un antidoto contro la depressione. Se non fosse che proprio questa condizione apparentemente privilegiata, spesso, nasconde situazioni professionali non proprio rosee, caratterizzate da una scarsa valorizzazione delle competenze individuali, da uno stipendio non commisurato con le prestazioni richieste e, talvolta, da rapporti umani decisamente scadenti. Risultato: la qualità di vita e l'umore ne risentono in modo significativo, al punto che per molti il rischio di sviluppare depressione aumenta, proprio come capita a chi il lavoro lo perde per le ragioni più diverse. La depressione in Europa è tra le principali cause di astensione dal lavoro, e dunque è importante prenderla in esame quando si trattano i problemi che possono influire sulle performance delle risorse umane in una azienda. Le percentuali più alte di questo disturbo si riscontrano tra le donne (due volte più colpite rispetto agli uomini), anche se la “malattia” è abbastanza frequente anche tra gli uomini, e la prima insorgenza di un episodio depressivo è più frequente nell'età giovane (dai 20 ai 30 anni). In Italia, secondo uno studio condotto qualche anno fa, il 12% dei lavoratori soffre di forme di depressione più o meno accentuate (in difetto rispetto alla media europea, pari al 20% del totale dei lavoratori), dato che si traduce, tra le altre cose, in una media di 23 giorni annui di assenteismo sul lavoro correlato al “mal di vivere”. Questo fenomeno in qualche modo “di massa” è in un certo senso anche “paritario”, poiché colpisce le figure lavorative più varie, qualunque sia il loro grado o posizione ricoperta. Ma cos’è la depressione? A parole semplici, si può dire che la depressione è una forma di alterazione dell'umore verso forme di profonda tristezza, con riduzione dell'autostima e bisogno di autopunizione. Anche se “su carta” la depressione è una patologia vera e seria, nella quotidianità non è ancora accettata come tale, ed un quarto dei lavoratori malati sceglie di non palesarla in ambito lavorativo per la paura che l'impatto sociale del problema possa compromettere il mantenimento del posto di lavoro. La depressione è inoltre spesso correlata a tutta una serie di altri disturbi, quali attacchi di panico, disturbi ossessivo-compulsivi, anoressia nervosa, bulimia nervosa, disturbi borderline della personalità; queste situazioni, come ovvio, aggravano le condizioni di disagio e/o inadeguatezza sul lavoro. Gli effetti della depressione sulla persona che ne è affetta incidono sensibilmente sulle performance lavorative del soggetto, scatenando comportamenti come un perenne senso di colpa, deprezzamento di sé (e dunque poca fiducia


in ciò che si fa), isolamento (e dunque incapacità di comunicazione e di lavoro in team). I disturbi depressivi derivano da componenti sia biologiche che sociali e relazionali; in particolare, per quanto riguarda la sfera lavorativa, la depressione è favorita dalla mancanza di supporto sociale e da un clima lavorativo ostile; gli ambienti lavorativi tendono ad essere sempre più competitivi ed ansiogeni, lasciando terreno fertile allo sviluppo del disturbo e aggravandolo nel caso sia già presente in un soggetto. Inutile dire che situazioni relazionali od organizzative non corrette come mobbing, straining, burn out, stalking e stress lavoro-correlato rendono terreno fertile allo sviluppo del fenomeno. Oltre che dai succitati elementi, la depressione può essere causata anche da eventi scatenanti (ed in questo caso si parla di depressione reattiva): l'insuccesso nell'affermazione, la frustrazione delle proprie aspettative, un trasferimento non voluto. Ma anche altri fattori tipici del momento che viviamo quali: la precarietà, e dunque la mancanza di sicurezza nell'impiego, un utilizzo sempre più massiccio dei mezzi tecnologici, come ad esempio i computer, che portano ad instaurare rapporti virtuali, una forte diminuzione del tempo disponibile per la famiglia e per gli affetti legata all'orario unico che troppo spesso si protrae fino alle ore serali per tutte le persone “in carriera”, il cambiamento della cultura dominante. I soggetti più predisposti a sviluppare disturbi depressivi sono: quelli che hanno vissuto esperienze traumatiche della prima infanzia; chi lavora in un luogo lontano dal proprio habitat naturale (dove per habitat si intende l'insieme di luogo, aspetti culturali e relazionali del posto di origine); chi ha problemi familiari (dinamiche conflittuali); chi ha aspettative di successo sproporzionate; chi ha già sofferto di tale disturbo; secondo una ricerca italiana condotta all’inizio del nuovo millennio da IDEA, Istituto per la ricerca e la prevenzione della depressione e dell'ansia, il 36% di chi è uscito dalla fase acuta depressiva denuncia una difficoltà persistente relativa al reingresso sociale e lavorativo; dello stesso disturbo soffre anche il 23% dei loro familiari. Il 60% dei soggetti


usciti dalla depressione trovano difficoltà nei rapporti di relazione con i colleghi. Alla luce di quanto sopra illustrato, la depressione sul lavoro, è un fenomeno più sviluppato di quanto si creda e percepisca, e dunque è quanto mai importante, per la costruzione di un clima organizzativo favorevole e prospero, cercare di ridurre o alienare le cause che potrebbero favorire o scatenare fenomeni depressivi, oltre a monitorare le risorse umane per riuscire ad intervenire su simili problemi il più possibile nei loro stadi iniziali. Diventa quindi imprescindibile dare priorità al benessere nei luoghi di lavoro, ma perché ci sia benessere in un'organizzazione è necessario il sussistere di tre condizioni. Innanzitutto, è importante che l'azienda crei profitto, perché in assenza di questo nel lungo periodo gli interventi sul benessere organizzativo non possono portare ai risultati sperati. Inoltre, è importante che ci sia matching tra la cultura aziendale e quella delle persone che lavorano nell'organizzazione. Infine, è determinante la governance dell'azienda, per far funzionare adeguatamente i processi in azienda esprimendo uno stile di leadership che sia riconosciuto dai lavoratori. In generale quindi si tratta do valutare la credibilità, il rispetto e l'equità presenti nelle relazioni tra dipendenti e management, oltre all'orgoglio e al cameratismo che caratterizza il rapporto tra dipendenti.


FRANCESCO GENTILINI

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