Parola ai Polafiori di Roberto Mutti1
Il ricorso alla pellicola polaroid a sviluppo immediato ha permesso a Luigi Vegini di addentrarsi nei meandri di una ricerca che non è solo quella legata alla composizione, alla scelta delle luci, all’accostamento fra cromatismi che pure è qui molto evidente ma è anche un’indagine sul mezzo fotografico in quanto tale. La superficie della pellicola non è più soltanto la matrice su cui la luce disegna le forme ma anche un piccolo universo da osservare con attenzione perché è dotato di un’insospettabile vitalità. Il risultato finale che osserviamo è, infatti, il frutto di un processo che non si esaurisce nei pochissimi istanti dello scatto ma prosegue con una certa lentezza ed è in questo intervallo di tempo che è possibile all’autore intervenire sulla superficie manipolandola per attenuare, sottolineare, ridurre, accentuare una materia che per un verso obbedisce alle sollecitazioni e per l’altro reagisce in modo spesso imprevedibile facendosi guidare nella stessa misura dalla ragione
dei semplici fiori di campo. Luigi Vegini non
e dal caso. Non poteva esserci mezzo più ade-
descrive minuziosamente i fiori nei loro par-
guato per cogliere i fiori che Luigi Vegini non
ticolari ma fa ricorso a uno stile impressioni-
ha scelto fra quelli più spettacolari e preziosi:
stico per far sì che siano i colori – nelle molte
la bellezza sensuale delle rose, il geometrismo
tonalità dei verdi, degli azzurri, dei rossi, dei
svettante dei gigli, la carnalità delle orchidee
gialli – a delineare i confini delle forme per ot-
qui lascia il passo all’aspetto solo apparente-
tenere immagini di una delicatezza diafana e
mente dimesso dei papaveri, delle margherite,
di una bellezza poetica. n
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