Sguardi riflessi

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ASSOCIAZIONE AMICI DELLE BIBLIOTECHE

INDAGINE SULLE PARI OPPORTUNITÀ DI GENERE FRA GLI STUDENTI DEL MUGELLO a cura di Associazione di Promozione Sociale Bee.com



ASSOCIAZIONE AMICI DELLE BIBLIOTECHE

INDAGINE SULLE PARI OPPORTUNITÀ DI GENERE FRA GLI STUDENTI DEL MUGELLO a cura di Associazione di Promozione Sociale Bee.com

Discriminazioni di genere

analisi sulla percezione dei giovani mugellani


Un ringraziamento particolare va a Sonia Spacchini, Assessore alle Pari OpportunitĂ della Provincia di Firenze, che ha generosamente accolto e sostenuto questo progetto rendendolo possibile.

Coordinamento editoriale Associazione Bee.com Testi e Analisi dati Sara Casini e Serena Landi Somministrazione questionari e interviste Associazione Amici delle Biblioteche Disegni Federica Piazzetti Progetto Grafico Cooperativa Sociale Alveare Copia fuori commercio, vietata la vendita Copyright 2012 Associazione Amici delle Biblioteche


Indice

Prefazione

5

Introduzione

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I dati raccolti 1. Gli intervistati: dati anagrafici e biografici 2. Le domande sulle pari opportunitĂ di genere

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Le interviste

33

Appendice: organismi di paritĂ 1. Organismi nazionali 2. Organismi europei e internazionali

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Prefazione Sonia Spacchini Assessore alle Pari Opportunità Provincia di Firenze L’Assessorato alle Pari Opportunità della Provincia di Firenze ha accolto con interesse e piacere la volontà dell’Associazione “Amici delle Biblioteche” di realizzare un’analisi sulla percezione di genere dei giovani mugellani, attraverso il coinvolgimento delle due scuole superiori presenti sul territorio. Come in ogni momento di forte crisi economica le società sono indotte al cambiamento, anche l’Italia sta attraversando una fase che la renderà diversa da quello che fino ad oggi abbiamo conosciuto. In questo processo di messa in discussione delle strutture e sovrastrutture della nostra comunità, possiamo con forza introdurre elementi positivi, individuando le criticità che ci hanno accompagnato fino ad oggi e cercando gli strumenti per superarle. Tra le molteplici criticità è ormai innegabile che una delle più gravi e su cui è quanto mai necessario porre l’attenzione è rappresentata dall’assenza della piena parità di genere, il cui raggiungimento è ancora un cammino impervio. Nel perseguire tale obbiettivo risulta prioritario indagare il grado di conoscenza e di consapevolezza su questo fenomeno da parte delle generazioni che vivranno da protagoniste la società che stiamo costruendo. Se è ormai evidente la disparità tra uomo e donna, non solo percepita ma anche effettiva, soprattutto nel mondo del lavoro, e rappresenta un’emergenza non più rimandabile pena il declino di una intera società, è assai

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interessante capire invece il punto di vista di chi ancora è lontano da quel mondo ma con il quale presto si dovrà confrontare. Questa pubblicazione, che parte da una ricerca sul territorio realizzata da chi sul territorio opera e si impegna quotidianamente, rappresenta un significativo contributo che va nella direzione non solo di indagare, ma anche di stimolare tra gli stessi studenti coinvolti una piÚ ampia riflessione su questi temi che, sono certa, possa aiutarli a interpretare i mondi quotidiani in cui vivono con occhi piÚ attenti e consapevoli.

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Introduzione Questa pubblicazione – voluta e pensata dall’Associazione Amici delle Biblioteche di Borgo San Lorenzo – si pone l’obiettivo di creare un piccolo spunto di riflessione, dedicato non solo ai giovani, ma anche alla politica, alla scuola e al mondo del lavoro, sul tema delle pari opportunità di genere. Pari opportunità intese come un traguardo di civiltà che la nostra società, ad oggi, non può dire d’aver pienamente raggiunto. Lo dicono i dati raccolti fra gli studenti delle classi terze, quarte e quinte degli istituti superiori del Mugello e lo dicono, su scala nazionale ed europea, moltissime analisi statistiche. E’ interessante, e contemporaneamente avvilente, constatare, ad esempio 1, che il numero dei comuni italiani amministrati da donne sindaco non raggiunge in Italia il 10%, percentuale che scende sotto al 5% nei comuni del sud e sotto al 4% per la fascia di comuni di maggiore dimensione demografica. In effetti, anche le ragazze del Mugello che per questa ricerca sono state intervistate tendono a pensare che gli uomini siano più adatti di loro a svolgere il ruolo di sindaco (vedi grafico a pagina 25) e soprattutto che la leadership sia una caratteristica più maschile che femminile. Ma non è solo il mondo della rappresentanza politica ad esplicitare la distanza nelle possibilità di accesso fra uomini e donne; è la limitata presenza delle donne nei ruoli decisionali, in ogni ambito della vita sociale, economica e professionale, che appare come sistematica in Italia. È il cosiddetto “tetto di cristallo”, definizione gentile per quella linea invisibile in cui la carriera delle donne si ferma, a causa di ste1

CITTALIA. FONDAZIONE ANCI RICERCHE, a cura di, [2010] Le donne e la rappresentanza. Una lettura di genere nelle amministrazioni comunali Seconda Edizione, ANCI.

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reotipi culturali, discriminazioni e, soprattutto, di una divisione ineguale del carico di lavoro familiare tra uomini e donne. Le ragazze che abbiamo intervistato talvolta lo avvertono, più spesso lo intuiscono, e temono che per loro, l’affermazione professionale comporterà una fatica e un impegno maggiori rispetto ai loro coetanei di sesso maschile, anche se a scuola sono più brave: “i dati infatti testimoniano che le ultime generazioni di donne hanno una maggiore probabilità di proseguire il proprio percorso di studi rispetto ai coetanei maschi ed esprimono mediamente prestazioni migliori e carriere scolastiche meno accidentate 2”.

8

La ricerca L’indagine che viene presentata ha coinvolto un campione totale di 408 giovani delle scuole secondarie superiori del Mugello; è infatti nel capoluogo di zona che si trovano i due istituti superiori ed è qui che affluiscono la maggior parte degli adolescenti dell’area. Sono stati intervistati 170 ragazzi e 238 ragazze che hanno frequentato, nell’anno scolastico 2011/2012 le classi terze, quarte e quinte dell’Istituto d’Istruzione Superiore Giotto Ulivi e dell’Istituto Professionale Chino Chini. La scelta di indagare le alunne e gli alunni di queste classi è motivata dal fatto che questa fascia d’età sta attraversando la fase di transizione verso l’età adulta: ha compiuto gli studi dell’obbligo, sta per finire il percorso secondario di istruzione e guarda al futuro interrogandosi sulle scelte che dovrà, presto, compiere. Il secondo aspetto ha a che vedere con considerazioni prettamente anagrafiche: l’età che va dai sedici ai diciannove anni rappresenta una linea d’arrivo nel processo di livellamento delle differenze psicologiche e fisiche che nettamente distinguono i bambini dalle bambine: la maturità dei soggetti, come individui, è, in questa fase della crescita, più similare tra i due sessi. 2 NICOLA DE LUIGI, NICOLETTA SANTANGELO; [2010] Adolescenti e studi scientifici fra differenze di genere e propensioni innovative Università di Bologna


Questi giovani, inoltre, sono invitati a prendere posizione sui temi politici – votano o voteranno presto – e sempre più saranno chiamati a partecipare alla vita della loro comunità. D’altro canto non sono ancora entrati appieno nel mondo degli adulti e ciò – crediamo – consente loro di osservarlo da un punto di vista privilegiato. Da pagina 11 a pagina 31 in questa pubblicazione sono presentati i risultati emersi dal questionario somministrato nelle classi nei mesi di maggio e giugno del 2012, mentre nel secondo capitolo sono state raccolte alcune interviste aperte realizzate con rappresentanti di diversi contesti della realtà mugellana: il sindaco di Borgo San Lorenzo, Giovanni Bettarini, la Presidentessa della Cooperativa Sociale Archimede, Verusca Valdambrini, l’educatrice e logopedista Giada Ciampi, Giulia Finocchi dell’Associazione Culturale Lo Scrittoio, il Coordinatore della CGIL Mugello, Felice Bifulco, l’imprenditrice agricola Sandra Bacciotti, e il preside dell’Istituto d’Istruzione Superiore Giotto Ulivi, Filippo Gelormino. A loro abbiamo chiesto di commentare i dati emersi dall’indagine compiuta fra gli studenti e di indicarci alcune specificità del loro contesto. Le indicazioni che i giovani ci offrono attraverso le loro risposte, quindi, se da un lato dimostrano come nella scuola sia possibile agire per ridurre gli stereotipi di genere e per offrire agli studenti quella formazione in materia di pari opportunità che essi richiedono, dall’altro offrono agli adulti spunti per azioni concrete da mettere in atto affinché la società di domani possa essere più aperta, coesa e plurale di quella odierna.

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I dati raccolti 1. Gli intervistati: dati anagrafici e biografici La ricerca che viene qui presentata è stata condotta, nel maggio 2012, nelle classi terze, quarte e quinte degli Istituti d’Istruzione Superiore Giotto Ulivi e Chino Chini di Borgo San Lorenzo: le due scuole superiori di riferimento per il territorio del Mugello e dell’Alto Mugello. Agli intervistati è stato chiesto di compilare, in maniera del tutto volontaria e anonima, un questionario, elaborato con l’obiettivo di comprendere quale sia la percezione dei ruoli di genere, da parte dei giovani della zona. Alcune domande iniziali sono servite a raccogliere dati di carattere anagrafico e biografico quali età, nazionalità, provenienza geografica, titolo di studio e professione dei genitori. 11

12,01%

0,49% non risponde 16 anni 17 anni 18 anni 19 anni 17,40% + 20 anni 8,82% + 21 anni 1,96% + 22 anni 0,25% = 19+20+21+22 anni

28,43%

26,72%

32,35%

16anni 17 anni 18 anni 19 anni 20 anni 21 anni 22 anni

n.r.

risposte

12,00% 20,00% 31,00% 20,50% 10,50% 5,00%

0,00%

1,00% MASCHI

12,00% 32,00% 33,00% 15,00% 8,00%

0,00%

0,00% FEMMINE

0,00%


L’età degli intervistati è compresa fra i sedici e i ventidue anni; a prevalere sono i diciottenni (32%), seguiti dagli over diciannove (29%) e dai diciassettenni (27%) mentre è più esigua la percentuale dei sedicenni (12%). Da notare che, nel gruppo dei maschi, è il 15,5% ad avere venti anni o più, mentre nel gruppo delle femmine solo l’8% raggiunge quest’età; un dato che certamente è da collegare alle differenze di rendimento scolastico tra maschi e femmine: i maschi ripetono l’anno con maggiore frequenza rispetto alle compagne. 1% 10% nazionalità italiana nazionalità straniera non risponde 89%

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Gli intervistati sono di nazionalità italiana nell’89% dei casi, e la maggior parte di loro risiede nel territorio del Mugello: il 37,5% abita nel capoluogo di zona, il Comune di Borgo San Lorenzo, il 15,5% abita a Vicchio, il 14% vive a Barberino di Mugello, Altri comuni: 0,98% Rufina 0,98% Vaglia 0,49% Marradi 0,25% Poggio a Caiano 0,25% Fiesole 0,25% Pontassieve 0,25% Londa

Borgo San Lorenzo Vicchio Barberino di Mugello Scarperia San Piero a Sieve Dicomano Firenzuola San Godenzo Altri comuni non risponde


l’11% a Scarperia, il 7% e il 6% rispettivamente a San Piero a Sieve e Dicomano. Seguono altri comuni quali Firenzuola, Marradi, Vaglia, Rufina e San Godenzo. Il questionario chiedeva, inoltre, di indicare il titolo di studio di entrambi i genitori. Dall’analisi delle risposte emerge innanzitutto che le madri hanno, mediamente, un grado di scolarizzazione più alto dei padri. Le madri sono laureate nel 13% dei casi, mentre il 38% di loro ha un diploma di maturità. I padri laureati rappresentano l’11% mentre i diplomati sono il 25%. Prendendo in considerazione i gradi di istruzione più bassi emerge, invece, che il 3% delle madri e il 7% dei padri hanno conseguito la licenza elementare. 3% 4% 28%

14%

7%

madri

5% 11%

40% 13% 38%

padri

25% 12%

Nonostante siano le madri ad avere un più elevato livello d’istruzione, sono i padri (7%) ad aver assunto, con maggiore frequenza, ruoli dirigenziali nel mondo del lavoro. Gli imprenditori e gli artigiani sono in prevalenza uomini, mentre le donne sono occupate principalmente nel settore impiegatizio e dell’insegnamento. In questi due settori lavorano, infatti, il 33% delle

Licenza Elementare Licenza Media Qualifica Professionale Diploma di Maturità Laurea o Post Laurea non risponde

13


In una recente ricerca l’Istat1 scrive: “se alla fine degli anni Ottanta, l’85 per cento del lavoro familiare era a carico femminile, oggi lo squilibrio si è ridotto di soli 10 punti percentuali. Le italiane, dunque, continuano a portare sulle loro spalle tre quarti dell’impegno nelle attività domestiche e di cura”

madri, a fronte del 10% dei padri. Va diversamente nel comparto operaio, che dà lavoro al 10% delle prime e al 22% dei secondi. E’ da segnalare, inoltre, che il 13,5% delle madri e il 15% dei padri svolgono un altro tipo di lavoro dipendente, mentre la libera professione impiega il 9% degli uomini e solo il 2,5% delle donne. La stessa percentuale si riscontra per le donne nel settore del lavoro di tipo autonomo, che impiega invece il 4% degli uomini. Il tasso di disoccupazione è pari all’1%, sia per il gruppo delle madri sia per i padri, mentre il lavoro domestico sembra esser ancora un ambito prettamente femminile: il 13% delle madri lavora come casalinga, mentre nessun padre è stato inserito in questa categoria. Dirigente Impiegato/Insegnante

14

Altro lavoro dipendente Operaio Imprenditore Artigiano Commerciante madri padri

Libero Professionista Altro lavoro autonomo Disoccupato Casalinga Pensionato

1 “Uso del tempo e ruoli di genere. Tra lavoro e famiglia nel ciclo di vita”, in Argomenti n. 43, 2012

Altro non dichiara


2. Le domande sulle pari opportunità di genere I questionari restituiti e completati in maniera valida sono stati 408, di cui 238 compilati da femmine (pari al 58% del totale) e 170 da maschi (pari al 42% del totale). Sono stati considerati interamente non validi quei questionari che presentavano un numero di risposte inferiore ai ¾ delle domande (1% del totale), mentre per tutti gli altri è stata presa in considerazione la validità delle singole risposte, ed è da leggere proprio alla luce di questa premessa il tasso di mancata risposta che è presente con evidenza per alcune domande e che è stato segnalato di volta in volta. Nell’analisi dei vari quesiti, qualora rilevante, è stata inoltre segnalata la diversa percentuale di risposta di maschi e femmine. 2.1 “Pari opportunità” un concetto che nella pratica per te significa: A Che si dovrebbero creare nuove leggi per garantire a tutti il medesimo accesso alla partecipazione politica, lavorativa, sociale ed economica B Che si dovrebbero applicare con maggiore efficacia le leggi che già esistono C Un problema che oggi non esiste più D Non mi è chiaro cosa significhi questa espressione

Il 57% degli intervistati traduce il concetto di pari opportunità con la necessità di creare nuove leggi in grado di garantire l’accesso di tutti alla partecipazione politica, lavorativa, sociale ed economica. Il 30% sostiene invece che il concetto si sostanzierebbe piuttosto attraverso un’applicazione più efficace delle leggi che già esistono. Sussistono però delle differenze tra maschi e femmine: il 34% di quest’ultime sostiene la necessità di rafforzare l’applicazione della legislazione vigente, mentre la medesima affermazione è sostenuta solo dal 25% dei maschi. A considerare il problema come inesistente è però solo una minoranza (il 7% dei maschi e il 4% delle femmine) così come a ignorare l’espressione “pari opportunità”

15


(il 7% dei maschi e il 3% delle femmine).

3%

4%

6% 30%

Risposta A Risposta B Risposta C Risposta D non risponde

57%

16

risposte

A

B

C

D

n.r.

MASCHI

56,00%

25,00%

7,00%

7,00%

5,00%

FEMMINE

58,00%

34,00%

4,00%

3,00%

1,00%

2.2 Credi che il problema delle pari opportunità di genere oggi sia... A Ormai superato B Ancora presente C In aumento D Non so, non ho un’opinione in merito

Sono in pochi a considerare il problema della pari opportunità di genere come “ormai superato” mentre la maggioranza (67%) ritiene che il fenomeno sia “ancora presente” nella società; si tratta di una valutazione che è sicuramente più diffusa tra le ragazze (il 73%) che tra i ragazzi (il 58%). Proprio i maschi, però, in percentuale più alta, ritengono di trovarsi di fronte a un


problema “in aumento”. Infine il 13,50% dei maschi e l’8% delle femmine dichiarano di non avere alcuna opinione in merito.

17%

Ormai superato Ancora presente In aumento Non so non risponde

67% 10% 2% 4%

A

B

C

D

n.r.

risposte

5,00%

58,00%

20,50%

13,50%

3,00%

MASCHI

3,00%

73,00%

15,00%

8,00%

1,00%

FEMMINE

17

2.3 Conosci l’esistenza di organismi nazionali e/o internazionali per la tutela delle pari opportunità? • Si (potresti citarne almeno uno?) • No • Non so

La maggioranza degli intervistati non conosce, o non è in grado di affermare se conosce o meno, l’esistenza di organismi nazionali e/o internazionali per la tutela delle pari opportunità di genere: è solo il 14% a rispondere affermativamente al quesito. Interessante notare che, comunque, quasi nessuno è in grado di citare un organismo di tutela e, nei pochissimi casi in cui questo avviene, il riferimento va all’ex-ministro alle Pari Opportunità, Mara Carfagna.

E voi li conoscete? A pagina 51 è possible trovare una lista dei più importanti organismi di parità a livello nazionale ed internazionale.


14%

Si No Non so non risponde

5%

42% 39%

2.4 Potresti indicare con quale frequenza (spesso, di rado, quasi mai) ti capita di parlare di Pari Opportunità fra uomo e donna nei vari contesti qui elencati? 18

• A scuola • Nel tempo libero con gli amici • In famiglia

Per la maggior parte dei ragazzi l’argomento delle pari opportunità tra uomo e donna è affrontato raramente in contesti quali la scuola, la famiglia, gli amici. Lo si deduce dalla somma delle risposte “di rado” e “quasi mai” che, in tutti e tre i casi, supera il 70%. Non si registrano differenze significative tra le risposte dei maschi e quelle delle femmine, tranne per quanto riguarda il contesto scolastico sul quale pertanto ci soffermiamo brevemente. Il 34% delle ragazze è sicuro che il tema sia, a scuola, affrontato spesso, nel 50% dei casi sono invece convinte che ciò accada di rado, mentre il restante 15% crede che non accada praticamente mai. Il 17% dei maschi pensa che il tema delle pari opportunità sia frequentemente esaminato in classe; il 38% sostiene, invece, che l’argomento non sia quasi mai affrontato, e ben il 43% crede che lo sia raramente. La percezione del tempo dedicato a questo tema, in ambito scolastico, cambia inoltre da


istituto a istituto: al Chino Chini, a sostenere che l’argomento sia trattato “spesso” è il 15% dei maschi e il 26% delle femmine, mentre al Giotto Ulivi le percentuali salgono fino a raggiungere il 20% dei maschi e il 41% delle femmine. Ne deriva una possibile deduzione: probabilmente, le classi composte interamente di soli maschi e di sole femmine che caratterizzano un Istituto Professionale quale il Chino Chini non facilitano il dibattito e il confronto su queste tematiche. 1% 34%

15%

a scuola femmine

17%

Spesso Di rado Mai o quasi mai non risponde

2% 38%

a scuola maschi

50%

43%

2.5 In quale di questi contesti credi che si possano verificare maggiormente episodi di discriminazione basati sul genere? A A scuola B Nel gruppo di amici C In famiglia D Nel mondo del lavoro E Nella carriera politica F Nei media (radio, TV, giornali, web) G Nello sport H Non credo che possano esistere episodi di discriminazione di genere

19


11%

21%

Risposta A Risposta B Risposta C Risposta D Risposta E Risposta F Risposta G Risposta H non risponde

4% 4% 2% 2%

7%

10%

39%

risposte 20

A - scuola

G - sport

H - non esiste

MASCHI

14,00%

9,00%

6,00%

FEMMINE

26,00%

1,00%

1,00%

Il mondo del lavoro, per il 39% degli intervistati, rappresenta il contesto ritenuto più discriminante, mentre al secondo posto (21% degli intervistati) compare la scuola. La politica, e la possibilità di intraprendere una carriera in quest’ambito, arrivano invece al terzo posto nella classifica dei contesti più discriminatori per le donne. E’ da notare che sono soprattutto le ragazze (26% rispetto al 14% dei ragazzi) a percepire la scuola come un contesto a rischio di discriminazione. Solo il 4% degli intervistati considera lo sport come un ambito in cui possano verificarsi episodi di discriminazione, ma è interessante notare che sono sopratutto i maschi a sostenere quest’idea (il 9% del loro gruppo mentre solo l’1% delle ragazze condivide l’affermazione).


2.6 Credi che a scuola il tema delle discriminazioni di genere sia... A Affrontato in modo esaustivo B Sufficientemente affrontato C Appena accennato D Mai stato affrontato

In linea con quanto emerso dalle risposte al quarto quesito (vedi paragrafo 2.4) del questionario, il 49% degli intervistati considera che a scuola il tema sia “appena accennato” e il 9% crede che non sia “mai stato affrontato”. Il 36% invece ritiene che sia stato “sufficientemente affrontato” e solo il 3% lo considera “affrontato in maniera esaustiva”. La differenza più marcata tra maschi e femmine sta nella percentuale di coloro che sostengono che le pari opportunità non siano mai state affrontate a scuola: lo pensa il 14% dei ragazzi a fronte del 6% delle ragazze. Non mancano le diversità tra i due Istituti coinvolti nell’indagine: sono soprattutto le studentesse del Chino Chini (il 9% a fronte del 3% delle colleghe del Giotto Ulivi) a ritenere il tema pressoché inesistente nell’agenda scolastica. 3% 3%

21

9%

Risposta A Risposta B Risposta C Risposta D non risponde

36%

49%


2.7 Credi che sarebbe utile ricevere maggiori informazioni su questo tema?

La richiesta da parte dei giovani arriva forte e chiara: più spazio alla discussione sulle discriminazioni di genere. Gli educatori sono pronti?

• Si • No • Non risponde

La maggioranza degli intervistati risponde affermativamente a questo quesito, con una percentuale più alta tra le ragazze (l’85% risponde “sì” e l’11% risponde ”no”) rispetto ai ragazzi (il 74% vorrebbe maggiori informazioni, il 24% afferma il contrario). 4% 16%

22

Si No non risponde

80%

risposte

SI

NO

n.r.

MASCHI

74,00%

24,00%

2,00%

FEMMINE

85,00%

11,00%

4,00%

2.8. Ti è mai capitato di assistere a episodi di discriminazione basati sul genere a scuola? • Si • No • Non risponde


1%

Si No non risponde

48%

51%

Come possiamo osservare dal grafico, quando si domanda agli studenti se hanno mai assistito (o subito) discriminazioni legate a stereotipi di genere, nel mondo scolastico (che include i compagni di classe ma anche i docenti) gli intervistati si dividono a metà, senza differenze rilevanti tra maschi e femmine.

23

2.9 E in altri contesti (Amici/Tempo libero, Famiglia, Sport) ti è mai capitato di assistere a episodi di discriminazione di questo tipo? • Si • No • Non risponde 36% 6%

57% 86%

34%

60%

7%

Amici/Tempo libero

7%

Famiglia

6%

Sport

Il medesimo livellamento tra generi è osservabile anche quando si domanda se abbiano registrato episodi discriminatori in altri contesti. Circa i due terzi degli intervistati non hanno mai osservato il fenomeno né tra gli amici né nello sport né in famiglia.

Si No non risponde


2.10 Scegli la parola che per te è più utile per definire il concetto di donna (1 sola risposta “D”) e uomo (1 sola risposta “U”): • Cura • Creatività • Famiglia • Ambizione • Leadership • Abilità artistiche • Sensibilità

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• Irrazionalità • Fantasia • Responsabilità • Coerenza • Pragmaticità • Indipendenza • Aggressività

E’ innanzitutto da segnalare che ben il 38% degli intervistati non ha risposto in maniera valida e, trattandosi di una quota piuttosto significativa, non possiamo non tenerne conto nella lettura dei dati complessivi. I numeri che emergono dalle risposte valide offrono un quadro in cui i generi appaiono stereotipati, secondo un modello che vede la donna associata a parole quali la sensibilità e la famiglia, e l’uomo alla responsabilità e alla leadership. Gli stereotipi sono dunque presenti, sia nello sguardo incrociato che i due gruppi si rivolgono, sia nello sguardo riflesso che ognuno rivolge a sé stesso. E’ infatti alto il numero delle ragazze che associa al concetto di “donna” parole quali “famiglia” (15% delle intervistate) e “sensibilità” (12%); mentre si considerano distanti da caratteristiche quali la “leadership” (2%) e la “creatività” (1%). Agli uomini, al contrario, le ragazze associano soprattutto la parola “responsabilità” (14% delle intervistate), “aggressività” (8%), “indipendenza” (7%) e “ambizione” (6%). Al contempo i ragazzi rafforzano la percezione che le compagne hanno di sé stesse, accostandole alla “sensibilità” (18% degli intervistati), alla “famiglia” (13%) e alla “cura” (8%), e confermano anche l’immagine che dei maschi hanno le loro compagne di classe: il 19% dei maschi si definisce tramite il concetto di “responsabilità”, il 12% si attribuisce la capacità di “leadership”, il 7% crede che sia l’“indipendenza” una tra le principali caratteristiche degli uomini.


2.11 Quanto ciascuna di queste professioni secondo te è adatta a una donna “D” e quanto a un uomo “U”? Poco/Per niente, Abbastanza, Molto? Musicista Sindaco Chirurgo

Poco/Per niente Abbastanza Molto non validi

Imprenditore Giornalista Poliziotto Operaio Insegnante Programmatore web Ingegnere

Alla richiesta di attribuire, a ciascun genere, rispetto ad uno specifico mestiere, un certo grado di capacità, gli intervistati adottano i medesimi stereotipi di genere a cui si sono appellati per rispondere alla domanda precedente. Qui emerge, infatti, che le donne sono “molto adatte” soprattutto a svolgere professioni quali l’insegnante e la giornalista; giudizio che condividono in pieno anche i maschi. Le donne vengono considerate generalmente “abbastanza adatte” in tutte le professioni, ma non mancano coloro che ritengono le donne “poco o per niente adatte” a tutte le professioni elencate. Al contempo e complessivamente, invece, gli intervistati considerano gli uomini “molto adatti” a ricoprire gran parte dei ruoli professionali, con una particolare attribuzione di capacità per lavori quali il poliziotto, l’operaio, il programmatore web, l’ingegnere e l’imprenditore. Emerge inoltre dai dati delle risposte divise per genere quanto

25


le femmine siano le prime ad attribuirsi poche abilità lavorative mentre considerano più bravi, e in più ambiti, i futuri colleghi maschi. Quest’ultimi, invece, solo in rari casi guardano a sé stessi con disistima, considerandosi piuttosto adatti a qualsiasi tipo di lavoro, con particolare riguardo all’imprenditoria. 2.12 Per chi ritieni potrebbe essere più difficile trovare un lavoro una volta finiti gli studi: • Per un uomo

• Per una donna

• Uguale per entrambi

Il 65% degli intervistati ritiene che sia difficile per entrambi e in egual misura trovare un lavoro una volta terminati gli studi, mentre il 24% è convinto che possa essere più complicato per una donna: sono le ragazze a temere maggiormente per il loro futuro ingresso lavorativo. L’8% sostiene invece che sarà l’uomo a incontrare i maggiori ostacoli.

26

8%

Per un uomo Per una donna Uguale per entrambi non risponde

3%

24%

65%

2.13 Per chi credi che - a parità di formazione scolastica potrà essere più difficile trovare il lavoro che desidera? • Per un uomo

• Per una donna

• Uguale per entrambi


Se si introducono concetti quali “formazione scolastica” e “ambizione lavorativa”, la percentuale di chi crede che sia difficile, per entrambi i generi e in egual misura, scende al 50%, mentre sale, anche se di poco (al 25%) la quota di coloro che sostengono che ad incontrare le maggiori difficoltà saranno le donne. Infine, sale (al 10%) la percentuale di coloro che temono per gli uomini, ma aumenta anche (al 15%) il numero delle risposte non date, che non possiamo non tenere in considerazione. 10%

15%

Per un uomo Per una donna Uguale per entrambi non risponde

25%

27

50%

2.14 Credi che l’aspetto fisico possa discriminare l’accesso al lavoro? • Per un uomo

• Per una donna

• Uguale per entrambi

Il 50% degli intervistati ritiene infatti che la bellezza ricopra un ruolo di maggior rilievo nella carriera delle donne, mentre il 42% ritiene invece che l’estetica possa influenzare in egual modo la vita lavorativa dei maschi e delle femmine. È solo il 3% a ritenere che gli uomini possano soffrire questo tipo di discriminazione in maniera esclusiva. Osservando le risposte date dalle ragazze, appare evidente che quest’ultime temono soprattutto per sé stesse; solo una piccola

“Beautism” è il nome che è stato dato alla discriminazione in base alla bellezza, concetto che spesso coinvolge anche il peso corporeo. Uno studio pubblicato in America dal Journal of Applied Psychology, rivela che le donne in sovrappeso guadagnano ogni anno dai 9mila ai 19mila dollari in meno delle colleghe più magre.


percentuale afferma che il problema possa riguardare anche i compagni. 3%

Per un uomo Per una donna Uguale per entrambi non risponde

28

5%

42%

50%

2.15 Hai mai pensato che in futuro raggiungere determinati obiettivi professionali potesse essere più difficile... • Per un uomo

• Per una donna 9%

Per un uomo Per una donna Uguale per entrambi non risponde

• Uguale per entrambi

3%

30%

58%

La maggioranza degli intervistati dichiara che donne e uomini avranno le medesime difficoltà. Dall’analisi dei dati relativi alle


risposte delle ragazze emerge che queste temono per entrambi (54%) o per loro stesse (37%) e in misura minore per i maschi (7%). I ragazzi sono preoccupati per il loro futuro nell’11% dei casi e nel 21% per quello delle compagne di classe. Il 62% crede invece che sarà difficile per entrambi, in futuro, raggiungere specifici obiettivi professionali. 2.16 Finita la scuola superiore cosa pensi di fare? • Cercare un lavoro

• Proseguire gli studi 8%

40%

Cercare un lavoro Proseguire gli studi non risponde

52%

Abbiamo, infine, chiesto agli studenti delle III, IV e V del Chino Chini e del Giotto Ulivi, qual’è il futuro che immaginano dopo il ciclo di studi superiori. Il 40% dichiara di voler cercare un lavoro, e il 52% di voler invece proseguire gli studi, mentre il restante 8% preferisce non rispondere. Analizzando i dati si evince che i maschi vogliono, in prevalenza, cercare subito un lavoro e, a volerlo fare, sono soprattutto i ragazzi del Chino Chini (61,54%) che, del resto, stanno seguendo un percorso di studi volto a conseguire specifiche capacità professionali che si augurano possa-

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Gli uomini possono contare più delle colleghe su un lavoro stabile (37% contro il 31%). Non solo. Gli uomini guadagnano il 29% in più delle colleghe (1.231 euro contro 956 euro in termini nominali). A tre anni dalla laurea le differenze di genere si confermano significative e pari a 7 punti percentuali: lavorano 71 donne e 78 uomini su cento 2.

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2 Rapporto Almalaurea 2011

no essere facilmente spendibili nel mondo del lavoro. Tra coloro che dichiarano, invece, di voler proseguire gli studi ci sono soprattutto le ragazze, con percentuali particolarmente significative fra le studentesse del Liceo Giotto Ulivi (74,14%). Infine, molti fra coloro che dichiarano di voler proseguire gli studi forniscono più di una risposta quando si chiede loro cosa vorrebbero studiare in futuro: un dato che è certamente comprensibile alla luce del fatto che gran parte dei ragazzi e delle ragazze, trovandosi nelle classi III e IV, sono ancora lontani dal momento in cui dovranno fare una scelta. Indecisioni a parte, le studentesse esprimono un forte interesse soprattutto nei riguardi delle Lingue straniere, della Medicina, della Psicologia e della Giurisprudenza; mentre gli studenti preferiscono, per il loro futuro, percorsi di studio quali l’Ingegneria, la Giurisprudenza, le Scienze agrarie e la Medicina.


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Le interviste

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1. Interviste Dopo aver analizzato i dati raccolti fra gli studenti e le studentesse delle scuole superiori del Mugello è sembrato utile che i numeri potessero essere valutati, commentati e analizzati da esperti e rappresentanti di diverse realtà del territorio. Ecco quindi che sui numeri presentati nelle pagine precedenti si sono posati gli sguardi attenti di otto osservatori che – ognuno nel proprio ambito di competenza – hanno provato a dare profondità e concretezza ai valori numerici, raccontandoci come il genere possa trasformarsi in un criterio di esclusione o di difficoltà per le ragazze che si accingono a percorrere le strade che attraversano il mondo del lavoro, della politica, dell’associazionismo o dell’istruzione. Le interviste rimandano percezioni diverse, sia sulla dimensione del problema che sulla sua natura e consistenza, ma proprio per questo rappresentano tasselli importanti affinché ogni lettore possa arricchire e integrare le proprie idee ed impressioni rispetto a un argomento di stringente attualità di fondamentale importanza per il miglioramento della nostra società. 1.1 FILIPPO GELORMINO 56 anni. Dirigente Scolastico Liceo Giotto Ulivi. Il 45% dei ragazzi e delle ragazze intervistate dichiara che di rado capita loro di parlare di pari opportunità fra uomo e donna in famiglia. Non va tanto meglio né nel tempo libero né a scuola. Una scarsa propensione ad affrontare il tema. Quale il suo punto di vista in merito a questa carenza nei tre contesti di maggiore permanenza dei ragazzi? All’interno della scuola ci sono alcuni momenti in cui si parla di questi argomenti. Difatti, la collaborazione al progetto che ha portato alla realizzazione di questa ricerca nasce anche grazie al comitato studentesco che ha sentito l’esigenza di affrontare il tema. È inoltre possibile che questi temi siano trattati anche nel contesto scolastico ordinario, soprattutto grazie a


discipline quali il diritto, la storia, l’italiano. Il 48% degli intervistati crede che il tema delle discriminazioni di genere sia appena accennato a scuola, e il 9% ritiene che non sia mai stato affrontato. Si arriva dunque a più della metà degli studenti. I ragazzi dichiarano poi che il fenomeno delle discriminazioni esiste, ed è percepito come in aumento. Come commenta questi dati? Questi dati vanno contro quello che dicevo prima; secondo il mio punto di vista è un tema al centro dell’attenzione, ma sarà necessario dare maggiore impeto a quello che è il percorso di approfondimento di questo argomento, anche perché la nostra è una scuola dove la presenza femminile è molto elevata. Credo ci sia terreno fertile per rinforzare questa discussione, anche se non ho avuto modo di constatare eventi di discriminazione o fenomeni che possano allarmare. Non ho notato, nel corso di quest’anno scolastico, situazioni di disturbo alla convivenza. Quali pensa possano essere le strategie da mettere in campo, a scuola, per affrontare temi come questi? Le strategie sono quelle in uso: parlarne in ambiente didattico, nell’ambito di materie come la storia contemporanea del quinto anno, il diritto, la letteratura italiana. Un’altra strategia potrebbe inoltre essere quella di parlarne in spazi destinati ad approfondimenti, come il Comitato Studentesco. Ci siamo trovati di fronte a un altro dato interessante: alla domanda “con quale frequenza parli di pari opportunità a scuola?” rispondono “spesso” l’11% dei maschi del Chino Chini e il 41% delle femmine del Giotto Ulivi. Due estremi che aprono riflessioni su quanto la classe mista possa favorire il dibattito, che ne pensa? Certamente, il fatto di avere nella stessa classe ragazze e ragazzi è fondamentale; come al contrario possono limitare certi momenti di confronto le classi di maggioranza femminile, come il liceo scientifico, linguistico e classico.

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Il doppio dei maschi rispetto alle femmine secondo la nostra ricerca ha l’impressione che il tema delle pari opportunità non sia mai stato affrontato. Come possiamo spiegare questo divario? Forse una chiave di lettura potrebbe essere che mentre la ragazza sente il tema delle pari opportunità come più vicino, il ragazzo, vedendolo come una cosa più lontana dal suo essere, forse non lo nota più di tanto. 1.2 GIADA CIAMPI 38 anni. Orientatrice, logopedista e formatrice.

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Il 45% dei ragazzi e delle ragazze da noi intervistate dichiara che di rado capita loro di parlare di pari opportunità fra uomo e donna in famiglia, così come a scuola e nel tempo libero. Si registra quindi una scarsa propensione ad affrontare questo tema. Quale il suo punto di vista in merito? Parto dalla mia esperienza di lavoro: a Borgo San Lorenzo, tra le varie attività che svolgo, collaboro con un’agenzia formativa che realizza corsi di formazione professionale per i ragazzi in obbligo formativo fuori dalla scuola superiore, e mi occupo proprio dell’insegnamento di pari opportunità e inter-cultura: nello specifico mi sono trovata con dei ragazzi che hanno idee molto radicate sul fatto che esista una differenza di genere tra maschi e femmine e che questa vada anche mantenuta, conservata. Abbiamo anche affrontato il tema dell’omosessualità dato che anche di quest’argomento si parla poco. Mi sono chiesta se in famiglia ne parlino o meno... in ogni caso ciò che emerge è che c’è davvero molto da fare. Se la scuola si facesse carico di un impegno di questo tipo, fin dalle elementari, sarebbe già qualcosa di molto importante. Il 48% degli intervistati crede che il tema delle discriminazioni di genere sia appena accennato a scuola, e il 9 % che


non sia mai stato affrontato. Più della metà dei ragazzi. Lei che si occupa di progetti di educazione non formale, in cui i giovani sono fuori dal rapporto frontale con l’insegnante e quindi spesso anche più liberi di esprimersi e confrontarsi fra pari, riscontra che i ragazzi abbiano l’esigenza di parlare di certi temi? È un tema su cui molto resta da fare: ho degli amici omosessuali e adesso, da adulti, ci confrontiamo su questi temi; quello che mi riportano è che certi tipi di discriminazione erano messi in atto dal gruppo fin dalle elementari, dalle medie alle superiori poi aumentavano esponenzialmente. Sono questi i territori su cui bisogna lavorare perché è chiaro che, laddove non si conosce una situazione, la si teme e ci si allontana, mentre quando la si conosce tutto diventa normale e accettabile. Sono processi che però richiedono tempo, ma il fatto che oggi siamo ad interrogarci vuol dire che un bisogno è emerso, e credo che questo sia molto importante. Nella sua esperienza di educatrice come considera la promozione dei progetti, da sviluppare a scuola, che possano affrontare il tema delle discriminazioni e, più in generale, degli stereotipi culturali? Penso sia fondamentale che questo tipo di interventi siano realizzati sia da personale esterno (come gli educatori che entrano a scuola per dar vita a dei laboratori) che dagli insegnanti. Questi temi sono fondamentali perché è così che si supportano i giovani nella costruzione della loro identità. Anche molti aspetti del fenomeno del bullismo passano da qui: spesso si ritiene ad esempio che il bullismo sia un fenomeno solo maschile, ma non lo è. E le soluzioni possono esser trovate solo se si conoscono problemi. Quale impatto queste percezioni sulla discriminazione di genere possono avere sulla formazione del giovane? Quali ripercussioni sulla sua vita adulta? Tornando a quanto dicevamo: se una cosa non la conosci ti fa

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paura; spesso per i ruoli di genere tendiamo a guardare alla famiglia e da lì arrivano influenze e modelli. Spesso, ad esempio, si pensa che le donne non siano capaci di essere ferme e responsabili, quando - non soltanto io - ma tante donne che lavorano nel mio settore, dimostrano che questo non è vero, e che non ci manca niente per poter lavorare come gli uomini. Ma se manca il confronto e queste idee non emergono, per i ragazzi sarà difficile decostruire stereotipi basati su immagini ben definite e fisse. Credo inoltre che spesso ci accadano cose che noi per prime permettiamo ci succedano: se ci sentiamo rinchiuse negli stereotipi femminili nonostante abbiamo la capacità di fare tutto dovremo domandarci perché non ci liberiamo e non ci identifichiamo, ad esempio, in ruoli di leadership.

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Crede che in Mugello siano presenti e diffuse forme di discriminazioni sul lavoro? Le è mai capitato? Credo che le discriminazioni ci siano, ma che non siano relative soltanto al Mugello. Ad esempio, la pratica delle dimissioni in bianco è diffusa, e non riguarda solo le donne. Conosco poi donne che hanno perso il posto di lavoro perché incinte, o persone che il lavoro non l’hanno trovato a causa del colore della pelle. Qualcosa che non va quindi c’è, anche qui in Mugello. 1.3 GIOVANNI BETTARINI 43 anni. Sindaco del Comune di Borgo San Lorenzo. Nell’analisi che abbiamo condotto è stato chiesto ai ragazzi e alle ragazze del Mugello se conoscono l’esistenza di organsmi nazionali e/o internazionali per la tutela delle pari opportunità, l’80% risponde “no” oppure “non so”, e chi offre indicazioni in merito cita soltanto il Ministero delle Pari Opportunità. Come legge questo dato? Questo dato, francamente, non è molto significativo: non ho molta fiducia in questi organismi che, purtroppo, sono istituti generalmente creati più per dichiarare che si sta facendo qual-


cosa che non per risolvere effettivamente un problema. E’ quindi utile che piuttosto si provi ad attrezzarsi in maniera più complessa ed organica: ad esempio, spesso sono proprio le donne che non sostengono le donne, o che non si identificano in certi ruoli. Ciò è chiaro sintomo del fatto che il problema è ampio e culturale. Da questa constatazione può nascere un cambiamento, che parta dalla considerazione che le pari opportunità sono strettamente legate al tema dell’accesso ai diritti in una società, si tratta quindi di un impegno politico, visto che la politica stessa ha senso solo se riesce a far accedere più persone a più diritti. Qual’è la sua opinione in merito alle “quote rosa”? Concettualmente sono un disastro, però sono anche l’unico strumento efficace per armonizzare la presenza di entrambi i sessi negli organismi istituzionali. Tra i contesti a rischio discriminazione di genere i ragazzi mettono quello lavorativo, seguito da quello politico. Come commenta questo dato? Crede che effettivamente la realtà confermi quest’idea? È un’idea molto condivisibile, secondo me, ed è originata dal fatto che, per un pregiudizio sessista che è molto forte nel nostro sistema, si ha la tendenza a non affidare alle donne ruoli di comando. Pensiamo ad esempio alle primarie di partito: si tratta di competizioni in cui le donne spesso perdono, proprio a causa di questi pregiudizi. La politica, soprattutto in Italia, dimostra di non essere ancora in grado di valorizzare le donne al pari dei colleghi maschi, concorda con questa affermazione? Quali sono i motivi a suo avviso? I partiti risentono di stereotipi e pregiudizi legati al genere e alla sessualità? Assolutamente sì, a dir la verità uno dei pochi organismi che conosco ad esser formato al 50% da donne è l’Assemblea del Partito Democratico. Aggiungo che la politica, da questo punto

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di vista, si è anche sforzata, ma la parità diminuisce al crescere dell’importanza dei ruoli occupati. Sottolineo anche che, nonostante oggi si tenda a rappresentare la politica come una casta, lontana dalla società, la classe politica - in realtà - rispecchia notevolmente la società in cui è inserita. Al fine di una lotta contro le discriminazioni di genere che passi attraverso la promozione e l’aumento qualificato della presenza femminile nel mondo del lavoro e nella politica, quali sono le strategie che è possibile mettere in campo?

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Uno stato sociale che funziona, sarebbe il primo passo, ma noi, in Italia non l’abbiamo più. Non abbiamo adeguati strumenti di tutela della maternità, della paternità o della familiarità, e i tagli governativi alla spesa sociale hanno stravolto lo stato sociale del nostro paese, senza che li si concordasse attraverso una seria discussione politica. Vorrei puntualizzare che il tema dello stato sociale è un tema di cui non si parla più, ma in realtà esso ha a che fare con l’organizzare la risposta pubblica ai bisogni che vengono dalla vita privata delle persone. Se partiamo dal presupposto che gli stereotipi fanno arretrare la linea di partenza per il miglioramento delle condizioni sociali delle donne, ci troviamo di fronte ad una questione da affrontare con strumenti di carattere educativo e culturale. Quali, secondo lei, i suggerimenti per la scuola? Secondo me la scuola fa già molto; è un luogo di confronto molto importante, sia per l’energia dei giovani con la loro voglia di vedere cose nuove, sia perché vi è un modo di lavorare molto positivo. Il punto è che lo stereotipo agisce in base a quello che Gramsci chiamava il senso comune, pertanto affrontare questo tema oggi in Italia significherebbe dare vita ad un’apertura mentale: come amministratore ne vedo un grosso bisogno mentre purtroppo registro una tendenza alla chiusura. Ad esempio a Borgo San Lorenzo oggi abbiamo una moschea, e quindi più religioni che dialogano e si confrontano; qualcosa che non suc-


cedeva quando io studiavo al Liceo. Questo ci dimostra come educare all’apertura sia oggi sempre più importante. L’italia, da questo punto di vista, è un paese un po’ pigro: si parlano poco le lingue straniere e si viaggia poco, di conseguenza si tende spesso a giudicare secondo stereotipi. 1.4 VERUSCA VALDAMBRINI 38 anni. Presidente Cooperativa Sociale Archimede. In Italia, nella cooperazione sociale, a differenza di quanto accade nella maggior parte degli altri settori lavorativi, il 70% dei lavoratori sono donne, e le donne rappresentano anche il 37% dei presidenti di cooperativa. Quali i fattori che, a suo avviso, possono spiegare questa presenza femminile? Immagino che tale dato sia accentuato dal contributo delle Cooperative sociali di tipo A in cui la tipologia di servizi che sono oggetto dell’attività, come la gestione di asili nido e l’assistenza alla persona, attrae molto più il target femminile, che sembra ricercare anche una rispondenza dell’attività lavorativa rispetto a valori etici e sociali. Nelle cooperative di tipo B la percentuale è inferiore. Altro dato da tenere in considerazione è la possibilità in questo settore di usufruire di orari part-time o flessibili, che meglio si conciliano con la gestione familiare. Credo, inoltre, che le cooperative, rispetto alle imprese “convenzionali”, valorizzino di più la modalità di leadership femminile che si basa sulla partecipazione e la responsabilizzazione dei lavoratori, sull’importanza della relazione e del clima aziendale per ottenere buone produttività e performance, piuttosto che sul controllo e comando; elementi che peraltro hanno dimostrato essere strumenti fondamentali per affrontare l’attuale crisi economica. Dal nostro sondaggio emerge che i giovani associano alle femmine parole quali “cura”,“famiglia” e “sensibilità” men-

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tre i maschi a concetti quali “responsabilità” e “leadership”. Siamo di fronte a stereotipi piuttosto antichi: è un problema attuale o il Terzo Settore offre un esempio di superamento? Nel Terzo Settore c’è indubbiamente una maggiore sensibilità al tema, ma ritengo che questo tipo di pensiero sia molto radicato nella nostra cultura.

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Le pari opportunità sono giudicate dai ragazzi e dalle ragazze intervistate come un tema attuale e un problema ancora da superare. Nel 66% dei casi lo considerano ancora presente e, nel 17%, in aumento. La percezione è maggiore nelle femmine che nei maschi. Come interpreta questo dato? Qual’è la sua opinione: le pari opportunità di genere rappresentano ancora un problema nel nostro paese? Sicuramente sono state fatte tante azioni positive - come i bilanci di genere, gli incentivi alla riqualificazione e promozione di carriere femminili per le imprese, legislazioni adeguate per combattere la discriminazione, il supporto all’imprenditoria femminile - ma credo che l’Italia abbia ancora molta strada da fare in tal senso. Supportano questa opinione molti dati riferiti all’ambito lavorativo e non: secondo i dati dell’Istat, il tasso di attività femminile è pari al 51,4%, inferiore a quello maschile – 63% - di più di dieci punti percentuali, a dimostrazione della difficoltà delle donne a fare valere e a vedere riconosciute le proprie competenze e abilità nel mercato del lavoro italiano. In Italia, le donne occupate sono pari al 46,4%, mentre il tasso medio di occupazione femminile nell’Europa è circa il 58,6%: un confronto che mette in luce il forte ritardo italiano a livello internazionale. Le donne sono, in generale, maggiormente impiegate in attività irregolari: da un’indagine dell’ISFOL1 del 2007, condotta in Italia sui diversi aspetti del lavoro sommerso e irregolare femminile, emerge che sono 1.352.000 le donne 1

L’ISFOL, Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori, è un ente nazionale di ricerca sottoposto alla vigilanza del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali.


coinvolte nel fenomeno del sommerso. Tale dato corrisponde al 47,4% del totale dell’occupazione irregolare; la componente femminile più elevata si trova al Nord (64,2%) e nel settore dei servizi (56,9%). Ci sono poi aspetti non misurabili ma comunque tangibili come la maggiore difficoltà ad accreditarsi, soprattutto quando si rivestono ruoli dirigenziali, le difficoltà al rientro del periodo di maternità, la difficoltà a coniugare priorità lavorative e familiari. Il dato più triste e allarmante, emblema di una cultura di prevaricazione sulla donna, è quello degli abusi e della violenza su di esse. Secondo i dati diffusi dall’Istat nel dicembre 2011, lo scorso anno sei milioni di donne hanno subito violenze fisiche, la maggior parte delle violenze accadono tra le pareti domestiche (il 69,7%). Anche nell’ambito familiare ci sono ancora molte disparità, se si guarda, ad esempio, ai dati ISTAT2 relativi alla distribuzione dei carichi di cura, si può subito notare che il tempo dedicato quotidianamente dalle donne al lavoro di tipo familiare supera nettamente il tempo dedicato dagli uomini: la media delle ore giornaliere dedicate dalle donne al lavoro familiare è pari a 4:45 ore, contro le 2:21 ore degli uomini. Comunque, questi dati sono in continuo miglioramento e, ovviamente, ci sono tante meravigliose eccezioni, quindi tutto ciò lascia ben sperare per il futuro. Che misure potrebbe immaginare il mondo del lavoro per aiutare la nostra società nel superamento degli atteggiamenti discriminatori, che riguardano le donne, ma non solo; basti pensare ai migranti, piuttosto che a tutte quelle persone che trovano un lavoro proprio - e spesso soltanto - nelle cooperative di tipo B? Dirò una banalità, ma una delle più grosse responsabilità la abbiamo noi madri. Operare un cambiamento culturale attraverso un’educazione egualitaria delle generazioni future è il lavoro più 2

L’ISTAT, Istituto nazionale di statistica, è un ente di ricerca pubblico. È il principale produttore di statistica ufficiale a supporto dei cittadini e dei decisori pubblici.

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lungo ma più premiante. E’ inutile stabilire le quote rosa se poi il contesto in cui la donna si trova ad operare è naturalmente ostativo, e il risultato sarà difficilmente un successo. Credo che noi donne dobbiamo avere, per prime, il coraggio di infrangere gli stereotipi sopportandone le conseguenze (valutazioni negative, recriminazioni, isolamento), agire con maggiore libertà senza frenarsi per il senso di colpa di non essere madri abbastanza buone, mogli sufficientemente presenti, osare secondo la nostra etica, fronteggiare il pregiudizio fornendo un esempio alternativo al pensiero dominante. Come strumenti agevolanti credo che sia determinante incentivare tutte le misure per la conciliazione casa-lavoro (telelavoro, tempi flessibili), premiare quelle pratiche, o imprese, che riescono a favorire l’ingresso delle donne, così come le altre fasce deboli, nel mondo del lavoro.

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1.5 FELICE BIFULCO 58 anni. Coordinatore CGIL Mugello. Dal sondaggio che abbiamo realizzato emerge che la ricerca del lavoro, e il raggiungimento di obiettivi professionali, sono percepiti come fasi critiche e difficili da almeno la metà dei ragazzi intervistati. Può confermarci che questa preoccupazione ha radici fondate nella realtà, non solo della crisi economica ma anche in un mondo del lavoro poco attento ai giovani? Sinceramente credo che questa preoccupazione sia fondata soprattutto sulla realtà della crisi economica, non che ci siano pregiudizi strettamente legati ai giovani o politiche poco attente al loro inserimento nel mondo del lavoro. Il dato precedente, nel nostro campione, si affianca all’idea che certi passaggi all’interno del mondo del lavoro possano essere più difficili per una donna che per un uomo: percezione che hanno soprattutto le ragazze. La riscontra anche negli adulti che si rivolgono al sindacato?


Non credo che si tratti di un pregiudizio in assoluto nei confronti delle lavoratrici donne. Anche qui abbiamo a che fare con casi del genere, ma è d’obbligo chiarire che non c’è una discriminazione assoluta di genere: dipende tutto dalle singole situazioni e dalle particolarità di ogni caso. Ci sono anche uomini che si sentono discriminati per l’aspetto fisico o per altre caratteristiche che niente hanno a che fare con la competenza e la preparazione? Sì, certo. Le ragazze, in particolare, temono che a parità di formazione, possano avere più difficoltà a trovare un lavoro. Siamo di fronte a una percezione da parte di chi ancora il mondo del lavoro non l’ha incontrato o a uno specchio della nostra realtà professionale? In alcuni casi è certamente così: uno specchio dell’attuale mondo del lavoro. Tuttavia voglio precisare, nuovamente, che tutto dipende dalle situazioni, dal tipo di azienda, dalle attività svolte o da svolgere: insomma varia da caso a caso. Comunque sì, in linea di massima casi del genere possono succedere. Parliamo di giovani, di formazione scolastica e di accesso al lavoro: le ragazze intervistate dichiarano di preferire settori come le lingue straniere o la medicina, i ragazzi sono orientati su facoltà più tecniche come Ingegneria. Considerati gli attuali sbocchi professionali, cosa consiglierebbe a questi ragazzi per prepararsi al mondo del lavoro attuale? Credo che nella situazione attuale, fatta di rapporti commerciali, economici e politici a livello globale, assuma sempre maggior rilievo la componente comunicativa e la conoscenza delle lingue straniere. Il discorso delle lingue è importante e soprattutto attualissimo. In un mondo in continuo mutamento, globalizzato e sempre più interconnesso, la conoscenza delle lingue straniere e la comunicazione sono elementi fondamentali.

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1.6 GIULIA FINOCCHI 25 anni. Associazione Lo Scrittoio.

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La maggior parte delle ragazze che abbiamo intervistato sostiene che il problema delle pari opportunità sia in aumento, o comunque ancora presente, nella nostra società. Al contempo queste giovani donne si fanno esse stesse portatrici di stereotipi di genere associando – ad esempio - a loro stesse parole quali “cura” e “famiglia”. Lei che è una giovane donna, come spiega questa contraddizione? Ho 25 anni e questa contraddizione non l’ho mai vissuta. Non mi sono mai trovata ad affrontare discriminazioni di genere né in ambito universitario, né in quello lavorativo o culturale, non ho mai avuto problemi dati dal fatto di essere donna e tutto quello che mi doveva essere dato, mi è stato dato. C’è da aggiungere che, nell’ambito culturale in cui lavoro, siamo prevalentemente donne. Per il resto, vista la mia giovane età, non mi sono mai sentita di associarmi a parole quali “cura” e “famiglia” e non so spiegarmi perché lo facciano donne ancora più giovani. Il 45% degli intervistati dichiara che raramente gli capita di parlare di pari opportunità fra uomo e donna in famiglia e non va meglio né nel tempo libero né a scuola, dimostrando quindi una scarsa propensione ad affrontare il tema; per sua esperienza è così? Mi è capitato di parlarne a casa, a volte, con spunti di riflessione tratti dalla televisione, dal telegiornale oppure dai film; con le amiche ogni tanto capita di parlarne, ma in maniera astratta, credo perché non percepiamo le pari opportunità come un’urgenza. Dal suo punto di vista di ragazza attiva in un’associazione culturale, come è possibile invitare i più giovani a confrontarsi con i temi di cui non parlano, ma di cui percepiscono l’importanza?


Conosco alcuni progetti promossi dalle amministrazioni locali a scuola e, nel recente passato, ho avuto la possibilità di partecipare ad un incontro sulla leadership femminile in cui si presentava anche un progetto del Comune di Borgo San Lorenzo nelle scuole elementari volto ad incentivare il confronto degli alunni sull’eguaglianza di genere. Non mi pare dunque che a mancare siano i progetti, e credo anche che la presenza di donne attive, come ad esempio accade nella nostra associazione, possa essere di per sé un buon segnale. Se si guarda ai genitori degli studenti intervistati si scopre che le madri sono più scolarizzate dei padri, ma ricoprono ruoli di minore rilievo nel mondo del lavoro. Ritiene che questo possa influenzare la percezione dei ruoli dettati dal genere nei più giovani? È una realtà molto frequente ma non è la realtà assoluta. Credo che stare a casa con i figli sia anche una scelta, sicuramente supportata da modelli culturali, ma è sempre una volontà quella di occuparsi innanzitutto della famiglia e dei figli: in fin dei conti la realizzazione della vita non è per forza avere un ruolo lavorativo di comando, c’è chi si realizza ad avere meno vestiti firmati e a passare più tempo con i figli e il marito. Comunque, esistono anche uomini che decidono di stare a casa. Dal sondaggio emerge che tra i contesti percepiti come a rischio di discriminazione vi è anche quello sportivo con una differenza significativa tra maschi e femmine, il 9,41% dei primi considera l’ambienta sportivo discriminante, solo lo 0,84 % delle seconde, come possiamo spiegare questo divario? Alla ragazze in linea generale non piace fare sport: parlo da ex- sportiva (ho giocato a pallamano per 8 anni, in serie A) ma ho smesso perché ritenevo più importante lo studio. È vero che una donna, per quanto si impegni, non potrà mai arrivare ad avere l’atleticità di un uomo, ma non mi sembrano dati discriminanti.

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1.7 SANDRA BACCIOTTI 44 anni. Imprenditrice agricola. Dal sondaggio emerge che gli studenti intervistati temono di incontrare un mondo del lavoro in cui il genere ha un peso discriminante. Quanta fondatezza hanno queste percezioni in un settore come quello agricolo? Il lavoro agricolo è impegnativo, faticoso e richiede molta passione e disponibilità, quindi non è necessariamente più adatto a una donna o a un uomo, semplicemente bisogna avere la mentalità adeguata per farlo.

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Sia i maschi che le femmine non hanno, se non in pochissimi casi, segnalato il settore agricolo come possibile futuro lavoro o ambito di studio. Risulta anche a lei che vi sia un allontanamento dei giovani dall’agricoltura? Riscontra in questo una differenza tra maschi e femmine? Posso solo dire che, in questo momento di crisi, il nostro settore ci ha comunque consentito di crescere, assumendo una ragazza. Quindi abbiamo decisamente contraddetto quello che emerge dal vostro sondaggio! In ogni caso, posso sicuramente affermare che il settore agricolo mantiene una certa richiesta di risorse umane, a prescindere dal genere, ripeto, sia maschi che femmine. Nel settore dell’agricoltura, oggi, rispetto al passato, le donne hanno uno spazio? Di che tipo? In crescita o in diminuzione? Per un insieme di circostanze negli anni passati, anni ‘80 e ‘90, c’è stato l’ingresso delle donne in agricoltura, ma in modo fittizio: non entravano come titolari d’azienda, ma come prestanome per poter permettere al padre o al figlio di fare un lavoro extra agricolo. In realtà il settore agricolo si adatta abbastanza bene alle donne, poiché il loro ruolo è molto simile a quello che hanno all’interno della propria famiglia e, difatti, spesso l’azienda agricola è anche l’azienda familiare.


Nel nostro sondaggio la parola “leadership” viene raramente associata alle donne, sia dalle ragazze che dai ragazzi. Crede che sia il riflesso dell’opinione dei genitori? O altrimenti perché, secondo lei, le ragazze tendono a non descriversi come capaci di guidare, di coordinare, di essere delle leader? Secondo me le donne hanno buone capacità di guida, solo che non è loro pubblicamente riconosciuta, a causa della diffusa mentalità arcaica e antica che impedisce a molti di accettare che le donne abbiano ruoli di comando. Per quello che osservo io nel nostro settore, posso affermare che le aziende guidate da donne incontrano meno problemi nella gestione del personale e godono di una maggiore sintonia sul lavoro. Vista la sua esperienza di imprenditrice in un settore maschile come quello dell’agricoltura, riesce a offrirci una prospettiva per ridurre al minimo pregiudizi e stereotipi in un ambiente di lavoro? Quali i suoi consigli da girare ai giovani del Mugello? Non saprei con precisione, ma voglio ricordare che il lavoro è importante e deve funzionare: non deve schiacciare né umiliare, e deve dare la possibilità a tutti di emergere.

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Appendice 1. Organismi di parità nazionali http://www.pariopportunita.gov.it/ DIPARTIMENTO PER I DIRITTI E LE PARI OPPORTUNITÀ Istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri nel 1996, svolge funzioni definite dal Decreto Ministeriale del 30/9/2004 per promuovere politiche di pari opportunità attraverso la proposta e il coordinamento di iniziative normative e amministrative; in accordo con le amministrazioni centrali e locali competenti.

http://www.pariopportunita.gov.it/index.php/commissione-per-le-pari-opportunita COMMISSIONE NAZIONALE PER LA PARITÀ E LE PARI OPPORTUNITÀ TRA UOMO E DONNA La commissione svolge molteplici funzioni fra cui quella fornire al Ministro per le pari opportunità, che la presiede, consulenza e supporto tecnico-scientifico nell’elaborazione e nell’attuazione delle politiche di pari opportunità. La Commissione inoltre cura la raccolta, l’analisi e l’elaborazione di dati allo scopo di verificare lo stato di attuazione delle politiche di pari opportunità nei vari settori della vita politica, economica e sociale e di segnalare le iniziative opportune.

http://www.retepariopportunita.it RETE PER LE PARI OPPORTUNITÀ - Presidenza del Consiglio dei Ministri Dipartimento per le Pari Opportunità Il Progetto “Rete per le Pari Opportunità”, presentato a Bruxelles nel 2004, rappresenta una delle azioni strategiche ad alto contenuto tecnologico del Dipartimento per le Pari Opportunità. Il portale è stato trasformato in testata telematica al fine di consentire un’azione di informazione e divulgazione delle tematiche di pari opportunità nella nuova programmazione comunitaria. Il target a cui si rivolge il sito è costituito da addetti ai lavori, definiti attori della Rete (Amministrazioni regionali e Province Autonome, Amministrazioni centrali, Partenariato istituzionale e socio-economico) e da tutti coloro (cittadini, operatori pubblici o privati, imprese, ricercatori ecc.) che a vario titolo sono interessati dalle tematiche in oggetto.

http://www.lavoro.gov.it/Lavoro/md/AreaLavoro/tutela/comitatoNazionaleParita/ COMITATO NAZIONALE DI PARITÀ E PARI OPPORTUNITÀ NEL LAVORO Istituito dalla Legge n.125/91 ha sede presso il Ministero del Lavoro. È presieduto dal Ministro o da un suo delegato e composto da rappresentanti delle organizzazioni sindacali, dei datori di lavoro, di associazioni femminili, dalla Consigliera Nazionale di Parità, da esperti di lavoro e da funzionari dei Ministeri interessati alla materia. Il Comitato Nazionale di Parità formula, entro il 31 maggio di ogni anno, un Programma-

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obiettivo nel quale vengono indicate le tipologie di progetti di azioni positive che intende promuovere, i soggetti ammessi ed i criteri di valutazione per il finanziamento.

http://www.lavoro.gov.it/consiglieranazionale CONSIGLIERA DI PARITÀ NAZIONALE La Consigliera nazionale di parità è una figura istituita per la promozione ed il controllo dell’attuazione dei principi di uguaglianza di opportunità e non discriminazione per uomini e donne nel mondo del lavoro. Oltre al livello nazionale, la legge prevede che la/ il Consigliera/e di parità sia istituita/o, nel ruolo di effettiva/o e supplente, anche a livello regionale e provinciale (cfr Decreto Legislativo 11 aprile 2006, n. 198 -allegato pdf 130 kb).
La Consigliera nazionale è nominata con decreto del Ministro del Lavoro di concerto con il Ministro delle Pari Opportunità. Nell’esercizio di tale funzione, la Consigliera riveste anche la qualifica di pubblico ufficiale ed ha l’obbligo di segnalazione all’autorità giudiziaria per i reati di cui viene a conoscenza. 
Si occupa della trattazione dei casi di discriminazione di rilevanza nazionale, e della promozione delle pari opportunità anche mediante la partecipazione a diversi organismi di rilevanza nazionale (consiglieranazionaleparita@lavoro.gov.it).

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http://www.if-imprenditoriafemminile.it/ COMITATO PROMOZIONE IMPRENDITORIA FEMMINILE Il portale dei Comitati per la promozione dell’Imprenditoria femminile è un utile strumento di informazione, di indirizzo e coordinamento soprattutto in materia di azioni positive per l’imprenditoria femminile e nel promuovere lo studio, la ricerca e l’informazione sull’imprenditorialità femminile. Sul sito web sono consultabili: il Glossario dell’imprenditrice, libri e articoli. E’ inoltre presente la rubrica ‘racconta la tua storia di imprenditrice’.

2. Organismi di parità europei e internazionali http://www.europarl.europa.eu/committees/femm_home_en.htm COMMISSIONE PER I DIRITTI DELLA DONNA E L’EGUAGLIANZA DI GENERE DEL PARLAMENTO EUROPEO E’ una delle commissioni del Parlamento Europeo, Istituita nel 1984 e presieduta oggi dallo svedese Mikael Gustafsson. La Commissione ha compiti vasti che riguardano quasi tutte le politiche comunitarie per i quali esprime pareri.

http://ec.europa.eu/social/main.jsp?langId=en&catId=418 DIREZIONE GENERALE OCCUPAZIONE, AFFARI SOCIALI E INCLUSIONE DELL’UNIONE EUROPEA Ha tra i propri compiti la promozione dell’uguaglianza di genere nella legislazione, nei programmi e nelle decisioni della Commissione Europea in tutte le sfere d’azione della Comunità, in attuazione degli artt. 2 e 3 del Trattato Europeo, dell’art. 141 (uguaglianza sul lavoro) e dell’art. 13 (lotta alle discriminazioni).


http://hub.coe.int/web/coe-portal http://www.coe.int/t/DGHL/STANDARDSETTING/EQUALITY/ COUNCIL OF EUROPE - CONSEIL D’EUROPE Direzione Generale per i Diritti Umani del Consiglio d’Europa Il Consiglio d’Europa è un’organizzazione internazionale il cui scopo è promuovere la Democrazia i diritti dell’uomo, l’identità culturale europea e la ricerca di soluzioni ai problemi sociali in Europa Il Consiglio d’Europa fu fondato nel 1949 e conta oggi 47 stati membri. La sede istituzionale è a Strasburgo, in Francia. Lo strumento principale d’azione consiste nel predisporre e favorire la stipulazione di accordi o convenzioni internazionali tra gli Stati membri e, spesso, anche fra Stati terzi. Le iniziative del Consiglio d’Europa non sono vincolanti e vanno ratificate dagli Stati membri. Al suo interno vi è un Comitato di Pilotaggio per l’Uguaglianza di Genere (CDEG - Steering Committee for Equality between Women and Men), composto da responsabili governativi e alte personalità nominate dagli Stati membri, con il compito di proporre misure giuridiche e strumenti operativi agli organismi del Consiglio e alle autorità nazionali.

http://europa.eu/legislation_summaries/employment_and_social_policy/equality_ between_men_and_women/c10938_it.htm EUROPEAN INSTITUTE FOR GENDER EQUALITY Istituto europeo per l’uguaglianza di genere L’Istituto europeo per l’uguaglianza di genere ha il compito di aiutare le istituzioni europee e gli Stati membri a integrare il principio di uguaglianza nelle loro politiche e a lottare contro la discriminazione fondata sul sesso. L’Istituto fornisce alle istituzioni europee e agli Stati membri dell’UE la proprie competenze tecniche per contribuire alla promozione e al rafforzamento dell’uguaglianza fra donne e uomini; all’integrazione delle questioni di uguaglianza fra donne e uomini in tutte le politiche comunitarie e nelle relative politiche nazionali; alla lotta contro la discriminazione fondata sul sesso; alla sensibilizzazione dei cittadini europei, in particolare attraverso conferenze e campagne d’informazione.L’Istituto basa il proprio lavoro su dati oggettivi, affidabili e comparabili a livello europeo. È responsabile della raccolta, dell’analisi e della diffusione di tali dati.

http://www.unwomen.org UNWOMEN Organizzazione delle Nazioni Unite per la parità fra i sessi e l’autonomia della donna Nel luglio del 2010 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha creato UNWOMEN, al fine di accelerare l’ottenimento degli obiettivi delle Nazioni Unite sui temi dell’uguaglianza di genere e dell’autonomia delle donne. La creazione di questo organismo si inserisce nel quadro di una complessiva riforma dell’ONU che mira a raggruppare le risorse ed i mandati per accentuarne l’impatto. UNWOMEN è pertanto il risultato di quattro enti diversi delle Nazioni Unite il cui importante lavoro è oggi preziosa eredità: • DAW – Divisione per la promozione della donna

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• INSTRAW – Istituto internazionale per la ricerca e la formazione per la promozione della donna • OSAGI – Ufficio della Consigliera Speciale per le problematiche uomo-donna • UNIFEM – Il Fondo delle Nazioni Unite per le Donne I ruoli principali di questo organismo riguardano il sostegno agli organismi internazionali per l’elaborazione di politiche, norme e regole per il miglioramento della condizione della donna; l’aiuto agli stati membri nell’applicare queste regole, ed al fine di fornire un appoggio tecnico e finanziario appropriato oltre che di lavorare per azioni di advocacy all’interno delle stesse Nazioni Unite per favorire l’uguaglianza fra i sessi.

http://www.onuitalia.it/events/mdg_ob_08.php OBIETTIVI DEL MILLENNIO Ricordiamo inoltre che il tema della parità fra uomini e donne compare anche fra gli Obiettivi del Millennio delle Nazioni Unite. Si tratta di 8 obiettivi che tutti i 191 stati membri dell’ONU si sono impegnati a raggiungere per l’anno 2015. Gli obiettivi numero 3 e 5 riguardano direttamente le donne, ma vale comunque la pena comunque ricordarli tutti.

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Obiettivo 1: Eliminare la povertà estrema e la fame • Dimezzare, fra il 1990 e il 2015, la percentuale di persone che vivono con meno di un dollaro al giorno. • Dimezzare, fra il 1990 e il 2015, la percentuale di persone che soffre la fame. Obiettivo 2: Raggiungere l’istruzione elementare universale • Garantire che, entro il 2015, tutti i bambini e le bambine, ovunque vivano, completino il ciclo degli studi elementari. Obiettivo 3: Promuovere l’uguaglianza fra i sessi e conferire potere e responsabilita’ alle donne • Eliminare, preferibilmente entro il 2005, e a tutti i livelli entro il 2015, le disparità di genere nell’istruzione elementare e secondaria. Obiettivo 4: Diminuire la mortalita’ infantile • Ridurre di due terzi, fra il 1990 e il 2015, il tasso di mortalità fra i bambini al di sotto dei cinque anni di età. Obiettivo 5: Migliorare la salute materna • Diminuire di tre quarti, fra il 1990 e il 2015, il tasso di mortalità materna. Obiettivo 6: Combattere l’HIV/AIDS, la malaria e altre malattie • Fermare entro il 2015 e cominciare a invertire la diffusione dell’HIV/AIDS. Fermare entro il 2015 e cominciare a invertire l’incidenza della malaria e di altre importanti malattie. Obiettivo 7: Assicurare la sostenibilita’ ambientale • Integrare i principi dello sviluppo sostenibile nelle politiche e nei programmi nazionali


e invertire la tendenza al depauperamento delle risorse naturali. Dimezzare entro il 2015 la percentuale di persone che non hanno un accesso sostenibile all’acqua potabile e ai servizi fognari. Raggiungere entro il 2020 un significativo miglioramento nelle esistenze di almeno 100 milioni di abitanti dei quartieri degradati. Obiettivo 8: Sviluppare una collaborazione globale per lo sviluppo • Sviluppare ulteriormente un sistema finanziario e commerciale che sia aperto, equo, basato su delle regole, prevedibile e non discriminatorio (prevede impegni a favore del buon governo, dello sviluppo e della diminuzione della povertà – sia a livello nazionale che internazionale). • Occuparsi delle particolari esigenze delle nazioni meno sviluppate (prevede l’adozione di esenzioni doganali e l’eliminazione delle quote per le esportazioni delle nazioni meno sviluppate, un programma migliorativo di condono del debito per i paesi poveri fortemente indebitati; la cancellazione del debito ufficiale bilaterale; e una assistenza per lo sviluppo più generosa per le nazioni impegnate nella diminuzione della povertà. • Affrontare le speciali necessità dei paesi in via di sviluppo privi di sbocchi al mare e degli stati in via di sviluppo delle piccole isole (mediante il Programma d’azione per lo sviluppo sostenibile degli stati in via di sviluppo delle Piccole Isole e dei provvedimenti della 22a Assemblea Generale). Trattare in maniera efficace i problemi del debito dei Paesi in via di sviluppo, mediante l’adozione di misure nazionali e internazionali che rendano il loro debito sostenibile nel lungo periodo. Alcuni degli indicatori elencati in precedenza vengono verificati separatamente per i paesi meno sviluppati, l’Africa, i Paesi in via di sviluppo privi di sbocchi al mare e gli stati in via di sviluppo delle piccole isole. • In collaborazione con i paesi in via di sviluppo, sviluppare e mettere in atto strategie per creare dei posti di lavoro dignitosi e produttivi per i giovani. Nei Paesi in via di sviluppo, in collaborazione con le imprese farmaceutiche, fornire accesso a medicinali essenziali con prezzi abbordabili. In collaborazione con il settore privato, rendere disponibili i benefici delle nuove tecnologie, specialmente le tecnologie dell’informazione e della comunicazione. Per sapere invece a che punto siamo con il loro raggiungimento, è possibile controllare questo link: http://www.mdgmonitor.org.

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