Azione 37 del 11 settembre 2017

Page 22

Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 11 settembre 2017 • N. 37

22

Politica e Economia

Immigrati, il piano di Londra

Hard Brexit Il governo britannico ha messo a punto un piano per porre fine alla libertà di movimento dei cittadini

dai paesi Ue in cerca di lavoro a meno che non siano particolarmente qualificati. Stretta anche sui famigliari

Cristina Marconi Settembre, fresco e soleggiato, è un mese che invita alla lucidità. Con un’economia che inizia a risentire pesantemente della Brexit e un’opinione pubblica la quale a sua volta potrebbe prima o poi stancarsi di questo clima di incertezza sul futuro, il governo britannico ne ha più bisogno che mai. L’inflazione è in aumento – sta al 2,6% adesso e si prevede arrivi al 3% entro la fine dell’anno – e i cittadini del Regno Unito stanno smettendo di fare quello che sanno fare meglio: consumare, spendere, dare slancio all’economia facendo girare soldi e carte di credito. Con le retribuzioni reali che non stanno dietro all’aumento dei prezzi e i nuovi posti di lavoro che rinfoltiscono soprattutto le fila dei precari della «gig economy», i britannici non sono in vena di shopping, soprattutto per quanto riguarda le grandi spese. Le immatricolazioni di nuove auto sono scese del 9,9% su base annua ad agosto, ma ad essere in calo sono anche le vendite di divani, pezzi d’arredamento e di tutto ciò il cui acquisto la gente pensa di poter rimandare a tempi migliori. E il mercato immobiliare, senza essersi fermato, continua ad essere sensibile alle incertezze politiche.

Il documento che dovrà essere approvato dai ministri è stato definito catastrofico dai rappresentanti delle aziende che vivono di manodopera straniera Col risultato che se da una parte la sterlina debole sta favorendo le esportazioni, con una percentuale record di imprese che ha annunciato di aver visto crescere produzione e ordini nel terzo trimestre del 2017, la fiducia nelle prospettive economiche del Paese è in netto calo e il mastodontico settore dei servizi sta dando segnali di affanno. Le previsioni di pil di EEF sono state ridotte all’1,6% del 2017 e all’1,3% nel 2018, mentre secondo IHS Markit tra luglio e settembre l’economia dovrebbe crescere dello 0,3%, ossia la metà dello 0,6% messo a segno dall’Eurozona. Uno schiaffo per un paese che ha votato per lasciare un blocco economico che ritiene arretrato e poco dinamico e che ora si trova a dover fare i conti con una ferita autoinflitta sulla quale è troppo spaccato per curarsi. Ma il governo di Theresa May, alle prese con un risveglio difficile dalla lunga tregua estiva, ha iniziato l’anno con un messaggio tutt’altro che conciliante verso le imprese: la stretta sull’immigrazione europea post-Brexit proposta in un lungo documento ancora non approvato dai ministri è stata definita «catastrofica» dai rappresentanti dei settori che vivono di manodopera europea. In un documento dai toni volutamente ruvidi, il governo spiega che dopo la Brexit non ci sarà più la libera circolazione dei lavoratori europei e che le imprese britanniche saranno molto penalizzate se assumeranno stranieri: non solo dovranno dimostrare di averne bisogno e di non riuscire a trovare nessuno sul posto con le stesse caratteristiche, ma dovranno probabilmente pagare anche una tassa che servirà a finanziare la formazione dei britannici. Nel mirino del governo ci sono i lavoratori senza qualifiche, quelli sulle cui spalle si reggono la ristorazione, l’ospitalità, il settore agroalimentare

Manifestazioni a favore della Ue davanti al Parlamento britannico a Londra. (AFP)

e che, secondo la May, metterebbero pressione sui redditi più bassi. Ossia sull’elettorato brexiter, l’unico sul quale la leader può contare per rilanciare la sua immagine pesantemente danneggiata dalle elezioni del giugno scorso, in cui i Tories non sono riusciti a raggiungere una maggioranza per governare da soli e in cui la scommessa di incarnare la «leadership stabile e forte» di cui il Regno Unito avrebbe bisogno si è infranta in mille pezzi. Nei primi giorni di ottobre ci sarà il congresso dei conservatori e la May può dormire sonni relativamente tranquilli solo grazie al fatto che alternative realistiche alla sua leadership per ora non ce ne sono, che l’ala eurofoba del partito punta su di lei come unica possibilità di uscire dall’Unione europea in maniera soddiffacente e che l’opinione pubblica, seppur sempre meno certa del fatto che la Brexit sia una buona idea, non è ancora pronta, se mai lo sarà, a qualcuno che suggerisca discretamente un’inversione di marcia. Per andare incontro ad un elettorato volatile e volubile e consapevole del fatto che fino all’uscita ufficiale dalla Ue la libera circolazione dei lavora-

tori dovrà restare in vigore, il ministero dell’Interno sta facendo di tutto per dissuadere gli stranieri dal rimanere nel Regno Unito. Dopo una grottesca serie di ingiunzioni a lasciare il Paese mandate per sbaglio ad un centinaio di persone tra cui, sorprendentemente, anche ad un cittadino britannico, si punta sull’incertezza futura per convincere la gente ad andare via. Non solo la promessa di regolare immediatamente lo statuto dei cittadini europei residenti nel Paese da più di cinque anni è stata disattesa, facendo uscire proposte confuse su un «settled status» che non equipara esattamente i diritti degli europei a quelli dei britannici, ma le prospettive che vengono descritte dal governo sono sempre meno accoglienti per i circa 3 milioni di cittadini residenti nel Paese e per quelli che pensano di trasferirvisi un giorno. Dopo la Brexit, prevista per l’aprile 2019, e una fase di transizione di almeno due anni, le nuove regole sull’immigrazione puntano a «garantire a quelli che hanno occupazioni ad alto livello di specializzazione e che hanno contratti di più di 12 mesi il permesso di restare tra i tre e i cinque anni. Per quelli in altro tipo di lavori, sarà fino

a due anni». Oltre ad escludere persone al di sotto di una certa soglia di reddito, «ragionevole ma specifica», il governo ha annunciato una stretta sui famigliari che potranno trasferirsi nel Paese: solo consorti, compagni stabili, figli minorenni e adulti a carico. «L’immigrazione non deve essere solo un beneficio per i migranti stessi, ma anche migliorare la vita di chi già risiede nel Paese», spiega il ministero degli Interni, annunciando un «approccio più selettivo» all’immigrazione europea, in cui sarà il governo, e «non coloro che vogliono venire», a decidere nei propri interessi. Anche per questo la creazione di posti di lavoro è ai massimi degli ultimi 19 mesi. Le aziende stanno cercando di riempire i vuoti prima che diventi troppo difficile assumere personale europeo, che qualificato o meno spesso risponde ai bisogni dei datori di lavoro in maniera evidentemente soddisfacente. Per formare personale locale in grado di sostituire totalmente quello europeo e riempire i 60mila posti di lavoro che si creano ogni anno, secondo l’associazione che rappresenta il settore del turismo e dell’ospitalità, ci vorranno almeno dieci anni. L’idea che ci

possano essere delle speciali deroghe in futuro per alcuni settori in particolare, come anche per la sanità e l’assistenza ai malati e agli anziani, non è una rassicurazione: chi vorrà investire le proprie energie in un Paese sapendo di non poter restare più di qualche anno? Con il cancelliere dello Scacchiere Philip Hammond che sta tenendo una posizione defilata in questo periodo – il suo punto di vista sulla Brexit è sempre stato più cauto rispetto a quello della May – e nessun progresso in vista sul fronte dei negoziati con Bruxelles, le più grandi aziende britanniche avrebbero preso molto male la richiesta del governo di appoggiare e sostenere pubblicamente la strategia del governo sulla Brexit. Alcuni dei boss delle aziende quotate al FTSE, 100 sarebbero addirittura furiosi, anche perché né loro né i cittadini sono convinti che il governo stia ottenendo risultati positivi. Governo che cerca di dare la colpa alle sue controparti: il responsabile per la Brexit David Davis ha recentemente chiesto al negoziatore capo dell’Unione europea, il francese Michel Barnier, di essere «più creativo e flessibile» nel suo approccio.


Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.