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Aut Aut 334 22-05-2007 11:25 Pagina 184

l’estero di se stessa (in die Fremde der Heimat6), spezzandola, scheggiandola, al punto di non lasciar passare niente, o quasi. La funzione (die Aufgabe) del traduttore, di ogni traduttore di quest’opera poetica è allora da intendersi nella pari accezione cui indirizza il grande saggio di Benjamin:7 impresa e capitolazione a un tempo. Nel compito, il mandato è già esaurito; ci si ritira dalla competizione, se ve n’è una. Resa o abbandono, la traduzione praticabile è nella rinuncia a trasmettere, comunicare un significato presente nell’originale – perché se c’è messaggio, questo concerne e procede soltanto nella relazione tra le lingue in gioco, e non mediante un contenuto da recuperare nell’altro e riprodurre in proprio. Se la traduzione arriva, fallendo nel trasferimento, il traduttore esperisce, nella lingua che abita, quella sorta di sofferenza – Wehen, doglie o “dolori di gestazione” – che Benjamin indica a testimonianza, non solo dell’esaurimento di un processo di maturazione, ma soprattutto della necessità di rivolgersi a esso in quanto percorso o terminato. Il tempo della traduzione è così quello del lutto, del lavoro del disincanto rispetto all’abbaglio, sovente perpetrato, del senso che renderebbe, in forza di precipui meccanismi di produzione, ciascuna lingua in sé unica e “pura”. Tempo del dopo, il medesimo della scrittura di Celan, in cui si situa l’Aufgabe in quanto Überleben, attestazione di una vita che continua dopo la morte, sopravvive oltre le scadenze, anche storiche della Babele del XX secolo. “Parla anche tu, / parla l’ultimo a parlare, /di’ la tua parola”8 – recita un celebrato poema che è stato assunto a manifesto della lirica celaniana. Dice dell’istituzione di una dimora ulteriore, tra i margini della chiarezza e dell’oscurità, dove trova agio di proporsi quella Nachdichtung che la voce del poeta balbetta, come sca6. P. Celan, Schibboleth, GW, I, 31. 7. W. Benjamin, Il compito del traduttore (1921), in Angelus Novus, trad. di R. Solmi, Einaudi, Torino 19722, pp. 37-50. Per una riflessione intorno a quest’opera tanto singolare quanto enigmatica, contestualizzata relativamente alla pratica della traduzione freudiana, mi sia concesso rinviare a Divagazioni sulla traduzione, in R. Conforti (a cura di), La psicoanalisi tra scienze umane e neuroscienze, Rubbettino, Catanzaro 2006, pp. 191-206. 8. P. Celan, Spricht auch Du, GW, I, 135. Ho presentato un lavoro su questo testo in Parole d’ombra, splendore di cenere, “Parénklisis”, 5, 2007, pp. 35-42.

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