2ª EDIZIONE PREMIO CULTURA DELLA FORMAZIONE in memoria di Marina Traverso
TRANSIZIONE DIGITALE
VETRINA D’IMPRESA
18 l’intervista IL FUTURO È ADESSO di Piera Ponta
Genova Impresa ospita articoli e opinioni che possono anche non coincidere con le posizioni ufficiali di Confindustria Genova.
L’editore è disponibile a riconoscere eventuali diritti su testi o immagini a chi ne rivendichi la proprietà.
22 MiToGeNo GLOCAL CONNECTIONS
QUASSÙ AL NORD di Guido Conforti
30 Genova startup ALKIVIO di Matilde Orlando
32 competizione & sviluppo
ACCESSO ALL’INNOVAZIONE di Lorenzo Costa
LA SCELTA GIUSTA di Luciano Castro
TECNOLOGIE E COMPETENZE
PROTEZIONE DAI RISCHI di Filippo Gaslini Alberti
LA TECNOLOGIA SBARCA NEI PORTI di Leonardo Parigi
42 ESG
PERFORMANCE DI SOSTENIBILITÀ di Giangiacomo Guida
COMPLESSO MA NON IMPOSSIBILE di Roberto Revetria 4
48 UI Savona
LE URGENZE DEL PONENTE di Gilberto Volpara
50 internazionalizzazione
PIANO MATTEI di Antonio Gozzi
52 infrastrutture
DAL DIRE AL FARE di Vincenzo Cellario Serventi
54 piccola industria
GRANDI TEMI E NETWORKING
58 giovani
L’AZIONE DIVENTA METAFORA
LA METAFORA È POESIA di Alberto Folli
60 comunicazione
LA SFIDA DEL CONTENUTO di Adriana Ferrari
62 Fondazione Ansaldo ...E PERCHÉ PROPRIO CARMI? di Vanda Moroni
66 la città
AL SERVIZIO DELLA CITTÀ di Paola Iacona
COSA VOGLIAMO
70 cultura & società
MAPPATURA D’ARTE
ROCCO BORELLA di Luciano Caprile
SPACE BOOK
79 industria & letteratura
UNA FAVOLA MINUZIOSA E CRUDELE di Massimo Morasso
In copertina Rocco Borella Quantità ottica fluorescenti, 1964 cromemi fluorescenti e vetro stampato. Per gentile concessione dell’Archivio Rocco Borella
di Fabrizio Ferrari
Rif lessioni sull’AI
Il primo pensiero che mi ha attraversato la mente è stato quello di utilizzare ChatGPT o uno dei suoi “fratelli” per impostare questo editoriale. Se vogliamo parlare di Artificial Intelligence e Large Language Model (LLM), perché non usare uno degli strumenti più conosciuti del momento? Poi è prevalsa la voglia di rimanere, ancora per questa volta, sull’approccio tradizionale e provare a focalizzare alcuni degli spunti che le discussioni
sull’AI hanno il pregio di offrirci. Questa decisione è dettata anche dal fatto che l’AI è entrata nella mia vita ai tempi dell’Università, grazie al prof. Vincenzo Tagliasco, come un tema che viaggiava sul confine tra scienza e fantascienza: è quindi normale che qualche resistenza psicologica sia rimasta. Tornando all’oggi, credo che sia ormai chiaro a tutti, esperti e non, che l’AI in tutte le sue declinazioni è uno strumento, e come tale deve essere utilizzato
e valutato. Per fare questo è fondamentale capire in che contesto si intende utilizzarlo, verificare la sua effettiva utilità, identificare dove è già indispensabile o dove potrebbe esserlo a breve, ma anche quanto costa in termini diretti e indiretti, l’impatto che crea sui processi coinvolti e le implicazioni più di carattere sociale. Infine, non dobbiamo dimenticare che è necessario ragionare anche su come debba essere regolato, come questo sia possibile e a chi delegare il controllo.
Sicuramente si tratta di uno strumento già ben presente nella nostra vita personale e aziendale e le opzioni del tipo: “questa cosa non mi interessa”, “non fa per me”, “ho sempre fatto senza” non sono certamente perseguibili. Durante il nostro ultimo PMI Networking (di cui si parla anche nelle pagine che seguono), Alberto Mattiello ha cortocircuitato il mondo dell’AI alla nostra vita quotidiana e ha catturato l’attenzione della platea, da vero divulgatore, attraverso pochi esempi ben raccontati. In questo incontro è riuscito a far percepire a tutti che l’uso della AI, nella sua accezione più generale, diventerà imprescindibile nella nostra vita personale e lavorativa. Avendo coscienza di questo, rimangono una serie di punti - o spunti - che è bene che il nostro mondo imprenditoriale consideri con attenzione.
La velocità di innovazione del mondo dell’intelligenza artificiale è fulminante; velocità probabilmente guidata anche dalla necessità dei grandi colossi di comunicare costantemente i loro progressi e il raggiungimento di nuovi traguardi in questa corsa al primato: basta vedere la frequenza dei rilasci dei modelli LLM, le cui nuove versioni si succedono con cadenza mensile.
Ma una corsa con questi ritmi economici e temporali è sostenibile? Qualcuno inizia a interrogarsi sui possibili ostacoli che si possono presentare allo sviluppo progressivo della potenza degli LLM. Da questo punto di vista, personalmente non credo che il problema sia solo quello della potenza computazionale, con costi importanti in termini di infrastrutture e consumi di energia, ma sono più interessato a ragionare sulle analisi che provengono da alcune società di ricerca. Queste ultime stimano che, già nel 2026, potrebbero essere esauriti i dati testuali pubblici per cui si dovrà iniziare a valutare l’acquisto di dati privati. In alternativa si dovrà ragionare sull’utilizzo di persone per creare i dati necessari all’addestramento delle reti - soluzione, questa, che non mi convince e che potrebbe portare a costi esponenziali. Quindi, primo spunto ed elemento cardine sono i dati: se non possiamo competere con gli investimenti delle sette aziende tecnologiche americane (lo scorso anno hanno investito 370 miliardi di dollari - praticamente il bilancio dell’intera Unione Europea), forse possiamo gestire e far fruttare i nostri dati; tema che, come Confindustria Genova, abbiamo anche indicato nel Position Paper sulla Transizione Digitale. Un altro ambito altrettanto interessante sono le linee di ricerca che si discostano dal mainstream e che si concentrano su approcci alternativi. Questi non si basano solo sull’espansione delle risorse (dati, energia ecc.), ma partono dallo studio del cervello umano per cercare di creare nuovi metodi che siano in grado, analogamente, di effettuare ragionamenti complessi con consumi estremamente ridotti, in termini di tempo e di risorse. A questo proposito, sono
sempre rimasto affascinato dalla similitudine presentata dal prof. Giulio Sandini relativamente al sensore ottico retinico, che metteva a confronto le risorse necessarie a un sensore a geometria spaziale derivata dall’occhio umano rispetto a quella tradizionale a matrice (per intendersi quello dei nostri telefonini): un occhio concepito con un sensore a matrice di una telecamera degli anni ’90, quando non si parlava di alta definizione, necessiterebbe di un nervo ottico con diametro di 4 cm e il cervello in grado di processare il flusso di dati da esso proveniente peserebbe 30 tonnellate, senza considerare tempo di calcolo e cibo richiesto. Un cervello umano consuma circa 30 watt, e sapete bene cosa è in grado di fare: per curiosità, andate a vedere le stime della potenza necessaria per realizzare una macchina con un numero di sinapsi simile al nostro cervello. Quindi, secondo spunto: investire in un nuovo approccio all’AI. L’Unione Europea dovrebbe perseguire questo obbiettivo lanciando un grande progetto europeo di ricerca scientifica, come fece in passato il CERN (l’organizzazione europea per la ricerca nucleare).
Viene naturale, a questo punto, collegarsi al tema dei consumi energetici. La discussione sul Green Deal è quotidiana, sempre più ci rendiamo conto che il processo di ridurre le cause del cambiamento climatico è complicato e non può essere fatto semplicemente fissando obiettivi che poi risultano essere irraggiungibili; e in tutto questo, l’attenzione al tema consumi legato ai sistemi di AI mi sembra essere tenuto in disparte. Se siamo tutti d’accordo che l’AI potenzialmente è una nuova rivoluzione industriale in grado di generare una crescita economica senza precedenti, allora, facendo tesoro del passato (prima rivoluzione industriale), preoccupiamoci già del conto in termini energetici e climatici, per non arrivare impreparati.
L’ultimo spunto che mi sento di proporre è, forse, più una riflessione, l’AI di cui parliamo oggi è un AI che di “I” ha molto poco (qui però si potrebbe aprire un dibattito sulla definizione di intelligenza); infatti è un AI che non è in grado di confrontarsi con l’inventiva, con il colpo di genio, con la conversione dell’errore in innovazione. Quante sono state, nel passato, le scoperte scientifiche e tecnologiche frutto di errori, di studi rivolti a obbiettivi e scopi diversi da quelli raggiunti? L’AI di oggi, invece, si basa su due tipi di inferenza: quella deduttiva (sfrutta conoscenza pregresse) e quella induttiva (apprendimento automatico).
Le persone spesso usano metodi diversi di inferenza. Si fanno ipotesi sui dati che osserviamo e cerchiamo di costruire conclusioni spesso basate su elementi incompleti, distorti, ambigui; siamo molto bravi, cioè, a esplorare territori ignoti, a valutare possibilità plausibili e a generare nuova conoscenza che, a volte, modifica le basi pregresse su cui stiamo addestrando le nostre AI.
Spero che questi spunti, anche se sintetici, possano stimolare l’attenzione per questo tema complesso ma fondamentale nel panorama dell’innovazione.
E per chi avesse voglia di approfondire l’argomento, suggerisco “The Myth of Artificial intelligence: Why Computers can’t think the way we do”, di Erik larson.●
Fabrizio Ferrari è Vice Presidente di Confindustria Genova con delega alla Transizione Tecnologica
di Giacomo Franceschini
Un passo passo l’altro dopo
L’economia genovese nel 1º semestre 2024 sembra rimettersi in cammino dopo un deludente fine 2023.
L’analisi completa del Centro Studi di Confindustria Genova può essere consultata o scaricata online: https://bit.ly/indicatori-economici
La BCE a giugno ha deciso il primo taglio dei tassi, a 4,25% (da 4,50%), come atteso. L’aspettativa dei mercati è orientata verso un altro taglio di 25 punti base entro il 2024, dal momento che l’inflazione europea è ancora alta. Nel 2025 la contrazione dei tassi è prevista proseguire (-0,50%). La Banca Centrale Europea si è mossa prima della FED che, al contrario, sta mantenendo fermo il livello di tassi USA (a 5,50%).
Le decisioni sui tassi riflettono i più recenti andamenti dei prezzi. In Italia l’inflazione è stabilmente bassa (+0,8% annuo a maggio), grazie ai prezzi energetici in riduzione (-11,7%) e ai prezzi core scesi al +2,0%, sulla soglia BCE. Nell’Eurozona, invece, l’inflazione è in risalita: +2,6% totale (da +2,4% ad aprile e maggio), +2,9% la core. Negli USA l’aumento è maggiore: al +3,3% a maggio (era +3,1% a giugno 2023) e +3,4% la misura core.
A definire l’inflazione in Italia e nell’Eurozona contribuiscono i prezzi dell’energia. Il petrolio scende ma resta alto: a giugno 78 dollari al barile in media (era a 90 in aprile); questo tende a moderare i prezzi al consumo dei carburanti. Al contrario, il prezzo europeo del gas va in direzione opposta, salendo a giugno: ciò si scaricherà sui prezzi di elettricità e gas per famiglie e imprese.
Dopo aver anticipato l’espansione media nel primo trimestre dell’anno, in aprile l’indice del fatturato per i servizi ha segnalato una risalita che recupera l’isolata flessione di marzo. A maggio il PMI (indice basato sulle indicazioni dei Responsabili acquisti aziendali) ha perso solo un decimale (54,2 da 54,3), restando in zona espansiva. Tuttavia, la fiducia delle imprese è scesa per due mesi di fila, mettendo in dubbio la crescita nel secondo trimestre.
Sempre con riferimento a valutazioni sul primo trimestre dell’anno (ultimo disponibile), l’industria ha registrato un -0,4% in termini di valore aggiunto e in aprile un calo della produzione (-1,0%), anche se gli indici indicano che il fatturato ha recuperato i livelli di febbraio. A maggio la fiducia delle imprese resta bloccata su valori modesti; l’indagine del Centro Studi Confindustria sulle grandi imprese, invece, mostra un miglioramento delle stime di produzione, coerente con la timida risalita nelle attese nella seconda parte del trimestre.
Prosegue debole la dinamica del commercio mondiale (+0,3% in volume nei primi tre mesi dell’anno); prospettive migliori per la seconda parte del semestre, a giudicare dagli ordini esteri globali manifatturieri, tornati in zona espansiva dopo 9 trimestri. Ad aprile le esportazioni italiane di beni sono aumentate (+2,3% in valore, +3,8% extra-UE), dopo la contrazione del primo trimestre (-1,0%).
In crescita anche consumi (+0,3%) e investimenti (+0,5%, ma -1,5% in macchinari-attrezzature in attesa di Transizione 5.0). Gli indicatori sono in miglioramento: la fiducia delle famiglie ha recuperato il livello di inizio anno; gli ordini delle imprese di beni strumentali sono risaliti parzialmente. Giocherà a favore un minor costo del credito, sebbene il ribasso atteso sia limitato; viceversa, gli investimenti in costruzioni sono previsti in frenata.
Per quanto riguarda i consumi tuttavia, al di là della più recente variazione congiunturale, il livello a inizio 2024 si trova appena sopra rispetto ai livelli pre pandemia (+0,2% nel primo trimestre rispetto al quarto 2019). Tale livello,
peraltro, era già stato recuperato nel corso del 2022: nell’ultimo anno e mezzo, dunque, si registrano oscillazioni dei consumi intorno a un livello più o meno invariato.
In ogni caso, la recente risalita del consumo di beni (al netto quindi di quelli per servizi, più volatili) è un buon segnale per l’industria italiana: significa, infatti, un aumento della domanda interna di prodotti manifatturieri, che è stata a lungo compressa.
Al contrario, la domanda estera di beni italiani ha subìto nel 1º trimestre 2024 una riduzione (-0,5% a prezzi costanti), riflettendo la dinamica negativa dell’import mondiale. Le prospettive appaiono incerte.
L’input di lavoro ha continuato a crescere nei primi tre mesi 2024, sia nell’industria (+0,2% le unità a tempo pieno), nonostante il calo del valore aggiunto, sia nei servizi (+0,8%), dove da due trimestri cresce più dell’attività economica. Questo si riflette in una produttività del lavoro in ripiegamento, che nell’industria è scesa sotto i livelli pre Covid dal terzo trimestre 2023.
L’ECONOMIA GENOVESE
INDUSTRIA E SERVIZI
1º semestre 2024 su 1º semestre 2023
Fatturato Estero
Ordini Italia +1,5
Ordini Estero -1,6
Prezzi di vendita
Costo del lavoro
Occupati in organico
FONTE:
+0,1
+1,3
+0,5
Nell’industria la produzione ha rimbalzato: una risalita parziale, dopo i cali del 2023, spinta da vendite all’estero ancora solide nella cantieristica navale (calcolate allo stato di avanzamento lavori delle commesse).
Un contributo importante proviene anche dai settori più legati all’high-tech: automazione, elettronica, ICT connesso alle filiere manifatturiere. Negli altri settori industriali esportazioni in calo o stabili.
Sul fronte interno, la parte debole dei consumi è da tempo quella relativa ai beni. A inizio 2024 la spesa in beni in Italia ha finalmente registrato un recupero significativo (+1,1%).
La ripresa è ancora molto parziale, dopo cinque trimestri di tendenziale caduta. Si tratta tuttavia di un buon segnale per l’industria: significa, infatti, un aumento della domanda interna di prodotti manifatturieri.
Nel semestre il fatturato generato da clienti italiani è cresciuto nei settori chimica-farmaceutica, plastica, alimentari
ed elettronica-automazione, mentre ha subìto una leggera flessione nell’impiantistica metalmeccanica e nella cantieristica. Dopo l’espansione registrata nel 2023 l’attività nel terziario ha decelerato. I flussi turistici stanno rallentando, ma i passeggeri in transito nel Porto di Genova sono aumentati, soprattutto nel segmento delle crociere. In ogni caso, grazie alla componente straniera, la spesa dei turisti resta alta e sostiene l’attività degli operatori, fenomeno certificato a inizio 2024 anche da Banca d’Italia. Tenendo conto della dinamica in aumento dei prezzi (dati Istat), i consumi di persone non residenti sono saliti nel 1º trimestre 2024. Queste dinamiche si riflettono in una forte crescita dei prezzi di vendita nel settore turistico, che non ha eguali nel resto dell’economia, ormai lentamente ritornata su un sentiero di bassa inflazione.
I dati preconsuntivi sulla raccolta ordini per industria e servizi forniscono indicazioni in chiaro-scuro. La domanda interna si rileva ancora positiva, mentre il calo delle commesse dall’estero rende molto incerti i prossimi mesi.
Il sistema produttivo genovese ha visto aumentare la richiesta dall’Italia soprattutto di beni: in particolare imbarcazioni, macchinari e prodotti elettrici, elettronici e legati all’automazione. In rialzo anche le commesse delle aziende dell’Information Technology.
Contributi positivi vengono tuttavia anche dai servizi, con le prestazioni in volume delle imprese della sanità privata in crescita e maggiori contratti nel variegato settore della consulenza aziendale.
È debole al contrario la dinamica degli ordini esteri, in linea con l’andamento degli scambi globali, in rallentamento. Dai dati Istat sul primo trimestre 2024, confermati nella loro tendenza dai risultati della presente indagine, da Genova sono calate le esportazioni extra-UE, in particolare verso gli USA, ma una diminuzione si è verificata anche verso la Germania (uno dei principali partner commerciali del territorio).
Stabili gli scambi verso la Cina.
Con riferimento ai trasporti marittimi fattori geopolitici e climatici minano sicurezza e affidabilità dei trasporti mercantili globali (su tutti, gli attacchi Houthi nel Mar Rosso). I grandi vettori mondiali hanno reagito modificando le rotte, riorganizzando le flotte, incrementando il costo di shipping: i noli Shanghai-Genova sono aumentati di ben 3 volte e mezzo a fine gennaio, per poi rientrare solo parzialmente (ancora +207,4% a inizio maggio).
Nella prima parte del 2024 ciò non ha portato a cali della movimentazione nel Porto di Genova (da gennaio a maggio +0,5% in tons., +2,5% in TEUS).
L’aumento dei noli impatta sul prezzo dei beni importati e sulla competitività dei prodotti, sia direttamente che indirettamente, cioè attraverso il costo e la disponibilità di materie prime e semilavorati acquistati all’estero.
Nel 1º trimestre del 2024 circa un terzo delle imprese manifatturiere ha subìto ritardi nell’approvvigionamento di input o maggiori costi di trasporto (indagine sulle aspettative di inflazione e crescita di Banca d’Italia).
Ciò pesa anche sui conti con l’estero, perché l’industria italiana spesso delega la gestione della catena logistica alla controparte estera.
Sul fronte finanziario, dai più recenti dati Banca d’Italia, il rallentamento congiunturale e l’inasprimento del costo del
credito non hanno inciso significativamente sulla redditività aziendale. La liquidità, già elevata nel confronto storico, è ulteriormente aumentata, sia nella componente rappresentata dai depositi bancari, sia in quella costituita dai titoli. In un contesto caratterizzato dal generalizzato rialzo dei tassi di interesse, i prestiti hanno continuato a contrarsi, per effetto di una domanda debole e di politiche di offerta leggermente meno favorevoli.
Nel 2024 cresce il reddito disponibile reale (e il risparmio) delle famiglie, dopo il calo degli ultimi due anni, grazie sia al rafforzamento della dinamica dei salari nominali e all’inflazione bassa, sia al protrarsi dell’espansione occupazionale, seppur su ritmi più moderati. In prospettiva la spesa delle famiglie potrà crescere come o più dei redditi, grazie anche a un costo del credito in lento calo e una fiducia delle famiglie risalita a giugno per il secondo mese di fila.
L’INDUSTRIA MANIFATTURIERA
INDUSTRIA MANIFATTURIERA
1º semestre 2024 su 1º semestre 2023
Produzione
Fatturato Italia
Fatturato Estero
Giacenze prodotti
Ordini Italia
Ordini Estero
Prezzi di vendita
Costo del lavoro
Costo m. prime / semilavorati
Occupati in organico
FONTE: ELABORAZIONE CENTRO STUDI CONFINDUSTRIA GENOVA
+1,2
+0,1
+1,7
+0,6
+3,5
-3,0
+0,1
+1,8
+0,1
+0,4
Cresce la produzione industriale, dopo i cali tendenziali della seconda parte del 2023. Contribuiscono in maniera importante le aziende dell’impiantistica (favorite dalle numerose commesse pubbliche) e della plastica. Bene anche la produzione tra le aziende dell’automazione, elettronica e information technology.
Più discordanti le indicazioni da parte delle aziende della meccanica. Dai dati disponibili, nei primi mesi 2024 gli investimenti in macchinari-attrezzature sono scesi in modo rilevante, facendo seguito a una dinamica già debole nella seconda metà del 2023.
La dinamica, come già ricordato, è legata in parte ai ritardi dell’implementazione del Piano Transizione 5.0, finanziato dal PNRR, che prevede crediti d’imposta per la transizione dei sistemi produttivi verso modelli più efficienti. In attesa
del Piano 5.0 le imprese stanno rimandando gli investimenti più importanti in modo da poter godere dell’agevolazione. Delude in parte la produzione della cantieristica, premiata però dal valore del fatturato generato soprattutto verso l’estero.
Nel complesso le esportazioni nel semestre hanno retto, ma la debolezza e l’incertezza degli scambi internazionali non permette di affermare che i risultati si confermino anche per il resto dell’anno: la raccolta degli ordini è in calo in un settore chiave come quello dell’impiantistica metalmeccanica e tra grandi aziende che garantiscono un rilevante indotto.
Meglio gli ordini dall’Italia: la già citata impiantistica (grazie ai cantieri pubblici e agli ultimi effetti della precedente crescita delle costruzioni), i settori più legati alle filiere hightech e la cantieristica navale.
Cresce il costo del lavoro (+1,8%), conseguenza sia di un ampliamento degli organici (+0,4%), sia dei rinnovi e adeguamenti contrattuali avvenuti nell’ultimo anno. A eccezione di quello relativo al lavoro, gli altri principali costi legati all’attività produttiva sono sostanzialmente fermi. Ciò permette una crescita dei margini lordi (+1,5%), ma solo in alcuni settori, mentre in altri addirittura flettono. Passando al dettaglio del comparto, la produzione nella cantieristica navale cala in coerenza con minori vendite verso clienti italiani (-1,9%). Il fatturato verso l’estero, tenuto conto degli stati di avanzamento lavori delle commesse, è invece in forte espansione (+8,2%).
Nello stesso periodo tuttavia le aziende hanno fatto incetta di commesse dall’Italia (+9,9%), mentre rimangono stabili quelle dall’estero: le previsioni per il secondo semestre sono infatti improntate a un deciso aumento della produzione. Nel complesso il settore rimane in buona salute, con i margini lordi in crescita dell’1,8%, pur tenuto conto di un aumento del costo del lavoro del 4,2%, riflesso di un’occupazione ancora in crescita (+4,5%).
I prezzi di vendita sono poco mossi (+0,8%), mentre il costo dei materiali sale del 2,4%.
Produzione in aumento invece tra le aziende dell’elettronica e Information Technology (+1,7%). Il fatturato è cresciuto sia con riferimento alla componente estera, che nazionale, rispettivamente dell’1,2% e dell’1,3%. La dinamica degli ordini è positiva, ma sostenuta solo da commesse pervenute da clientela italiana (+2,2%), in lieve diminuzione gli ordini da fuori Italia (-0,9%). I margini rimangono comunque in espansione in virtù dell’andamento tutto sommato contenuto dei costi: +0,1% i materiali e semilavorati, +2,5% quello del lavoro. In quest’ultimo caso incidono gli adeguamenti contrattuali piuttosto che l’ampliamento degli organici, limitato al +0,4%.
Tra le imprese dei settori chimica e plastica la produzione è in moderato aumento. In espansione il fatturato e gli ordini da clienti italiani (+2,1% il primo, +1,9% il secondo). Statici i rapporti con l’estero, sintetizzabili in una lieve flessione tendenziale dello 0,1%. Costi e prezzi stabili, così come i margini.
Simile l’andamento del settore del tessile: produzione in aumento dello 0,3% e crescita del giro d’affari e commesse sul mercato interno (rispettivamente +0,5% e +0,2%).
Le esportazioni vanno meglio dell’atteso tra le cartiere e le
imprese operanti nel settore della carta (+0,(%). Bene anche la risposta del mercato nazionale (+1,2%), che lascia respirare la produzione, sebbene non permetta un rialzo dei margini lordi.
Nell’industria alimentare cresce la produzione, ma la raccolta ordini è ferma, sia dall’Italia, che dall’estero. Aumenta il fatturato (+4%), ma incide una dinamica dei prezzi, che rimangono su livelli elevati. In calo l’occupazione (-0,8%), margini fermi.
Nel settore più rilevante (per valore aggiunto e occupati) sul territorio metropolitano, le aziende operanti nell’impiantistica e nella metalmeccanica vedono crescere la produzione industriale, ma con un importante distinguo: le prime ottengono risultati positivi soprattutto sul mercato interno, mentre le seconde scontano ancora flessioni del giro d’affari (-1,7% Italia, -1,2% estero). Le giacenze di magazzino sostengono in parte la produzione (+0,8%), ma a destare preoccupazione è la dinamica degli ordini dall’estero, in decisa contrazione (-8%), mentre la raccolta dall’Italia è in crescita dell’1,6%. A fronte di questa situazione i prezzi di vendita sono in calo (-1,4%), una dinamica sostenibile grazie alle flessioni contestuali di materie prime, materiali e semi prodotti (-1,5%). Il ritocco al ribasso dei listini e le minori vendite portano a una flessione del 3,4% dei margini lordi.
TRASPORTI, LOGISTICA, ENERGIA
TRASPORTI, LOGISTICA, ENERGIA
1º semestre 2024 su 1º semestre 2023
Prezzi di vendita
Costo del lavoro =
in organico
Nel corso del semestre il calo dei prezzi energetici si è attenuato (-11,7% a maggio, da -24,7% di fine 2023), ma le flessioni rimangono ampie e incidono sull’inflazione complessiva e sui conti delle aziende fornitrici di energia. Dopo i fortissimi cali tendenziali degli ultimi due semestri (che arrivarono a toccare punte di -20%), nella prima parte del 2024 le realtà del settore registrano una flessione del 3,6% sul mercato nazionale e dello 0,9% sull’estero. Gran parte del calo va imputato all’andamento negativo dei prezzi di vendita (-10,5%). Le contrazioni del giro d’affari, accompagnate a una dinamica occupazionale ancora positiva (+1,4%), incidono sui margini lordi, che nel semestre sono inferiori del 22% rispetto alla prima parte del 2023. Con riferimento al trasporto e alla logistica delle merci è necessario distinguere tra terminal operators portuali e
le realtà dell’autotrasporto. Queste ultime hanno registrato performance deludenti, sia in termini di fatturato (-0,4%) che di occupazione (invariata). I margini rimangono sostanzialmente stabili se confrontati con il primo semestre 2023 (-0,2%).
Concentrandosi sull’attività dei terminal operators, nel primo semestre 2024 emerge un aumento del fatturato generato verso clienti italiani (+3,7%) e un calo degli affari con l’estero (-0,9%).
I numeri dei terminal sono coerenti con le statistiche relative al periodo Gennaio-Maggio (ultime disponibili) relative alla movimentazione del Porto di Genova. Nei primi cinque mesi del 2024 lo scalo ha movimentato 20,5 milioni di tonnellate di merci, con una progressione del +0,5% sullo stesso periodo dello scorso anno. Nel settore dei container il traffico è stato pari a 1.044.400 teus (+2,5%), mentre in tonnellaggio merce è aumentato dell’1,9%.
Cala il traffico convenzionale, che include il traffico rotabile e quello specializzato.
Al netto degli oli minerali (+1,3%) la dinamica della movimentazione di merce si riduce a +0,3%. Aumentano le rinfuse solide (+10,3%) e i prodotti chimici (+2,7%); calano del 4,9% invece le rinfuse liquide (oli vegetali e vino).
La funzione industriale flette del 27%, in linea con l’andamento della produzione siderurgica.
Solo sul lungo periodo sarà possibile valutare, in termini di movimentazione, gli impatti circa le tensioni geopolitiche che affliggono i traffici mercantili a livello globale.
Fino ad adesso le compagnie hanno reagito alzando i noli, allungando le rotte e aumentando le velocità delle navi (traducendosi in più carburante utilizzato e più ore uomo).
Ciò porta a pensare che sul volume di traffico nel Porto di Genova l’attuale situazione di crisi nei chokepoint marittimi (Suez e Malacca, in primis) incida soltanto in termini di ritardi. Al contrario, il costo dello shipping è aumentato: i noli sulla rotta Genova-Shanghai si attestano a inizio maggio su livelli superiori del 207% rispetto a cinque mesi prima. Il Centro Studi Confindustria ha stimato l’effetto dell’aumento del costo del trasporto marittimo sui prezzi alla produzione dei singoli comparti manifatturieri, derivante sia dagli input produttivi importati, che dalle interrelazioni tra i settori domestici.
Sulla base delle variazioni rilevate, si è stimato che l’aumento nei costi di trasporto marittimo ha effetti moderati, in aggregato, sui prezzi alla produzione nel manifatturiero, pari in media a un +0,9%, ma con importanti differenze settoriali. Chimica e metallurgia sono i comparti dove le variazioni nei prezzi all’import degli input hanno un effetto maggiore, rispettivamente di +3,6% e +3,4%. Tale effetto è comunque compensato, al momento, da una spinta deflattiva proveniente dalla Cina su alcuni manufatti. I prezzi all’import in Italia registrano infatti un -1,6% nel 1º trimestre 2024 sul 4º del 2023.
Per quanto riguarda il movimento passeggeri di traghetti e crociere, si sono registrati ulteriori incrementi, sebbene sempre più moderati, rispetto al primo semestre 2023 (+2,3%): i passeggeri dei traghetti sono risultati in crescita dello 0,6% e i crocieristi del 3,6%.
Il traffico dell’aeroporto C. Colombo di Genova è ancora in flessione. I livelli pre Covid rimangono lontani: -22% movi-
menti di aeromobili e -4,9% di passeggeri. Rispetto ai primi cinque mesi del 2023 rimangono stabili i passeggeri transitati per l’Aeroporto, mentre calano del 4,3% i movimenti.
SERVIZI DI TERZIARIO AVANZATO
TERZIARIO AVANZATO
1º semestre
FONTE: ELABORAZIONE CENTRO STUDI CONFINDUSTRIA GENOVA
La spesa in servizi ha mostrato un trend crescente nell’ultimo anno e mezzo, ma con molta volatilità. A partire dalla pandemia, cioè nei 4 anni tra il 2020 e il 2023, la spesa in servizi in Italia ha registrato un calo significativo - in 3 anni su 4 - anche nei primi mesi dell’anno: una volatilità sconosciuta in precedenza, quando l’andamento della spesa per servizi era molto più stabile. Non è detto che, anche a livello locale, i dati poco brillanti registrati nel semestre anticipino un’inversione di trend che, fino all’ultima parte del 2023, era in aumento.
Nel particolare, le aziende del campione hanno registrato cali relativi al volume e valore degli scambi con l’estero, mentre migliori risultati, sebbene contenuti, sono stati raccolti sul fronte interno.
FINANZA E ASSICURAZIONI
FINANZA E ASSICURAZIONI
semestre 2024 su 1º semestre 2023
Fatturato Italia*
Occupati in organico
*Dato consolidato attraverso l’esame degli indici di raccolta
*per il settore bancario e premi/ provvigioni per quello assicurativo
FONTE: ELABORAZIONE CENTRO STUDI CONFINDUSTRIA GENOVA
L’indagine Banca d’Italia (BLS) segnala che la domanda di credito delle imprese ha continuato a ridursi nella prima parte del 2024, sebbene a ritmi più contenuti rispetto ai
periodi precedenti. Diminuisce di più la domanda di fondi per il lungo termine, meno per il breve. Ciò è coerente con un andamento altalenante delle richieste di credito per finanziare le scorte e il capitale circolante. Non ci sono in ogni caso segnali di un rischio carenza di liquidità generalizzato per le imprese. Da un lato, per molte realtà, il credito continua a ridursi, ma dall’altro lato si è ridotto il fabbisogno di risorse liquide in molti settori che sono in flessione. Una più ampia offerta di credito nei prossimi mesi è favorita dalla redditività bancaria in aumento (maggior margine di interesse e minori rettifiche sui crediti e costi operativi). È migliorata, per le banche, anche la situazione sul fronte dei rendimenti sovrani italiani. La flessione del BTP riflette in gran parte il taglio dei tassi ufficiali nell’Eurozona. Ciò tende ad abbassare il costo della raccolta bancaria. Il calo dei rendimenti significa anche un aumento dei prezzi di mercato dei titoli pubblici: ciò si traduce in uno sviluppo positivo per gli istituti di credito, perché sostiene il valore del loro portafoglio di titoli di Stato - il quale, al valore contabile, si è assottigliato nell’ultimo anno, pur restando ampio. Complessivamente, i rischi per la solidità degli istituti sembrano essersi ridotti e ciò dovrebbe favorire un allentamento delle condizioni di offerta di credito nel medio termine rispetto alla stretta attuale. Tra le società di assicurazione si registrano moderati incrementi di premi e provvigioni. Salgono i margini e l’occupazione.
LA SANITÀ
SANITÀ
1º semestre 2024 su 1º semestre 2023
Prezzi di vendita
Costo del lavoro
Costo dei materiali +0,5
Occupati in organico
FONTE: ELABORAZIONE CENTRO STUDI CONFINDUSTRIA GENOVA
+0,4
Il fatturato generato dalle aziende della sanità privata è aumentato, nel semestre, del 4,9%% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. L’incremento è dovuto alla crescita delle prestazioni (+1,2%), mentre la componente prezzo incide solo marginalmente: le imprese hanno da poco adeguato i listini, per una percentuale comunque inferiore all’aumento del costo dei materiali. È cresciuta invece l’incidenza del costo del lavoro, a fronte di un moderato incremento degli occupati. Tuttavia, l’aumento del volume d’affari e delle prestazioni è tale da permettere maggiori margini di guadagno (+10%). Scende l’indebitamento (-1,1%).
Genova Impresa - Luglio / Agosto
TURISMO
1º semestre 2024 su 1º semestre 2023
+3,6
Fatturato Estero +3,5
Prezzi di vendita +8,4
Costo del lavoro +7,0
Occupati in organico
Anche nella prima parte del 2024 il giro d’affari degli operatori turistici segna un ulteriore incremento. Crescono i consumi di italiani e stranieri; la maggiore spesa e potere d’acquisto di quest’ultimi porta a un (continuo) rialzo dei prezzi. Ne beneficiano i margini lordi delle imprese e l’occupazione, in ampia espansione.
Il fatturato delle aziende del settore turistico è risultato in ulteriore aumento rispetto allo stesso periodo 2023: il giro d’affari da clienti italiani è salito del 3,6%, quello verso clientela straniera del 3,5%.
Rialzi importanti in un periodo di tempo che include un solo mese estivo (giugno), ma che ha visto diversi “ponti” per le festività in aprile-maggio.
L’ottimo stato delle aziende del settore è certificato dalla dinamica dei prezzi di vendita. Nel semestre l’aumento è stato dell’8,4%, quando il totale dell’economia ha registrato un’inflazione poco sopra lo zero (nel computo complessivo pesa maggiormente l’industria). In analisi recenti la Banca d’Italia ha messo in guardia dai rischi che rialzi dei prezzi elevati nel turismo possano alla lunga riflettersi su un’inflazione in netto calo (in Italia), ma esposta ancora a diversi elementi di incertezza.
I margini lordi delle aziende del turismo salgono del 4,5% nel semestre, pur rendicontando un maggior costo del lavoro del 7%. Ciò è in linea con una dinamica occupazionale in crescita: la domanda, infatti, pur rallentando, resta alta, così come gli standard di qualità che i visitatori richiedono e la richiesta di figure professionali connesse a tali standard.
Pur di fronte a una contrazione del numero di arrivi e presenze, l’offerta turistica di alto livello trova una domanda ancora vitale, soprattutto tra i turisti stranieri. Dai dati disponibili tramite l’Osservatorio regionale sul turismo (Gennaio-Maggio), i visitatori sul territorio di Genova sono calati del 2,5% in termini di arrivi e del 2,3% in termini di presenze. Flessioni che riguardano sia i turisti dall’Italia che dall’estero. Tuttavia, rispetto al pre Covid, i livelli di arrivi e presenze risultano notevolmente superiori, mantenendosi su livelli storicamente elevati.
Nel secondo semestre 2024 l’andamento dell’attività economica del sistema produttivo genovese è atteso sostanzialmente in linea con quanto riscontrato nella prima parte dell’anno. Rispetto ai primi sei mesi dovrebbero migliorare le esportazioni, sempre trainate dalla cantieristica navale, in espansione. Per gli altri settori le prospettive sono molto più incerte.
Parimenti complessa appare la situazione sul mercato interno: gli ordini delle imprese nel settore dei beni strumentali si stanno progressivamente riducendo, segno che la domanda di macchine e apparecchiature è debole (anche dall’estero).
Ciò anche per l’attesa dell’implementazione del Piano “Transizione 5.0”, il cui ritardo sta frenando le decisioni delle imprese di nuovi investimenti. Ma a tale stop dovrebbe seguire un nuovo rilancio, con l’utilizzo del Piano. Sul fronte finanziario il costo del credito per le imprese italiane ha superato il picco, con un differenziale temporale di qualche mese rispetto ai rialzi BCE. Così come i passati rialzi hanno accresciuto il peso degli oneri finanziari, dalla metà del 2024 i tagli dei tassi dovrebbero allentare le tensioni finanziarie delle imprese.
Con la discesa del costo, la domanda di credito dovrebbe ripartire, sostenuta anche dal lento proseguire della crescita economica.●
2 a EDIZIONE
PREMIO
Cultura della Formazione in
memoria di Marina Traverso
Seconda edizione del premio “Cultura della Formazione in memoria di Marina Traverso”, promosso da Confindustria Genova quale riconoscimento alle imprese che supportano la crescita del proprio capitale umano valorizzandone le specifiche inclinazioni e competenze.
Il Premio Cultura della Formazione è rivolto a tutte le imprese associate che abbiano promosso un percorso di formazione di carattere “extra-ordinario” e di particolare rilevanza dal punto di vista del numero dei lavoratori coinvolti, delle ore di formazione erogata, degli obiettivi prefissati e dei risultati raggiunti.
Il Premio nasce dalla volontà dell’Associazione di ricordare Marina Traverso , Responsabile dell’Area Previdenziale, lavoristica e amministrativa per lunghi anni, dando risalto all’impegno delle aziende nella valorizzazione del proprio capitale umano.
Di seguito il Regolamento; la scheda di partecipazione, che dovrà essere inviata a Confindustria Genova entro il 20 ottobre 2024 , è reperibile anche dalla home page del sito www.confindustria.ge.it
Possono partecipare al Premio tutte le imprese associate a Confindustria Genova in regola con il pagamento della quota associativa.
Modalità di partecipazione
Possono concorrere i Progetti formativi realizzati nel 2023. Le candidature devono pervenire entro il 20 ottobre 2024. La presentazione delle candidature avviene mediante trasmissione in formato digitale all’indirizzo e-mail pec@pec.confindustria.ge.it della Scheda di Iscrizione , completa dei dati di base dell’impresa, del referente per il premio e della descrizione del percorso formativo (max 2000 caratteri, spazi inclusi) nel quale dovranno essere specificati: destinatari, metodologia e strumenti utilizzati per la realizzazione del progetto, metodologia e strumenti utilizzati per la misurazione dell’efficacia del progetto, oltre ai vantaggi raggiunti a beneficio dell’azienda e delle persone coinvolte. Si potranno allegare materiali a supporto che non saranno restituiti.
Commissione
La valutazione dei Progetti formativi è affidata a una Commissione, costituita da 5 componenti che nomina tra loro un coordinatore. A suo insindacabile giudizio, la Commissione esamina e stabilisce una graduatoria dei Progetti formativi assegnando un punteggio su base 100 per ciascuna delle seguenti voci:
n originalità del tema affrontato;
n numero di risorse coinvolte sull’organico complessivo;
n presenza di elementi innovativi nella modalità di progettazione, nelle metodologie didattiche e nelle tecnologie utilizzate;
n livello di raggiungimento degli obiettivi;
n ricadute sull’azienda; benefici per i dipendenti.
Aspetti normativi
La partecipazione al Premio Cultura della Formazione implica, da parte dei soggetti richiedenti, l’accettazione del regolamento. Per tutto quanto non contemplato nel regolamento è competente a deliberare Confindustria Genova. Il soggetto proponente risponde del contenuto del proprio Progetto e delle opere connesse e dichiara di aver assolto tutti i diritti verso terzi. In riferimento alla tutela della riservatezza, l’azienda partecipante autorizza preventivamente la diffusione dei contenuti del proprio progetto formativo sul sito, sui canali social e nelle pubblicazioni di Confindustria Genova, agli organi di stampa e nelle manifestazioni non a scopo di lucro organizzate dalla stessa Associazione nell’ambito delle iniziative di comunicazione a supporto della promozione del Premio.
Transizione Digitale
Le sfide del nuovo ciclo.
Il documento completo può essere consultato o scaricato online: https://bit.ly/transizione-digitale
Andrea Campora
Confindustria Genova ha elaborato il Position Paper sulla Transizione Digitale, recentemente presentato alla stampa. Dopo l’introduzione del presidente Umberto Risso, il vice presidente alla Transizione Digitale Andrea Campora, insieme al vice presidente alla Transizione Tecnologica Fabrizio Ferrari e al presidente della Sezione EL.I.T Enrico Botte, ha approfondito le tematiche toccate nel documento: dagli elementi di contesto all’ecosistema genovese e ligure, dagli scenari evolutivi alle proposte dell’Associazione. Di seguito una sintesi dei contenuti.
La Società è sempre più basata sulle tecnologie digitali, fortemente integrate nella vita delle persone, nell’economia e nei servizi pubblici. Questa evoluzione richiede infrastrutture di elaborazione e memorizzazione (HPC, cloud), cybersecurity per la protezione dei dati, interoperabilità, cultura digitale per l’adozione delle tecnologie, leggi e regolamenti per la protezione dei diritti e la diffusione dei servizi, investimenti in innovazione e un tessuto industriale capace di trattenere il valore generato. Le sfide di questa transizione sono significative: dal mantenimento della sovranità tecnologica a livello nazionale ed europeo, intesa come capacità di sviluppare autonomamente tecnologie critiche e partnership strategiche affidabili; alla creazione di un’infrastruttura digitale sostenibile che abiliti e supporti gli ulteriori sviluppi tecnologici e il vantaggio competitivo; fino alla digitalizzazione delle imprese, per le quali l’adozione delle nuove tecnologie (come Cloud, Cybersecurity, Big Data Management, Intelligenza Artificiale, Cognitive Computing) non è tanto un fattore di competitività, ma di sopravvivenza.
«La nostra convinzione - ha spiegato il vice presidente di Confindustria Genova con delega alla Transizione Digitale Andrea Campora - è che oggi ci troviamo di fronte a un nuovo ciclo del digitale che, come evidenziato anche nello studio “Il digitale in Italia” di AnitecAssinform, trasformerà le imprese e le filiere produttive. Le grandi aziende diventeranno “Piattaforme” che integrano altre imprese, processi e dati, accorciando la catena del valore e rendendola strettamente connessa.
In quest’ottica, tra l’altro, verrà meno la netta distinzione tra la manifattura e i servizi».
La transizione digitale delle PMI diventa così non più un abilitatore, ma una necessità per restare in questa nuova filiera produttiva.
A livello di territorio e guardando alla filiera sono circa 3.000 (per oltre 30.000 occupati) le imprese liguri, in prevalenza PMI, che offrono prodotti o servizi hightech o implementano soluzioni altamente tecnologiche e digitali nei loro processi produttivi. 106 aziende di Confindustria Genova offrono sul mercato prodotti e servizi tecnologico-digitali e sono state oggetto di una profilazione per mappare tecnologie offerte, area di applicazione e ruolo nella catena del valore.
«Le piccole e medie imprese devono necessariamente aumentare il loro grado di intensità digitale (in termini di cybersecurity, sostenibilità, integrazione dati...) per
non restare fuori dal nuovo modello che si sta configurando. In questo processo devono essere aiutate e accompagnate - prosegue Campora -. Come si vede dai dati del report 2023 “Imprese e ICT” di Istat, il gap sull’adozione dei digital enabler non è legato solo ad aspetti finanziari ma soprattutto alle competenze, e perciò bisogna lavorare prioritariamente su questo aspetto. Faccio un esempio per dare un’idea degli ordini di grandezza: oggi solo il 5% delle PMI adotta l’Intelligenza Artificiale, rispetto al 24% delle Grandi Imprese. O ancora: l’obiettivo prefissato a livello europeo è di avere una digital intensity del 90% tra le PMI entro il 2030, oggi ci attestiamo sul 61%. Il tema dei finanziamenti ovviamente ha un grande peso, ma resta centrale anche la dimensione culturale e il supporto a processi di integrazione e l’Open Innovation». Le proposte di Confindustria Genova partono da una domanda-paradosso: ha ancora senso parlare di filiera locale per il digitale, visto che il digitale è per sua natura intrinsecamente immateriale, delocalizzabile, senza confini?
«No e sì - spiega Campora -. No, se si intende una filiera locale chiusa al mondo esterno, in quanto le filiere locali che non si aprono con coraggio e intensità all’innovazione globale resteranno escluse o marginalizzate nel nuovo ciclo economico, e su questa apertura, come Confindustria Genova, riteniamo che il territorio possa e debba fare di più. Sì, invece, perché se si parla di innovazione e si parte da competenze eccellenti e distintive del territorio, mettendo assieme in progetti ambiziosi asset, enti di innovazione e ricerca e imprese grandi e piccole, allora la vicinanza fisica e di valori ha ancora un peso e rappresenta un vantaggio competitivo per lo sviluppo. Qualcuno diceva che l’innovazione tecnologica diventa globale ma alle volte nasce in un garage della Silicon Valley: questo deve valere anche per Genova».
La proposta di Confindustria Genova punta così a sviluppare un ecosistema locale competitivo nel nuovo ciclo del digitale con due linee di azione.
La prima riguarda la transizione della filiera industriale del territorio verso un’alta intensità digitale, rendendola aperta e pronta ad integrarsi con le piattaforme del domani di grandi imprese e distretti; cyber resiliente e sostenibile sul life cycle delle soluzioni; con competenze digitali diffuse grazie alla formazione.
La seconda linea di azione riguarda lo sviluppo di un’offerta di eccellenza di prodotti/servizi digitali, che può essere ottenuta rafforzando le iniziative di Open Innovation tra Grandi Imprese, PMI, Ricerca e connettendole ai leader non locali e sfruttando la distintività di asset (come HPC di enti di ricerca e impese) e competenze delle aziende locali (ad esempio sulla logistica) per indirizzare progettualità ambiziose. Progettualità che potranno riguardare in particolare il porto, che dovrà evolvere verso un modello data centrico per mantenere la competitività a livello europeo, e il global monitoring, partendo dalla gestione delle fragilità del nostro territorio e delle infrastrutture, per sviluppare un’offerta di filiera leader in questo ambito.●
Vetr ina
d’impresa
DAS, l’ecosistema digitale di Confindustria Genova per gli Associati, si arricchisce con nuovi spazi per le presentazioni aziendali, configurandosi come hub di opportunità e networking.
Oggi, il networking professionale è diventato un elemento cruciale per il successo delle imprese. Confindustria Genova ha colto questa necessità e nel 2024 ha inaugurato la piattaforma DAS (Digital Association Services), un vero e proprio ecosistema digitale e multicanale a supporto delle imprese.
Nato dalla collaborazione con Nautes, partner strategico di Digital Transformation, DAS rappresenta un hub innovativo pensato e sviluppato per mettere al centro le relazioni associative e rafforzare il networking tra imprese, Associazioni e Associati.
La nuova piattaforma va oltre il semplice sito web istituzionale, diventando un vero e proprio punto di riferimento per gli Associati. La piattaforma si propone come un hub di opportunità, dove è possibile trovare informazioni, aggiornamenti, notizie, eventi e pubblicazioni utili al proprio business. Tra i servizi dedicati, c’è la Vetrina aziendale, che gioca un ruolo cruciale nel contesto di implementazione dell’offerta: tutte le imprese hanno a disposizione un ulteriore spazio virtuale che permette loro di valorizzare le proprie peculiarità e ampliare la propria visibilità, favorendo l’interscambio e la creazione di nuove connessioni sinergiche.
Accedendo all’area riservata della piattaforma, gli utenti possono facilmente creare e personalizzare la propria Vetrina, includendo informazioni aziendali rilevanti, quali la descrizione delle principali attività svolte, e inserire i prodotti e i servizi offerti.
È possibile arricchire il profilo aziendale attraverso il caricamento di foto e
video, certificazioni e canali di comunicazione istituzionali come social media e sito. Con pochi clic, le aziende possono presentare la propria attività in modo dettagliato e professionale, raggiungendo un pubblico profilato e interessato. Questo strumento da un lato migliora le opportunità di funneling e favorisce l’aumento del traffico organico verso i propri canali istituzionali e social; dall’altro, facilita e rafforza le relazioni tra gli Associati, lo scambio di conoscenze e di competenze, promuovendo l’innovazione e ispirando lo sviluppo di nuovi prodotti e processi produttivi.
Le imprese del territorio genovese hanno in tal modo un’ulteriore risorsa volta alla condivisione di informazioni e alla collaborazione in tempo reale.
Confindustria Genova garantisce un servizio di assistenza per la creazione e l’aggiornamento della Vetrina DAS. Gli Associati possono chiedere la visibilità e la condivisione in piattaforma della propria Vetrina.
L’introduzione di questo servizio è stata finalizzata alla creazione di una vera e propria Community, all’interno della quale ogni impresa può promuovere l’attrazione di nuovi potenziali partner aziendali o investitori.●
di Piera Ponta
La trasformazione tecnologica non si può fermare, la si può solo accompagnare, aprendosi al cambiamento e consapevoli dei benefici che ne verranno.
Il futuro è adesso
“ Tutti gli attori della catena del valore dell’AI lavorano a soluzioni sempre più veloci, economiche, accessibili e sostenibili”
“ Dalle scelte data driven a quelle data informed con la decision intelligence ” “ L’AI Act costringerà le aziende che sviluppano questa tecnologia a trasferirsi in paesi extra UE”
Alberto Mattiello
Docente universitario, relatore internazionale e autore di libri di innovazione, Alberto Mattiello è un designer (laurea al Politecnico di Milano) appassionato di tecnologia. Qualche settimana fa, è stato keynote speaker al Bootcamp del Gruppo Giovani e al PMI Networking Evening di Confindustria Genova con un intervento su “Intelligenza Artificiale e dintorni”. In quale contesto tecnologico dovranno operare le nostre aziende nei prossimi anni? Quale l’impatto sui modelli di business e le modalità di accesso al mercato? Il “business futurist” Mattiello ha la capacità di raccontare l’innovazione e di ispirare il cambiamento, di generare l’entusiasmo necessario a superare lo status quo per andare incontro al futuro e coglierne tutte le opportunità.
Viviamo un periodo di grandi trasformazioni dal punto di vista tecnologico, combattuti tra l’entusiasmo per le novità che si susseguono in tempi rapidissimi e la paura di esserne sopraffatti. Qual è la sua opinione? I cambiamenti hanno sempre fatto parte della vita delle imprese, ma a un ritmo più lento e intervallati da momenti di stabilità che, oggi, non ci sono concessi. Ci sono una
serie di tecnologie che stanno entrando nelle nostre aziende e che non possiamo fermare, possiamo solo accompagnarle. Basta guardare le novità presentate nel mondo dell’AI negli ultimi quindici giorni per rendersi conto di quanto sia veloce e inarrestabile il cambiamento. Prendiamo la robotica umanoide, settore nel quale da un anno all’altro sono quadruplicati gli investimenti: nelle scorse settimane, il gigante della logistica GXO ha sottoscritto un accordo pluriennale con la Agility Robotics per l’impiego di robot umanoidi nell’esecuzione di compiti ripetitivi, come lo spostamento di casse nei magazzini. L’obiettivo delle ricerche in corso è sviluppare robot umanoidi in grado di imparare a capire e a muoversi nello spazio. Ancora un esempio: è stato presentato da poco un modello AI che consente di trasformare un’immagine video in un oggetto tridimensionale collocato in uno spazio; questo significa che una macchina dotata di questa AI potrà avere una perfetta percezione di come è composto il mondo in cui si deve muovere e quindi spostarsi in un ambiente ipercomplesso utilizzando soltanto delle telecamere. I cambiamenti si susseguono rapidissimi e tutti abbiamo bisogno di qualche certezza. Ma di cosa possiamo essere sicuri nel prossimo periodo? Se confrontiamo la velocità dei vari motori di AI sviluppati da OpenAI, Nvidia, Antropic... e altri nello scorso mese, la cosa di cui possiamo essere certi è che la velocità e le performance continuano ad aumentare e che i motori diventano sempre più economici e sostenibili. Se consideriamo l’intera catena del valore dell’AI - chi fa il cloud, chi il chip, chi i motori, le soluzioni... -, ecco, tutti stanno lavorando a soluzioni più veloci, economiche, accessibili e sostenibili. Nel giro di poco, nessuno potrà più sostenere che una ricerca su Google costa un decimo di un prompt su ChatGPT. Come comprendere e accompagnare il cambiamento? Io penso che non ci sia altro modo se non provandolo, ritagliandosi uno spazio all’interno della propria giornata o settimana lavorativa dove studiare e testare, per superare la logica del “abbiamo sempre fatto così”. Inoltre, per non perdersi nel mare magno delle informazioni sull’AI, suggerisco di andare su X: qui si confronta chi fa innovazione e si trovano anche i paper scientifici. E poi X ha il dono della sintesi: in tre righe e in un video da 30 secondi si hanno le indicazioni necessarie a fissare un punto nella mappa per cominciare a orientarsi.
E oggi dove ci troviamo?
A metà luglio è uscita la roadmap di OpenAI che ci aiuta a capire dove siamo e dove stiamo andando. ChatGPT quando è uscito era il livello numero 1: chatbot che ragionano e parlano come esseri umani, con i quali si può dialogare; il livello numero 2 è rappresentato dalla capacità di problem solving, che diventerà sempre più simile a quella dell’essere umano - oggi siamo qui probabilmente a questo livello; il livello numero 3 è la novità e riguarda gli “Agenti”, ovvero: le intelligenze artificiali possono uscire dal loro sistema, aprire software, muoversi nel mondo digitale, andare online, navigare, e svolgere delle attività. Il passo ancora successivo ci sarà quando l’AI diventerà innovatrice. Mi spiego: oggi siamo noi “umani” che innoviamo i modelli, ma a un certo punto l’AI sarà in grado di aggiornare da sé il proprio funzionamento per migliorare le performance e ottimizzarne i costi. Il mercato oggi appare poi abbastanza strutturato. Abbiamo la “generative AI”, che io chiamo “orizzontale” e che raggruppa i grandi software come Chat GBT, Copilot365, Gemini ecc., con i quali si può fare un po’ di tutto, da scrivere un testo a generare un’immagine fino a elaborare un dataset; a fianco, si è sviluppato un sistema “verti-
cale” di micro applicazioni che risolvono singoli task. Nelle imprese questi due mondi hanno obiettivi diversi: con l’AI generativa orizzontale accediamo a sistemi che cambiano il modo di lavorare, cambiano l’idea stessa di lavoro e il modo con cui ci si interfaccia con le macchine; l’altra categoria è focalizzata su aspetti di produttività: c’è un problema, lo si risolve e si migliora così il livello di performance. Le imprese al momento stanno facendo ancora fatica a passare a questa offerta di applicazioni verticali, fermandosi alla categoria più generale. E ancora: se saremo bravi a costruire e a gestire sistemi di dati affidabili, diventeremo bravissimi a prendere decisioni basate sul dato (“data driven”), ma senza rinunciare del tutto alla componente “personale”. Si comincia a parlare, infatti di “data informed”: le aziende devono imparare a costruire processi decisionali dove il giudizio delle persone, il valore dell’esperienza, dell’intuizione ecc. sono elementi del processo decisionale stesso. A supporto di ciò, si sta sviluppando una nuova disciplina, denominata “decision intelligence”, che presto entrerà a far parte del nostro linguaggio comune.
Può darci qualche dettaglio in più riguardo agli “Agenti”, anche con riferimento al mondo delle imprese? Nella primavera 2025 l’assistente Siri di Apple diventerà un Agente. Cosa significa? Che l’AI potrà muoversi liberamente tra diverse applicazioni e dimensioni del digitale per compiere azioni e raggiungere obiettivi fissati da noi. Provo a spiegarlo con un esempio. Nel nuovo contesto, io potrò chiedere a Siri di leggere l’email ricevuta da mia moglie con la quale mi avvisa che questa sera andremo fuori a cena in un certo ristorante, di cercare l’indirizzo del ristorante, di prenotare un Uber alle otto. Per fare tutto questo, Siri deve essere in grado di muoversi nel mio telefono, fissare un obiettivo, dividerlo in task e quindi eseguire ciascuno di essi per rispondere alla richiesta dell’utente. Proviamo a traslare questo nel mondo delle imprese: dato un obiettivo, tutta una serie di funzioni per raggiungerlo saranno demandate a un Agente. In uno spot di Google, si vede una ragazza che si muove in un ufficio filmando l’ambiente con il cellulare; quindi la ragazza chiede al suo Assistente di leggere il codice dietro uno schermo, di dirle in quale quartiere si trova l’ufficio e, infine, dove ha lasciato i suoi occhiali. L’Assistente risponde con precisione a tutte le domande, compresa l’ultima, elaborando le immagini riprese con la telecamera del cellulare. Confidando che possano essere superati i possibili problemi di privacy e di cybersecurity, a breve potremo usufruire di soluzioni in grado di ottimizzare l’utilizzo delle telecamere o di altri punti di raccolta di informazioni.
L’AI in Europa e negli Stati Uniti: quanto è grande il gap in termini di ricerca, sviluppo e diffusione? Parliamo di culture diverse con pro e contro da una parte e dall’altra, ma nell’AI il gap è importante ed è a sfavore dell’Europa. Innanzi tutto perché, fino a oggi, i motori di AI vengono sviluppati negli Stati Uniti e in Cina. Qualcosa comincia a muoversi anche in Europa - penso alla francese Mistral AI, per esempio -, ma sarà fondamentale avere motori italiani, perché ogni volta che usiamo ChatGPT usiamo un motore in inglese che traduce in italiano, con tutti i bias culturali che ne conseguono. Ad aumentare il gap potrebbe contribuire l’AI Act, approvato dall’Europarlamento nel mese di marzo e che, così come è formulata, potrebbe costringere le aziende che sviluppano questo tipo di tecnologia a trasferirsi in paesi fuori dall’Unione. Rischiando, tra l’altro, una fuga catastrofica di cervelli.●
IN COLLABORAZIONE CON
CON IL SOSTEGNO DI
SI RINGRAZIA
PARTNER ISTITUZIONALE
I CLUB TEMATICI SONO ORGANIZZATI CON IL CONTRIBUTO DI
Glocal
connections
MCE 4X4 ha scelto le 16 start-up simbolo della mobilità innovativa e sostenibile per la giornata dedicata all’Open Innovation del 9 ottobre prossimo.
Gli ambiti di applicazione sono People, Data & Security, Logistics ed Energy.
Il 9 ottobre si terrà la nona edizione di MCE 4x4-Glocal Connections a cui parteciperanno le 16 startup vincitrici della call di MCE 4x4, la principale iniziativa italiana dedicata all’Open Innovation per la mobilità innovativa e sostenibile, che potranno incontrare le imprese corporate in momenti B2B volti alla contaminazione di idee e alla promozione di partnership e collaborazioni.
Il Comitato Scientifico di MCE 4X4 2024 che ha scelto le 16 startup ha visto la partecipazione di: Gioia Ghezzi, vicepresidente Assolombarda; Federico Chiarini, presidente Gruppo Giovani Imprenditori Assolombarda; Vittoria Gozzi, vicepresidente Confindustria Genova; Barbara Graffino, presidente Gruppo Giovani Imprenditori Unione Industriali Torino; Alvise Biffi, consigliere Camera di Commercio di Milano Monza Brianza Lodi; Giovanni Mondini, membro di Giunta Camera di commercio di Genova; Alberto Barberis, consigliere Camera di commercio di Torino; Stefano Venturi, presidente Cefriel; Gianmarco Montanari, direttore Centro nazionale per la Mobilità sostenibile MOST; Ilaria Tagliavini, head of Operations Innovation, Education and Communication EIT; Giorgio Ciron, direttore InnovUP; Giusy Stanziola, Start Lab & Development Programs, UniCredit; Emil Abirascid,
direttore Startup Business (presidente Comitato Scientifico). La call, quest’anno estesa anche a livello internazionale, ha riscontrato notevole interesse, confermando un ecosistema dell’innovazione molto attivo e dinamico: hanno infatti partecipato 88 startup tra nazionali e internazionali con progetti che ruotano intorno ai servizi alle persone in movimento, alla sicurezza fisica e dei dati digitali, alla movimentazione green e sicura delle merci, al tema dell’energia verde. Il titolo dell’edizione 2024 di MCE4x4, Glocal Connections, racconta un’iniziativa che nasce a livello locale ma che ora si estende anche all’ambito sovraregionale e internazionale, stimolando la forza delle connessioni che si possono creare grazie all’Open Innovation. Racconta anche di una importante crescita nella rete di istituzioni ed enti che la supportano, e di una visione che si amplia. L’MCE 4X4 2024 vede infatti i promotori storici, Assolombarda e Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi, affiancati da Unione Industriali Torino, Confindustria Genova e le rispettive Camere di commercio. Una rete che si rafforza e cresce, con l’obiettivo di guardare, in ottica di ecosistema, al nordovest del Paese, un triangolo in cui risiedono il 35% delle startup italiane attive nel campo della mobilità e che è il
centro nevralgico delle imprese manifatturiere del Paese. La scelta di ampliare l’ambito territoriale è proprio legata alla necessità di rilanciare la crescita e valorizzare lo spirito pionieristico di un mercato della mobilità sostenibile e innovativa, a partire dalle tre città metropolitane di Milano, Torino e Genova.
I diversi momenti dell’evento del 9 ottobre, tutto digitale, sono una Virtual exhibition, in cui le startup potranno esporre i propri prodotti e le loro soluzioni innovative, un Virtual elevator pitch in cui le imprese avranno l’occasione di presentarsi alle imprese corporate, e numerosi Virtual tandem meeting, incontri di 20 minuti ciascuno tra imprese corporate e start-up e tra imprese corporate fra loro, finalizzati a favorire partnership e collaborazioni. Un’importante occasione di fare rete, favorire connessioni e mettere a fattor comune la spinta all’innovazione.
Le iscrizioni, per le imprese corporate, saranno aperte fino al 6 settembre a questo link di registrazione: https://bit.ly/registrazione-mce4x4-2024
Queste le start-up selezionate, nei quattro diversi ambiti di sfida proposti: People, Data & Security, Logistics ed Energy.
PEOPLE
ALOE si posiziona come una soluzione innovativa di micromobilità per il settore turistico, combinando tecnologie IoT con l’intelligenza artificiale. Le e-bike, equipaggiate con sensori IoT, monitorano continuamente variabili come il traffico, preferenze del profilo, le condizioni meteorologiche e i comportamenti di guida degli utenti. Questi dati vengono trasmessi in tempo reale all’algoritmo di intelligenza artificiale, che li analizza per generare percorsi ciclabili ottimizzati.
BUFAGA ha presentato un dispositivo intelligente che può essere montato sulla parte superiore di qualsiasi mezzo di trasporto. Il suo scopo è rimuovere gli inquinanti dall’aria esterna, raccogliendo dati grazie alla tecnologia IoT. Offrono ai clienti un servizio per compensare le emissioni dei loro viaggi, che comprende: hardware, software e assistenza. L’hardware contiene una tecnologia di filtraggio in grado di trattenere il particolato dall’aria; il software è fornito per la raccolta e la visualizzazione dei dati (IoT); l’assistenza è responsabile della manutenzione dell’hardware.
EVOLVO ha brevettato e realizzato un dispositivo IoT che viene inserito all’interno di una Evo-Box con cui equipaggiare le biciclette o più in generale i veicoli leggeri. Questo sistema integra le funzioni di antifurto GPS e di smart-lock e consente la ricarica attraverso lo stesso cavo a condizione di trovare una infrastruttura dedicata. La piattaforma e l’App offrono la possibilità di creare communities, modelli di sharing peer-to-peer, sistemi di rewardings e abilitare a servizi intermodali e Maas.
SEERENE è una app che consente di prenotare in pochi click un trasporto sociosanitario. Si rivolge a tutte le persone non autosufficienti, con problemi di mobilità, e a tutti i tipi di realtà profit e no profit che effettuano il servizio di trasporto per persone fragili.
DATA & SECURI TY
BUSUp offre soluzioni innovative e tecnologiche per ottimizzare il pendolarismo dei dipendenti. Utilizza una tecnologia avanzata e l’intelligenza artificiale per analizzare i dati in tempo reale, per ottimizzare i percorsi e le flotte e ridurre i tempi di attesa, minimizzando le emissioni. BUSUp serve oltre 110 clienti, collabora con più di 170 operatori
e gestisce più di 1.800 percorsi giornalieri per oltre 55.000 utenti giornalieri.
DISPLAID abilita il monitoraggio standardizzato e su larga scala di ponti e viadotti grazie alla componente di scalabilità garantita da algoritmi AI e Edge Computing. La startup offre un Monitoring as a service che fornisce al cliente informazioni per il controllo in tempo reale di tutti i ponti appartenenti alla rete infrastrutturale, abilitandone la manutenzione predittiva e coprendo tutta la catena del valore del monitoraggio: progettazione del sistema, equipaggiamento con Smart Sensors, analisi dati e somministrazione di informazioni tramite piattaforma informatica.
PARQUERY è il principale fornitore tecnologico svizzero di parcheggi intelligenti e di soluzioni di mobilità, trasporto e logistica basate sull’intelligenza artificiale. La soluzione rileva e riconosce qualsiasi forma nelle immagini e nei video di qualsiasi telecamera, sia essa a circuito chiuso, webcam o droni, e la trasforma in dati utilizzabili per la gestione, il processo decisionale, il controllo, la business intelligence.
WiData ha sviluppato la soluzione Xplore che utilizza la tecnologia Wi-Fi per monitorare in tempo reale i flussi di persone ed i parametri ambientali, contribuendo a creare ambienti urbani più sostenibili e ridurre l’impatto ambientale. I dati raccolti sono cruciali per ottimizzare la rete di trasporti pubblici, prevedere e mitigare il fenomeno delle isole di calore urbane ed ottimizzare l’efficienza generale dei servizi cittadini, rendendo le città dei luoghi più vivibili ed accessibili.
LOGISTICS
ASC27 ha sviluppato la soluzione Vision, software che mira a sviluppare un sistema avanzato di visione artificiale capace di riconoscere automaticamente i prodotti, contarli e localizzarli sugli scaffali. Il sistema permette di monitorare e tracciare i movimenti di pallet e contenitori all’interno dei magazzini, utilizzando la visione artificiale per verificare automaticamente le etichette e i codici a barre.
CARGOFUL è un Transportation Management System innovativo che aiuta le aziende a ridurre i costi, diminuire l’impatto ambientale e migliorare i processi interni. Il software SaaS scalabile si integra con i sistemi IT esistenti, creando un data-lake centralizzato per la gestione degli ordini. Utilizzando Intelligenza Artificiale e Machine Learning, Cargoful ottimizza l’allocazione degli ordini e consente il monitoraggio in tempo reale delle operazioni, migliorando continuamente i parametri pianificativi grazie ai dati raccolti.
PROXIMA ROBOTICS fornisce una piattaforma software per la robotica mobile in grado di consentire la guida autonoma e connessa di mezzi dedicati alla logistica interna e di magazzino delle aziende. La piattaforma fornisce stru-
menti no-code per programmare il comportamento del robot; una dashboard per la pianificazione e il monitoraggio giornalieri; una pianificazione online delle traiettorie migliori da seguire da parte dei mezzi con rilevazione ed evitamento degli ostacoli; una comunicazione IoT per l’interoperabilità tra robot differenti.
AKOMETE consente di favorire l’efficienza dei centri logistici e manifatturieri, supportandone la transizione verde attraverso un sistema RTLS (Real-Time Location System) plug & play che si installa in un giorno. Utilizzano piccoli tag IoT associati a colli o oggetti da monitorare e antenne fisse che rilevano i loro movimenti, fornendo dati in tempo reale sulla posizione e i flussi.
ENERGY
REEFILLA offre un’innovativa soluzione di ricarica mobile e gestione energetica, progettata per supportare la transizione verso la mobilità elettrica e un’economia circolare. Utilizziamo batterie di seconda vita per creare un modello sostenibile che estende il ciclo di vita delle batterie delle auto elettriche, riducendo l’impatto ambientale. Le soluzioni, flessibili e versatili, offrono ricariche ovunque e in qualsiasi momento, rendendo l’energia accessibile per flotte aziendali, operazioni logistiche, eventi e assistenza stradale. Con Reefilla, l’energia del futuro è sempre a portata di mano, promuovendo un futuro più verde e sostenibile.
ACUS ha l’obiettivo di produrre stampi riutilizzabili e a noleggio costituiti da pillar/tubi modulari il cui assetto è controllato da un software, e da una superficie che si deposita sui tubi il cui materiale è riciclabile. La startup vuole offrire un servizio di noleggio di tali stampi al fine di incentivare la riduzione dell’impatto ambientale nell’uso degli stampi usa e getta. La struttura è riutilizzabile per qualsivoglia stampo e la superficie può essere smaltita facilmente da ACUS o dall’azienda cliente.
HUB PROJECT ITALIA è un progetto pilota che intende dimostrare la fattibilità della piattaforma Hub Green per lo scambio di energia dai tetti fotovoltaici alle famiglie/edifici in ambito di area vasta, come soggetto aggregatore di comunità energetiche rinnovabili. Offre una piattaforma SaaS di interscambio energetico per mettere a disposizione la potenza del proprio impianto FTV e accumulo (UVAM) e per soddisfare i bisogni di altre famiglie o aziende in una logica di autoconsumo virtuale collettivo.
MOTO-Suv è la Carbon eBike di Moto Parilla: design italiano, materiali come la fibra di carbonio e tecnologia avanzata, ha l’obiettivo di creare prodotti unici a propulsione elettrica da ispirazione ciclistica e motociclistica. I prodotti realizzati utilizzano tecnologie di propulsione innovative. Inoltre, i maggiori fornitori (telaio, stampisti, stampatori) sono collocati vicino al sito produttivo per limitare l’impatto ambientale dei trasporti.●
di Guido Conforti
Quassù al nord
Come stanno davvero le cose in Liguria?
Come molti ricorderanno, Sancho Panza è lo scudiero di Don Quijote, l’eroe del primo romanzo moderno, al quale Cervantes affianca un servitore al tempo stesso fedele e pragmatico, in grado di avvertire il suo cavaliere su come stanno le cose nella realtà e al di là delle sue personali fantasie; così come accade nel famoso episodio dei mulini a vento, scambiati per giganti da passare a fil di spada.
La pubblicazione del saggio di Maurizio Conti, professore di Economia Politica all’Università di Genova, dal titolo suggestivo “La Liguria è (ancora) una regione del nord?” presenta alcuni motivi di oggettivo interesse: anzitutto per l’argomento che affronta, quindi per la dovizia di dati a sostegno delle analisi che vengono svolte e infine per il dibattito che ha saputo immediatamente innescare, almeno tra gli addetti ai lavori; dibattito in qualche modo alimentato e sostenuto dalla coincidenza con le prossime elezioni dell’amministrazione regionale.
Prescindendo da quest’ultimo aspetto - che, come spesso capita in Italia, procede per riflessi pavloviani dei singoli interessati che prescindono da un confronto aperto sul merito delle questioni -, da una lettura attenta del libro più di una volta la figura di Sancho Panza mi è venuta in soccorso per chiedermi se credevo davvero a quello che stavo leggendo; uscendo dalla metafora letteraria, mi sono chiesto più volte se il tema fosse trattato in maniera efficace per rappresentare la realtà e le sue possibili evoluzioni.
La tesi di Conti, in estrema sintesi, è che negli ultimi quarant’anni la Liguria sia entrata in un trend di progressivo declino nel quale, se non cambierà rapidamente la rotta, fatalmente perderà i motivi di permanenza nel contesto socio-economico del nord.
Ora, io non sono certo né un cavaliere in cerca di gloria né un docente di economia, ma l’avere vissuto questi stessi quarant’anni all’interno delle dinamiche economiche, urbanistiche e sociali che li hanno caratterizzati, mi porta a dire senza mezzi termini che a mio giudizio l’analisi di Maurizio Conti è fuorviante; essa, infatti, ignora le caratteristiche del tutto particolari del territorio ligure e procede in un confronto con le dinamiche riscontrate nelle altre sette regioni settentrionali che non considera le effettive vicende dei diversi sistemi produttivi. Ma soprattutto sottovaluta l’impatto che le dinamiche demografiche hanno avuto sui parametri che dovrebbero giustificare “il declino”: redditività, produttività, dimensione delle imprese, qualità del capitale umano, comprese le capacità imprenditoriali e manageriali che secondo l’autore avrebbero un ruolo di rilievo in tanto disastro.
Conti non è certo il primo a cimentarsi nel raccontare questo supposto declino e come normalmente si fa, sia che si parli della Liguria come di Genova (le cui dinamiche sono paradigmatiche dell’andamento regionale), parte proprio da un dato demografico, ossia dall’avvio della diminuzione del numero dei residenti che nel caso della regione Liguria riporta al 1974, caso vuole proprio l’anno in cui Conti è nato.
Quello che normalmente non si fa, invece, sarebbe di riportare indietro il calendario di un altro ventennio per scoprire che, ad esempio, nel 1951 la popolazione della Liguria era di 1.567.000 abitanti, molto prossima a quella attuale. Cosa è successo nel mezzo, cosa ha provocato - caso unico in tutto il nord - un aumento e quindi una perdita di popolazione residente di oltre il 20%?
L’inadeguatezza degli imprenditori e dei manager, degli amministratori pubblici, dei grandi rentier, scelte sbagliate di politica industriale, l’incapacità del sistema formativo, l’insufficienza degli investimenti, le condizioni generali del contesto competitivo, la sfortuna? Io credo che la somma delle possibili ragioni negli ambiti sopra citati, unita ad altre di ulteriore dettaglio che possono essere aggiunte, non siano paragonabili agli effetti che le dinamiche demografiche hanno dato, stanno dando e daranno nei prossimi anni; tanto per avere sottomano alcuni numeri che riguardano il futuro, in base alle esclusive proiezioni del saldo naturale degli attuali residenti, in Liguria la popolazione in età da lavoro tra i 20 e i 64 anni scenderà di 76.000 unità (-9%) al 2030 e di 218.000 unità (-26%) al 2040. A loro volta le dinamiche demografiche della Liguria dal dopoguerra ad oggi sono state innescate dallo sviluppo dell’industria manifatturiera che ha richiamato enormi quantità di forza lavoro residente e che, proprio a partire dagli anni ‘70 ha poi cominciato ad espellere all’interno di un processo che, al contrario di quanto si ripete di continuo, non è affatto di de-industrializzazione, bensì di diversa collocazione spaziale degli insediamenti produttivi in regione delle caratteristiche del tutto atipiche del territorio ligure.
Ciò che aveva motivato fin dalla metà dell’Ottocento e poi negli anni del “miracolo italiano” la nascita delle fabbriche a Genova e in Liguria, ossia la prossimità al porto (o meglio ai porti) ne ha anche rappresentato i limiti: limiti spaziali appunto, perché la differenza peculiare che distingue da tutte le altre regioni del nord è l’assoluta scarsità di risorse territoriali in grado di ospitare (in condizioni di competitività) grandi insediamenti dell’industria di base, che infatti nei quarant’anni del
“declino” è tutta scomparsa, almeno dai contesti costieri: impianti siderurgici, metallurgici, raffinerie, colorifici, perfino industrie alimentari perché non è scontato fabbricare caramelle, biscotti o cioccolato all’interno di quartieri popolosi. Tuttavia, per la maggior parte, le aziende proprietarie di questi insediamenti produttivi non sono fallite, ma si sono organizzate diversamente nella propria catena del valore. Anzitutto, in molti casi si sono rilocalizzate (o hanno rilocalizzato solo gli impianti industriali lasciando in Liguria le funzioni direzionali) nelle vallate interne delle Valli Fontanabuona, Scrivia, Stura, Bormida e soprattutto in pianura padana, in particolare nell’alessandrino; in base a studi che ho seguito personalmente, oltre 200 imprese iscritte all’Associazione Industriali della Provincia di Genova, in massima parte private a riprova che l’appiattimento dell’analisi su quanto successo alle aziende a partecipazione statale è un’estrema semplificazione. Si dice che se Napoleone avesse vinto a Waterloo e se la geografia italiana, oltre che europea, fosse diversa, se quindi Monferrato e dintorni fossero tutt’ora Liguria, staremmo a raccontare una storia diversa, anche da parte degli studiosi di macroeconomia. Ma così non è e quindi il racconto di Conti procede con altri schemi, per esempio con gli schemi anch’essi fuorvianti dei codici ATECO, all’interno dei quali scompare magicamente ogni fenomeno di outsourcing da parte delle imprese industriali le quali, finché hanno al loro interno funzioni e personale dedito - ad esempio - alla progettazione, alla ricerca e sviluppo, alla logistica, alla gestione dei dati, al marketing, alla comunicazione producono valore aggiunto e occupazione “industriale”, mentre in caso di esternalizzazione delle stesse funzioni per la produzione degli stessi manufatti, queste vanno ad arricchire il settore dei servizi, senza alcuna logica di sostanza. Per non parlare della stessa diversa articolazione della fase produttiva vera e propria, negli stessi quarant’anni che hanno visto esplodere il fenomeno della globalizzazione e che plasticamente indica come i traffici portuali e la logistica conseguente siano parti integranti di un unico sistema industriale destinato alla produzione di beni, articolato in specifiche specializzazioni. Ai novelli Don Quijote si può mostrare senza alcuna difficoltà l’evidenza che a Genova e in Liguria “industrializzazione” non può più voler dire riservare aree industriali inesistenti per lo sviluppo di attività manifatturiere di base e di grandi dimensioni, ma piuttosto sviluppare quelle funzioni considerate non industriali solo per la statistica come la logistica portuale o lo sviluppo di nuove tecnologie, quell’hightech che una visione aberrante distingue tra industria e servizi in funzione dei codici ATECO delle singole aziende. E oltre a questo, “industrializzazione” vuole dire sviluppare per le loro potenzialità quelle funzioni produttive che necessitano dell’affaccio al mare: cantieristica e riparazione navale, nautica, produzione di grande impiantistica destinata all’esportazione, per la quale è emblematico il prototipo dello stabilimento a Cornigliano di Ansaldo Energia. Sotto altro profilo, un aumento demografico del 20% ha dapprima comportato un proporzionale ipersviluppo delle attività edili; si sono costruiti (anche male o malissimo) nuovi quartieri residenziali e oltre a questo si sono sviluppati tutti i settori per la produzione di beni e servizi ad uso della popolazione residente; attività economiche che viceversa,
con lo sboom demografico, hanno visto successivamente sgonfiarsi il proprio mercato di una percentuale analoga. Fatto 100 il fabbisogno di dentisti, falegnami, mercerie o attività analoghe, un calo progressivo del mercato di oltre il 20% ha fatto sì che i fenomeni ben descritti da Conti (perdita di redditività, crollo della produttività, nanismo delle imprese, mancanza di innovazione ecc.) potessero scatenarsi, con i risultati che sono sotto agli occhi di tutti. Per questo, lungi dal pensare di vivere nel mondo migliore possibile, l’obiettivo primario deve essere quello di invertire le dinamiche demografiche evitando di pensare che sia risolutivo il tema (per quanto eticamente serissimo) della natalità. L’unica soluzione strutturale ai problemi della Liguria passa da rendere sempre di più la regione un luogo attrattivo per motivi di residenza e di lavoro: quanto più qualificati e a potenziale elevato ben venga, ma oltre a ingegneri e data scientist oggi si fa fatica a trovare saldatori, autisti, cuochi e tutte le altre mansioni che la banca dati Excelsior del sistema camerale ci ricorda puntualmente.
Per un altro aspetto centrale il racconto di Conti è fuorviante e mi riferisco a quella parte in cui mette in contrapposizione occupazione nei settori ad alto valore aggiunto con quelli a basso valore aggiunto (v. alcuni tipi di turismo, per esempio quello crocieristico) o con forti esternalità (v. il traffico portuale).
Fermo restando che tutto quanto può essere fatto deve essere fatto per dare priorità ai primi con progetti e programmi di attrazione congruenti, è tutto da dimostrare se non avventurandosi in cervellotiche valutazioni costi/benefici con le quali si può dimostrare “tecnicamente” quello che si vuole (sul punto il Governo Conte 1, grazie ai suoi formidabili esperti, conquistò la cintura nera come capacità di bloccare ogni intervento infrastrutturale relativo anche alla realtà ligure) che tali contrapposizioni esistano nella realtà.
L’epocale stagione di interventi sui sistemi di trasporto relativi a persone, merci e informazioni serve proprio a evitare tali contrapposizioni; evitare di scegliere se dare preferenza a un turista, a un container o a un genitore che vuole portare suo figlio a scuola.
Per il futuro dovremmo quindi evitare queste contrapposizioni grazie a infrastrutture e fattori abilitanti per sviluppare politiche di attrazione, settori economici, riconoscibilità e relazioni in un contesto nazionale e internazionale, a partire dal Mediterraneo; avere ambizioni alte e pensare in grande, perché piccolo non è bello se non inserito in una filiera, in una rete, in progetto scalabile.
Infine, visto che si parla di demografia e quindi di persone, dovremmo curarci delle persone e del loro benessere, delle loro capacità e dei loro diritti; occuparci di creare cultura e non soltanto offrirla per il consumo, insieme alle manifestazioni di folklore.
Se questa visione un po’ alla Sancho Panza fosse convincente, l’obiettivo programmatico della società ligure dovrebbe essere in primo luogo quello di compensare anno dopo anno con la positività del flusso migratorio la strutturale negatività del saldo naturale.
En passant, quello che per la prima volta da anni, nel 2023 è perfino accaduto....●
Guido Conforti è Direttore Generale di Confindustria Genova e Confindustria Liguria
GENOVA STARTUP
Una realtà tanto industriale quanto sartoriale.
Alkivio Srl Società Benefit, nata dai laboratori Smart Materials dell’Istituto Italiano di Tecnologia con il supporto di Novacart, realizza biocompositi alternativi alle plastiche tradizionali, aiutando le aziende di diversi settori a ridurre il proprio impatto sull’ambiente. In questo percorso, Alkivio può contare sul giusto mix di competenze, su una solida struttura e sulla capacità di customizzare le produzioni. Ce ne ha parlato Fulvio Puzone, Amministratore Delegato e Fondatore della startup.
Se dovessi mettere in luce tre caratteristiche di Alkivio Srl Società Benefit in altrettante parole, quali sceglieresti? E perché?
Alkivio rappresenta un percorso virtuoso della R&S italiana capace di generare (nuova) impresa. Nasciamo da un’unità del laboratorio di un centro ricerche di caratura internazionale - Smart Materials dell’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) - che è stata creata dentro Novacart Spa, una multinazionale illuminata che ha investito “patient-capital” nel laboratorio prima e nella startup poi. Oggi Alkivio “vive” dentro Novacart: siamo localizzati all’interno del quartier generale di Garbagnate
di Matilde Orlando
Fulvio Puzone e il team Alkivio
Monastero tanto per le attività di R&D, quanto per il testing e produzione. In secondo luogo, Alkivio è un mix di esperienze, tanto tecnico-scientifiche quanto imprenditoriali: il team operativo ha competenze ingegneristiche, di scienza dei materiali, di chimica. Il nostro CdA, presente la famiglia Anghileri proprietari della Novacart, apporta invece capacità imprenditoriali: dirigenti che ci supportano nelle nostre attività e in ogni scelta strategica. Terza caratteristica di Alkivio è quella di essere al contempo una realtà industriale manifatturiera, ma anche capace di customizzare le proprie produzioni. Se da un lato abbiamo la nostra produzione in grado di “deliverare” tonnellate di biocompositi su base quotidiana, dall’altra abbiamo competenze e macchinari di precisione per intervenire nelle singole formulazioni customizzando queste sulle esigenze dei nostri clienti. Siamo quindi una realtà “tanto industriale quanto sartoriale”
Entriamo nel dettaglio: quale idea imprenditoriale è alla base di Alkivio e quali riscontri hai ottenuto fino ad oggi dal mercato?
Siamo in prototyping in diversi settori: dal packaging cosmetico al packaging alimentare, dalle sport application all’agricoltura. Ancor di più speriamo che le vendite già effettuate verso terze aziende - che realizzano prodotti finali - possano a breve permettere loro il lancio sul mercato di prodotti in tutto o in parte costituiti in AlkiPaper ®, la nostra prima famiglia di biocompositi già commercializzata. Un altro ramo di business è la biocompoundazione realizzata con partner terzi; stiamo realizzando ulteriori biocompositi che saranno commercializzati direttamente dai nostri partner all’interno di rispettive filiere commerciali. Facendo leva sulle nostre capacità tecniche di formulatori realizziamo biocompositi per chi ha eccellenti idee ma è privo di struttura, macchinari, competenze per ingegnerizzare e ottimizzare i materiali.
A quali esigenze o nuove opportunità la startup intende rispondere e come?
In Alkivio siamo fermamente convinti che l’unico futuro possibile è quello sostenibile. Questa è l’idea alla base della nostra tecnologia che ci consente di realizzare biocompositi alternativi alle plastiche tradizionali. Su base quotidiana contattiamo e veniamo contattati da aziende che provano a ridefinire i propri standard per ridurre l’impatto sull’ambiente. Noi le aiutiamo a farlo.
Quale percorso personale e professionale ti ha portato qui e quali sono le altre professionalità coinvolte in Alkivio?
Io ho studiato economia internazionale e delle nuove tecnologie presso l’Università Luigi Bocconi di Milano. Rimango molto legato al mio ateneo. Dopo alcune esperienze in banca e in revisione, ho iniziato a lavorare in IIT a Milano prima e a Genova poi. Qui ho coordinato per diversi anni l’area startup all’interno della Direzione Trasferimento Tecnologico. Potrei riassumere il mio background come un percorso nell’economia dell’innovazione. Il team di product developer Alkivio - il nucleo essenziale di nostre “menti” - si compone di ex-ricercatori dell’IIT tutti dotati di dottorato di ricerca: Maria Genovese è un chimico, Malena Oliveros ha un
background in scienza dei materiali, Alexander Davis apporta le sue competenze ingegneristiche. È doveroso sottolineare che accanto ai product developer riceviamo supporto da oltre 25 colleghi del gruppo Novacart che ci assistono per le attività collaterali di amministrazione, logistica, servizi alla produzione, professionisti d’impresa in generale che ci permettono di lanciare Alkivio sul mercato. È anche divertente evidenziare che abbiamo origini diverse: dagli Stati Uniti al Sud America, passando per Napoli, Messina, Milano, tutti operativi in provincia di Lecco quindi con tantissimi colleghi lecchesi e brianzoli: un fantastico mix, insomma!
Guardando al futuro, quali sono le ambizioni di sviluppo e i progetti per la startup?
Alkivio assieme a tante altre splendide realtà piccole e grandi, italiane e non, deve rappresentare un attore economico che introduce nel mercato nuove soluzioni che possano far intraprendere ad aziende percorsi innovativi, sostenibili e credibili. La nostra ambizione è continuare a scrivere un percorso di sviluppo di tecnologie compatibili con i principali processi industriali, quali stampa a iniezione, estrusione, termoformatura, stampa 3D e soffiaggio. Nel prossimo biennio ci rafforzeremo come team - tanto sulla parte tecnica che nella forza vendita - e ci concentreremo su obiettivi sfidanti: incrementare le applicazioni dei biocompositi in nuovi settori anche molto distanti tra loro. La conversione potrà essere più o meno lenta, sappiamo che ci vorrà tempo, ma vogliamo raccogliere e vincere questa sfida.
Una riflessione conclusiva: quali esperienze pregresse o inclinazioni personali ti sono state utili nel lavoro di startupper e, viceversa, cosa hai imparato in Alkivio che vuoi portarti anche “a casa”?
Le mie radici partenopee, le esperienze di studio e lavorative mi hanno fornito un imprinting fortemente orientato al problem solving e a intraprendere percorsi sfidanti. In Novacart vivo quotidianamente l’internazionalità e l’eccellenza della famiglia Anghileri che - con tipica dedizione 100% lecchese - ha conquistato mercati vicini e lontani, divenendo leader globali nella produzione di forme di cottura applicando caparbietà, creatività, innovazione. Uno startupper deve essere resiliente, poliedrico, full-committed e profondamente orientato all’execution. Credo che in Alkivio le condizioni per fare bene ci siano tutte.●
Genova Impresa - Luglio
Le imprese del territorio possono usufruire dei servizi del Digital Innovation Hub Liguria con agevolazioni che coprono fino all’intero importo della prestazione.
di Lorenzo Costa
Le aziende liguri sono al centro di un’importante opportunità di trasformazione e accelerazione digitale grazie ai servizi di assessment offerti dal Digital Innovation Hub Liguria. Questi servizi sono parte integrante di un’iniziativa nazionale più ampia, orchestrata da Confindustria, volta a sostenere e accelerare l’adozione delle tecnologie digitali nel tessuto produttivo italiano.
La rete dei Digital Innovation Hub di Confindustria, istituita nel 2017 nell’ambito del Piano Nazionale Industria 4.0, rappresenta un’infrastruttura cruciale per promuovere l’innovazione nelle PMI. Questo network è costituito da nodi regionali e interregionali che lavorano in stretta collaborazione per rilevare e soddisfare le esigenze digitali delle imprese italiane. Ogni DIH utilizza strumenti di assessment unici e condivisi, sviluppati per valutare la maturità digitale e cyber delle aziende attraverso un’analisi approfondita dei loro macroprocessi.
Il DIH Liguria si distingue non solo per la quantità di assessment effettuati (155 dal 2017) ma anche per il suo contributo nella progettazione del nuovo strumento di cyberassessment, una componente essenziale che completa la valutazione digitale aziendale. Questi risultati hanno reso possibile l’accreditamento come operatore economico del Centro di Competenza Start 4.0 e come spoke ligure del Polo di Innovazione ConfINHub, avvalendosi delle migliori pratiche adottate dall’intera rete di DIH e di manager esperti individuati in collaborazione con 4.Manager e Federmanager nell’ambito del progetto AMa-DIH.
I servizi del DIH Liguria comprendono: 1) Assessment Digitale: elaborato dal Politecnico di Milano e Assoconsult, consente di valutare la maturità digitale di qualsiasi azienda, indipendentemente dal settore, e di sviluppare roadmap di alto livello per guidare le imprese nel loro percorso di digitalizzazione. Il modulo di orientamento aiuta le aziende a rendere operativa la roadmap, indirizzandole verso l’ecosistema 4.0.
2) Cyberassessment: elaborato dai Centri di Competenza Cyber4.0 e Start4.0, Fondazione Piemonte Innova (FPI) e DIH Liguria su mandato del network dei DIH e di Sistemi Formativi Confindustria (SFC), valuta
il posizionamento della sicurezza informatica aziendale, identificando le criticità in linea con le indicazioni del Framework Nazionale per la Cybersecurity e la Data Protection e lo standard internazionale ISO/IEC 27001. L’assessment di cybersecurity è progettato per offrire un quadro completo della postura di sicurezza di un’organizzazione, facilitando la definizione delle azioni necessarie per migliorare la protezione dei dati e delle infrastrutture digitali.
Grazie alle risorse messe a disposizione dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, le imprese del territorio possono usufruire di questi servizi con agevolazioni che coprono fino all’intero importo della prestazione. Le attività vengono erogate attraverso lo sconto in fattura, abbattendo le barriere burocratiche che spesso ostacolano l’accesso a iniziative analoghe.
Il progetto “ConfIN-Hub - Confindustria Innovation Hub” rappresenta uno dei sei nuovi poli di innovazione digitale nazionali mirati a diffondere tecnologie innovative nelle organizzazioni italiane. Il Polo è coordinato da Sistemi Formativi Confindustria e coinvolge la rete nazionale dei DIH con l’obiettivo di stimolare la domanda di innovazione delle imprese, potendo contare su una dotazione di oltre 7 milioni di euro per finanziare servizi agevolati di assessment e orientamento. Confindustria Innovation Hub opera con una struttura “Hub & Spoke”, dove Sistemi Formativi Confindustria funge da hub nazionale, e i 17 Digital Innovation Hub regionali, inclusi il DIH Liguria, fungono da spoke. Questi forniscono servizi alle aziende del territorio grazie alla stretta collaborazione con le proprie “antenne territoriali ” , ovvero le associazioni industriali delle province (per il DIH Liguria: Confindustria Genova, Confindustria Imperia, Confindustria La Spezia e Unione Industriali Savona).
Il DIH Liguria, in qualità di spoke ligure di ConfIN-Hub e di operatore economico di Start 4.0, si posiziona come punto di riferimento per l’introduzione di innovazioni e nuove tecnologie all’interno delle imprese regionali. Questa integrazione garantisce che le aziende liguri non solo adottino le migliori tecnologie disponibili, ma le implementino in modo efficace e sicuro, migliorando la loro competitività e resilienza.●
di Luciano Castro
La sceltagiusta
Attraverso l’analisi AI di 3000 segnali, ForteStream aiuta gli investitori nella valutazione delle startup.
Per tanti investitori, il sogno è quello di incrociare un unicorno almeno una volta nella loro vita. Con unicorni si intendono quelle startup che superano il miliardo di dollari di valutazione. Scoprirle nelle fasi iniziali, sostenerle mentre cercano i primi finanziatori e poi raccogliere i frutti dell’investimento è un po’ il Sacro Graal del mondo hi-tech. Ma non è facile.
E anzi, quasi sempre ci troviamo di fronte a delle eccezioni che confermano la regola: valutare il potenziale in erba di una startup è maledettamente complicato. Una vera e propria sfida che però continua a incoraggiare gli investitori. Anche se sembra un discorso ultra-moderno, come valutare correttamente una startup era già una problematica presente agli albori dell’era digitale. Negli anni ‘80 e ‘90, con la nascita di aziende come Apple e Microsoft, gli investitori cominciarono a riconoscere il potenziale di nuove tecnologie e modelli di business innovativi. Tuttavia, l’approccio alla valutazione era spesso rudimentale, basato principalmente su metriche finanziarie tradizionali come il flusso di cassa e i multipli di mercato.
La bolla delle dot-com alla fine degli anni ‘90 segnò un punto di svolta significativo. Durante questo periodo, gli investitori furono travolti dall’entusiasmo per le nuove opportunità offerte da Internet, portando a valutazioni estremamente elevate per molte startup.
La mancanza di modelli di business sostenibili portò a un crollo massiccio del mercato all’inizio degli anni 2000. Que-
sto evento evidenziò l’importanza di una valutazione più rigorosa e basata su dati concreti.
Nel decennio successivo, con la ripresa del settore tecnologico e la nascita di giganti come Google e Facebook, gli investitori iniziarono a sviluppare approcci più sofisticati alla valutazione delle startup.
L’analisi dei dati, l’esame delle metriche di crescita degli utenti e l’importanza del “network effect” divennero fattori chiave. Le metriche di “traction” e il concetto di “productmarket fit” iniziarono a essere utilizzati per valutare il potenziale di successo di una startup.
Negli ultimi anni, l’introduzione di tecnologie avanzate come l’intelligenza artificiale e l’analisi dei big data ha ulteriormente trasformato il panorama della valutazione delle startup. Il fattore umano è rilevante, ma la quantità di dati a disposizione fornisce nuovi spunti e nuove metodologie. Come organizzare questi dati? Quali usare? Che spazio residuo può avere l’istinto?
Le variabili in campo sono tante. Il fattore tecnologico necessariamente riduce la capacità predittiva perché ogni anno nascono aziende in grado di sconvolgere un intero settore. Basti pensare all’impatto degli applicativi di Intelligenza Artificiale che sono cresciuti in maniera esponenziale negli ultimi venti mesi, con risultati che solo due anni fa era assolutamente impossibile prevedere.
Disporre di dati affidabili e di un giudizio neutro diventa vitale sia per i giovani imprenditori che vogliono essere certi
di raggiungere il product-market fit, cioè avere un prodotto che trova la sua collocazione nel mercato, sia per gli investitori che cercano opportunità interessanti sul mercato. Il fallimento di una startup può avere impatti significativi, sia per gli investitori che per gli imprenditori coinvolti. Per gli investitori, un investimento fallito rappresenta non solo una perdita finanziaria, ma anche una perdita di tempo e di risorse. Gli investitori spesso dedicano notevoli quantità di tempo alla due diligence, alla negoziazione dei termini e alla gestione del loro portafoglio. Quando una startup fallisce, tutto questo sforzo va perso, influenzando negativamente i rendimenti complessivi del loro portafoglio. Il fallimento di una startup può anche avere un impatto psicologico sugli investitori. Il fenomeno del “sunk cost fallacy” (fallacia dei costi irrecuperabili, ndr) può portare gli investitori a rimanere troppo a lungo in investimenti che non stanno andando bene, sperando che la situazione migliori. Questo può distogliere l’attenzione da altre opportunità potenzialmente più promettenti. ForteStream è un tool che cerca di superare le sfide tradizionali nella valutazione di una startup. Attraverso l’analisi AI di 3000 segnali, ForteStream fornisce valutazioni oggettive e standardizzate sia sul business plan, sia sul pitch deck delle startup per fornire un quadro oggettivo e avanzato che aiuti gli investitori a capire in che direzione andare. Per dirla in parole più semplici, ForteStream crea un linguaggio comune tra gli stakeholder del processo di analisi di una startup, con un pun-
teggio facilmente comprensibile che di fatto restituisce una fotografia sulla capacità della startup di mantenere le promesse dichiarate nel pitch deck e nel business plan.
Metodo tradizionale versus metodo oggettivo Nell’analisi di una startup solitamente si procede in questo modo: valutazione soggettiva basata sull’esperienza dell’investitore; focus su metriche finanziarie e traction iniziale; forte influenza del “gut feeling” e delle relazioni personali. Ma, di fatto, se visto con sufficiente obiettività, questo processo è lungo e dispendioso, con molti incontri e due diligence approfondite. I settori in cui operano le startup sono diversi e fare un raffronto tra due può rappresentare un’ulteriore sfida.
L’approccio di ForteStream: analisi oggettiva basata su 3000 data point e 15 categorie; valutazione olistica che include innovazione, potenziale di mercato, team e strategia; riduzione dei bias personali grazie all’AI; processo rapido che fornisce insights immediati; possibilità di confrontare startup diverse grazie a metriche standardizzate.
Proviamo a inserire questi due processi in uno scenario comparativo. Immaginiamo un investitore che riceve centinaia di pitch in un anno. Una situazione piuttosto comune in determinati contesti.
Con il metodo tradizionale: il team impiega settimane per fare una prima scrematura, basandosi principalmente su criteri soggettivi; si decide che solo 50 startup vengono invitate per un pitch, consumando tempo prezioso del team “Venture Capitalist”; la selezione finale è influenzata da fattori come la qualità della presentazione o il carisma dei fondatori; dopo tre mesi, se va tutto bene, il Fondo decide di approfondire il discorso su 5 startup.
Con ForteStream: centinaia di startup vengono analizzate in poche ore; il sistema fornisce un ranking basato su criteri oggettivi; il team degli investitori può concentrarsi sulle top 20 startup con i punteggi più alti; le decisioni di investimento sono supportate da dati concreti e confrontabili; dopo un mese, il Fondo ha già iniziato la due diligence su 3 startup promettenti.
ForteStream non sostituisce il giudizio umano, ma lo potenzia, permettendo agli stakeholder di focalizzarsi sulle opportunità più promettenti e ai fondatori di ricevere feedback concreti per migliorare. Questo approccio data-driven promette di democratizzare l’accesso ai finanziamenti e di accelerare l’innovazione nell’ecosistema startup. In termini ancora più semplici e più concreti: per gli investitori, Fortestream punta a migliorare il loro processo decisionale, eliminando bias personali in favore di un’analisi oggettiva; ai founders fornisce il feedback essenziale per presentarsi agli imprenditori, il che pone Fortestream come un punto di incontro tra le due parti; ad acceleratori e incubatori consente di ottimizzare il percorso di selezione delle startup in caso di contest, per esempio, e quindi di scegliere nel mucchio le più promettenti e decidere di sostenerle con programmi speciali.
Il risultato è uno score che può essere utilizzato anche come feedback sia sulla proposta in sé, sia come strumento di forecasting. Con la promessa di ottenere risultati sempre più affidabili nel tempo.●
Luciano
Castro è CEO ForteStream
Alleanza tra la genovese Omega, di Giordana e Luca Chiarugi, e la belga Mirrhia per offrire soluzioni all’avanguardia nel campo del monitoraggio ambientale.
Luca Chiarugi Giordana Chiarugi
Tecnologie
e competenze
In un contesto aziendale, per efficacia s’intende la capacità di raggiungere un obiettivo prestabilito. L’efficienza è invece la capacità di raggiungerlo con la minore quantità di risorse, tempo ed energia. Insieme, come risaputo, l’efficacia e l’efficienza sono due dei pilastri di una corretta conduzione d’impresa. Queste considerazioni di carattere generale vengono subito alla mente quando ci si confronti con il microcosmo di Omega Srl. Dove l’efficacia e l’efficienza sembrano esser parte costitutiva e strategica del DNA societario. Da quasi quarant’anni Omega si sta occupando di assistenza tecnica service su apparecchiature
scientifiche e, più in particolare, si è specializzata nella strumentazione di laboratorio (saltabeccando nella gamma dei suoi servizi diretti ai laboratori scientifici, ai centri ospedalieri e agli istituti di ricerca, si trovano fra l’altro protocolli di misura, decontaminazioni con perossido di idrogeno, movimentazioni e manutenzione di apparecchiature...). Formata da un team di tecnici provenienti dal settore delle apparecchiature scientifiche, che hanno maturato competenza specifica ed esperienza multidisciplinare sia in ambiente universitario sia in ambiente privato, l’azienda coniuga creatività ed esperienza, che è in grado di mettere alla prova di
opportune verifiche empiriche in un laboratorio attrezzato. Narrare la casistica delle best practice di Omega è impossibile, in poche righe. L’eccellenza del suo know-how e il credito acquisito per lunga militanza sul mercato sono testimoniate a sufficienza anche solo dall’ultimo, notevolissimo passo avanti dell’azienda in termini di impegno per l’innovazione e l’offerta di valore. Si tratta della collaborazione che l’azienda di Sturla ha appena attivato con Mirrhia, un importante fornitore belga di EMS (Electronic Manufacturing Service), società con diciotto anni di vita e ormai in prima linea, a livello internazionale, nel campo delle soluzioni avanguardistiche di monitoraggio ambientale. L’accordo fra Omega e Mirrhia punta a diffondere anche qui da noi in Italia soluzioni di monitoraggio ambientale di nuova generazione per una vasta gamma di settori, e a migliorare le performance di controllo negli impianti. Omega è ora il rappresentante italiano di Mirrhia e, grazie alla partnership che ha avviato, intende far crescere un progetto industriale ambizioso. Target principali del partenariato sono i comparti imprenditoriali che hanno rigorose esigenze di controllo della contaminazione, in primo luogo il farmaceutico e il biotech, ma anche le strutture sanitarie, i laboratori, i settori cosmetico e alimentare.
Un punto saliente e caratterizzante di questa nuova alleanza è l’impegno incrollabile per l’innovazione, comunicato e perseguito da entrambi i soggetti coinvolti con l’ambizione di offrire un valore letteralmente “eccezionale” ai loro clienti. Il connubio fra le soluzioni di sorveglianza ambientale all’avanguardia di Mirrhia (fra le quali quelle pensate per i laboratori, i cosiddetti MIRRHIA LABS®) e l’expertise del team di tecnici specializzati di Omega ha tutte le carte in regola, in effetti, per incidere nella ridefinizione degli standard d’eccellenza del settore.
Messe a fattor comune le proprie qualità, Mirrhia e Omega sono convinte di poter andare oltre la semplice identificazione delle esigenze di chi ricorrerà ai loro servizi: traducendole in idee e soluzioni esclusive potranno collaborare, infatti, alla promozione in Italia della cultura del miglioramento continuo e dell’avanzamento tecnologico.
Le proposte da Mirrhia e Omega si basano su una profonda comprensione dei requisiti industriali e offrono un pacchetto completo di funzionalità. L’aderenza di Omega a rigide certificazioni di qualità e la collaborazione con rinomati isti-
tuti scientifici sottolineano l’affidabilità e la credibilità della partnership, e dovrebbero infondere fiducia in chi stia cercando le soluzioni di monitoraggio ambientale più avanzate oggi disponibili.
Il partenariato Mirrhia-Omega rappresenta una potente convergenza di competenze e un impegno bifronte per rivoluzionare il monitoraggio ambientale in diverse realtà. Le soluzioni leader nel mercato di Mirrhia, unite alle comprovate eccellenze di Omega nella progettazione su misura di strumentazione la più varia, offrono un vero e proprio approccio sistemico alla sorveglianza ambientale, consentendo a chi ne usufruisca di monitorare costantemente tutti i parametri critici all’interno delle proprie strutture. In prospettiva, questa fusione sinergica di tecnologie e competenze potrà consentire alle organizzazioni, grandi o piccole che siano - dai giganti farmaceutici alle innovative startup biotech sparse in tutta Italia - che si affideranno a Omega-Mirrhia di beneficiare di funzionalità sempre più specifiche e ineludibili, come il monitoraggio dei dati in tempo reale (attraverso una piattaforma web intuitiva), l’integrazione remota dei sensori (con la conseguente garanzia che l’acquisizione dei dati sia flessibile e affidabile), gli allarmi e le notifiche automatizzati, l’analisi dei dati storici, la creazione di report personalizzabili, il monitoraggio di una vasta gamma di parametri ambientali critici, tra cui temperatura, umidità, pressione differenziale e presenza di particelle nell’aria, e il monitoraggio e la segnalazione della conformità normativa anche negli ambienti di lavoro (il sistema di EMS di Mirrhia è conforme ai più rigidi standard internazionali, come 21 CFR Part 11, Annex 11, GAMP 5 ecc.), l’integrazione con sistemi di terze parti, l’accessibilità mobile, l’analisi predittiva e la scalabilità per esigenze di monitoraggio ambientale che potranno variare e, ragionevolmente, aumentare nel tempo.
Le qualità connaturate di efficacia ed efficienza che fanno una delle carte d’identità “storiche” di Omega raddoppiano e si esaltano, dunque, grazie all’avvento di Mirrhia nel suo orizzonte imprenditoriale. “La salute non è tutto ma senza la salute tutto è niente” afferma con sapienza il filosofo Arthur Schopenhauer dalla home page di Omega. I nordici di Mirrhia nel loro sito ricordano, invece, che sono in grado di dare una “soluzione EMS per tutti”. Il matrimonio è stato celebrato, e ora non resta che attenderne gli sviluppi.●
Protezione
di Filippo Gaslini Alberti
L’obbligo, per tutte le imprese con sede legale in Italia e per quelle che hanno sede legale all’estero con una stabile organizzazione in Italia, di stipulare, entro il 31 dicembre 2024, una polizza assicurativa a copertura dei danni direttamente causati da calamità naturali ed eventi catastrofali, quali i sismi, le alluvioni, le frane, le inondazioni e le esondazioni, a terreni e fabbricati, impianti e macchinari, attrezzature industriali e commerciali è stato introdotto, come noto, dalla legge di Bilancio 2024.
La disposizione affronta un tema di cruciale importanza per la crescente frequenza e rilevanza di eventi legati al cambiamento climatico e per la necessità, in caso di calamità naturali ed eventi catastrofali, di assicurare la continuità operativa del sistema produttivo nonché di contenere l’impatto a carico della fiscalità generale derivante dagli oneri della ricostruzione e dal ristoro dei danni subiti dalle imprese cercando di scaricare questi oneri sul sistema assicurativo che al momento è certamente impreparato a sopportarli.
Tuttavia, come evidenziato anche da Confindustria in occasione della sua audizione sulla Legge di Bilancio, la norma affronta la questione in modo affrettato e con modalità che rischiano di vanificarne gli obiettivi, penalizzando le imprese invece che sostenendone il rafforzamento della cultura assicurativa e della protezione dai rischi.
La formulazione già in vigore, in quanto decreto MEF-Mimit contemplato dalla Legge di Bilancio non è previsto come obbligatorio, genera infatti incertezze interpretative e desta forti dubbi e preoccupazioni, considerati i tempi stringenti per l’entrata in vigore dell’obbligo.
Mancano dati pubblici in merito all’ammontare complessivo dei rischi da assicurare e per le compagnie italiane, come evidenziato da ANIA, sarebbe estremamente difficile, se non addirittura impossibile, reperire, anche sui mercati internazionali, la capacità assicurativa necessaria per garantire un rischio potenzialmente illimitato.
La garanzia SACE, messa a disposizione dallo Stato per rias-
bligo da parte delle imprese che dispone: “si deve tener conto nell’assegnazione di contributi, sovvenzioni o agevolazioni di carattere finanziario a valere su risorse pubbliche, anche con riferimento a quelle previste in occasione di eventi calamitosi e catastrofali”, genera forti dubbi interpretativi e, se applicata in modo restrittivo, avrebbe una portata sproporzionata.
A questo si aggiunga la mancata definizione normativa di elementi e caratteristiche delle coperture, che determina ulteriori incertezze interpretative.
Sarebbe essenziale subordinare l’entrata in vigore dell’obbligo a un decreto attuativo, al momento non previsto, da emanare sentita l’IVASS e le associazioni di imprese industriali e assicurazioni, che definisca una sorta di schema assicurativo in grado di cogliere tutte le fattispecie che si possono riscontrare sul mercato e l’estensione dei rischi che il legislatore intende coprire con questa norma.
Alla luce degli aspetti sopra ricordati, sarebbe stato quanto meno necessario - come indicato per esempio sia da Confindustria sia da ANIA in occasione delle rispettive audizioni sulla Legge di Bilancio - modificare la norma della Legge di Bilancio, stabilendo che il decreto attualmente previsto come “eventuale” diventi un vero e proprio decreto attuativo e rinviando, di conseguenza, l’entrata in vigore dell’obbligo.
Ciò, in particolare, allo scopo di sottolineare l’importanza del confronto tra Governo, IVASS e Associazioni di rappresentanza di imprese e compagnie di assicurazione, mirato a definire modalità di attuazione della disposizione realmente in grado - nell’interesse di tutto il sistema - di far funzionare al meglio la norma della Legge di Bilancio e garantire alle imprese protezione a prezzi adeguati.
Al momento i ministeri dell’Economia e del Made in Italy hanno redatto una prima versione del testo del decreto, che tiene conto degli aspetti chiave delineati nell’ambito del dialogo avvenuto negli ultimi sei mesi tra i dicasteri, l’IVASS e ANIA; MEF, IVASS e SACE stanno, inoltre, lavorando alla definizione della convenzione tra SACE e le compagnie di assicurazione.
alle imprese e che riguardi tutti gli eventi previsti dalla stes sa, e se i trattati di riassicurazione siano compatibili con l’obbligo introdotto.
Inoltre, non disponendo di una stima sui premi delle polizze, sussiste una forte preoccupazione del sistema industriale. È innegabile che, in assenza di misure preventive adottate dalle imprese in territori particolarmente esposti a rischi ambientali e sismici, tali premi possano essere fissati a livelli troppo elevati, con il rischio di generare tensioni di liquidità e interruzioni nelle catene di fornitura - meccanismi che potrebbero essere attenuati, ad esempio, con la mutualità fra i diversi territori.
Inoltre, la previsione normativa sull’inadempimento dell’ob-
Tuttavia, molti aspetti di dettaglio devono essere ancora affinati e non c’è la certezza che si riesca a varare il provvedimento nel corso dell’estate e sia quindi necessario invece attende l’autunno.
Si porrà nuovamente, pertanto, il problema del rinvio, al fine di consentire a compagnie e imprese di adeguarsi alla
Al fine di favorire un processo ordinato di evoluzione della cultura assicurativa delle imprese e di aumento del loro livello di protezione, sarebbe però auspicabile l’introduzione di misure fiscali a supporto e accompagnamento della norma, quali, ad esempio, la previsione dell’esonero integrale delle polizze in parola dall’imposta sui premi di assicurazione (pari al 22,25%), già prevista per le polizze contro eventi calamitosi stipulate da persone fisiche, nonché incentivi fiscali per gli investimenti delle imprese in protezione.
Investimenti che saranno con tutta probabilità richiesti dalle compagnie per offrire delle polizze.●
Filippo Gaslini Alberti è Vice Presidente Sezione Finanza e Assicurazioni di Confindustria Genova
di Leonardo Parigi
La tecnologia nei por ti sbarca
I nuovi fabbisogni formativi del settore portuale nello studio realizzato a cura della Fondazione Accademia Italiana della Marina Mercantile di Genova.
Nuove gru automatizzate, nuovi varchi portuali digitali, e tante innovazioni tecnologiche stanno rivoluzionando silenziosamente il mondo degli scali italiani ed europei, portando la transizione digitale a essere una realtà sempre più importante. E così il lavoro portuale vive una trasformazione per segmenti, che se da un lato è sicuramente positiva per la trasparenza dei traffici e l’efficienza dei vettori, dall’altro rischia di escludere anche importanti fette del mercato del lavoro esistente.
La Fondazione Accademia Italiana della Marina Mercantile di Genova ha intrapreso una lunga strada di analisi, svolta insieme all’Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure Orientale (La Spezia e Marina di Carrara), l’AdSP del Mar Ligure Occidentale (Genova e Savona-Vado) e le principali sigle sindacali, per analizzare questo fenomeno, grazie a uno studio, iniziato nel 2022, che aveva come obiettivo quello di osservare i maggiori trend del settore portuale, connessi e conseguenti alla digitalizzazione, e comprendere quali ruoli e contributi la formazione possa apportare in questa cornice.
Il rapporto, presentato il 20 giugno a Genova, si è articolato nell’analisi dei fabbisogni formativi con l’erogazione di percorsi multilivello rivolti al personale dei terminal stessi, che rischiano di restare tagliati fuori da una transizione digitale ormai assodata. Il disegno di indagine è stato progettato per rilevare informazioni da un duplice e interagente punto
di osservazione: la prospettiva dei Terminal e quella del personale a diversi livelli. La caratteristica che accomuna tutti i corsi progettati, coordinati ed erogati dall’Accademia è, infatti, l’attenzione verso tutte le fasi del percorso formativo, dall’analisi dei fabbisogni alla valutazione. Paola Vidotto, Direttore Generale dell’Accademia Italiana della Marina Mercantile, spiega: «Il lavoro svolto in collaborazione con le due AdSP, commissionato dalle stesse, è un primo passo a livello nazionale per comprendere in maniera approfondita e precisa il sentimento di chi è impegnato in questo settore professionale. Oltre a fornire le competenze necessarie a tutti i giovani che si iscrivono ai nostri corsi ITS - tra cui quello creato ad hoc, “ITS Ambito Portuale” - è necessario che il mondo della formazione sia di supporto anche a chi ha raggiunto un’età lontana dalla pensione, ma ormai matura, perché non sia soppiantato dagli strumenti tecnologici. È quindi di grande importanza che tutti siano coinvolti nel processo di transizione, perché solo lavorando tutti insieme è possibile arrivare a innovare il settore senza avere ricadute negative sul lavoro».
Il ruolo centrale della blue economy per il nostro territorio, oltre che per l’Italia intera, è un dato di fatto. Con un valore complessivo di oltre 42 miliardi di euro per l’economia nazionale, il settore del mare ha anche una spiccata vocazione di offerta lavorativa altamente professionalizzata. E il trend aumenterà ancora, proprio grazie alle competenze
Paola Vidotto
digitali sempre più richieste, anche per i lavori di banchina. Diventa quindi necessario comprendere la dinamica nel pieno della sua trasformazione: “Tra le tematiche strategiche sono presenti la transizione verde e quella digitale. La cosiddetta “bussola del digitale” auspica che entro il 2030 almeno l’80% degli adulti possieda competenze digitali di base. Per monitorare lo stato di avanzamento del programma dei diversi Paesi, l’Unione europea ha adottato l’indice di digitalizzazione dell’economia e della società”, si legge nel rapporto redatto dall’Accademia Marina Mercantile. E ancora: “L’analisi dell’andamento dei diversi indicatori a livello italiano mostra uno scostamento rispetto alla media europea: nel 2023 in Italia è il 46% rispetto al 54% a livello europeo. Analogamente, la quota di popolazione italiana con competenze digitali al di sopra di quelle base è il 23% rispetto al 26% a livello europeo; la quota di popolazione con almeno competenze di base nella creazione di contenuti digitali in Italia è il 58% rispetto al 66% a livello europeo. Il monitoraggio effettuato a livello europeo evidenzia che in Italia non solo i dati assoluti, riferiti ai diversi indicatori, sono ancora lontani dai valori medi europei, ma anche che i progressi annui osservati nel contesto italiano sono inferiori a quelli previsti. La concordanza di questi fattori rischia di escludere metà della popolazione italiana dalle opportunità offerte dal digitale e dalla possibilità di esercitare la piena cittadinanza”.●
di Giangiacomo Guida
Sfide e opportunità che riguardano anche le PMI.
Performance di sostenibilità
Le Piccole e Medie Imprese sono il pilastro portante dell’economia, non solo in Italia ma in tutta Europa, e questo è particolarmente vero in territori come la Liguria e a Genova, dove svolgono un ruolo cruciale nel panorama produttivo e sociale. La sostenibilità si è affermata come un principio guida imprescindibile per le aziende di ogni dimensione e settore, e le PMI liguri si trovano di fronte a sfide e a opportunità legate a questo paradigma. La crescente enfasi sulle performance di sostenibilità delle PMI è un fenomeno che merita attenzione. Non solo le grandi aziende leader nel mercato, ma anche i clienti e i consumatori finali stanno esercitando una pressione crescente affinché le PMI adottino politiche e pratiche sostenibili, con la richiesta di una rendicontazione chiara e trasparente di tali iniziative. Questa tendenza è alimentata da vari fattori, tra cui l’in-
troduzione di obblighi di rendicontazione più stringenti per le grandi aziende, come ad esempio stabilito dalla Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD) dell’Unione Europea. La CSRD imporrà anche alle grandi aziende non quotate l’obbligo di fornire una relazione dettagliata sulle loro performance ambientali, sociali e di governance (ESG). Questi requisiti informativi si estenderanno non solo alle operazioni di queste aziende ma a tutta la loro catena del valore.
Per questa ragione le grandi aziende dovranno dotarsi di strumenti adeguati alla raccolta di dati e iniziare a esercitare pressioni sulle PMI all’interno della loro catena del valore, al fine di ottenere le informazioni necessarie. Di conseguenza, le PMI dovranno attrezzarsi per rispondere a queste richieste di informative.
Ma la CSRD non è l’unica direttiva, c’è infatti la Corporate
Sustainability Due Diligence Directive (CSDDD), che impone alle imprese un dovere di diligenza in materia di sostenibilità. L’obiettivo di questa direttiva è quello di promuovere un comportamento sostenibile e responsabile da parte delle imprese, sia nelle loro operazioni quotidiane che lungo le loro catene del valore globali. La direttiva stabilisce un dovere di diligenza i cui elementi fondamentali sono l’identificazione e la gestione di potenziali ed effettivi impatti negativi sui diritti umani e sull’ambiente nelle operazioni dell’azienda, delle sue filiali e, se collegate alla sua catena del valore, dei suoi partner commerciali. Inoltre, la direttiva stabilisce l’obbligo per le grandi imprese di adottare e mettere in atto, attraverso i migliori sforzi, un piano di transizione per la mitigazione dei cambiamenti climatici allineato con l’obiettivo di neutralità climatica al 2050 dell’Accordo di Parigi e con gli obiettivi intermedi previsti dall’Europa sul clima. Sebbene le microimprese e le PMI non siano direttamente soggette alla CSDDD, la direttiva prevede misure di supporto e protezione per queste realtà, che risentiranno indirettamente degli effetti della normativa in qualità di partner commerciali all’interno delle catene del valore. Questo rappresenta un ulteriore livello di pressione sulle PMI, che si trovano così a dover navigare in un contesto sempre più attento alla sostenibilità e alle responsabilità sociali d’impresa.
A prescindere dal contesto legislativo, la consapevolezza ambientale e sociale sta diventando un criterio sempre più determinante per i consumatori nel processo di scelta e acquisto dei prodotti e servizi. Le PMI che non riescono a dimostrare un solido impegno verso la sostenibilità rischiano di vedere erodere la propria quota di mercato, a vantaggio di quelle aziende che si distinguono per pratiche più responsabili e virtuose. Questa tendenza è ulteriormente amplificata dalla crescente attenzione degli investitori ai criteri ESG, che stanno diventando un aspetto fondamentale nella valutazione di potenziali investimenti. La performance in termini di ESG di un’azienda è sempre più spesso associata a fattori di rischio, influenzando così l’attrattività dell’azienda agli occhi degli stakeholder finanziari. Le imprese che trascurano gli aspetti di sostenibilità ambientale, sociale e di governance, o che non comunicano in modo trasparente tali informazioni, potrebbero trovarsi penalizzate. Inoltre, le aziende che non colgono le opportunità offerte dall’applicazione di un approccio sostenibile all’attività imprenditoriale potrebbero perdere importanti occasioni di finanziamento o accesso a strumenti finanziari specificamente destinati a promuovere la sostenibilità.
Le piccole e medie imprese si trovano così di fronte a un panorama in continua evoluzione, dove però le sfide verso un futuro sostenibile sono tanto ardue quanto le opportunità che ne derivano sono preziose. L’adozione di pratiche sostenibili diventa quindi non solo la risposta alle pressanti questioni legislative, ma rappresenta anche un’occasione per rafforzare la propria posizione sul mercato attraverso una serie di azioni etiche che possono trasformarsi in vantaggi tangibili.
Ad esempio, l’implementazione di strategie sostenibili si traduce spesso in una diminuzione dei costi operativi. Le PMI possono beneficiare di un uso più efficiente delle risorse, come l’ottimizzazione del consumo di energia, acqua e
l’adozione di migliori pratiche nella gestione dei rifiuti. Queste azioni non solo contribuiscono a ridurre l’impatto ambientale, ma si riflettono anche in un risparmio economico significativo, specialmente su base a medio e lungo termine.
Inoltre, la comunicazione degli sforzi intrapresi in ambito di sostenibilità può migliorare notevolmente l’immagine di un’azienda, se fatta in modo trasparente. Le PMI che dimostrano un impegno autentico verso la tutela dell’ambiente e il benessere sociale tendono ad attrarre l’attenzione di una clientela e degli investitori sempre più consapevoli e sensibili a queste tematiche.
Ovviamente l’integrazione di questi valori nella governance aziendale è un fattore chiave che può influenzare positivamente la percezione del brand.
Un altro esempio sono i benefici dell’analisi e la revisione dei processi aziendali, con il focus sulla sostenibilità ambientale, che possono fungere da catalizzatori per l’innovazione. Stimolando la ricerca e lo sviluppo interno, le PMI possono dare vita a nuovi prodotti e servizi che rispondono alle esigenze di un mercato in rapida evoluzione, incrementando così la propria competitività. Questi aspetti, uniti a una visione olistica che abbraccia sia la catena del valore sia l’orizzonte temporale a lungo termine, contribuiscono a costruire una maggiore resilienza aziendale, permettendo alle PMI di anticipare rischi e cogliere opportunità legate ai cambiamenti climatici, agli altri fattori ambientali e sociali. Non ultima, l’integrazione della sostenibilità nelle politiche aziendali ha un impatto positivo anche sul benessere dei dipendenti. Iniziative come programmi di welfare aziendale e opportunità formative non solo aumentano la motivazione e la produttività del personale, ma favoriscono anche la fidelizzazione dei talenti all’interno del territorio. Questo approccio crea un ambiente lavorativo più stimolante e inclusivo, che si riflette positivamente sulla qualità della vita dei dipendenti e, per estensione, sulla comunità locale. In considerazione di tutti questi elementi si comprende come la sostenibilità non sia più un’opzione, ma si stia affermando come una necessità strategica che può determinare il successo e la longevità di un’impresa nel panorama economico ligure, nazionale e globale, attuale e futuro.
In considerazione di tutti questi elementi si comprende come la sostenibilità sia emersa come un fattore chiave che può determinare il successo o l’insuccesso di un’impresa.
Le PMI, in particolare, hanno l’opportunità di distinguersi e di innovare attraverso l’adozione di pratiche sostenibili, che possono tradursi in vantaggi competitivi significativi. In Liguria, con il suo tessuto economico densamente intrecciato di PMI, l’adozione di tali pratiche non solo contribuisce alla protezione dell’ambiente e al benessere sociale, ma può rappresentare un investimento strategico per il futuro del territorio.
Con il giusto supporto, le PMI liguri possono trasformare le sfide della sostenibilità in opportunità di crescita e di sviluppo sostenibile, contribuendo così alla prosperità dell’economia regionale e all’evoluzione di un modello di business più responsabile e attento alle generazioni future.●
Giangiacomo Guida è Manager Climate Change and Sustainability Services, EY, Genova e Presidente Comitato ESG Gruppo Giovani Imprenditori Confindustria Genova
di Roberto Revetria
Complesso ma non impossibile
Una guida per le imprese che devono affrontare la nuova normativa europea sulla sostenibilità.
La sostenibilità è un tema centrale per imprese, istituzioni e società. In questo contesto, la nuova normativa europea sulla sostenibilità rappresenta un passo fondamentale per garantire trasparenza e comparabilità nelle rendicontazioni aziendali. Le imprese dovranno adottare un unico standard di rendicontazione: l’ESRS (European Sustainability Reporting Standard), sviluppato dall’EFRAG (European Financial Reporting Advisory Group).
Gli ESRS si distinguono per un approccio qualitativo, richiedendo alle aziende un impegno particolare nell’identificare azioni specifiche per migliorare la sostenibilità. Tra le principali caratteristiche degli ESRS troviamo: 1) Uniformità e Comparabilità - un unico standard per tutte le imprese, garantendo così che le informazioni fornite siano comparabili a livello europeo; 2) Trasparenza - richiede una rendicontazione dettagliata che copre vari aspetti della sostenibilità, tra cui ambientale, sociale e di governance (ESG); 3) Adattabilità per le PMI - standard specifici per le piccole e
medie imprese (PMI), tenendo conto delle loro esigenze e caratteristiche; 4) Approccio qualitativo - promuove un’analisi approfondita delle pratiche aziendali per identificare aree di miglioramento specifiche.
L’implementazione degli ESRS può risultare complessa, soprattutto per la natura qualitativa delle informazioni richieste. Per affrontare questa sfida, proponiamo un approccio innovativo basato sulla metodologia AHP (Analytic Hierarchy Process) e sulla simulazione basata sulla System Dynamics. Questi metodi permettono di realizzare una sintesi quantitativa del livello di readiness verso la sostenibilità e di legare le strategie di miglioramento alle azioni più efficaci ed efficienti.
L’AHP è una tecnica di decision-making che scompone un problema complesso in una gerarchia di sottoproblemi più semplici, valutati in termini di importanza relativa. Nel contesto della sostenibilità, l’AHP può essere applicato in tre momenti chiave: 1) in primo luogo, l’AHP viene utilizzato
per identificare e gerarchizzare i data point ESRS più significativi e rilevanti per l’azienda. Questo processo prevede l’analisi delle varie metriche di sostenibilità richieste dagli ESRS, valutandole in base alla loro importanza e rilevanza per l’impresa specifica; 2) una volta identificati e gerarchizzati i data point, l’AHP consente di sintetizzare un indice globale di readiness nella sostenibilità. Questo indice offre una visione complessiva del livello di preparazione dell’azienda rispetto agli standard ESRS, con la possibilità di effettuare un drill down fino ai singoli data point per una valutazione dettagliata; 3) infine, l’AHP può essere utilizzato per invertire il modello e identificare l’insieme di azioni più efficaci per il miglioramento del livello di readiness. Questo approccio permette di determinare le strategie e le iniziative che l’azienda dovrebbe adottare per migliorare le proprie performance sostenibili, basandosi su una valutazione quantitativa e dettagliata delle aree di intervento.
La System Dynamics è una metodologia che utilizza modelli simulativi per comprendere e analizzare il comportamento dinamico di sistemi complessi nel tempo. Nel contesto della sostenibilità, può essere utilizzata per: 1) legare strategie di miglioramento alle azioni - la System Dynamics consente di modellare le interazioni tra diverse azioni di miglioramento e i loro effetti complessivi sulla sostenibilità aziendale; 2) identificazione del miglior set di azioni - attraverso la simulazione, è possibile testare diversi scenari di intervento per identificare il set di azioni più efficaci ed efficienti; 3) analisi dei trade-off - permette di analizzare i trade-off tra diverse strategie, considerando sia i benefici a lungo termine che i costi e gli impatti immediati.
L’approccio combinato di AHP e System Dynamics presenta numerosi vantaggi e può portare a risultati concreti e misurabili, in quanto: offre una visione chiara e precisa del livello di sostenibilità aziendale; supporta le decisioni aziendali con dati quantitativi e simulazioni dinamiche, riducendo l’incertezza; permette di sviluppare strategie di sostenibilità mirate e più efficaci, basate su una comprensione approfondita delle dinamiche aziendali; favorisce un processo di miglioramento continuo, monitorando i progressi e adattando le azioni in base ai risultati ottenuti.
Per comprendere meglio come l’applicazione delle metodologie AHP e System Dynamics possa supportare le aziende nell’adozione degli ESRS, esaminiamo un caso di studio fittizio: GreenFurn, una azienda manifatturiera di prodotti di arredamento con una supply chain localizzata in paesi extra-UE. GreenFurn è una PMI che produce mobili ecologici utilizzando materiali sostenibili. La sua catena di fornitura si estende in vari paesi extra-UE, dove acquista legname certificato e altri materiali ecologici. Sebbene l’azienda sia impegnata nella sostenibilità, affronta diverse criticità: la gestione della supply chain in paesi extra-UE comporta difficoltà nel monitoraggio delle pratiche di sostenibilità dei fornitori; la logistica internazionale contribuisce significativamente alle emissioni di CO2; adeguarsi agli standard ESRS richiede un impegno notevole in termini di rendicontazione e adattamento delle pratiche aziendali.
STRUMENTI E SOFTWARE PER L’AHP E LA SYSTEM DYNAMICS
Esistono diversi strumenti e software che possono facilitare l’applicazione di AHP e System Dynamics, tra cui:
n Expert Choice: software specializzato che supporta l’intero processo AHP, dalla definizione dei criteri alla sintesi delle valutazioni.
n Super Decisions: strumento utile per la modellizzazione AHP, che permette di gestire complessi problemi di decision-making.
n Vensim: software avanzato per la modellazione e la simulazione basata sulla System Dynamics.
n Stella: strumento popolare per la creazione di modelli dinamici e la simulazione di scenari.
L’IMPLEMENTAZIONE AHP
E SYSTEM DYNAMICS
Le fasi
1. Definizione del problema: identificare chiaramente l’obiettivo dell’analisi AHP e della simulazione
2. Strutturazione della gerarchia: suddividere il problema in una gerarchia di criteri e sottocriteri per l’AHP, e creare un modello dinamico delle interazioni per la System Dynamics.
3. Raccolta dei dati: utilizzare questionari, interviste e dati aziendali per raccogliere le valutazioni relative ai vari criteri e sottocriteri e per parametrizzare il modello dinamico.
4. Costruzione delle matrici di confronto e del modello dinamico: creare matrici di confronto a coppie per ogni livello della gerarchia per l’AHP, e sviluppare il modello dinamico per la System Dynamics.
5. Calcolo delle priorità e simulazione degli scenari: utilizzare metodi matematici per calcolare i pesi relativi di ciascun criterio nell’AHP e simulare diversi scenari di intervento con la System Dynamics.
6. Validazione dei risultati: verificare la coerenza delle valutazioni e validare i risultati con gli stakeholder.
7. Elaborazione del piano d’azione: basandosi sui risultati dell’AHP e della simulazione, elaborare un piano d’azione dettagliato per migliorare il livello di readiness alla sostenibilità.
BEST PRACTICES
n Coinvolgimento degli Stakeholder: coinvolgere gli stakeholder chiave in ogni fase del processo per garantire che le valutazioni siano accurate e condivise.
n Formazione e Sensibilizzazione: offrire formazione ai dipendenti e ai fornitori sui principi dell’AHP e della System Dynamics e sulla loro importanza per la sostenibilità aziendale.
n Monitoraggio e Revisione: implementare un sistema di monitoraggio continuo per valutare i progressi e adattare le strategie in base ai risultati ottenuti.
Il primo passo consiste nell’identificare i data point più significativi per GreenFurn. Utilizzando l’AHP, vengono valutate diverse metriche di sostenibilità, tra cui: emissioni di CO2, cruciale per la riduzione dell’impatto ambientale; sostenibilità dei fornitori, importante per garantire pratiche responsabili nella supply chain; efficienza energetica, fondamentale per ridurre i consumi energetici nella produzione; responsabilità sociale, essenziale per migliorare le condizioni di lavoro nei paesi fornitori.
Queste metriche vengono gerarchizzate in base alla loro rilevanza per l’azienda, tenendo conto delle specifiche esigenze e caratteristiche di GreenFurn.
Una volta gerarchizzati i data point, l’AHP consente di sintetizzare un indice globale di readiness nella sostenibilità. Questo indice aggrega le valutazioni delle singole metriche, offrendo una visione complessiva del livello di preparazione di GreenFurn rispetto agli standard ESRS.
Ad esempio, l’indice globale può evidenziare che GreenFurn ha una buona performance in termini di efficienza energetica, ma presenta criticità significative nella sostenibilità della supply chain e nelle emissioni di CO2. Grazie al drill down, è possibile analizzare in dettaglio ogni singola metrica per identificare le aree specifiche di miglioramento.
L’ultimo passaggio prevede l’inversione del modello AHP per identificare le azioni più efficaci per migliorare il livello di readiness. Questo processo consente di determinare le strategie che GreenFurn dovrebbe adottare per migliorare le proprie performance sostenibili.
Ad esempio, l’AHP può suggerire l’implementazione di un sistema di monitoraggio della supply chain, per migliorare la trasparenza e garantire pratiche sostenibili da parte dei fornitori; l’ottimizzazione della logistica, per ridurre le emissioni di CO2 attraverso l’adozione di soluzioni di trasporto più efficienti e a basso impatto ambientale; il miglioramento dell’efficienza energetica attraverso investimenti in tecnologie a basso consumo energetico per ridurre l’impatto ambientale della produzione; programmi di formazione per i dipendenti e i fornitori sui temi della sostenibilità e della responsabilità sociale.
La System Dynamics consente di modellare le interazioni tra diverse azioni di miglioramento e i loro effetti complessivi sulla sostenibilità aziendale. Per GreenFurn, questo significa creare un modello dinamico che rappresenti le relazioni tra le varie componenti della sostenibilità, come emissioni di CO2, efficienza energetica e pratiche dei fornitori. Attraverso la simulazione, è possibile testare diversi scenari di intervento per identificare il set di azioni più efficaci ed efficienti. Ad esempio, GreenFurn può simulare l’adozione di nuove tecnologie per la riduzione delle emissioni e valutare l’impatto combinato di queste azioni sulla sostenibilità complessiva.
La System Dynamics permette di analizzare i trade-off tra diverse strategie, considerando sia i benefici a lungo termine che i costi e gli impatti immediati. Questo approccio consente a GreenFurn di bilanciare le priorità aziendali e di sviluppare un piano d’azione equilibrato e sostenibile. L’adozione combinata delle metodologie AHP e System Dynamics offre numerosi vantaggi a GreenFurn: fornisce una valutazione quantitativa del livello di readiness e utilizza simulazioni dinamiche per testare le strategie di migliora-
mento; aiuta a identificare le aree di intervento più urgenti e rilevanti, ottimizzando l’allocazione delle risorse; suggerisce azioni concrete e mirate per migliorare le performance sostenibili, favorendo un approccio proattivo e strategico alla sostenibilità; permette di monitorare i progressi nel tempo, adattando le strategie in base ai risultati ottenuti e promuovendo un miglioramento continuo.
In conclusione: l’introduzione degli ESRS rappresenta un passo significativo verso una maggiore trasparenza e comparabilità nelle pratiche di sostenibilità aziendale; tuttavia, la natura qualitativa degli standard richiede un impegno notevole da parte delle imprese. In questo contesto, l’approccio innovativo basato sulla metodologia AHP e sulla simulazione basata sulla System Dynamics offre una soluzione concreta e quantitativa per valutare il livello di readiness alla sostenibilità e suggerire azioni di miglioramento. Questa metodologia, già oggetto di notevole interesse e innumerevoli applicazioni pratiche, può rappresentare una svolta per le aziende che desiderano intraprendere un percorso di crescita sostenibile in un ambito caratterizzato da incertezza. Utilizzando l’AHP e la System Dynamics, le imprese possono non solo conformarsi agli standard ESRS, ma anche ottenere vantaggi competitivi significativi, contribuendo attivamente alla costruzione di un futuro più sostenibile per tutti.●
Roberto Revetria è Professore ordinario al Dipartimento di ingegneria meccanica, energetica, gestionale e dei trasporti dell’Università di Genova
BIBLIOGRAFIA
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2. Battilani, C., Galli, G., Arecco, S., Casarino, B., Granero, A., Lavagna, K., ... & Damiani, L. (2022). Business process re-engineering in public administration: The case study of Western Ligurian Sea Port Authority. Sustainable Futures, 4, 100065.
3. Bianchi, N. P., Evans, S., Revetria, R., & Tonelli, F. (2009). Influencing factors of successful transitions towards product-service systems: a simulation approach. International Journal of mathematics and computers in simulation, 3(1), 30-43.
4. Galli, D., & Torelli, R. (Eds.). (2021). Il valore della sostenibilità: modelli emergenti di rendicontazione non finanziaria tra le imprese italiane leader ESG. FrancoAngeli.
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6. Tettamanzi, P., & Minutiello, P. (2022). ESG: Bilancio di sostenibilita’e integrated reporting. IPSOA.
UI SAVONA Le urgenze
di Gilberto Volpara
presidente dell’Unione Industriali di Savona.
Unione Industriali della Provincia di Savona
Caterina Sambin
L’Assemblea Generale dell’Unione degli Industriali della Provincia di Savona ha formalmente eletto Caterina Sambin presidente dell’associazione fino al gennaio 2029.
Per la prima volta a guidare l’Associazione sarà una donna. Caterina Sambin, di Cairo Montenotte, dopo il liceo Calasanzio ha conseguito la laurea in economia aziendale all’Università Bocconi di Milano.
Componente del CdA in Ligurcapital Spa, è attiva imprenditorialmente in Ergon Meccanica Srl, con sede legale a Cairo Montenotte e sede operativa a Dego, azienda leader nel mondo nei servizi di costruzione, revisione, installazione dei macchinari per la produzione di vetro cavo.
A questa affianca NeoLogica Srl, con sede a Cairo Montenotte, attiva da 22 anni nella ricerca e sviluppo software rivolti al settore medicale della diagnostica per immagini. Infine, EDS Electronic Design System Srl, realtà che progetta, costruisce, installa dispositivi opto-elettronici per il controllo qualità della superficie in particolare di coils di alluminio, rame e acciaio.
Le aziende occupano in totale circa 90 addetti diretti. La presidente ha svolto attività di rappresentanza associativa nell’Unione, sia nell’ambito delle Sezioni di Settore (impiantistica meccanica), sia quale coordinatrice della Sezione Territoriale della Valbormida, di cui ha seguito la nascita e le prime iniziative, sia ricoprendo il ruolo di vice presidente nel corso del mandato di Berlangieri, nell’ambito del quale ha condiviso scelte e strategie, in particolare dedicandosi ai temi dei rapporti tra a scuola e formazione e mondo del lavoro.
A ciò, Caterina Sambin affianca un’attività di promozione e supporto sociale, essendo componente il Consiglio di amministrazione dell’“Asilo monsignor Bertolotti” di Cairo Montenotte e componente il neoeletto consiglio di amministrazione della Fondazione De Mari.
Si è inoltre fatta promotrice del progetto “Caterina Sambin Vetro & Ceramica”, laboratorio didattico di design e tecniche artigianali per la lavorazione del vetro e della ceramica per gli studenti delle scuole secondarie superiori.
La sua rotta: infrastrutture, capitale umano e politica industriale intesa come attrattività dei territori rappresentano la stella polare del mandato.
Presidente, quali le principali preoccupazioni?
L’assenza di una rappresentanza savonese nelle istituzioni centrali e regionali rende difficile portare avanti le istanze e la rappresentazione dei fabbisogni del nostro territorio nei luoghi di pianificazione strategica e di decisione. L’Unione deve, quindi, assumersi direttamente, quantomeno dove necessario, il compito di sopperire a eventuali debolezze politiche, con un ruolo di sussidiarietà e supporto alle scelte strategiche, ovviamente il tutto nel rispetto di ruoli e competenze e della correttezza e lealtà dell’agire che caratterizza la nostra associazione. Già i presidenti Bertossi e Berlangieri hanno evidenziato, in più occasioni, l’esigenza di mantenere l’Unione viva e vitale, in cui tutti i soci si riconoscano e possano consolidare lo spirito di appartenenza.
Ha posto le infrastrutture come punto prioritario del programma. A cosa fa riferimento?
Una primaria ragione della insufficiente attrattività del territorio savonese (verso le imprese e verso i lavoratori e i giovani) risiede nella “capacità infrastrutturale” che, se fino a qualche tempo fa potevamo definire scarsa, ora è quasi drammatica. Il potenziamento del Porto di Savona-Vado - che con 1/10 di superficie di banchina rispetto a Genova genera 1/4 del traffico commerciale del complessivo sistema portuale del Mar Ligure occidentale - non è stato supportato a sufficienza da un adeguato potenziamento di “ultimo miglio”, ossia di quelle vie d’uscita/ingresso su ferro/gomma essenziali per la movimentazione di merci e persone: è necessario lavorare al raggiungimento di tale obiettivo. Tra gli interventi infrastrutturali necessari a dare respiro alle attività produttive, manifatturiere, logistiche e turistiche della nostra provincia, ci sono opere di grande portata, di livello provinciale e locale: raccordo tra A6 Torino-Savona e A26 Genova-Gravellona Toce, lavori di ammodernamento della rete A6 Torino-Savona, A10 Genova-Ventimiglia e A26 Genova-Gravellona Toce. Una volta terminati i lavori di ammodernamento, la rete tornerà a essere, sostanzialmente, in termini di capacità complessiva, quella degli anni ‘70-‘80, ma con un traffico che, da oltre un decennio, è in sovracapacità. Adeguamento / realizzazione dei caselli autostradali di Millesimo, Albisola, Bossarino. Interventi stradali: Aurelia Bis completamento primo lotto, progettazione e realizzazione del secondo lotto, completamento dell’ammodernamento della Strada di scorrimento veloce Savona-Vado Ligure, adeguamento delle strade provinciali. Completamento delle infrastrutture di ultimo miglio portuale e miglioramento dei collegamenti Porto - Valbormida. Raddoppio della ferrovia di Ponente nella tratta Andora-Finale Ligure e ammodernamento della tratta Savona-San Giuseppe di Cairo. Completamento delle infrastrutture digitali e delle infrastrutture di distribuzione dell’energia con investimenti sulle infrastrutture per il contenimento del dissesto idrogeologico e per la captazione e conservazione delle acque.
Spiccano poi capitale umano e politica industriale... Il primo è un tema sempre più centrale ed è molto più critico rispetto al passato. La valorizzazione e lo sviluppo del capitale umano devono continuare ad essere prioritari nell’attività dell’Unione Industriali. Occorre proseguire nel rafforzamento delle relazioni di interscambio con le Istituzioni Scolastiche e l’Università che restano prioritarie. Il progetto Fabbriche Aperte è la bandiera dell’Associazione. A questo si somma la necessità di non perdere di vista la visione industriale intesa, appunto, come attrattività dei territori. Il mio obiettivo è approfondire preliminarmente i temi, definire le azioni di intervento e lavorare, giorno per giorno, al raggiungimento dei traguardi. Il tutto, con il contributo del Consiglio di Presidenza e della struttura dell’Unione. Sono certa che l’unica strada per raggiungere gli obiettivi sia la collaborazione. Ne sono esempi concreti il lavoro delle Sezioni Territoriali di Vado e Valbormida con le istituzioni.●
di Antonio Gozzi
PIANO
t tei
Nuove basi per una cooperazione tra Italia e Africa mirata ad avviare e consolidare processi di sviluppo di reciproco vantaggio.
Il Piano Mattei nasce da un’intuizione del Governo italiano, e in particolare del Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, per impostare il rapporto dell’Italia con l’Africa su basi nuove.
Un cambio di approccio che vuol superare la logica donatore/beneficiario per dare vita a rapporti paritari fondati sul dialogo, la collaborazione, la condivisione e l’ascolto e tutto ciò con l’obiettivo di avviare e consolidare processi di sviluppo integrati e mutualmente benefici.
A me pare significativo che sia stato scelto il nome di Mattei per lanciare questo programma e il ruolo dell’Italia in Africa e sulla sponda sud del Mediterraneo.
La storia di Mattei, che andrebbe insegnata nelle scuole ai nostri giovani perché costituisce un pezzo fondamentale della migliore tradizione italiana in politica estera, è la storia di un comandante partigiano cattolico, combattente nella lotta di liberazione contro il nazifascismo, che nel dopoguerra dà vita alla creazione e allo sviluppo dell’ENI e imposta su nuove e più eque basi il rapporto con i Paesi produttori di idrocarburi (Algeria e Libia in testa). Alcuni lo definiscono il partigiano che sfidò le “sette sorelle”. Mattei fu protagonista di un approccio del tutto innovativo da parte di un Paese occidentale nei confronti dei paesi in via di sviluppo, un approccio che deve essere un punto di riferimento anche oggi.
Se l’Italia vuole davvero riscoprire la sua antica vocazione mediterranea e dare un contributo reale ai gravi problemi geopolitici che assediano l’Europa e il suo quadrante sud, deve sfruttare la tradizione di amicizia e cooperazione con i Paesi della sponda sud del Mediterraneo che Enrico Mattei, in un disegno complessivo di crescita e di ruolo dell’Italia nel mondo, seppe indicare. Mentre noi chiamiamo “Trans-Med” il gasdotto Algeria-Tunisia-Italia, gli algerini e i tunisini lo chiamano, giustamente, il “gazdut Enrico Mattei”.
Mattei non era antiamericano, nonostante ciò che dice una vulgata della sinistra. Durante la guerra aveva organizzato e finanziato, per conto della Democrazia Cristiana, i partigiani cattolici, l’ala moderata delle forze della Resistenza, quella più vicina agli alleati. È vero però che la politica estera dell’Eni, con le sue aperture a Mosca e Pechino, creava apprensioni nelle cancellerie europee e nel Dipartimento di Stato americano. Nel tardo autunno del 1960 Washington attribuiva agli accordi Eni-Urss un carattere eversivo, anche se Germania, Francia e Gran Bretagna ne avevano stipulato di analoghi. Ma questa è un’altra storia. Ritorniamo al Piano Mattei di oggi. Le priorità di intervento del piano sono 6: Istruzione e formazione; Salute; Agricoltura; Acqua;
Energia; Infrastrutture (sia fisiche che digitali). Il piano è partito con un approccio incrementale, con progetti pilota concreti e condivisi nella loro elaborazione con le Autorità locali, in 9 Paesi: Etiopia, Costa d’Avorio, Mozambico, Kenya, Congo, Tunisia, Algeria, Marocco. In fase successiva l’azione si estenderà ad altri Stati del Continente. Nel vertice del G7 a Borgo Egnazia il Piano Mattei è stato al centro delle discussioni, ed è emerso come vi sia totale comunanza di obiettivi tra il piano italiano e il piano del G7 PGII (Partnership for Global Infrastructure) da una parte, e il Global Gateway dell’Unione Europea (150 miliardi da destinare all’Africa) dall’altra.
Nella conferenza stampa di chiusura la Presidente Meloni ha annunciato di voler contribuire, con il Piano Mattei, a fianco della PGII (Partnership for Global Infrastructure and Investment, ndr) e del Global Gateway alla creazione del “Corridoio di Lobito” (sistema infrastrutturale che collegherà l’Angola allo Zambia, attraversando la Repubblica Democratica del Congo e integrando i mercati regionali a quelli locali). Ha inoltre riferito dell’interesse americano al progetto pilota del Piano Mattei curato dall’Eni per lo sviluppo in Kenya di produzione di energia geotermica e per il rafforzamento del progetto sui biocarburanti.
Il ruolo delle università italiane e in particolare delle grandi università delle città mediterranee - Genova, Napoli, Palermo e Bari - sarà strategico; progetti di collaborazione con Egitto, Tunisia, Algeria e Marocco devono essere al centro dell’azione dei nostri atenei.
È chiaro che il successo del Piano Mattei dipenderà molto dallo sforzo collettivo dell’intero “Sistema Italia”. È stata creata presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, a Palazzo Chigi, una “Cabina di Regia” che ha fatto già due riunioni presiedute dal Presidente del Consiglio e dal Vicepresidente e Ministro per gli Affari Esteri Antonio Tajani.
La cabina prevede che, oltre ai Ministeri, vi sia la partecipazione di associazioni di categoria, del mondo dell’Università, delle organizzazioni della società civile. Un formato a geometria variabile a seconda dei temi trattati per avere la necessaria flessibilità dell’organo.
Il ruolo di Confindustria in questa contesto sarà strategico. L’obiettivo è, da un lato, dare il massimo di trasparenza e informazione alle imprese italiane perché possano cogliere le diverse opportunità connesse al Piano; dall’altro, coordinare e sostenere il loro sforzo e i loro interventi per rinforzare il più possibile il piano anche con l’utilizzo di risorse private.
Antonio Gozzi è Special Advisor del Presidente di Confindustria per Autonomia strategica europea, Piano Mattei e Competitività
Dal dire al fare
Nell’incontro del Club Territorio e Infrastrutture il punto sulle opere in Liguria con il vice ministro Edoardo Rixi, il Delegato di Confindustria Leopoldo Destro e lo special Advisor Antonio Gozzi.
Confindustria Genova ha sempre promosso e sollecitato la realizzazione di nuove infrastrutture, svolgendo al contempo un’attività di monitoraggio sullo stato di avanzamento delle opere già avviate e contribuendo, per quanto nelle proprie competenze, ad agevolare la soluzione di possibili criticità.
Andrea Carioti, Vice Presidente di Confindustria Genova con delega a Territorio, Rigenerazione Urbana e Infrastrutture, nell’ambito di un’attività di condivisione e promozione delle grandi opere, ha ritenuto opportuno costituire il Club Territorio e Infrastrutture.
Il Club, al quale sono invitate a partecipare trasversalmente tutte le imprese associate, ha l’obiettivo di presentare i grandi progetti infrastrutturali del territorio, sensibilizzare le Istituzioni sulla loro importanza ed evidenziare le positive ricadute economiche e occupazionali che ne derivano sia nell’immediato, con la partecipazione delle imprese del territorio e delle PMI, che nel lungo periodo, con migliori sistemi
di trasporto, maggiore sicurezza e migliore vivibilità urbana. «Dopo anni di stallo - osserva Andrea Carioti - sia a livello centrale che locale, si è preso finalmente coscienza del ritardo infrastrutturale della nostra regione, la cui raggiungibilità con il passare degli anni è diventata sempre più complicata con qualunque mezzo di trasporto: auto, treno, aereo». Oggi la Liguria e Genova in particolare sono interessate da cantieri di grandi opere, già aperti o prossimi all’avvio. «È un’occasione irripetibile - sottolinea Carioti - che non possiamo perdere. Le positive ricadute economiche e occupazionali sul territorio si potranno apprezzare non solo a opere ultimate, ma anche nell’immediato come leva di sviluppo, nella misura in cui il lavoro generato dall’esecuzione delle opere rimane sul territorio e si creano occasioni di crescita di imprese e di filiere di imprese locali, che contribuiscono allo sviluppo della regione e alla creazione di ulteriore occupazione. È importante che il valore aggiunto derivante dalla realizzazione di nuove infrastrutture risulti distribuito
di Vincenzo Cellario Serventi
il più possibile con il coinvolgimento delle imprese del territorio e in particolare delle PMI, che possono partecipare direttamente all’esecuzione delle opere raggruppate in consorzi, RTI o accordi di filiera».
Con tale obiettivo il Club Territorio e Infrastrutture si fa promotore di incontri ad hoc con le stazioni appaltanti, al fine di creare un momento di confronto tra queste e le piccole e medie imprese e, quindi, creare occasioni di possibili sinergie. Nell’ambito dell’attività di monitoraggio sullo stato avanzamento delle infrastrutture, nell’ultimo incontro del Club Territorio e Infrastrutture, l’8 luglio scorso, è stato presentato il Rapporto OTI Nord 2023, al quale ha fatto seguito un intervento del vice ministro Edoardo Rixi e un dibattito sui benefici che nuovi servizi di mobilità potranno generare sul territorio una volta ultimate le infrastrutture.
L’Osservatorio Territoriale Infrastrutture nasce nel 2001 da una collaborazione tra Confindustria Genova, Unione Industriali di Torino e Assolombarda, poi estesa a tutte le Con-
findustrie del Nord, con l’obiettivo di monitorare lo stato avanzamento dei sistemi infrastrutturali strategici del nord del nostro Paese. La novità di OTI Nord è appunto rappresentata dal considerare un’opera non a sé stante, ma facente parte di un sistema infrastrutturale; un sistema è efficiente e produce benefici solo nel momento in cui ogni singola opera - ferroviaria, stradale o del trasporto pubblico locale - è ultimata e si integra nel sistema medesimo. Alla luce degli interventi in corso o di prossimo avvio, sulla rete ferroviaria, stradale urbana ed extraurbana, sul trasporto pubblico locale, il nodo metropolitano di Genova subirà una sostanziale “rivoluzione” entro il prossimo decennio. Secondo il Rapporto OTI al 31 dicembre 2023, queste le date di ultimazione: Nodo di San Benigno 2024, Nodo Ferroviario 2025, Terzo Valico 2026, Nuova Diga foranea fase A 2026, prolungamento Metropolitana e Skymetro 2027, Tunnel Subportuale 2029, Tunnel Val Fontanabuona 2030. Purtroppo la Gronda di Ponente - la bretella autostradale attesa da oltre un ventennio - è priva di un’adeguata copertura finanziaria, come confermato dal vice ministro Rixi. Al fine di evitare un aumento eccessivo dei pedaggi, l’obiettivo del Governo è consentire di ammortizzare i costi delle grandi opere autostradali, quali la Gronda, nell’arco di vita utile delle singole opere medesime e non nell’arco del periodo rimanente della concessione autostradale. Leopoldo Destro, Delegato a Trasporti, Logistica e Industria del Turismo di Confindustria, intervenuto all’incontro, ha dichiarato che «la Gronda è un’opera di rilevanza strategica che consentirà di rafforzare il ruolo di Genova come grande porto europeo una volta completata la nuova diga». In questo contesto, oltre alla sostenibilità ambientale dei trasporti e della logistica, Destro ha rimarcato anche «il ruolo dell’innovazione tecnologica, quale componente essenziale per una mobilità efficiente, veloce e sicura. È con il supporto di infrastrutture materiali e, al contempo, digitali che possono essere migliorate la raccolta, la trasmissione e l’elaborazione di dati atti al controllo logistico, alla movimentazione dei passeggeri e delle merci». Anche Antonio Gozzi, special Advisor di Confindustria su Autonomia strategica europea, Piano Mattei e Competitività, nell’evidenziare la grande quantità di risorse economiche di cui oggi dispone la Liguria, ha sottolineato l’importanza di saper gestire bene la “messa a terra” dei tanti progetti, e dunque fare le opere, farle bene e nel rispetto dei tempi, e della trasparenza.●
Genova Impresa - Luglio / Agosto
Andrea Carioti
Edoardo Rixi
Leopoldo Destro
Antonio Gozzi
Grandi temi
e net work ing
La Piccola Industria genovese si incontra allo Zerbino per fare il punto su filiere e Intelligenza Artificiale, ma anche per conoscersi e confrontarsi tra colleghi.
Giunto alla settima edizione, il PMI Networking Evening, l’ormai tradizionale appuntamento di inizio estate a Villa Lo Zerbino, è cresciuto negli anni diventando un momento sempre più identitario della Piccola Industria di Confindustria Genova. Per Andrea Razeto, è anche l’ultima volta come Presidente del Gruppo, ed è quindi l’occasione, in apertura di serata, per ringraziare, commosso, la sua “squadra”, con i vice presidenti Irene Bonetti, Giancarlo Durante, Piero Gai ed Enrico Pedemonte, e tutta la struttura dell’Associazione.
Focus della serata e spunto di networking è il rapporto grandi imprese - PMI, intorno al quale si è sviluppato il position paper dal titolo “Catene di fornitura, digitalizzazione e transizione green. L’evoluzione delle filiere produttive e delle
Guarda il video su Youtube https://bit.ly/PMI-2024
“Networking Evening 2024: interventi su rapporto Grande Impresa-PMI e su Intelligenza Artificiale”
relazioni tra PMI e Grandi Imprese”, presentato da Andrea Razeto il 16 maggio scorso (v. Genova Impresa 3/2024). Dal documento, frutto di studio, analisi e ascolto delle aziende associate, emerge con evidenza il comune interesse, di grandi e piccole imprese, ad affrontare compatte e con reciproca attenzione i processi di transizione e di evoluzione dei mercati; per Razeto, infatti, la filiera delle grandi imprese è come una catena, la cui forza si misura dal suo anello più debole. Da qui l’idea di proporre alle grandi imprese un protocollo di collaborazione con Confindustria Genova che si sviluppa intorno alle tre grandi sfide individuate nel Position Paper della Piccola Industria: supportare una più efficace riorganizzazione delle catene del valore; stimolare il processo di digitalizzazione delle filiere anche attraverso azioni di open innovation; individuare percorsi di filiera sempre più sostenibili per tutte le imprese.
La sollecitazione dell’Associazione è stata prontamente accolta e a Villa Lo Zerbino a portare una testimonianza delle evoluzioni in atto nelle relazioni con le proprie filiere sono intervenuti Enrico Mantero, Head of Service Central and Southern Europe di ABB Energy Industries, Francesco Micheletti, Vice President Procurement Digitalization & Group Vendors Management di Fincantieri, ed Enrico Castanini, Amministratore Unico e Direttore Generale di Liguria Digitale. E per chiudere, le meraviglie dell’Intelligenza Artificiale raccontate dal business futurist Alberto Mattiello. Appuntamento all’estate del 2025!●
di Alberto Folli
# 11 lascia il segno!
L’azione diventa metafora la metafora è poesia
A fine giugno 2024, con gli amici dell’Associazione “Verso l’origine”, abbiamo avuto l’opportunità (davvero preziosa e interessante) di animare il Bootcamp 2024 del Gruppo Giovani Imprenditori di Confindustria Genova, per l’occasione denominato “Contro Corrente”. Si trattava di tenere insieme due aspetti apparentemente inconciliabili: l’innovazione dell’intelligenza artificiale (con la masterclass di Alberto Mattiello, ndr) e l’approccio naturale dello Streambed Trekking (la pratica di risalire torrenti). Un compito dal risultato non scontato, come non lo è collegare significati diversi andando contro la corrente del pensiero disgiuntivo.
Con questo articolo desidero raccontare le valenze formative dell’esperienza outdoor proposta sull’Argentina, il torrente che sfocia ad Arma di Taggia in Provincia di Imperia. A proposito di AI, voglio evidenziare la trasformazione in
termini di processi, mercati e modelli organizzativi che que sta tecnologia introdurrà nelle vite delle persone e delle imprese, come ha ben spiegato Alberto Mattiello, durante il Bootcamp. Scenari, modelli di comportamento e forme ecosistemiche cambieranno rapidamente. Sarà come trovarsi in un contesto poco noto con il compito evolutivo di comprenderlo, coglierne limiti, pericoli e opportunità. Sarà come trovarsi per la prima volta a risalire il letto di un torrente. Con questa affermazione ci siamo portati a un livello metaforico: fare un’esperienza suggerisce qualcosa che si riferisce anche a un’altra situazione. L’immersione nella natura, del resto, ha già in se stessa la sua buona ragione d’essere. Questa imminente rivoluzione si inscrive in un’epoca già caratterizzata da rapidi cambiamenti sul piano tecnologico. Mentre le vite di tutti sembrano correre più veloci, avver-
tiamo anche un clima di incertezza. Ciò richiede un adattamento continuo e faticoso, persino stimolante, ma con un maggior rischio di stress. In sintesi, si può dire che viviamo una fase di iperaccelerazione, iperconnessione, ipercomplessità. Concordo, tuttavia, anche con chi afferma che, mai come oggi, siamo disconnessi da noi stessi, dagli altri e dalla natura. Due affermazioni queste, in cui avvertiamo paradosso e spaesamento, come succede quando ci confrontiamo con quanto fuoriesce dalle nostre consuete letture del mondo. Ecco perché ho mirato i contenuti formativi al tema del cambio di paradigma. In che modo il torrente è stato d’aiuto? Il metodo proposto, che descrivo nel testo “Il Counseling a Mediazione Naturale”, utilizza l’interazione corporea e simbolica con l’ambiente naturale per promuovere il benessere psicofisico, il cambiamento di punto di vista e la costruzione del gruppo. Vediamo come si è declinato durante il Bootcamp 2024.
I partecipanti sono stati invitati a passare la soglia di un atteggiamento particolare: avventuroso e poetico, in una parola “mitico”. Un gioco serio dove la concentrazione è fondamentale per la sicurezza fisica, il piacere e il rispetto lo sono per un buon clima di gruppo. Se l’AI, con le sue conseguenze, rappresenta incertezze e opportunità, la risalita del torrente è metafora del viaggio, del far fronte all’incerto e alle resistenze al cambiamento. Il percorso scelto è ottimo per la sua progressione graduale delle difficoltà. Siamo partiti con un’esplorazione silenziosa e individuale di come l’ambiente risponde al nostro passo (e viceversa). Per arrivare in qualunque luogo, per traguardare qualsiasi obiettivo non si può che partire da sé e dal punto in cui ci si trova. Nel torrente si è sempre nel punto più basso della Valle: anche questo è un cambio di punto di vista. Così come entrare in acqua con le scarpe e bagnarsi i vestiti costituiscono delle rotture di schema, anche molto antiche e radicate.
Lo step successivo ha visto l’incontro a coppie, per condividere le piccole scoperte e verificare il cambio di equilibrio in una progressione a due. Forse inaspettatamente alcuni riferimenti teorici evocati da Alberto Mattiello andavano nella direzione di un ascolto sottile e profondo di sé, delle proprie emozioni e motivazioni. Aspetti personali, intimi, relazionali che hanno sempre più importanza nel pensiero manageriale e organizzativo. La centratura e l’ascolto nel contatto con la natura richiamano una analoga necessità e competenza nel contesto aziendale.
“Ascoltarsi” è una forma verbale che significa al contempo l’ascolto di sé e quello reciproco. Se è relativamente facile sentire ciò che ho sotto ai miei piedi, lo è certamente meno saper ascoltare quello che attende i piedi dell’altro, dove in pochi metri l’acqua nasconde passaggi assai diversi. Siamo così arrivati alla dimensione del gruppo collegato da una corda a un comune obiettivo.
Affrontare a nuoto la spinta di una cascata richiede sforzo, tenacia, volontà e controllo. È l’esperienza di una dimensione forse più solita per l’imprenditore. Viceversa, nell’abbandonarsi per galleggiare in poca acqua corrente, lo sgusciare da un buco è quasi un rinascere a un atteggiamento meno abituale: quello del lasciarsi andare, trovare forme, modi e tempi per rilassarsi e arrivare così più lontano.
C’è un’assenza d’interpretazione e di spiegazioni, che è utilissima per trovare la propria sintonia con l’ambiente naturale. Ognuno la cerca a modo proprio nel suo personale percorso nel torrente.
Sono tante le ricerche che indicano come contatto e movimento fisico nella natura producano una rigenerazione attentiva, un superamento dello stress, migliori performance cognitive, psicologiche e relazionali.
Risalendo l’acqua si è reso possibile entrare nelle rapide, conoscerne la risposta, misurarsi con correnti via via più forti. Si è fatta esperienza di un inedito possibile, superando iniziali perplessità e preoccupazioni. Dove più la corrente spingeva, nella cornice naturale più bella, la presenza degli altri diventava importante, sia per condividere il sentimento estetico sia per superare fisicamente i passaggi più ostici e divertenti.
Il fascino vintage della località residenziale, nella serenità verde dei suoi 1100 metri di quota, anche con alcuni aspetti ruvidi e spiazzanti, credo abbia contribuito a un clima di incontro autentico tra i partecipanti che si sono trovati insieme in modo via via più sciolto.
Infine, anche il momento di restituzione teorica di quanto esperito è stato fatto oggetto di rottura. Non che mancassero le cose da dire, ma quando si affronta un tema (nel nostro caso l’importanza e i modi di cambiare punto di vista) la cosa migliore è quella di agire il contenuto.
Così il setting formale dell’aula di formazione è stato divelto collettivamente per darsi il permesso di una breve, ma intensa, partitella a calcio, prima di chiudere e salutarsi con un ultimo cambio di prospettiva: quello delle bocce quadrate. In tal modo l’azione diventa metafora e la metafora è poesia.●
Adriana Ferrari
Comunicazione e Intelligenza Artificiale.
del contenuto La sf ida
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Nel contesto di workshop ed eventi sull’Intelligenza Artificiale dedicati agli esperti di comunicazione, rispetto a solo un anno fa, è facile riscontrare empiricamente come il numero delle persone che dicono di aver utilizzato gli algoritmi come supporto alla scrittura o al reperimento di informazioni, anche solo per prova, sia passato molto velocemente da una bassa percentuale alla quasi totalità.
D’altra parte, il Rapporto sullo stato dei media 2024, Cision Ltd, che ha raccolto nei primi due mesi del 2024 le risposte di 3.016 intervistati in 19 mercati di tutto il mondo, ha recentemente messo in luce che un giornalista su quattro ritiene l’AI una delle sfide più significative per il futuro delle redazioni e che un giornalista su due la utilizza già abitualmente, per la ricerca di contenuti o per creare prime bozze di articolo.
Questa vera e propria rivoluzione tecnologica che interessa, quindi, trasversalmente tutte le parti in gioco e i mercati della comunicazioneda chi produce contenuti marketing ai giornalisti, dai comunicatori d’impresa agli specialisti di social media - a fronte di evidenti opportunità presenta rischi ancora incerti, a maggior ragione se gli stessi sviluppatori dell’AI ammettono che nessuno ha piena contezza di dove essa potrà portare.
Con l’approvazione dell’AI Act, primo regolamento al mondo relativo ai sistemi di Intelligenza Artificiali, il parlamento Europeo ha voluto prendere posizione su alcuni punti che riguardano da vicino anche la comunicazione (tra tutti, la necessità di trasparenza quando si è di fronte a un contenuto generato dall’AI, il contrasto alle “deep fake ”, la tutela del diritto d’autore ecc.), con l’obiettivo di garantire un’informazione corretta e di proteggere la nostra società dagli usi deviati di questa tecnologia.
Nel frattempo, l’incredibile velocità con cui essa progredisce rende necessari frequenti e successivi aggiornamenti: ciò che scriviamo oggi sull’AI probabilmente sarà superato nel giro di pochi mesi.
L’utilizzo dell’AI in campo della creazione di contenuti è alla scoperta di nuove, affascinanti possibilità.
Nel supporto all’editoria e agli autori, iniziano a configurarsi inediti scenari di fruizione. Ad esempio, la piattaforma editoriale TALIA.CLOUD , ideata e sviluppata da TALIA, spin off del CNR ILC Istituto di Linguistica Computazionale di Pisa, e da GruppoMeta, controllata di ETT Spa, grazie alle tecnologie IA di linguistica computazionale (Natural Language Processing) consente di migliorare la leggibilità di un testo rispetto a un pubblico generico o a un pubblico specifico, di interconnettere la conoscenza, creando percorsi di lettura rilevanti per i lettori. Ogni pagina diventa, così, una scena di cui l’au-
tore può creare la mappa; il lettore - ad esempio, un giovane studente che voglia sperimentare un nuovo metodo di apprendimento vicino alle sue esigenze - può scegliere la sua personale, originale strada, mentre si conserva la “authorship attribution”
La possibilità di personalizzare le proposte nel campo del marketing da parte di algoritmi di machine learning, che suggeriscono a un utente contenuti sempre più profilati sulle sue preferenze, è ormai una realtà sperimentabile tutti i giorni e si raffina molto rapidamente - pensiamo alle piattaforme di contenuti video e musica o di e-commerce. L’utilizzo dell’AI nel marketing e nella customer journey avrà una rilevanza sempre più decisiva: dati sull’area EMEA raccolti in un recente studio (Neil Ward-Dutton, Ewa Zborowska, Melih Murat, GenAI in EMEA 2024, International Data Corporation - IDC, 2024) mostrano come le due principali aree in cui attualmente si integrano le GenAI siano già per il 42% le “customer-facing applications” e per il 32% i “digital marketing tools”
L’AI può sicuramente automatizzare molte attività ripetitive, liberando tempo per i professionisti della comunicazione, ed è molto probabile che nei prossimi anni saranno particolarmente apprezzate le competenze d’utilizzo dell’AI per evitare perdite di tempo e migliorare l’efficienza delle strategie, ad esempio elaborando in tempo reale grandi quantità di dati utili a segmentare l’audience multicanale.
La creazione di contenuti autorevoli, in contrasto con l’utilizzo indiscriminato di chatbot di OpenAI per la composizione di testi e articoli finali che spesso produce risultati discutibili, può invece utilizzare strumenti di AI per raccogliere informazioni e spunti, senza mai dimenticare che occorre una severa verifica delle fonti e dei dati originali. Queste attività, se lasciate in gestione alla sola AI, risentono infatti degli errori e dei bias che, a causa dei limiti nell’addestramento degli algoritmi, sono molto presenti nella stesura di testi tematici.
Come ha dichiarato in una memorabile intervista a La Repubblica Federico Faggin, inventore del primo microprocessore e pioniere delle reti neurali (Federico Faggin: “Perché l’intelligenza Artificiale ha bisogno dell’uomo”, intervista di Giulio Laroni, La Repubblica, 16 febbraio 2024), l’IA “dev’essere usata da persone che la sanno più lunga di essa, altrimenti potrebbe ingannarle, non perché abbia intenzioni malvagie, ma semplicemente perché non capisce ciò che dice”.
La coscienza del significato e l’esperienza, infatti, sono propriamente umani e sono alla base della comunicazione stessa.●
Adriana Ferrari è Responsabile della Comunicazione ETT Spa
di Vanda Moroni
...e perché proprio
Arte e vita del “fabbricante di immagini” capace di eludere le maglie del tempo.
È dall’incontro tra creatività e pensiero astratto che prende forma il nuovo. Ma ecco che un istante dopo già si trasforma in moderno, concetto scivoloso e per sua natura mai simultaneo al presente, che si limita a rincorrerlo. Così funziona nell’arte, nella letteratura, nella musica e in tutti gli altri domini della creatività umana. Non è però un destino ineluttabile, e così può succedere che taluni individui dotati di particolare sensibilità riescano a eludere le maglie del tempo e che, ben lontani dal cadere nell’apatia e nella disillusione del post-moderno, si collochino da subito in una dimensione iper-moderna. Così è stato per Eugenio Carmi, per sua stessa definizione “fabbricante di immagini” in quella che, ormai da oltre un settantennio, è stata definita la “civiltà delle immagini”
Tante le testimonianze relative all’artista che Fondazione Ansaldo conserva, dai cartelli antinfortunistici alle riviste da lui curate, alle immagini dell’artista al lavoro, per le quali non si hanno mai abbastanza occhi per guardare e dita per sfiorare. La figura di Carmi è interessante per diverse ragioni: il linguaggio artistico, lo stile distintivo con l’uso di geometrie rigorose e la rilevanza storica della lunga carriera. Carmi è la cinghia di trasmissione tra l’arte e l’industria, un divoratore del tempo e dello spazio.
Eugenio Carmi nasce a Genova il 17 febbraio 1920 da una famiglia borghese, inizia a dipingere molto presto. A seguito delle leggi razziali, nel 1938 è costretto a trasferirsi in Svizzera con la famiglia. Ciò gli permette di sfuggire alle persecuzioni del regime nonostante il suo nome compaia, insieme a quelli dei famigliari, nei nominativi tramessi dalla Prefettura per l’espropriazione di tutti i beni. A Zurigo termina gli studi laureandosi in chimica al Politecnico Federale, qui entra in contatto con gli ambienti culturali e artistici interessandosi particolarmente all’astrattismo.
Al suo rientro in Italia, al termine della Guerra, sotto la guida dello scultore Guido Galletti e del pittore Felice Casorati, riprende gli studi artistici, attirato dall’arte informale che interpreta come un nuovo modo di esprimersi, diverso dai precedenti per l’uso arbitrario dei colori, delle forme e dei prodotti che diventano materici e parte integrante delle opere. Nel 1956 si trasferisce a Boccadasse con la moglie, l’artista Kiky Vices Vinci, con cui condivide le passioni artistiche e apre il primo studio d’arte. La pittura rimane una costante alternata solo dall’intenso lavoro di grafico pubblicitario, attività che gli permetterà nel 1954 di diventare membro dell’Alliance Graphique Internationale, associazione fondata nel 1952 a Parigi.
Dal 1956 al 1965, su invito di Gian Lupo Osti, è consulente artistico e responsabile dell’immagine e comunicazione per le acciaierie Cornigliano, portando l’arte in fabbrica. Rispetto ad altre aziende come l’Olivetti e la Pirelli, famose per lo stile industriale delle loro grafiche pubblicitarie di prodotti finiti, la sfida di Carmi è quella di valorizzare esteticamente prodotti che, nel caso della Cornigliano e successivamente dell’Italsider, sono dei semilavorati destinati a ulteriori trasformazioni. Questa sfida artistica porta nel 1958 alla sua prima mostra personale a Firenze organizzata dal critico d’arte Gillo Dorfles.
Insieme all’amico Carlo Fedeli, responsabile dell’ufficio stampa della Cornigliano, viene creato l’omonimo house organ per dare un’immagine contemporanea e forte del-
Genova Impresa - Luglio / Agosto 2024
Eugenio Carmi
Italsider- Cornigliano, foto Agosto, Luglio 1959
l’acciaieria, un esperimento nuovo per la fabbrica e la città, una rappresentazione cosciente, un’industria pubblica dalla spiccata vocazione sociale, quasi amica. L’esaltazione dei materiali scorre parallelamente in campo artistico e architettonico, nel 1959 la Cornigliano cura la mostra “Forme e tecniche dell’architettura contemporanea” alla Galleria Nazionale di Arte Moderna a Roma, dove Carmi, membro del comitato esecutivo insieme a Osti, e storici dell’arte e architettura, tra cui Argan, Bucarelli, Moretti e Zevi, realizza la copertina del catalogo “Architettura immaginaria”.
Carmi è attivo anche nel campo dell’editoria, dove si avvale della collaborazione del fotografo svizzero Kurt Blum, con cui crea nel 1958 il volume “Immagini di una città”, con introduzione di Luciano Rebuffo, giornalista genovese di “Civiltà delle Macchine”. La città è Genova, ripresa dal centro storico al Ponente industrializzato, e chiude con un operaio infagottato e di spalle, di fronte a una colata incandescente. Nel 1959 viene pubblicato un altro libro fotografico,
“Immagine di una fabbrica”, in cui il rapporto quasi simbiotico tra l’industria e l’uomo ispirerà Carmi e Blum per la produzione del film d’avanguardia “L’uomo, il fuoco, il ferro”, premiato con il Leone d’Oro alla Biennale del Cinema di Venezia del 1960.
Con il passaggio alla società Italsider, il periodico aziendale viene rinnovato e potenziato. La “Rivista Italsider” diventa una pubblicazione di alto livello artistico destinato a un più vasto numero di lettori, la realizzazione delle copertine viene affidata ad artisti e intellettuali scelti da Carmi, Osti e Fedeli, lo stile segue l’esempio raffinato di “Civiltà delle Macchine”, rivista di Finmeccanica che unisce la cultura scientifica con quella classica. Il ferro e l’acciaio diventano progetti artistici avanzati: l’arte entra in fabbrica e la fabbrica produce anche cultura. Nel 1962 il critico d’arte e curatore Giovanni Carandente organizza a Spoleto, per il V Festival dei Due Mondi, la mostra “Sculture nella città”, permettendo ad artisti internazionali di esporre le proprie opere nelle strade e nelle piazze. L’Ital-
Eugenio Carmi, Grafica Italsider 33
sider mette a disposizione le proprie officine e i giganteschi macchinari. All’interno della fabbrica gli artisti, grazie anche alla stretta collaborazione con le maestranze operaie, creano grandi opere in metallo ed è in questa occasione che Carmi pensa la sua prima opera scultorea intitolata “Rilievo 1962” realizzata in ferro e acciaio.
Per Carmi l’arte diventa un mezzo per veicolare messaggi valoriali: i suoi cartelli antinfortunistici del 1965 sono un alto esempio di graphic design strettamente funzionale caratterizzato da forme geometriche essenziali, dall’uso di colori primari e dal carattere tipografico Helvetica ad indicare la parte del corpo a rischio, quel corpo operaio troppo spesso offeso e mutilato, tanto da definire lo stabilimento siderurgico di Cornigliano “fabbrica della morte” e “cantiere maledetto”, dove molti furono i lavoratori a perdere la vita in nome di un insensibile progresso.
Con l’allontanamento di Osti dall’Italsider nel 1965, anche Carmi interrompe la sua collaborazione con la società, ma il fascino per le possibilità tecnologiche dell’arte rimane sempre altissimo e tra gli anni ‘60 e ‘70 è autore di opere sperimentali di arte cinetica e audiovisiva. In questa fase artistica, nel 1966 è presente alla XXXIII Biennale di Venezia con l’opera elettronica SPCE (Struttura Policiclica a Controllo Elettronico) e il critico d’arte Rostany lo invita in Svezia, a Lund, a partecipare con le sue opere elettroniche alla mostra Superlund del 1967.
Nel 1966 per la Bompiani escono due favole di Umberto Eco illustrate da Carmi. I due si ritroveranno qualche anno più tardi, nel 1979, con la pubblicazione «Res Publica», sul tema della civiltà dell’immagine, con l’apporto di artisti e intellettuali quali Antonio Porta, Gillo Dorfles e Arnaldo Pomodoro.
A partire dagli anni ‘80 Carmi riscopre il concetto materico insieme alla formazione matematica dei suoi anni universitari a Zurigo, la sua arte si evolve ancora e l’astrattismo geometrico e la sezione aurea si riallacciano con le sue opere
informali degli anni ‘50 e ‘60. Risultato tangibile di questa evoluzione è lo stemma della Regione Liguria, ideato da Carmi e adottato ufficialmente dall’ente nel 1985.
Nel 1990 a Milano viene allestita la più importante mostra antologica su Carmi, seguita l’anno successivo dalla sua esposizione al Museo Italo Americano di San Francisco. Molto rilevanti sono le sue partecipazioni alle principali Biennali internazionali di grafica nelle quali riceve importanti premi. Il volume “Carmi”, del 1996, curato da Umberto Eco e Duncan Macmillan è un compendio della sua storia.
La città di Genova, nel 2015, dedica a Carmi, ormai novantacinquenne, una mostra antologica a Palazzo Ducale e celebra la sua carriera consegnandogli le chiavi della città alla presenza del Sindaco e di Umberto Eco.
Padrone della sua arte, padrone del suo tempo fino alla fine: Carmi decide di porre fine alla sua vita recandosi in una clinica nella sua amata Svizzera per praticare l’eutanasia. Tutta la famiglia già sapeva, aveva scritto una lettera per spiegare che la sua vita era troppo bella per ridurla a un susseguirsi faticoso di giorni, al momento giusto avrebbe guidato la mano del suo destino. Purtroppo, non riuscirà nel suo intento di aprire e chiudere il ciclo del suo tempo nello stesso giorno: Carmi muore di morte naturale a Lugano il 16 febbraio 2016, il giorno prima del suo novantaseiesimo compleanno.
“Inventare non significa prendere un pennello o una matita e fare qualcosa sulla tela o sulla carta. Inventare è vivere. Perciò arte è vita”.●
Eugenio Carmi, Grafica Italsider 25
Eugenio Carmi, La Testa
Al ser vizio
della cit tà
Dal primo ponte radio, attivato nel 1974, ai primi terminali per operatore negli anni ’80, dall’avvento dei cellulari alla transizione digitale nei primi anni del nuovo millennio, fino alla più recente app YourTaxi e all’arrivo dell’Intelligenza Artificiale: la Cooperativa RadioTaxi Genova 5966, fondata nel 1913, celebra quest’anno i 50 anni del servizio radiotaxi e continua a guardare al futuro con spirito di innovazione.
Tra le novità più recenti, la app YourTaxi, per chiamare il taxi, prenotare e pagare le corse e personalizzare il servizio, oggi attiva a Genova e Sanremo. Ma tante altre innovazioni tecnologiche sono arrivate grazie al Progetto Innovazione dei Processi e dell’Organizzazione, cofinanziato dall’Unione Europea tramite il Fondo Europeo di Sviluppo Regionale POR FESR Liguria 2021-2027 con le risorse stanziate sul Bando Innovazione di Regione Liguria, gestito da Filse, obiettivo di policy 1.1 azione 1.1.1. Tra queste la creazione
La Cooperativa
RadioTaxi Genova
è la più antica d’Italia e festeggia i suoi 50 anni con un pieno di progetti innovativi.
Genova Impresa - Luglio / Agosto 2024
di Paola Iacona
di una nuova sala server in grado di garantire elevata efficienza e continuità del servizio; l’aggiornamento hardware e software per consentire la piena innovazione dei processi di distribuzione del servizio e dell’organizzazione interna; il passaggio dalla rete telefonica in rame a una linea VOIP; l’implementazione di sistemi di Intelligenza Artificiale - IRIS - per cambiare radicalmente in maniera innovativa e ottimale il servizio; l’automatizzazione della gestione delle chiamate, per ridurre i tempi di attesa e personalizzare l’esperienza del cliente. Non ultimo, la virtualizzazione delle colonnine per chiamare i taxi sui posteggi, a breve disponibili in più ampie zone della città. La nuova tecnologia fornirà alla centrale operativa la possibilità di mettere direttamente in contatto il tassista e il cliente, in forma anonima e ogni qualvolta sia necessario per agevolare l’individuazione.
«La storia dimostra che la Cooperativa RadioTaxi Genova, la più antica d’Italia e la seconda a livello nazionale a dotarsi del radiotaxi, ha sempre avuto un fortissimo orientamento all’innovazione, riuscendo a volte anche a superare resistenze interne alla compagine sociale per andare incontro alle
esigenze emergenti dell’utenza e alle sue nuove abitudini, per offrire alla città un servizio sempre migliore e al passo con i tempi - commenta Valter Centanaro, presidente della Cooperativa RadioTaxi Genova 5966 -. Questi 50 anni hanno rappresentato una continua evoluzione per la categoria, che ha confermato nel tempo la volontà di investire e la capacità di sposare tutte le innovazioni tecnologiche, fino ad arrivare oggi al totale superamento delle frequenze radio e alla completa digitalizzazione del servizio».
Per ripercorrere la storia e l’orientamento al futuro del servizio taxi a Genova, lo scorso 8 luglio si è svolto un evento a Palazzo Tursi, che ha visto tra i suoi momenti più significativi la consegna da parte del Sindaco di Genova, Marco Bucci, di una targa ricordo a Giorgio Riva, classe 1934, tra gli ideatori e fondatori del RadioTaxi.
«Oggi rendiamo omaggio a un sognatore, un precursore: questo è Giorgio Riva. Con visione e determinazione ha saputo anticipare i tempi, creando una modalità capace di migliorare notevolmente il servizio pubblico non di linea, come viene denominato correttamente il taxi, consentendo così una più ampia fruibilità e contribuendo in maniera significativa a un maggior sviluppo della mobilità nella nostra città», ha commentato Carmelo Cassibba, presidente del Consiglio Comunale di Genova.
«Questo importante anniversario - ha dichiarato infine il Sindaco di Genova Marco Bucci - rappresenta un momento di riflessione e orgoglio per Genova. Fin dalla sua fondazione, la Cooperativa ha saputo distinguersi come pioniera nell’innovazione e nella qualità del servizio, dimostrando un impegno costante nel rispondere alle esigenze dei cittadini genovesi. Dalla prima trasmissione radio del 1974 all’adozione delle tecnologie digitali e dell’intelligenza artificiale, RadioTaxi Genova 5966 ha saputo rimanere all’avanguardia, garantendo un servizio efficiente e moderno». A confermare come la Cooperativa RadioTaxi Genova 5966 sia sempre un punto di riferimento importante per il trasporto pubblico e la mobilità, sono anche i numeri: 745 soci tassisti genovesi - su un totale di 869, presenti nel Comune di Genova e 1300 su tutto il territorio regionale -, oltre 20 dipendenti nella sede centrale, 30.000 download della app YourTaxi, ma soprattutto circa 600.000 clienti gestiti ogni anno: l’equivalente dell’intera popolazione della città di Genova.●
LA CITTÀ
Dal 4 al 6 ottobre torna a Genova Book Pride, la Fiera Nazionale dell’Editoria Indipendente, con 500 metri quadri di libri e 180 appuntamenti dedicati alla ricerca di senso e di una strada per il futuro.
Da Antoine Volodine a Luciana Castellina, da Ivana Sajko a Saif Raja, e poi Michele Masneri, James Montague, Emilio Cozzi, Isabella Labate, Maurizio Carucci, frontman del gruppo musicale Ex Otago, e tanti altri: sono molti i grandi ospiti dall’Italia e dal mondo in arrivo in città per la VI edizione di Book Pride che si terrà al Palazzo Ducale di Genova dal 4 al 6 ottobre 2024.
La Fiera Nazionale dell’Editoria Indipendente tornerà con le sue 100 case editrici con 500 metri quadri di libri e 180 appuntamenti, non solo negli spazi di Palazzo Ducale, ma anche nelle biblioteche, nelle librerie e nei centri culturali cittadini. Saranno molte le attività che vedranno coinvolto l’intero centro storico della città con proiezioni, reading, party e passeggiate che, dal Palazzo Ducale, porteranno il pubblico tra i luoghi letterari della Superba. Eventi dedicati al pubblico di ogni età, sotto il grande tema “Cosa vogliamo” che guiderà questa nuova edizione ligure della manifestazione, promossa da ADEI - Associazione Degli Editori Indipendenti, in collaborazione con Palazzo Ducale, il Comune di Genova e la Regione Liguria.
«In tempi disordinati, in cui il caos rischia di spingere il mondo che abbiamo sempre conosciuto nell’abisso, chiedersi “Cosa vogliamo” ha anche la volontà di trovare un senso, un significato e una strada per un futuro più a nostra misura - ha spiegato Isabella Ferretti, Presidente Book Pride -. La letteratura gioca un ruolo importante in questa ricerca, lascia spazio alle istanze e all’immaginazione di un futuro possibile, che superi la violenza e disumanità delle azioni dell’uomo sull’uomo e che continui a fornire tutela al più fragile»
A costruire la proposta genovese di questa edizione di Book Pride, i curatori Laura Pezzino e Marco Amerighi, accompagnati come sempre da Ilaria Crotti e Valentina Mancinelli. Un programma sviluppato in grande sintonia e sinergia con gli editori presenti in fiera. Un percorso che ha preso avvio già nei mesi scorsi anche grazie all’iniziativa Book Academy, una serie di incontri dedicati ai mestieri del libro e della scrittura in collaborazione con la rete delle Biblioteche di Genova. Il palinsesto è pensato con la volontà di porre le domande giuste, abbattere stereotipi, affrontare pubblicamente le istanze più urgenti: dalla pace alle questioni di genere, dall’emergenza climatica alla giustizia sociale, dalla libertà sessuale alla censura, dall’individualismo alle nuove visioni del mondo, dal valore della memoria all’intelligenza artificiale. Con la volontà di dar vita a un crocevia di nuove abilità, mettendo le voci in dialogo tra loro. Grandi nomi dunque arriveranno in città per le tre giornate di questa edizione della fiera: dal giovane italo pakistano Saif Raja, una delle voci più interessanti del 2024, autore del romanzo Hijra (Fandango Libri) che racconta una storia di apolidia involontaria; alle due prestigiose penne dall’estero: il celebre scrittore francese Antoine Volodine (66thand2nd) e la scrittrice, drammaturga e performer Ivana Sajko (Voland) dalla Croazia. Ma anche il giornalista Michele Masneri, che racconterà il suo ultimo romanzoviaggio ricco di personaggi esilaranti Paradiso (Adelphi edizioni). E ancora la scrittrice e traduttrice Francesca Pellas condurrà i lettori nel mondo di una delle più amate icone degli anni ‘80 attraverso la biografia letteraria di Moana Pozzi Tutto deve brillare (Blackie edizioni).
Tanta l’attenzione dedicata anche a temi di stringente attualità come i femminismi e il loro legame con la questione meridionale, di cui discuteranno l’attivista Claudia Fauzia (alias La Malafimmina) e l’esperta di comunicazione Valentina Amenta, o ancora le questioni animaliste e le loro implicazioni politiche, di cui parleranno il presidente di LAV Gianluca Felicetti, autore del libro La politica degli animali (People), e l’editore Giuseppe Civati. Fondamentali anche gli incontri con il giornalista e divulgatore scientifico Emilio Cozzi sulle più interessanti questioni di geopolitica contemporanea; e quelle sulle corse verso lo spazio con la giornalista Anna Zafesova che, in dialogo con l’antropologo Marco Aime, attraverso l’analisi del conflitto russo-ucraino, aiuterà a comprendere meglio le radici culturali delle nuove destre europee. Book Pride porterà a Genova anche Ida Travi, la poetessa autrice della raccolta I Tolki (Il Saggiatore). Questi alcuni degli incontri all’interno del programma, che verrà presentato nel corso dei prossimi mesi.
Nell’anno di Genova Capitale Europea dello Sport, inoltre, una sezione speciale del programma verrà interamente dedicata al tema: arriva infatti Book Sport Saranno tantissimi gli incontri tematici, come quello con James Montague dedicato al legame tra tifo estremo e società, o quello con i genovesi Marco Pastonesi e Giorgio Cimbrico, che condurranno i presenti nel mondo della palla ovale.
Confermato anche per quest’anno il Book Prize: arrivato alla sua seconda edizione, dopo il riconoscimento nel 2023 a Francesca Mannocchi, il prestigioso premio nato dalla collaborazione tra il Palazzo Ducale e Book Pride, sarà conferito a un personaggio pubblico che con il suo lavoro ha dato visibilità alla cultura e al mondo dei libri con i suoi valori. Un appuntamento che si conferma ancora una volta un riferimento per le scuole, i giovani e piccoli lettori, grazie alla collaborazione tra Book Pride e rivista Andersen, la libreria-econegozio La Formica e con l’Area Didattica del Palazzo Ducale e i lettori di Nati per Leggere Liguria. Saranno infatti oltre 30 gli appuntamenti previsti con le scuole, che coinvolgeranno circa 1400 studenti della città, e 20 gli appuntamenti della programmazione Book Young. Tre speciali appuntamenti saranno dedicati ai docenti e moderati dalla redazione della rivista Andersen. Tra questi, un incontro con Isabella Labate, vincitrice come migliore illustratrice del Premio Andersen 2024. Al lavoro di Labate verrà dedicata anche una mostra di tavole che ripercorrono la sua carriera.
Non mancheranno i format più amati dal pubblico e ormai diventati dei veri e propri cult del programma di Book Pride come il Cantiere Esordi e il Book Fight, proposti dai due curatori Laura Pezzino e Marco Amerighi. Saranno due gli appuntamenti previsti a Genova con gli esordienti: in ognuno, quattro autrici e autori al loro debutto racconteranno cosa significa farsi strada tra percorsi editoriali, modelli letterari e ragioni della scrittura. Il Book Fight vedrà invece la sfida tra cinque gruppi di lettura della città per eleggere, grazie a una giuria d’eccezione, i migliori libri indipendenti dell’anno.
La partecipazione all’evento sarà gratuita. La fiera sarà aperta dalle 10 alle 20 per tutti e tre i giorni, dal mese di settembre sarà possibile visionare l’intero programma al sito www.bookpride.net ●
Ilaria Bonacossa
Mappatura CULTURA & SOCIETÀ d’ar te
collezioni di arte moderna e contemporanea custodite dalle imprese: un racconto che testimonia la passione per l’arte di imprenditrici e imprenditori e il loro desiderio di sostenere la produzione artistica, italiana e internazionale, sia di artisti già conosciuti e affermati che di quelli emergenti. Di seguito riportiamo un estratto dell’introduzione al volume, a cura della storica dell’arte Ilaria Bonacossa.
Questa pubblicazione nasce dal desiderio di fornire una prima mappatura delle collezioni corporate di arte moderna e contemporanea presenti in Italia, per documentare la ricchezza di questo patrimonio e mettere in luce il ruolo delle imprese italiane come catalizzatori di produzione e ricchezza culturale. La filosofia di Adriano Olivetti, che metteva al centro della strategia imprenditoriale non solo l’innovazione ma la necessità di restituire “bellezza” e cultura fuori e dentro la fabbrica, è ancora oggi importante per la missione di molti imprenditori italiani. Non stupisce questa attenzione all’arte dell’imprenditoria nostrana dato che storicamente la prima collezione corporate è considerata quella di Banca Monte dei Paschi di Siena (Banca MPS) nata commissionando, alla fine 15simo secolo, ad artisti locali il compito di creare tele e affreschi per i propri “spazi”, opere che ancora
È stato recentemente presentato il volume “Il segno dell’arte nelle imprese. Le collezioni corporate italiane per l’arte moderna e contemporanea”, edito da Marsilio Arte su iniziativa di Confindustria e con il patrocinio del Ministero della Cultura.
oggi sono in collezione; una collezione incredibile che unisce le tele del 1400 del senese Pietro Lorenzetti a opere di artisti italiani e internazionali collezionate nei sei secoli successivi fino al contemporaneo con sculture novecentesche dell’inglese Henry Moore. (...)
Il progetto, lanciato dal Gruppo Tecnico Cultura Confindustria, su impulso della Vice Presidente per Ambiente, Sostenibilità e Cultura Confindustria Katia Da Ros e del Presidente Gruppo Tecnico Cultura Antonio Alunni, insieme a Patrizia Sandretto Re Rebaudengo, la cui fondazione è un modello per l’arte contemporanea in Italia, è ambizioso per la trasversalità e inedito nella struttura. Si propone, attraverso questa pubblicazione, di evidenziare, in modo originale e accattivante, il contributo delle imprese italiane alla scena artistica, si inserisce in un mosaico composito di azioni che, legate allo Statuto di Confindustria, promuovono una rappresentanza imprenditoriale consapevole, come motore di crescita non solo economica ma anche civile, sociale e culturale. Il collezionismo corporate di arte moderna e contemporanea è uno dei settori più affascinanti, e anche meno valorizzati, con cui le imprese portano avanti il proprio impegno per la cultura e alla luce di questa ricerca lo fanno per migliorare il benessere organizzativo, i rapporti di filiera e di fornitura e per consolidare l’empatia con la
propria comunità. Il primo passo per sostenere concretamente questi patrimoni d’arte privati è presentare queste collezioni attraverso le opere di valore custodite dalle imprese. Non si è voluto soltanto censire le Collezioni Corporate ma, in un’ottica più ampia e in una possibile prospettiva anche internazionale, evidenziare l’impegno che moltissime imprese portano avanti per sostenere l’arte e, in particolare, i giovani artisti emergenti. Questo volume intende, partendo dalle collezioni degli imprenditori, puntare l’attenzione su uno dei principali asset di competitività strategica del nostro Paese: il patrimonio artistico e culturale e la sua rivitalizzazione, anche in chiave contemporanea, attraverso i talenti degli artisti e il sostegno degli imprenditori. Fortemente voluta e sostenuta dal Gruppo Tecnico Cultura di Confindustria, questa mappatura delle collezioni di opere di arte moderna e contemporanea delle aziende italiane è nata da un lavoro collegiale e di raccolta dati e informazioni svolta in parallelo sia dalle imprese associate a Confindustria sia dalle imprese impegnate nel mondo dell’arte contemporanea in progetti di mecenatismo per le arti visive. La mia curatela di questo importante progetto di ricerca si è articolata in collaborazione con un autorevole advisory board, composto da Marianna Agliottone, Costantino D’Orazio e Marilena Pirrelli con il supporto di Cristina Masturzo, per offrire una visione trasversale per competenze e quanto più possibile slegata dalle nostre passioni personali e dai legami con singole realtà attive sul territorio. Insieme all’advisory board abbiamo deciso di focalizzare la ricerca su collezioni che riunissero opere, di artisti consolidati ed emergenti, datate tra il 1870 (data convenzionale per l’inizio dell’arte moderna nella storia dell’arte italiana) e il 2024. A livello procedurale il progetto è cresciuto attraverso due questionari digitali lanciati da Confindustria con il supporto delle reti associative; il primo (luglio 2023) volto a mappare chi avesse una collezione corporate e la sua natura; la survey è stata estesa ad altre aziende selezionate insieme all’advisory board tra quelle riconosciute e attive in Italia nel campo dell’arte.
(...)
Le risposte ai questionari fanno emergere come fare impresa in Italia significhi essere circondati, spesso, da un patrimonio storico artistico capace di influenzare i prodotti realizzati secondo lo stile, l’ingegno e il design a marchio italiano. Questa indagine porta alla luce non solo la passione per l’arte ma in maniera innegabile la relazione personale e produttiva tra artisti contemporanei e imprenditori, e come questa abbia la capacità di generare progetti unici, non solo in termini di reputazione aziendale, ma di creatività artistica. Generalizzando possiamo dire che emerge una propensione di matrice femminile alle commissioni site-specific legate al rapporto diretto con gli artisti che anticipa l’acquisizione di opere d’arte.
(...)
Mi preme sottolineare quanto complessa sia stata la raccolta di queste informazioni spesso private e confidenziali, motivo per il quale il volume non possa essere considerato esaustivo ma offra un primo tassello di una lunga storia e una visione trasversale e significativa delle specificità e delle tipologie delle collezioni corporate in Italia. La scelta di quali opere selezionare per illustrare ciascuna
collezione è stata per me l’opportunità unica di scoprire i patrimoni delle imprese italiane, che hanno scelto di condividere un numero ampio di immagini di opere, alcune di grandi maestri, altre di talenti da valorizzare e alcune di giovani artisti emergenti. La scelta finale delle immagini, elaborata insieme alle imprese, ha risposto a criteri storico artistici e di varietà ma soprattutto al desiderio di rendere manifesta la specificità di ciascuna collezione, che ha raccontato quali opere (un massimo di cinque) fossero importanti e rappresentative per la storia o la natura del proprio progetto culturale.
Nel suo insieme da queste pagine emerge la volontà delle imprese nel promuovere un nuovo modello di imprenditorialità ispirata alla“ Corporate Cultural Responsibility” per l’affermazione della crescita non solo economica, ma anche civile, sociale e culturale del Paese nell’ottica di restituire valore alla società.
(...)
In definitiva, questa pubblicazione e una grande operazione culturale e comunicativa che, partendo dalle passioni culturali degli imprenditori, punta l’attenzione su uno dei principali asset di competitività strategica del nostro paese: il patrimonio artistico e culturale e la sua rivitalizzazione, anche in chiave contemporanea, attraverso i talenti degli artisti e il sostegno dei privati in una sinergia che si dimostra vincente per il sistema paese.●
Testo tratto dall’introduzione di Ilaria Bonacossa al volume Il segno dell’arte nelle imprese. Le collezioni corporate italiane per l’arte moderna e contemporanea, a cura di Ilaria Bonacossa con la partecipazione di Marianna Agliottone, Costantino D’Orazio, Marilena Pirrelli, Marsilio Arte, Venezia 2024
Borella Rocco CULTURA & SOCIETÀ
L’artista che amava sperimentare se stesso.
di Luciano Caprile
Un grande innovatore fino in fondo. A trent’anni dalla sua scomparsa, avvenuta il 23 settembre 1994, Rocco Borella continua a riproporre gli interrogativi che riguardano tutti quegli artisti che non sono stati sufficientemente ripagati dal mercato nonostante lo straordinario valore del loro gesto. Oggi alcune sue opere si possono acquisire alle aste a cifre irrisorie e questo è un male del nostro tempo dove la qualità di un prodotto viene misurata principalmente dal prezzo: un’opera vale in funzione del suo costo. E tutto ciò favorisce speculazioni che non riguardano solo il mondo dell’arte. C’è anche da dire che Borella ha fatto di tutto per non entrare in un sistema che avrebbe sicuramente reso giustizia al suo valore. Mi è capitato di scrivere su una monografia a lui dedicata nel 1988: «In un comportamento anarcoide, in una conduzione di vita provvisoria e illimitatamente disordinata, ha costruito il suo rigore e ha difeso la libertà d’invenzione. A dispetto dei mercanti e in parte suo. Ma questo egli sa e poco gli importa». Nonostante l’apprezzamento di illustri critici d’arte del secolo scorso come Giulio Carlo Argan, Umbro Apollonio e Germano Celant, la sua qualità d’invenzione è limitata all’apprezzamento di un ristretto numero di estimatori ed è sostenuta da una Associazione che porta il suo nome, presieduta da Giuseppe Martucciello, costituitasi nel 2009 e
Rocco Borella sulla scalinata della Chiesa di San Siro con il Guard-Rail in formica, per concessione dell’Archivio Storico Adriano Silingardi all’Associazione Rocco Borella
che si è posta il fine di realizzare il primo catalogo ragionato delle sue opere.
Se rivisitiamo la sua vicenda esistenziale, ci rendiamo conto di alcune situazioni che dovrebbero misurare l’importanza del nostro autore. Dopo essersi iscritto nel 1938, a diciotto anni, ai corsi serali dell’Accademia Ligustica di Belle Arti, va a lavorare all’Ansaldo e nel 1946 tiene la prima mostra alla Galleria Isola con Giannetto Fieschi ed Emilio Scanavino. L’anno seguente espone in quella Galleria Numero di Firenze, diretta da Fiamma Vigo, che costituirà la precoce vetrina per celebrati maestri come Arnaldo Pomodoro, Emilio Vedova, Giuseppe Capogrossi. Di quel periodo sono le sue “anatomie” di impronta neoespressionista che respirano il clima della drammatica guerra appena conclusa. Ma la permanenza all’Ansaldo gli sarà utile per attivare quei gesti innovativi che lo condurranno all’astrazione: raccoglierà fondi colorati da ricomporre per formulare i “furti tipografici”. Seguendo tale spinta creativa nasceranno gli “spazi blu”, che si ritrovano nel quadro intitolato “Paesaggio blu” esi-
bito nel 1956 alla Biennale di Venezia. La svolta decisiva della sua ricerca sulla scala cromatica matura agli inizi degli anni Sessanta con l’approdo ai “cromemi”, un termine coniato da Gian Carlo Barosso. Che cosa sono i cromemi? Come fonema è “l’unità minima distintiva di suono nell’ambito di una lingua particolare che consente, da sola o in combinazione con altre, di formare dei significati e di fare una distinzione tra di essi” (da “Il nuovo Zingarelli”), così il cromema si può considerare una unità minima distintiva di colore che consente, da sola o in combinazione con altre unità, di formare dei significati cromatici o in antitesi tra di loro. Più fonemi costituiscono una parola e più parole un discorso in cui il suono, la pausa, il tono può mutare i significati di una medesima frase; alla stessa maniera gli accostamenti delle varie bande colorate non seguono in Borella l’andamento della pura tecnica ma la vestono di voce. E qui mi sovviene ciò che mi aveva confidato Jorge Luis Borges tanti anni fa. Sapendo che sarebbe diventato cieco per una malattia ereditaria che, a una certa età, colpiva i maschi della sua famiglia, si era
Genova Impresa - Luglio / Agosto 2024
Verdi, 1962, 154x120 cm
Il Maestro Borella sulla Michelangelo
appropriato mentalmente ed emozionalmente delle suggestioni timbriche suscitate dai dipinti di alcuni grandi artisti del passato, tra cui El Greco e Velázquez, in modo da poter trasferire i loro colori nelle parole e nelle costruzioni delle frasi per trasformarle in variegate composizioni pittoriche. Due atteggiamenti speculari: in Borella la composizione di una parola diventava immagine, in Borges l’immagine si rifletteva in una costruzione letteraria. E come, in tal modo, sono nati i capolavori del grande scrittore argentino, così si è illuminata la stagione creativamente più felice dell’artista genovese. Poi Borella ha cancellato tutto, ha rifatto tutto, è tornato a una figurazione da contaminare. Affermava in proposito: «Ora mi sono appropriato del termine “arte rigenerata” per fare arte. Faccio queste cose giocando, scherzando, a volte serio, rigoroso, per caso sognando, trovando subito». E con tale atteggiamento ha sconvolto un sistema che non accetta deragliamenti di percorso. Borella ci ha messo del suo per complicare le cose attivando miscelazioni tra passato e presente che hanno messo in crisi certe valutazioni e certe datazioni delle opere. Così si è ulteriormente complicato il mercato che lo riguardava, ma così egli è rimasto fino all’ultimo l’artista che amava sperimentare se stesso. Per lui l’ultimo esito si identificava sempre in un capolavoro. Ed era vero.●
Rocco Borella all’Ansaldo con Gadda e Ungaretti
Rosso - Arancio, 1964 acrilico e nastri adesivi
Rocco Borella con Gadda e Ungaretti
Space Book CULTURA & SOCIETÀ
Editoria spaziale al Festival dello Spazio di Busalla.
Come da ormai quattro anni, il Festival dello Spazio di Busalla ha dato corso a una mezza giornata di anteprima organizzando “SpaceBook”, la prima iniziativa nazionale dedicata all’editoria spaziale. Ideato dall’Associazione culturale Contatti - la stessa degli “Hemingway Days”, di “Storie di porto” e di “GENOVAnarra” - SpaceBook mette al centro dell’attenzione la galassia degli scrittori che, a vario titolo e con diverse prospettive, si occupano di Spazio e della sua comunicazione pubblica. Dal 2021, l’iniziativa sta proponendo momenti d’incontro e approfondimenti di varia natura sui temi della divulgazione scientifica e della science-fiction, spaziando (è il caso di dirlo) dalla narrativa a fumetti alla presentazione di periodici cartacei e magazine Spazio-orientati. Quattro, gli autori che hanno animato il “capitolo” SpaceBook nell’edizione 2024 del Festival capitanato dall’astronauta Franco Malerba. Giovedì 27 giugno a Villa Borzino sono intervenuti Giovanni Caprara, la prestigiosa firma “scientifica” del Corriere della Sera, autore di alcuni volumi che sono testi di riferimento per chi voglia farsi un’idea della storia italiana dell’avventura spaziale, Don Luca Peyron, il sacerdote cui si deve la realizzazione del progetto Spei Satelles, che ha coinvolto in prima persona nientedimeno che Papa Francesco, e che indirizza i suoi ragazzi all’osservazione del cielo stellato, Walter Riva, a Busalla, in questo caso, in qualità di Direttore del mensile “Cosmo2050”, e Roberto Timossi, Consigliere di Amministrazione della Fondazione Carige e filosofo “di frontiera”, impegnato da sempre nel confronto interdisciplinare tra
filosofia, teologia, religione e scienza. Introdotti da Barbara Garassino, nella kermesse di Busalla Caprara e Peyron hanno presentato i loro libri più recenti, Riva ha fatto un excursus sulla storia delle riviste italiane di astronomia (con sullo sfondo l’ombra magistrale di Margherita Hack), mentre Timossi ha parlato del best-seller internazionale da oltre 300.000 copie “Dio. La scienza, le prove” di MichelYves Bolloré e Olivier Bonassies, che nella versione italiana riporta un suo scritto in sede di postfazione.
Più in dettaglio, i due testi a partire dai quali si sono sviluppati i discorsi e i dialoghi, che hanno coinvolto anche il pubblico, di questo pionieristico salotto buono dell’editoria spaziale sono stati “Breve storia dello spazio” (Salani 2021) di Giovanni Caprara, un libro che racconta la storia del volo spaziale attraverso i personaggi che ne sono stati e ne sono protagonisti, cogliendo i
passi fondamentali di un’avventura che, nata tra l’Europa e gli Stati Uniti, ora coinvolge anche gli altri continenti, e “Cieli sereni. Trovare Cristo seguendo le stelle (e con l’uso di un telescopio)” (San Paolo 2023) di Luca Peyron, un libro-esperienza che racconta un percorso straordinario: incrocia la luce che viene dal passato remoto della formazione cosmica e la luce che viene dal futuro, inaugurato, per l’autore, dalla resurrezione di Cristo. Su un’analoga lunghezza d’onda d’interrogazione cosmico-metafisica ha portato poi l’intervento di Roberto Timossi, che ha dato una lettura personale, partecipe e rispettosa, pur con qualche criticità, del tomo di Bolloré e Bonassies. I quali Bolloré e Bonassies, nel loro libro, dopo aver definito cosa sia una prova nella scienza e le implicazioni delle due tesi opposte dell’esistenza o meno di un Dio creatore, in 600 fitte pagine affrontano le scoperte scientifiche degli ultimi 150 anni. Di carattere “militante” è stato, infine, l’intervento di Walter Riva. In margine al suo speech Riva ha presentato “Cosmo2050”, una rivista che è l’evoluzione di “Cosmo”, il mensile dedicato alla divulgazione astronomica che da qualche mese ha cambiato nome ed editore (adesso è Domenico Zambarelli tramite LuckyMedia) e vuol essere il punto di riferimento per il mondo dell’astronomia, dell’innovazione spaziale e della Space Economy. Concluso l’annus mirabilis di Genova capitale italiana del Libro, SpaceBook resta come un intrigante strumento di avvicinamento al piacere della lettura e della conoscenza non soltanto “mordi e fuggi”, via internet o social, del fenomeno Spazio. Capace di offrire un contributo culturale innovativo e, grazie al brand Festival dello Spazio, territorialmente connotato, il format ha tutte le carte in regola per svilupparsi ulteriormente. In prospettiva, potrebbe diventare un’iniziativa di irradiazione della cultura dello Spazio, della Space- e della Moon-Economy che, connotandosi come un “marcatore” di riconoscibilità di una serie di eventi di sensibilizzazione pubblica, sarebbe bello riuscisse a diffondersi anche al di là di Busalla.● (R.M.R.)
FESTIVAL DELLO SPAZIO
Nell’ottava, riuscitissima edizione del Festival dello Spazio di Busalla si sono toccati diversi temi sempre più all’ordine del giorno: lo sviluppo economico legato all’innovazione, l’utilizzo dei dati satellitari per migliorare la vita sulla Terra, l’esplorazione del cosmo con i telescopi e con gli astronauti fino alla prospettiva umanistica, filosofica e teologica, cui anche per gli addetti alla scienza è difficile resistere per dare un senso più alto alla ricerca della conoscenza. La giornata dedicata alla Space Economy, venerdì 28 giugno, ha offerto diverse prospettive di questo nuovo e importante fenomeno economico. Avviata negli Stati Uniti, la corsa allo Spazio delle imprese private riguarda ormai anche l’economia europea e italiana. Con il sostegno di Confindustria Genova, al Festival si è data voce alle agenzie spaziali che interpretano una volontà politica e si adoperano per far crescere nuove generazioni di industria, e si sono ascoltate le regioni più avanzate in campo spaziale - Piemonte, Lombardia, Veneto - per facilitare un dialogo anche con le associazioni industriali genovesi, nonché alcune industrie spaziali, grandi e piccole, e dei fondi di investimento sensibili alle prospettive di crescita del settore. La giornata conclusiva della manifestazione, domenica 30 giugno, è stata arricchita da una “reunion” di astronauti di eccezionale valore simbolico: Franco Malerba, il primo astronauta italiano, Paolo Nespoli, il “senior”, e Andrea Patassa il “junior”, hanno piantato un albero, un osmanto, nel giardino di Villa Borzino, sede del Festival, e hanno dialogato col pubblico. Prima di passare la mano, in chiusura, agli organizzatori del grande meeting internazionale IAC24 (International Astronautical Conference) che si terrà a Milano a metà ottobre e sarà un formidabile palcoscenico per l’Italia spaziale e non solo.n
Una favola minuziosa
e crudele
A sessant’anni dalla sua composizione, “Il padrone” di Goffredo Parise rappresenta tutt’oggi una denuncia morale dell’abuso di potere.
Massimo Morasso
di
Goffredo Parise
Fra i cosiddetti romanzi industriali, “Il padrone” di Goffredo Parise (Feltrinelli, Milano 1965) gioca un ruolo particolare, sintomatico delle ambiguità, per non dire delle storture ideologiche, perpetrate dalla critica anticapitalistica per partito preso. Opera di forte impegno contro la società tecnologico-consumistica, il libro, infatti, è stato fin da subito e quasi irrimediabilmente inscritto fra i romanzi di fabbrica. Ciò, nonostante il fatto che lo stesso Parise avesse più volte affermato di ritenersi lontano mille miglia dal verismo descrittivo dei suoi colleghi di penna che si stavano interessando, in quegli stessi anni, a raccontare la vita interna di stabilimenti e opifici.
Quanto lo scrittore vicentino dichiarò in un’intervista rilasciata al “Gazzettino letterario” nel luglio del 1965, subito a ridosso, dunque, rispetto alla pubblicazione, non lascia dubbi in proposito, e rivela l’insofferenza di Parise nei confronti del miope, frettoloso etichettamento critico già in corso: «“Il padrone” non c’entra niente con la letteratura di fabbrica. Nel mio romanzo c’è una ditta? Ebbene questa ditta potrebbe essere la vita stessa. Quanto alla resa incondizionata dell’uomo, dei protagonisti alla ditta, essa è appunto la resa dell’uomo di fronte alla violenza per la sopravvivenza o per la speranza della sopravvivenza meramente biologica».
Ma se non è un romanzo di fabbrica, cos’è, questo bellissimo libro sui generis, che si legge con piacere e turbamento ancora oggi, a sessant’anni esatti dalla sua composizione? La scheda editoriale con la quale Adelphi lo ha riproposto ai lettori nel 2011 insiste sulla natura “favolistica” del romanzo, seguendo la suggestione dello stesso Parise, che ne parlò come di una favola «minuziosa e crudele». E, in effetti, della fiaba il libro ha più di una caratteristica. Ma andiamo con ordine, e diamo conto, intanto, della trama. Che è incentrata sulla dialettica fra uno sprovveduto (e innominato) ragazzotto di campagna giunto in città per il suo primo lavoro e il padrone della ditta commerciale che lo ha assunto, il dottor Max. Il quale dottor Max s’ingegna per plasmare il suo giovane neo-impiegato e “costruirlo” a propria immagine e somiglianza, trasformandolo, passo dopo passo, umiliazione dopo umiliazione, in una sorta d’ingranaggio spersonalizzato, in un uomo-funzione irrimediabilmente devoto al suo lavoro e all’umorale, asfissiante logica padronale, ossessionata dal pallino del profitto. Quando l’opera di coartazione e sottomissione agita dal dottor Max supera il limite (per via del matrimonio cui lo induce con Zilietta, ragazza down protetta della sua famiglia) il lavoratore sente nascere in sé un rigurgito libertario, e progetta di uccidere il suo capo. Ma poi non riesce a farlo, va da sé, ridotto com’è in uno stato di schiavitù mentale così avanzato, e in una condizione psicologica così instabile, da non saper forse neanche più distinguere con nettezza l’odio dall’amore che prova per il suo carnefice.
Si sa, il conflitto fra dipendente e padrone è (almeno fino a oggi) un conflitto “eterno”, attivo in ogni tempo e in ogni luogo del globo terracqueo, non soltanto in letteratura e non soltanto nell’Italia del boom. Ma così come si darebbe corso a una lettura estrinseca e di superficie, insistendo, con “Il padrone” ancora in mano, sulla valenza storica della
critica al mondo dell’industria dei primi anni ‘60 nel nostro Paese, così mancheremmo il bersaglio individuato dall’occhio lungimirante di Parise se riducessimo quest’opera di poderosa re-invenzione della realtà alla valenza esemplare dell’apologo metastorico.
Se è pur vero che si tratta di una fiaba, allora “Il padrone” è una fiaba morale dei nostri tempi. Una fiaba che diremmo della crudeltà moderna, perseguita sul piano espressivo tramite il bisturi affilatissimo di un romanziere dotato tanto di qualità stilistiche, quanto di spirito introspettivo e talento dell’indagine psicologica e socioculturale.
Fra gli altri libri parisiani si legga, o rilegga, anche solo “L’odore del sangue” per averne contezza. Nei modi briosi di una narrativa che ammicca al registro del grottesco, esasperando i fatti di cui parla, qui ci troviamo di fronte a un sornione j’accuse d’ispirazione critico-filosofica (che poi, sia detto fra parentesi, gran parte dei fatti e dei misfatti che animano il romanzo sono la re-visione immaginativamente iperbolica dell’esperienza lavorativa di Parise nella casa editrice Garzanti). O meglio, ci troviamo di fronte a un giocoso esercizio di analisi critica, che sembra riproporre in forma creativa alcune delle idee che sottostanno alle tesi meno irritanti del saggio “Der Arbeiter”, cioè “Il lavoratore”, pubblicato da Ernst Jünger nel 1932 (da noi, col titolo “L’operaio”, lo si trova senza particolari difficoltà in più edizioni Guanda); ma come abbassate di tono e boria speculativa, aggiornate sul bilancino sociopolitico ed economico dell’epoca, e geo-localizzate in Italia.
Come Jünger, Parise è portatore qui di una visione meccanicistica e alienante della modernità. Come Jünger, ma in modo forse più acuto, e certo molto più divertente, Parise sottopone alla nostra attenzione una nuova figura antropologica. Che non è una figura sovra-umana, però, come quella concepita da Jünger, ma, tutto al contrario... è tendenzialmente sotto-umana.
Oppure, detto in un altro modo, è una figura sovra-umana, sì, ma nel senso nel quale poteva esserlo nel ‘64 un robot: la macchina-schiavo agli ordini del suo padrone “homo sapiens” - in questo caso il malinconico, nevrotico dottor Max, un pover’uomo pieno d’arroganza anaffettiva ansioso di scalzare il potere del padre, il vecchio Saturno (!). Se per Jünger, teoreta visionario fra i maestri del Novecento, il nuovo “tipo umano” avrebbe dovuto essere un lavoratore-soldato al servizio dello Stato Totale del Lavoro, per il gran narratore Parise quello stesso tipo è diventato, nel frattempo, il lavoratore-marionetta senza nome, che si aggira, ridotto a cosa fra le cose, nell’immane trappola mortale dell’azienda. Dove a spadroneggiare, fra sempre nuovi contorsionismi intellettuali e repentine simpatie e antipatie, è il Gran Burattinaio dottor Max (alias Livio Garzanti?), che lo ha indotto a fare del lavoro un concetto totalizzante, in grado di influenzare ogni aspetto della sua esistenza.
Questo sottostimato romanzo evoca con arguzia a tratti esilarante una realtà tragica, fantozziana, che può apparire per certi versi datata, ma che datata non è. Il libro sembra essere scaturito dal bisogno di denunciare un decorso morale nefasto, mediante un atto di scrittura che vale come strumento di resistenza civile da contrapporre alla terribile, quotidiana osservazione dell’uso e dell’abuso del potere.●