Asa Magazine 16 - Maggio 2021

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Idromele e Canapa sativa L., a Napoli il primo studio sperimentale All’Università Federico II di Napoli - Dipartimento di Agraria - studi di ricerca sul connubio idromele-cannabis hanno rivelato sorprendenti effetti di amplificazioni delle proprietà organolettiche e terapeutiche. di Massimo Antonino Cascone – Foto Miel d’Or

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pumeggiante, fresco, sicuramente mosso. Così, i testi antichi ci descrivono l’idromele, la bevanda fermentata a base di miele più antica dell’umanità. Le prime testimonianze archeologiche sulla sua produzione in Europa risalgono al 7.000 a.C. circa, ma pare che già quasi 10.000 anni fa fosse prodotto in Cina. Un fermentato con più di 20.000 anni di storia, patrimonio culturale di

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tantissimi popoli. Con la diffusione nel bacino del Mediterraneo della vitis vinifera e, dunque, del vino, l’idromele iniziò, però, a perdere progressivamente il suo interesse alla produzione. Il clima favorevole, infatti, favorì la coltivazione di uve per il vino, in quanto più semplice ed economicamente vantaggiosa. Soltanto in nord Europa, dove il freddo non permise la diffusione delle vigne, la cultura dell’idromele continuò a permeare le tradizioni dei

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popoli. Tanto è confermato anche dai ritrovamenti negli scavi archeologici di corni potori e di rhyton (calici) alti e stretti, recipienti tradizionali del nord Europa ideali per il contenimento dell’effervescenza, data da un’impetuosa fermentazione a base di differenti varietà, più chiare o più scure, di miele. Bevanda costosa e, dunque, appannaggio di pochi eletti, l’idromele era essenzialmente considerata sacra, dono degli dei concesso agli uomini attraverso il lavoro delle api