L’oeil gourmand… Paris Galerie Canesso 2007

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Fig.1 — Giuseppe Recco, Interno di cucina, Vienna, Gemäldegalerie der Akademie der Bildenden Künste.

caratterizzata da toni perlacei e ombre livide. Giuseppe Recco è invero uno dei massimi pittori di natura morta del Seicento attivo a Napoli e senz’altro il più versatile: “fu pittore singolarissimo di fiori, frutti, cose dolci, pesci, cacciagione, verdume, ed altro” dice il biografo e la sua polivalenza è corroborata dalle opere, poiché moltissime sono quelle firmate, siglate e datate in vario modo. Il suo nome è citato quasi sempre nelle collezioni napoletane (Labrot, 1984, p. 136; 1992, p. 552) ed anche se la menzione Recco deve talvolta celare il lavoro di uno dei suoi figli nondimeno si tratta di una testimonianza del successo delle sue formule come della sua fiorente bottega. La posizione preminente e il prestigio di cui Giuseppe Recco godette sono poi emblematizzati dal passo di De Dominici in cui il biografo lo dice decorato dal re Carlo II con la croce di Calatrava. Ora questa notizia è contestata già dallo storico Giannone (1771-1773, [ed. 1941], pp. 152-153). Più recentemente Pérez Sánchez (1965, pp. 424-425) ha espresso dei dubbi circa la veridicità del passo dedominiciano e nel 1988 ha pubblicato un documento del 1667 relativo all’onorificenza di Calatrava concessa a un Don Giuseppe Recco, i cui dati biografici e genealogici non coincidono con quanto è noto del pittore. Ulteriori ricerche svolte da De Vito (1988, p. 68) hanno confermato che non fu il figlio di Giacomo Recco a ricevere l’abito di Calatrava ma un omonimo. L’eques col quale il pittore firma alcuni dipinti a partire dal 1671 (Leone de Castris, in Roma, 1994-1995, p. 70) si riferisce quindi ad un altro titolo, più consono ad un pittore. Sbagliando però, il De Dominici ci trasmetteva il prestigio sociale di cui godeva Giuseppe Recco e infatti un documento pubblicato da Burke lo ricorda come “pittore del Marches di Los Velez” che fu Viceré di Napoli dal 1675 al 1682 (Burke – Cherry, 1997, I, p. 761). Due tele di pesci menzionate nell’inventario dei beni del Marchese

del Carpio, Viceré di Napoli dal 1683 al 1686, redatto a Roma all’occasione della sua elezione e prima del suo trasferimento a Napoli, sono messe in relazione dalla Fumagalli con un altro passo del De Dominici in cui “due suoi quadri di questo genere [di pesci] furono esposti nell’anzidetta mostra [del Corpus Domini] de’ quadri fatta esponere dal Giordano, dal qual furon con marine e pescatori eccellentemente acordati. […] questi due quadri pervennero in potere poi del marchese del Carpio viceré di Napoli […] e dopo la sua morte, uno di essi era posseduto da Alessandro Cassano negoziante de Cambii, che con altri quadri l’ottenne per ragion d’interessi avuti con quel signore” (Fumagalli, in De Dominici [a cura di Sricchia Santoro – Zezza], II, di prossima pubblicazione). Il De Dominici accenna qui alle difficoltà finanziarie del Marchese del Carpio, storicamente fondate, e ciò potrebbe spiegare il fatto che le tele suddette non compaiono nel secondo inventario redatto alla morte di questi, ma il biografo fornisce anche un’indicazione precisa sul passaggio di uno dei pendant nelle mani di un Alessandro Cassano, non meglio conosciuto. L’agio finanziario di cui godette, la presenza dei suoi quadri alla mostra del Corpus Domini, la collaborazione con Luca Giordano (più volte documentata, dalle opere come dalle fonti) fino alla partenza per la Spagna alla fine della sua vita, (De Dominici, 1742-1745, III, p. 296) testimoniano sufficientemente che Giuseppe Recco ebbe un ruolo di primo piano nella civiltà partenopea. La bellezza delle opere a noi pervenute, la loro qualità, spesso molto alta, l’abbondanza e la varietà del suo operare riflettono ancor oggi lo splendore della natura morta napoletana del Seicento. claudia salvi

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