Artribune Magazine 22

Page 82

Capitale del Belgio e de facto dell’Unione Europea, Bruxelles è da anni uno dei centri internazionali per la creazione performativa. Ce la raccontano artisti e performer italiani che hanno scelto di farne il proprio spazio di vita e d’azione. Le pratiche artistiche diventano modi per perturbare i meccanismi di appartenenza, negoziare modelli sociali e culturali, riposizionare i coefficienti spaziali nel corpo a corpo...

BRUXELLES: PRATICHE DELLO SPAZIO VISSUTO di PIERSANDRA DI MATTEO

Nel 2010 Anna Rispoli, artista, performer e membro di Zimmerfrei, insieme a Anna De Manincor e Massimo Carozzi realizza LKN Confidential, portrait filmico di un quartiere di Bruxelles visto da dietro le vetrine degli esercizi pubblici di rue de Laeken/Lakensestraat. La penetrazione della città si stratifica nel tempo attraverso strategie di negoziazione urbana alla ricerca di comunità temporanee, posture non collaudate e non garantite. “A sud di Bruxelles”, ci racconta, “c’è l’autostrada e la campagna, l’Ikea e il dressage per cani, il canale e la piscina dove vanno i bambini che non sono mai stati al mare. E un campus francofono e uno fiammingo. Dalla torre del campus si osserva, a 360 gradi, l’assemblaggio urbano. L’impressione è che non si riesca a cogliere un disegno unico, e che in fondo la città abbia più senso quando è esperita dal basso, scegliendo tra uno dei mille punti di vista soggettivi e situati”. Nasce così Retroterra, lo spettacolo creato per il Kunstenfestivaldesarts nel 2012: “Una torre di undici piani, sede di una scuola alberghiera, racconta in prima persona l’evoluzione di Bruxelles vista dalla sua periferia. Questa francofona capitale delle Fiandre in cui si gioca tutta la partita nazionalista del Belgio, questo polmone economico

carico di uffici notarili, commissari europei, in cui gli abitanti stabili sono per lo più disoccupati, questo micro-groviglio metropolitano che parla arabo e inglese e che ospita una vitalissima comunità di artisti internazionali, questa città a cosa assomiglia? Chi sono le persone che la attraversano? Come possono inventarsi un gesto comune?”. Per la Rispoli lo spazio è un luogo praticato: “Nel 2009 abbiamo aperto il KFDA con un light show domestico creato dai cinquecento abitanti di un monumentale palazzo di case popolari del centro. È stato molto emozionante contemplare questa non-comunità di condomini usare le luci di casa per lanciare un messaggio sincrono alla città: ‘Vorrei tanto tornare a casa (e che questo volesse dire tornare dove sei tu)’ [nella foto]”. Si tratta di instaurare una nuova prossemica tra i corpi? “Da sei anni abito a Molenbeek, uno dei quartieri del centro in cui la comunità del Rif marocchino conta quasi l’80 % di presenze. Qui si parla molto più un dialetto arabo che una delle altre 123 lingue bruxellesi. La mia integrazione non è scontata e si gioca sul modo di mostrarsi e guardare l’altro. Per conoscere i vicini ho aperto la porta del mio appartamento e ho invitato un attore marocchino a mettere in scena me stessa mentre guardo alla finestra i miei dirimpettai”. L’artista Anna Raimondo guarda a Bruxelles come luogo delle appartenenze e punta sull’erranza del semantico. Nella sua ricerca, voce, linguaggio e deambulazione (tra performance, arte radiofonica e sonora) sono le piste attraverso le quali percorrere lo spazio urbano

82

ARTI PERFORMATIVE


Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.