Artribune magazine #15

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di VALENTINA TANNI

IL MIO REGNO PER UNA MOZZARELLA (IN CARROZZA)

STORIA DI PIO MONTI C ome è iniziata la tua storia di gallerista? Prima facevi il rappresentante, giusto? Sì, tramite mio padre conobbi il direttore di una grande casa cosmetica internazionale, la Revlon. Avevo circa diciotto anni. Feci domanda per entrare e seguii un corso di cosmetologia a Londra e poi a Parigi per imparare la composizione dei prodotti. Dove vivevi in quel periodo? A Macerata. Mi assegnarono, come area di rappresentanza, le Marche, l’Umbria, l’Abruzzo, il Molise e una parte di Roma. Roma, naturalmente, mi ha sollecitato molto. Uno dei tuoi prodotti era questa famosa crema che citi spesso, la Eterna 27...

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ATTUALITÀ

Eterna 27 era un prodotto che prometteva di arrestare il tempo a 27 anni. Una grande illusione, naturalmente. La cosa curiosa è che poi, frequentando Roma, ho incontrato Gino De Dominicis, per il quale il concetto di eternità era centrale. Io ero sensibile a questa tematica per via del retroterra nella cosmetica.

va acceso questo interesse. Venendo a Roma ho poi conosciuto molti artisti e ho avuto la fortuna di trovare, pian piano, la strada giusta. Soprattutto tramite l’incontro con Gino De Dominicis, che conobbi al Bar Rosati, in piazza del Popolo.

Con De Dominicis siamo andati a Parigi, abbiamo fatto anche tante stupidaggini. Ci capivamo con uno sguardo

Eri già appassionato d’arte? Diciamo che avevo una certa “inquietudine c o n o s c i t i va” . Avevo avuto una simpatia per una ragazza che viveva nel mio palazzo e faceva la scuola d’arte; lei mi ave-

Fu un incontro casuale? Sapevo che era un luogo frequentato dagli artisti e sono andato. Poi De Dominicis era marchigiano come me e per questo abbiamo subito socializzato. C’era anche Jannis Kounellis, Vettor Pisani e tanti altri artisti. Io ero un ragazzo di provincia, ma mio padre mi aiutò econo-

micamente, così ho subito comprato qualcosa. Cosa comprasti? Mozzarella in Carrozza di De Dominicis è stata una delle prime opere che ho acquistato. L’avevo vista all’Attico, da Sargentini. Sono rimasto male quando al Maxxi l’ho vista esposta con dentro una mozzarella di plastica. Così non è più una tautologia, torna a essere una metafora. Doveva essere una vera mozzarella in una vera carrozza, fermi nel tempo. Era un’opera molto costosa? Sì, ho dovuto vendere un appartamento per comprarla. Per non parlare delle discussioni con mia moglie. Ho comprato anche Il tempo, lo sbaglio e lo spazio, e per quella ho venduto un secondo appartamento. Era il 1972. Ero affascinato da queste


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