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ANNO 7, NUMERO 10

PERIODICO D’INFORMAZIONE DELLA UILTRASPORTI CAMPANIA

OTTOBRE 2015

Editoriale

CCNL, uno strumento da “accordare”

I contratti per il Paese

La necessità di trovare un nuovo modello contrattuale adeguato ai tempi

L

a contrattazione è elemento distintivo del sindacato confederale che tanto ha prodotto in termini di diritti, garantendo nel contempo al Paese di poter affrontare momenti difficili grazie all’azione di rappresentanza di interessi che sempre sono andati al di là della mera, se pur importante, funzione di rivendicazione salariale e normativa propria dell’agire sindacale. In momenti cupi della nostra storia il sindacato ha saputo leggere le emergenze del Paese, facendosi carico di problemi che sicuramente non erano immediatamente percepiti come una responsabilità di cui i lavoratori ed i pensionati si dovevano far carico, ma non avendo la politica la forza necessaria per trasferire ai cittadini la consapevolezza degli indispensabili cambiamenti, in presenza delle mutate condizioni del lavoro e dell’economia, il sindacato confederale non ha esitato a farsene carico per condividere e spiegare le riforme come quella della politica dei redditi, che non poche avversioni costò a CGIL CISL UIL con una parte della stessa CGIL schierata contro. La tenuta economica e forse anche democratica in alcuni momenti è stata garantita anche dalla capacità di rappresentanza che il sindacalismo confederale ha saputo dispiegare e mettere a disposizione degli interessi comuni, con la caratteristica di equanimità e diffusa solidarietà che si è potuta definire grazie alla funzione che i Contratti Nazionali Collettivi hanno saputo determinare. I modelli contrattuali più o meno caratterizzanti il settore merceologico di riferimento sono stati sempre tutti connotati da elementi di solidarietà, equità e giustizia sociale per tutti i lavoratori e per tutte le realtà produttive del Paese, dispiegando la funzione insopprimibile di uguale correlazione tra prestazione e lavoro per ogni attività, affidando alla contrattazione di secondo livello la funzione di calare nelle diverse realtà organizzative i canoni stabiliti proprio con il CCNL. La capacità di ottimizzare le risorse e la coerenza dell’impianto contrattuale con la singola impresa, azienda o ente ha contraddistinto l’azione del sindacato confederale che ha voluto affidare alla contrattazione territoriale o aziendale una funzione strategica capace di dare la massima efficacia alle norme nazionali, implementandole nelle diverse realtà produttive, in alcuni casi profondamente diverse da territorio a territorio, ma non per questo tra loro estranee al punto di poter immaginare salari e normative diverse e distinte. Se le fasi difficili del Paese hanno potuto contare su questa sorta di unicità territoriale interpretata dai CCNL diversamente dai venti secessionisti e dalle politiche di emarginazione del sud del Paese, è incomprensibile come oggi non si comprenda che l’attacco alla contrattazione nazionale non è un attacco al sindacato (oggi di moda) ma un attentato alla coesione sociale e alla possibilità di ripartire tutti ed in tutto il Paese. Le fasi della politica cambiano, non sempre si evolvono, anzi, Pag. 2 negli ultimi tempi sembra-

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he cosa è un contratto? Il contratto non è altro che un accordo tra due o più parti con il quale gli attori stringono un atto giuridico negoziale che crea un sinallagma contrattuale, ossia un nesso di reciprocità, che obbliga e regola il dare ed il fare che i diversi soggetti si scambiano. Il contratto nazionale di lavoro non sfugge al concetto su esposto, esso è un accordo che regola il rapporto di lavoro ed il suo compenso, anche se negli anni al suo interno sono stati inclusi altri fattori come la regolazione delle relazioni industriali ed il mercato del lavoro. Il contratto nazionale di lavoro è stata una conquista dei Lavoratori nell'immediata epoca post fascista, infatti, nell'elaborazione della Costituzione Italiana fu inserito l'articolo 39 che recita:

I lavoratori invisibili dell’handling

"L'Organizzazione sindacale è libera. Ai sindacati non può essere imposto altro obbligo se non la loro registrazione presso uffici locali o centrali, secondo le norme di legge. È condizione per la registrazione che gli statuti dei sindacati sanciscano un ordinamento interno a base democratica. I sindacati registrati hanno personalità giuridica. Possono, rappresentati unitariamente in proporzione dei loro iscritti, stipulare contratti collettivi di lavoro con efficacia obbligatoria per tutti gli appartenenti alle categorie alle quali il contratto si riferisce". Nonostante ciò, la registrazione del sindacato non è mai avvenuta, così come previsto dall'articolo costituzionale, questo perché la registrazione poteva essere letta come un mezzo di intromissione dello Stato ed il mancato riconoscimento giuri-

Quando la violenza la fa da padrona Pag. 3

Eav: Intervista al Presidente De Gregorio Pag. 4

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dico del sindacato fa sì che il contratto collettivo non ha l'efficacia erga omnes, ossia, non è applicabile ai lavoratori non iscritti al sindacato che ha siglato il contratto. Nel 1959 il Governo tentò di porre rimedio a questa situazione e approvò una legge transitoria, legge Vigorelli, che tentò, tramite decreto legislativo, di far diventare i contratti collettivi erga omnes. Ma la legge fu dichiarata illegittima dalla Corte Costituzionale in quanto vista come una sostituzione arbitraria, costruita dal legislatore, al sistema costituzionale. A quel punto, vista l'impossibilità di applicare la seconda parte dell'articolo 39 della Costituzione, la dottrina giurisprudenziale ha ricondotto la disciplina del contratto collettivo al Codice Civile. Pag. 2 Infatti, il contenuto

Legge di stabilità, le novità 2016 Una lodevole iniziativa nel Job’s Act Arte e cultura a Casal di Principe Istantanee sui binari


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CCNL, uno strumento da “accordare” La necessità di trovare un nuovo modello contrattuale adeguato ai tempi dell'articolo 2077 del Codice Civile, prevede che: "I contratti individuali di lavoro tra gli appartenenti alle categorie alle quali si riferisce il contratto collettivo devono uniformarsi alle disposizioni di questo. Le clausole difformi dei contratti individuali preesistenti o successivi al contratto collettivo, sono sostituite di diritto da quelle del contratto collettivo, salvo che contengano speciali condizioni più f a v or e v o l i ai prestatori di lavoro". Quindi, solo grazie all'applicazione di un articolo del Codice Civile possiamo sostenere che il contratto di lavoro collettivo è un contratto erga omnes, ossia un contratto applicato nei confronti di tutti. Ma le contraddizioni non terminano qui, infatti anche sull'ultrattività contrattuale, ossia l'estensione temporale del contratto anche dopo la scadenza, esiste una incoerenza di non facile risoluzione. Ragionando con logica potremmo affermare che è impensabile che un contratto collettivo scaduto azzeri le normative ed i patti economici, lasciando intere categorie sociali in un vuoto normativo. Ma la logica molte volte non è la regola, e la Corte di Cassazione a sezioni unite ha sancito che il contratto collettivo non ha efficacia ultrattiva. Da quanto su descritto appare da pag. 1

chiara la necessità del Governo e delle Parti Sociali di regolare la questione a partire dall'applicazione totale dell'articolo 39 della Costituzione, serve una legge che dia completa attuazione all'articolo 39 della Costituzione, definendo così l'efficacia erga omnes del contratto collettivo e la sua ultrattività. Serve anche una rivisitazione del Testo Unico sulla rappresentanza del gennaio 2014 alla luce del ruolo importante affidato al CNEL per la ponderazione tra dato associativo e dato elettorale necessario per la verifica della rappresentatività delle diverse organizzazioni sindacali ed all'atto successivo del Governo che ha previsto l'abolizione del CNEL. Una volta chiarita l'autorevolezza del contratto collettivo è necessario trovare un nuovo sistema di modello contrattuale adeguato ai nostri tempi, un sistema che pensionando il parametro dell'inflazione dipenda dal tasso di produttività mediante il quale raggiungere perfomance positive sui bilanci aziendali e di conseguenza sul PIL della nazione. Bisogna immaginare di dare più spazio alla contrattazione territoriale ed aziendale per mettere in risalto le peculiarità produttive geografiche così variabili e diffuse lungo tutto lo "stivale" italiano. Insomma bisogna voltar pagina segnando quel-

lo attuale come un punto di ripristino per l'economia italiana e per far questo bisogna chiudere tutte le numerose vertenze contrattuali ancora aperte, a partire dal pubblico impiego dove la controparte del sindacato è proprio il Governo che non può più nascondersi dietro il muro della crisi per negare un sacrosanto diritto dei lavoratori. Ed anche in altre complicate vertenze come quella degli autoferrotranviari, che va avanti da 7 anni, il Governo assume un ruolo decisivo, non bisogna dimenticare infatti che negli ultimi tre miglioramenti contrattuali di quel settore la parte economica è stata messa a disposizione dal Governo che ogni anno stornava le quote parti ad ogni Ente Regionale che a sua volta la girava alle aziende; quindi è dal 2000 che il Governo interviene a sostegno del CCNL degli autoferrotranviari e ragionevolmente per metter fine a questa lunga vicenda, che interessa si un settore privato che però senza dubbio impatta sul sociale e quindi di rilevanza pubblica, è necessario reperire le risorse per dotare di un sistema contrattuale utile al buon funzionamento del trasporto pubblico nel nostro Paese. Per ripartire è necessario chiudere tutte le "code contrattuali" per mettere tutti i lavoratori sulla stessa linea di partenza, poi occorre costruire uno strumento che accompagni la corsa, un modello nuovo contrattuale che a partire dalla risoluzione delle incongruenze e delle contraddizioni sulla materia rendi di nuovo competitivo il nostro Paese per i prossimi anni. Antonio Aiello

Trasporto su ferro e contratti di servizio , quale futuro? A rischio i collegamenti Intercity e gli investimenti futuri. Il diritto alla mobilità in bilico Nell'ultimo weekend di ottobre tornerà l'ora solare e per la gioia di tutti quelli che amano il tepore delle coperte del proprio letto si recupererà un'ora di sonno. C'è un altro cambio orario che, al contrario, avrà invece il potere di disturbare i sogni, in particolar modo quelli dei pendolari, ed è quello che avverrà il 14 dicembre in occasione della partenza del nuovo orario invernale di Trenitalia. Quest'ultimo rischierà di rovinare il Natale a molti viaggiatori a causa delle incerte sorti dei contratti di servizio, innanzitutto di quello che regola la circolazione dei treni a media e lunga percorrenza lungo la Penisola, dato che al momento il Governo non si è ancora pronunciato chiaramente sulle sorti dell'intesa con Trenitalia che, scaduta nel 2014, ad oggi è garantita dalla proroga di un solo anno. Questa incertezza mette a rischio oltre 80 collegamenti Intercity e, di conseguenza, i viaggi di 60mila utenti. I più a rischio

sono, come sempre, quelli del Sud, dato che a causa dei limitati treni ad alta velocità che viaggiano sul loro territorio, devono contare imprescindibilmente sugli Intercity. In particolare si rischiano drastici tagli sulla tratta Napoli

- Bari e sulle linee che dal capoluogo campano viaggiano verso Taranto, Reggio Calabria e Palermo. Disastrose sarebbero poi le conseguenze di eventuali riduzioni dei collegamenti verso il Centro ed il Nord, vitali per chi è quotidianamente costretto a "cercare fortuna" fuori regione. Non mi-

gliora certo la situazione se si analizzano i contratti di servizio che regolano il trasporto regionale. Sono quasi tutte al Sud le regioni con le quali l'amministratore delegato di Trenitalia ha dichiarato di "essere in difficoltà". Campania, Puglia e Calabria già hanno dovuto tagliare i servizi per scarsità di fondi, ed altre sono in grandissimo ritardo sui pagamenti, con attese che arrivano fino a due anni e mezzo, tra queste Calabria, Basilicata e Molise. In tutte queste regioni la situazione è stata definita "complicata" ed ha avuto come immediata conseguenza il rallentamento di nuovi investimenti, in attesa di una totale revisione di tutto il sistema. In definitiva, il futuro del trasporto su ferro è talmente incerto che solo inventandolo si potrà essere capaci di predirlo, ma la speranza è che chiunque abbia il potere di plasmarlo abbia ben chiaro il concetto fondamentale di diritto alla mobilità. Umberto Esposito

no assomigliarsi e in qualunque delle sue espressioni risultano connotate da segni di distanza dalle cose reali e intrise di una propaganda che sta massificando l’azione politica fino a renderne impossibile la connotazione culturale, che invece dovrebbe essere, o meglio tornare ad essere, la discriminante su cui i cittadini dovrebbero operare le scelte elettorali. Appare quindi evidente che la negazione al diritto di una pensione magari adeguata al costo della vita, al rinnovo dei CCNL per recuperare il potere di acquisto di salari, in alcuni casi fermo da un decennio, rispondono ad una cultura liberista, centralista ed anche autoritaria per aver operato una scelta di campo verso l’impresa e non verso il lavoro, fino a prova contraria ancora al centro del dettato costituzionale come pilastro su cui dovrebbe fondare la nostra Repubblica Democratica. Si è provato ed in molti casi ci si è pure riusciti ad adeguare e modulare la struttura dei modelli contrattuali all’evolversi delle cose, degli assetti istituzionali, delle condizioni finanziarie ed economiche di aziende e del Paese, senza mai pensare di poter rinunciare alla funzione della Contrattazione Nazionale e non per difendere il sindacato ma gli interessi e i diritti che appare evidente, anche per espressioni della Suprema corte, vengono calpestati e negati in assenza di un confronto con le parti sociali. Il Fondo monetario Internazionale, (ricerca Power from the people) quindi non un centro studi “eversivo del sindacato”, ha chiaramente detto e sostenuto come da un’analisi sui diversi sistemi territoriali risulta evidente che ... la crisi dei sindacati e l’indebolimento del potere contrattuale dei lavoratori, sono le cause principali delle diseguaglianze economiche e della manipolazione del sistema politico ed economico da parte di chi possiede una quota maggiore di capitali. In altre parole senza contrattazione e quindi il CCNL, i ricchi sono sempre più ricchi e i poveri più poveri. Le ricette per evitare che la imperante cultura liberista continui ad allargare la forbice tra parti del Paese e in esse tra i ceti, preferendo la remunerazione del capitale al lavoro, sono diverse alcune come quello del “salario minimo” non risolvono il problema, casomai lo riducono verso il basso rischiando di aumentare invece ancora la disoccupazione, senza affrontare la sua reale portata che è e resta invece la redistribuzione dei redditi verso lavoratori e pensionati, le vere vittime degli effetti del neoliberismo degli ultimi venti anni. Se questo obiettivo di giustizia sociale e di equità potenzialmente fornisce la possibilità di far ripartire tutto il Paese operando una redistribuzione omogenea della ricchezza ed offrendo a tutti ed in tutti i luoghi la stessa opportunità di ripresa, appare evidente come rifiutare ogni forma di confronto non è solo l’avversione verso i soggetti di rappresentanza sociale, ma la manifesta volontà di preferire gli interessi di pochi a quelli diffusi dei tanti. Una nuova struttura contrattuale per rinnovare i contratti è utile prima che indispensabile, non volerlo fare vuol dire impoverire il Paese non il sindacato, ripensare alle forme di rappresentanza non doveva impegnare solo le parti sociali, ma anche le aziende e gli enti per una profonda rivisitazione delle forme di rappresentanza delle parti datoriali, che non sfuggono anch’esse a crisi di rappresentanza che vale per loro come per sindacati e partiti. Non aver recuperato la titolarità della rappresentanza in presenza del federalismo che ha spostato sulle Regioni e sui Comuni molte delle competenze, come nel caso dei Trasporti, ha svuotato di potere decisionale i tavoli di confronto dei rinnovi CCNL, dove in assenza di impegni esigibili di spesa, nei fatti si è negata la contrattazione e con essa i contratti. La stagione dei rinnovi che la UIL ha posto è quindi un’esigenza che tutti dovrebbero vedere, preferendo l’essere all’apparire fuggendo l’autosufficienza ed aprendosi al confronto, diversamente per gli interessi del Paese bisogna riprendere la lotta che è sempre nelle strategie del sindacato, nonostante i tentativi di restringerla sempre più. Luigi Simeone da pag. 1


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I lavoratori invisibili dell’handling

S. Antimo, la storia infinita dei servizi

Una vertenza che può affossare il sistema trasporti

A rischio i diritti acquisiti nel tempo dai lavoratori

La capacità di spostarsi da un luogo all’altro nel più breve tempo possibile è di sicuro un valido indicatore di una società ben organizzata - dove gli individui che la compongono sono un po’ più felici degli altri. Ora, inutile dire che a Napoli da questo punto di vista ci possiamo tranquillamente annoverare tra gli “infelici

del pianeta”, considerato che la qualità della vita è davvero scadente anche per l’inefficienza dei trasporti locali. Infatti, se il trasporto pubblico o più in generale il trasporto aereoferroviario-marittimo-su gomma fosse efficiente, saremmo sicuramente un po’ più felici, e lo saremmo ancora di più se ci fosse tra loro sinergia . Ma anche in una città come la nostra piena di contraddizioni e difficoltà ci sono delle realtà che funzionano e tra queste c’è il sistema aeroporto, dove i dati confermano l’aumento del traffico aereo e con esso i passeggeri che indirettamente aiutano a generare utili per la società di ge-

stione ed in maniera sia diretta che indiretta a creare ricchezza per le amministrazioni locali. Ma ciò non sempre si traduce in un benessere collettivo, anzi anche in un settore in crescita come quello del trasporto aereo troviamo alcune pecche. La dimostrazione del fatto che questo sistema è perversamente imperfetto è che tutte le aziende dell’indotto si stanno impoverendo e fanno sistematicamente ricorso agli ammortizzatori sociali, in particolar modo le società di handling i cui dipendenti stanno, anno dopo anno, perdendo qualunque certezza sul loro futuro lavorativo. Parliamo di migliaia di lavoratori in tutta Italia che contribuiscono con il loro lavoro a fornire un servizio indispensabile per il Paese. Questa situazione, divenuta insostenibile, è già sfociata in uno sciopero di 4 ore indetto dalle organizzazioni sindacali l’8 ottobre scorso, con una partecipazione massiccia di tutti i lavoratori interessati a reclamare i loro diritti salariali. Nonostante tutto non c’è stato un solo giornale o una sola tv che abbia dato un minimo di risonanza all’evento e alle loro ragioni. Tutto fa pensare che “li vogliono invisibili” ma siamo più che sicuri che i lavoratori degli handlers sapranno farsi valere e soprattutto sentire con la partecipazione in massa al prossimo sciopero di otto ore che sicuramente creerà non pochi disagi al settore e avanti così fino a quando qualcuno si accorgerà finalmente di loro! Claudio Nocerino

La discutibile gestione degli appalti dei servizi pubblici negli ultimi mesi si è arricchita di un nuovo esempio ed ancora una volta a farne le spese sono i lavoratori. Questa volta a fare da sfondo alla vicenda è il comune di Sant’Antimo e l’oggetto della vicenda è individuato nell’appalto dei servizi relativi alla casa comunale, agli uffici distaccati, al cimitero ed agli asili nido. I continui cambi di mano nel tempo hanno destabilizzato le maestranze che spesso hanno dovuto fare la voce grossa pur di vedersi riconosciuti i loro diritti fondamentali. In passato la gestione fu affidata alla DIEM che, attraverso la cessione di ramo d’azienda, ha trasferito successivamente alla PDP l’esercizio delle attività. Quest’ultima, però, nel tempo ha mancato di rispettare le più basilari norme a tutela del lavoro, negando non solo il pagamento dei salari, ma perfino la possibilità di effettuare le visite sanitarie previste dalla legge. Da parte della PDP è stata più volte avanzata la richiesta di accedere alla cassa in deroga per ammortizzare i costi, ma la mancanza dei presupposti ha reso inattuabile questa possibilità. Al momento il Co-

mune si è mosso per rescindere il contratto alla cooperativa e riaffidare l’appalto dei servizi pubblici ad una nuova società. La ditta individuata per la nuova concessione è la Splendor che però sembra essere partita con il piede sbagliato, manifestando da subito l’intenzione di ridurre i salari, seppur lasciando inalterato il numero del personale. L’operazione prevedrebbe assunzioni ex-novo delle attuali maestranze, negando, dunque, il mantenimento degli elementi accessori ed in generale delle condizioni di miglior favore. La pretesa avanzata è ovviamente da rigettare completamente, dato che il contratto non muterebbe in alcun modo, poiché si tratterebbe di un semplice riaffidamento. Ancora una volta, dunque, nel settore dei servizi la salvaguardia delle garanzie dei lavoratori viene duramente minacciata, mettendo in discussione diritti acquisiti nel tempo dai lavoratori. L’obiettivo ora è quello di seguire da vicino le vicende del Comune di Sant’Antimo sperando che alla fine la logica possa avere la meglio e si rispetti ogni diritto a tutela del lavoro. U. E.

Un mestiere che rasenta il pericolo, gli eroi del mare Una cerimonia in memoria dei marittimi deceduti, una targa per ricordarli Il Paese ha bisogno di eroi. Ma non di vittime. E quando parliamo dei lavoratori del mare vorremmo immaginare il mestiere del marittimo come uno di quei lavori tranquilli, lontano da pericoli, insidie, catastrofi. I pensieri purtroppo non spesso coincidono con la realtà. Cosicché per l’“uomo del mare” pare invece che nel suo lavoro il pericolo sia quasi un’abitudine, che sia in possesso di uno spirito di conservazione di una tale forza d’animo necessaria in determinati momenti della sua giornata lavorativa, una serenità d’animo quasi singolare. Sembrano caratteristiche comuni, ma non è così. Il pericolo è in agguato, sempre, in ogni dove e spesso ci si ritrova vittima di un destino ineluttabile, in difesa del proprio onore, del proprio senso del dovere. Questo è ciò che fa la differenza per questi lavoratori, questo è quello che bisognerebbe considerare quando si pensa a queste figure professionali. L’esperienza

di più secoli dimostra che il mare abbonda di insidie anche quando c’è una lunga pratica del mestiere, anche quando l’applicazione è indefessa. E quando si viene a conoscenza di tragiche conseguenze di collisioni navali, quando si sente per radio o si guarda in televisione scene di navi affondate, di navi attaccate da pirati, di tragici incidenti, di fatalità inattese, solo allora si capisce quanto il pericolo per questi marittimi sia sempre in agguato. A volte le motovedette della guardia costiera o i mezzi aerei dell’Aeronautica continuano inutilmente ad effettuare ricerche, ma a nulla serve, le navi affondano, le navi possono subire collisioni, le navi hanno incidenti e la gente muore, i marittimi perdono la vita. Succede anche questo, nonostante non si vuole parlarne, nonostante si cerchi di non pensarci. A poco serve poi riflettere sulle speranze dei familiari che con il passare delle ore affievoliscono sempre di più. Il più delle volte si pensa che l’ipotermia li abbia già potuti uccide-

re. E questo è un pensiero tremendo, sconvolgente. Andrebbe invece riflettuto più spesso sui pericoli presenti nel mestiere del marittimo, quale importanza abbia in questi frangenti la prontezza e l’organizzazione dei soccorsi. È fondamentale per la tutela dei lavoratori, soprattutto in un settore dalle forti specificità quale quello marittimo, l’impegno per la massima diffusione della cultura della sicurezza anche attraverso l’utilizzo di tutte le modalità e le apparecchiature che consentono il più alto livello di prevenzione. E la sensibilità in occasioni così drammatiche cresce, inevitabilmente. Non in ultima, il 24 ottobre al cimitero di Torre del Greco, una cerimonia religiosa verrà dedicata per la benedizione di una targa messa in posa il 2013 per i marittimi deceduti sul lavoro, per morte naturale, malattia, infortuni e naufragi. L’unica targa in memoria di questa categoria professionale in tutta Italia, una targa rivolta al mare, come un faro per i naviganti, un’idea dell’Associazione “Amici del Mare”. Un modo questo per ricordare gli uomini del mare come eroi, a volte vittime di un atroce destino, a questi “angeli” verso cui immensa è la gratitudine. Paola Arrighini

Ad oltre dieci anni dalle ultime elezioni, a fine novembre i lavoratori del Gruppo FS potranno ritornare ad eleggere le proprie rappresentanze sindacali. Le elezioni per il rinnovo delle RSU ed RLS saranno dunque un appuntamento determinante per tutti i ferrovieri, soprattutto in un momento di forte rinnovamento come quello che si sta attraversando. Nei prossimi mesi i temi da affrontare saranno di indubbio rilievo. Dalla privatizzazione, alla riorganizzazione dell'infrastruttura, dall'unicità del Gruppo, alle gare per i rinnovi dei contratti di servizio regionali, dal futuro della Divisione Cargo, alla sicurezza del personale viaggiante, si combatteranno una serie di sfide di importanza fondamentale per tutti i ferrovieri. Per questo sarà dunque decisivo creare un vasto fronte capace di sostenere uomini e donne che si distinguano in termini di impegno, competenza e professionalità. Si fa appello dunque a tutti colleghi affinché colgano l'occasione per accordare la propria preferenza a chi davvero sarà capace di costruire un futuro più sereno, evitando di cadere in trappole sulle quali è facile scivolare a causa dell'egoismo e dell'impreparazione.


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EAV, si riparte con l’idea di carriera Quando la violenza la fa da padrona Speranze e dubbi tra selezioni interne e riorganizzazione ANM, ancora episodi incresciosi dentro e fuori l’Azienda È un autunno che ha qualcosa di primaverile in casa EAV: il nuovo corso pare prendere forma. Si riparte, si intravede un barlume di “nuova organizzazione” e, dulcis in fundo, fioccano le selezioni interne. Tra tutte, hanno suscitato qualche polemica le selezioni indette nei reparti di manutenzione. Più precisamente, parliamo dell’accesso alla figura professionale di “Capo Unità Tecnica” nel settore della Manutenzione Rotabili.

L’iniziativa aziendale è stata questa: ricercare al proprio interno delle unità (cinque, in totale) che passino ad un parametro retributivo superiore (pari a 205), con mansioni di tipo gestionale. E qui l’opinione comune ha espresso qualche perplessità. Partiamo da un concetto: bandire una selezione può voler dire tante cose. Ad esempio, può esserci carenza di organico in un particolare settore, tale da richiedere eccessive prestazioni straordinarie, e quindi la selezione serve a risparmiare denaro. Oppure si può valutare iniqua o sbilanciata l’organizzazione del lavoro e si può pertanto scegliere di ridistribuire i carichi di lavoro. O ancora, c’è la più nobile delle ragioni: si de-

cide di bandire una selezione che faccia da sprone, da premio e da motore alla motivazione del personale. I casi possono essere i più svariati, insomma. In qualsiasi caso, si presuppone che, a fare promozioni, sia un’azienda in buona salute, lontana dal collasso economico, che persegue un’ottica di efficientamento. A questo punto, qualche dubbio legittimamente è sorto. In effetti, la spinta agli avanzamenti di carriera, laddove si svolgano attività superiori a quelle riconosciute, è un obbligo morale, certo. È giusto e sacrosanto offrire una prospettiva di crescita professionale a chi possiede meriti, qualità e potenzialità, non ci piove. Non ci sfugge, però, che tutto ciò è anche dispendioso. Si spera nel fatto che queste idee siano parte di un più complesso progetto di efficientamento. Inoltre, partire da un settore specifico lascia intendere alla “platea aziendale” che il management voglia poi estendere simili opportunità di sviluppo professionale a tutte le aree operative. Anche qui, si spera che la riorganizzazione aziendale sia già stata disegnata, per tutti i reparti, in maniera da conoscere pesi e contrappesi di ogni progetto. La fiducia nel management è già riposta. Dunque, viste queste premesse, i lavoratori EAV di certo attendono di vedere inserite queste “pillole” organizzative in un contesto più ampio di riorganizzazione totale, in un’ottica più vasta di motivazione del personale, all’interno di una chiara sequenza di operazioni rivolte al personale. Rosa Fornaro

Ancora dubbi sul futuro di CTP L’assetofuturodel’aziendanelpanoramadeltplcampanodestanonpochepreoccupazioni Il 19 ottobre 2015 il Consiglio Metropolitano di Napoli ha approvato in via definitiva il Bilancio di previsione della Città Metropolitana per l’esercizio finanziario 2015. Un provvedimento indispensabile, convalidato al termine della seduta di Consiglio tenutasi presso il complesso di Santa Maria la Nova e che consentirà la ripresa di tutte quelle attività fondamentali di cui lo stesso ente è titolare. Una conferenza, anche stavolta, alquanto tribolata, alla quale hanno assistito diversi lavoratori delle partecipate dell’ex Provincia, interrotta nella sua fase cruciale dai capi gruppo delle diverse forze politiche presenti, una pausa questa, evidentemente necessaria per ritrovare un equilibrio politico che di lì a poco avrebbe influenzato l’esito della votazione finale. Un pit-stop prezioso che ha consentito oltretutto agli stessi consiglieri di redigere e sottoscrivere un documento, siglato anche dal sindaco De Magistris, per la definizione di un programma condiviso d’interventi da attuare nel solco dello spirito costituente della Città Metropolitana; un bilancio 2015 licenziato

tra mille difficoltà che rappresenta senza dubbio un risultato importante per i territori, i cittadini e i lavoratori della stessa Città Metropolitana e delle proprie partecipate. L’approvazione del documento con-

tabile, significativo anche per la salvaguardia del tpl nell’area metropolitana di Napoli, permetterà, in particolare all’assemblea dei soci della Ctp, di provvedere alla restante parte di ricapitalizzazione necessaria al fabbisogno della società, un aumento di capitale, in realtà, già effettuato parzialmente e quindi previsto nel bilancio previsionale. Nello scorso mese di luglio, infatti, in attesa dell’approvazione del bilan-

L’allarme cresce, l’aggressività dilaga e gli episodi di violenza inaudita a danno dei lavoratori Anm sono senza precedenti. L’esasperazione dell’utenza inferocita è al limite dell’immaginabile, ma nulla, proprio nulla giustifica tali comportamenti. Bus presi d’assalto, calci, sputi, il tutto condito da aggressioni fisiche e verbali. Sembra un giorno di ordinaria follia. Il problema è che non si parla di un episodio sporadico. Ma di ordinaria follia, ripetuta, perpetrata quotidianamente. Scene di assurda e inaudita violenza. E quando i livelli di barbarie diventano sempre più pericolosi e inarrestabili la cosa si fa davvero grave. Inconcepibile tanta ferocia, inconcepibile che i lavoratori siano sottoposti a questo clima di folle azione. I disagi per l’utenza crescono, i disservizi aumentano, ma loro, i lavoratori, che colpa ne hanno? Nessuna. Vai a spiegare questo alla gente, a quelle persone che restano sotto le pensiline dei bus, a quegli utenti che pagano il biglietto ma non usufruiscono del servizio pubblico. E quando poi i toni si inaspriscono anche all’interno dell’azienda Anm, questo è davvero scandaloso. Quando poi la violenza inaudita dilaga anche tra i dipendenti dell’azienda, questo è davvero uno scempio. Quando poi episodi di violenza accadano tra dipendenti che rivestono mansioni aziendali e ricoprono anche cariche sindacali, questo è ancora più assurdo. Che siano futili o rilevanti i motivi, poco importa. Quando un pugno viene sferrato ai danni di un altro collega sindacalista allora si arriva proprio alla frutta. Episodio gravissimo. Episodio che si spera non resti impunito, episodio di cui non si vorrebbe neanche parlare. Ma non perché colui che ha preso un cazzotto in faccia è un sindacalista Uil, non perché la parte lesa denunci nell’aggressione un rappresentante di una sigla sindacale autonoma, ma

semplicemente perché cose del genere non dovrebbero mai accadere. Follia? Si, non potrebbe definirsi altrimenti. Considerare i “fondamentali” dell’esercizio del “ministero” del sindacalista sembra a questo punto essere una necessità e questo lo sanno bene coloro che hanno fatto di questa attività una scelta di vita fondata su valori profondi e umani. Cosa c’è di umano in tutto questo? Assolutamente nulla.

cio dell’ente di piazza Matteotti, il sindaco metropolitano di Napoli, a fronte delle difficoltà economiche finanziarie, dispose con propria deliberazione una prima ricapitalizzazione della Compagnia Trasporti Pubblici, che sarà, evidentemente, suffragata da un nuovo atto formale per il riconoscimento di risorse finanziarie utili alla continuità aziendale. Al riguardo, nonostante sia stato affrontato e superato un nodo cruciale, quale l’approvazione del bilancio della Città Metropolitana e sebbene in seguito sarà deliberata la restante parte di ricapitalizzazione, destano ancora forti preoccupazioni le condizioni contingenti e future della Ctp. Un primo punto interrogativo riguarda proprio la situazione economica finanziaria; saranno sufficienti le risorse destinate alla Ctp per tutto l’esercizio 2015? Facendo riferimento agli incontri che le organizzazioni sindacali hanno tenuto con la proprietà e l’azienda, e alle relative rassicurazioni ricevute in merito, sembrerebbe che tutto quanto necessario sarà garantito alla Ctp per uscire dal guado. Tra gli interventi

preannunciati, a favore della stessa azienda, c’è da registrare il protocollo d’intesa siglato tra la Città Metropolitana e l’ex Polizia provinciale, che prevede l’impiego e l’espletamento delle funzioni degli agenti appartenenti al corpo di pubblica sicurezza anche a bordo degli autobus della Ctp, una misura valida, in primis, per mettere in sicurezza i lavoratori e tutelare i servizi pubblici essenziali dell’area metropolitana, ma anche per combattere l’annoso fenomeno dell’evasione dei titoli di viaggio. Piccoli passi in avanti, dunque, per garantire la continuità aziendale e assicurare i livelli occupazionali; nel frattempo, nonostante buoni auspici e volontà politiche della Città Metropolitana di avviare percorsi di razionalizzazione tra le partecipate, in primo luogo attraverso processi di sinergie da avviare tra le aziende di tpl che esercitano i servizi nella stessa area, resta ancora poco chiaro e da definire l’assetto futuro dell’azienda nel panorama del trasporto pubblico locale campano. Pierino Ferraiuolo

Dove sono quei valori che dovrebbero caratterizzare gli atteggiamenti e i comportamenti di chi, come un sindacalista, opera nel sociale? Una svolta moralizzatrice. È questo che si chiede all’azienda. Perché atti del genere di questi aggressori non restino impuniti, perché scempi così non si verifichino più. Non è carità cristiana che si chiede, nulla del genere. È giustizia, perché il rispetto degli altri deve essere un elemento imprescindibile per chi fa dell’azione sindacale una professione. Il sindacato è anche questo. Il sindacato è etica, è morale, è dialogo, è sociale, è soprattutto rispetto. E le contraddizioni, le contrapposizioni, i problemi, i dissensi non si risolvono così. Non sono i cazzotti in faccia a risolvere i problemi. Quelli li lasciamo ai pugili di professione. Chi fa il nostro mestiere lo fa con valori eticamente corretti di cui il nostro sindacato è stato sempre portatore. Speriamo che gli altri questo lo impareranno. Speriamo che tutto questo non accada mai più. Dario Riccio


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Intervista al Presidente De Gregorio per parlare del futuro di EAV A pochi mesi dal suo insediamento facciamo il punto sullo stato delle cose in Azienda Negli uffici del palazzo di direzione dell’EAV di Corso Garibaldi, abbiamo incontrato il dott. Umberto De Gregorio, Presidente della principale società di trasporto locale della Regione Campania. Dai progetti più prossimi al nuovo piano industriale e di riorganizzazione interna, dal comparto gomma al suo rapporto coi social network, queste alcune delle domande sottoposte alla sua attenzione per fare il punto sulla situazione aziendale e capire cosa devono aspettarsi i lavoratori nel corso del suo mandato.

Dal giorno della sua nomina a Presidente EAV, cosa è cambiato per l'azienda? È cambiato il clima, mi auguro. Nel senso che da un lato c'è un clima di maggiore apertura verso l'esterno, di maggiore confronto, di maggiore messa in discussione di chi siamo e di che cosa vogliamo fare. Dall'altro lato c'è un clima di maggior decisionismo, dobbiamo intraprendere delle strade e dobbiamo portarle avanti, ovvero linee sul fronte da intraprendere per non far fallire l'azienda. Abbiamo un tavolo aperto con la Regione molto importante, anzi direi fondamentale. La grande novità è che la Regione deve essere parte non formale ma sostanziale del piano di rilancio dell'Eav. Cosa prevede nel futuro più prossimo la sua agenda gestionale per risollevare appunto le sorti dell'Eav in termini sia finanziari che di servizio da erogare all'utenza? Il servizio è legato alle risorse finanziarie. A noi tocca risolvere un grande tema, quello del risanamento finanziario perché abbiamo una massa debitoria di 500 milioni certi e di 200 milioni che riguardano le passività potenziali. Dunque, 700 milioni totali a fronte di un patrimonio che vale otto milioni. Sia chiaro, qualunque azienda in queste condizioni non può progettare nulla, se non stare attenta giorno per giorno a far muovere i treni e a non chiudere i battenti. Non è semplice, le idee ci sono ma non sono

ancora definite e formalizzate, ci aspettiamo un grande aiuto dal Presidente De Luca. Poi, una volta risolto questo tema, possiamo iniziare a chiudere una serie di contenziosi con le imprese che dovrebbero riaprire i cantieri, per così ripartire cercando di avere anche una programmazione finanziaria nel breve termine un po' più attenta che ci consente di pagare i fornitori strategici - che ad oggi non stiamo ancora facendo - e di avere di conseguenza una vita lavorativa dove non si è sempre all'ultimo minuto e all'ultimo respiro. Quando sarà presentato il nuovo piano industriale? Entro il prossimo 15 dicembre presenteremo all'azionista, ossia la Regione, un budget per l'anno 2016, che non coinciderà certo con un piano industriale ma darà però una chiara indicazione da cui partire. Il piano industriale è per natura un piano pluriennale e potrà essere varato in maniera seria solo quando avremo messo in ordine i conti sul passato, dove "messo in ordine" non vuol dire certo risolti o pagati, bensì avere invece chiaro il modo per uscire al meglio dalla situazione debitoria. Affrontando poi il fenomeno dell'evasione tariffaria, come pensa di fronteggiare il problema dei numerosissimi impianti lungo le linee Eav che attualmente risultano impresenziati? Innanzitutto va detto che ad oggi per la verità abbiamo un dato positivo: 24 milioni di ricavi da traffico a tutto settembre 2015, contro i medesimi ricavi da traffico a dicembre dello scorso anno. Un ottimo risultato, dovuto in gran parte all'introduzione del titolo aziendale, che però non basta. Noi dobbiamo aumentare di moltissimo i ricavi ottenuti dalla vendita dei biglietti perché il prossimo anno ci mancheranno 15 milioni di ricavi straordinari che ci sono stati concessi fino al 2015 per atto del Commissario straordinario. Ora, per il 2016, il Ministero si aspetta che avremo portato a termine il processo di efficientamento, cosa per nulla semplice che ci impegnerà a lavorare molto sulla struttura dei costi e sul fronte dell'aumento dei ricavi, nel senso che più si riesce ad aumentare i ricavi meno si è costretti a rivedere la struttura dei costi. Quindi, meno sacrifici da chiedere a tutti, in primis ai dipendenti. Tema che infine credo debba essere messo al centro del dibattito con i sindacati. Cosa sente di poter promettere ai suoi lavoratori per migliorare la qualità delle loro ore lavorative? Come intende poi alimentare il loro senso di appartenenza e di fiducia completamente svanito

in seguito alla fusione delle tre ex aziende su ferro? Io credo che dovrà essere effettuata una grande operazione motivazionale. I dipendenti dovranno andare a lavoro con maggior piglio e voglia di lavorare. Il passato parla chiaro, sono stati molto maltrattati da più fronti, dalla stampa alla politica, ed il senso di disagio che ne è derivato ben si comprende. Noi dobbiamo cercare di cambiare proprio pagina, innanzitutto con un rapporto molto diretto e molto franco tra la Regione, il management ed i dipendenti, un rapporto molto informale anche. Intraprendere quindi una grande battaglia di comunicazione e rimettersi in discussione tutti, questi gli obiettivi primari; cercare inoltre poi di capire che lavorare in una azienda con tali radici storiche può essere un'occasione di far rivivere non solo l'azienda stessa, ma anche la città. Infatti, questo nostro servizio di trasporto su ferro che ha antiche origini rappresenta a mio avviso anche uno dei punti centrali di sviluppo del nostro territorio. Cosa dire ai lavoratori del comparto gomma che da troppo tempo ormai non hanno garanzie sul proprio futuro lavorativo? Bella domanda. Ai lavoratori del comparto gomma dobbiamo assicurare una prospettiva certa. C'era un piano, approvato anche dalla recente giunta ed ora all'esame del governatore De Luca, che prevedeva che tutta la gomma dovesse andare in capo all'AIR, l'altra società di trasporto regionale. Questo progetto, attualmente in fase di discussione, non so se verrà realizzato, ma se appunto non dovesse prender vita è solo perché non sarà in grado di garantire un futuro certo ai lavoratori della gomma. Ovviamente non va dimenticato l'esubero che caratterizza il personale, ma abbiamo già individuato le azioni da portare a termine e sarà loro garantito il diritto di conoscere il proprio futuro entro la fine dell'anno corrente.

Da cosa nasce la sua scelta di esporsi a tuttotondo pubblicamente sui social network (e non solo) che di molto si allontana dal rigido fare mediatico di chi l'ha preceduta? Credo sia innanzitutto una questione caratteriale. In primis mi diverto, poi mi piace confrontarmi sui social network, quindi essere aperto, e non credo che questo fare vada cambiato. Oltre ad essere il Pre-

sidente dell'Eav sono anche una persona normale; io, come altri, ho si una doppia vita, una professionale ed una personale, ma non vedo perché esse non possano sposarsi su un social network se si vuole pubblicare ad esempio una battuta con un amico pur essendo il Presidente di un'importante azienda di trasporto. Poi devo dire che questo modo di comunicare ottiene riscontro e viene considerato interessante; pensi che di recente, sono stato contattato da un docente ordinario di comunicazione dell'Università Sapienza di Roma per studiare, attraverso l'invio di due tesisti, questo mio metodo comunicativo, spontaneo ed istintivo, che a suo avviso ha raggiunto l'apice del consenso attraverso la foto pubblicata insieme ad un sacrestano per la benedizione degli uffici, da cui si poteva evincere non solo il lato umano ma anche quello consapevole della situazione critica del ruolo ricoperto. Morale della favola: se ci si dichiara per quel che si è la percezione stenterà a non essere positiva. È possibile sperare nell'utopico ritorno in Eav del concetto di meritocrazia? Non è possibile, è necessario. Indispensabile. Infine, con quale sindacato sogna di confrontarsi? Domanda complicata. Vorrei avere un sindacato, al pari di una classe politica, che si preoccupi meno delle piccole sacche di potere personale e più del benessere collettivo. Vorrei che i sindacati si occupassero del futuro dei lavoratori e non della conservazione di piccoli privilegi del presente. Un sindacato che guardi avanti e che riesca ad essere di grande aiuto alla rinascita dell'azienda. Roberto Intermoia


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Una lodevole iniziativa nel Job’s Act

Legge di stabilità, le novità 2016

Congedo retribuito alle donne vittime di violenza

Meno imposte sulla retribuzione più lavoro per tutti

Forse non tutti sanno che in via del tutto sperimentale e solo per l’anno 2015, con l’approvazione del D.Lgs n. 80/15, comunemente conosciuto come “Jobs Act”, all’articolo 24 è stato introdotto per la prima volta un particolare tipo di congedo per le lavoratrici dipendenti di imprese private vittime di violenza.

In particolare, alle donne inserite in programmi e/o percorsi di protezione debitamente certificati dai servizi sociali del Comune di residenza o dalle Case di rifugio o dai Centri antiviolenza sia pubblici che privati, viene riconosciuto la possibilità di astenersi dal lavoro, per un massimo di tre mesi, per motivi legati a tali percorsi, garantendo l’intera retribuzione, la maturazione delle ferie e degli altri istituti connessi. Infatti, durante il periodo di congedo la lavoratrice ha comunque diritto di percepire un’indennità corrispondente all’ultima retribuzione corrisposta dal datore di lavoro, inoltre il periodo di congedo è computato ai fini dell’anzianità di servizio, della matura-

zione delle ferie, della tredicesima e del trattamento di fine rapporto. Un’altra possibilità per la lavoratrice vittima di violenza di genere, a condizione che vi sia disponibilità in organico, è la richiesta di passare dal tempo pieno al part-time. È un diritto istituito dal comma 6 dell’articolo 23 del succitato decreto e prevede che la lavoratrice possa chiedere il part-time verticale o orizzontale nonché la successiva nuova trasformazione a tempo pieno quando lo richiede. Il periodo di congedo non deve essere per forza continuativo ma può essere fruito anche su base oraria o giornaliera per un periodo massimo di tre mesi da godersi nell’arco temporale di un triennio. Mentre, la fruizione su base oraria è consentita solo per le lavoratrici dipendenti in misura pari alla metà dell’orario medio giornaliero del periodo di paga mensile precedente a quello nel corso del quale ha avuto inizio il congedo. Anche se l’esercizio di tale diritto non è subordinato ad autorizzazione del datore di lavoro, resta in capo alla lavoratrice comunque l’obbligo di comunicare all’azienda la propria volontà di usufruirne di tali congedi, con almeno 7 giorni di preavviso, indicando la data di inizio e di fine del periodo richiesto e producendo l’idonea certificazione rilasciata dai predetti enti pubblici o privati. Una lodevole iniziativa, che purtroppo al momento non è stata ancora prorogata per il prossimo anno. Avv. Antonietta Minichino

668: un treno carico di emozioni

Uno degli elementi di maggiore interesse per i lavoratori che possiamo trovare nel testo della nuova Legge di Stabilità 2016, così come evidenziato dal comunicato diramato dal Consiglio dei Ministri, riguarda gli incentivi alla contrattazione collettiva decentrata per favorire un avvicinamento virtuoso della stessa alle diverse realtà produttive, che la renda capace di migliorare la qualità sia della retribuzione sia della produzione. Negli anni passati, questo tipo di incentivi sono consistiti nella maggior parte dei casi in una riduzione dell’imposizione fiscale e della contribuzione sociale a favore dei cosiddetti premi di produttività. L’obiettivo del legislatore era principalmente quello di promuovere forme di retribuzione variabile, legate in vario modo alla produttività aziendale, ritenute utili per stimolare le performance produttive e la produttività del lavoro. Oggi, nonostante siano passati già alcuni anni dalle prime misure introdotte, sembra che anche il Governo Renzi intenda perseguire con maggiore determinazione la strada intrapresa dai suoi predecessori. Infatti, il testo approvato dal Governo conferma il sostegno a questo tipo di interventi, applicando sulla quota di salario di produttività, di partecipazione agli utili dei lavoratori o di welfare aziendale derivante dalla contrattazione aziendale un’aliquota IRPEF ridotta del 10% fino ad un tetto massimo di 2.000 euro da riconoscere a tutti i lavoratori che hanno un reddito complessivo fino a 50.000 euro. È chiaro, quindi, che con il meccanismo della detassazione si producono benefici fiscali attraverso

Un interessante cortometraggio “ferroviario” Questo ottobre, in occasione di Futuro Remoto, manifestazione a cui ha partecipato anche l’EAV, si è assistito alla proiezione del corto “668” di Caterina Biasiucci. Il film è stato girato a bordo di una automotrice AL n 668 della Alifana, la ferrovia che collega Napoli con Piedimonte Matese e che, come non tutti sapranno, parte dalla Stazione Centrale di Napoli (binario 2 e binario 4) diretto a Piedimonte Matese (nell’alto casertano). Guardare questo corto è un viaggio (o un sogno?) attraverso la meno conosciuta delle tre ferrovie dell’EAV. Non a caso, il Presidente De Gregorio, durante la presentazione al PAN dello stesso film, si è reso autore di una piccola gaffe, affermando che il film è stato girato su un treno della Circumvesuviana, per poi correggersi affermando che l’EAV comprende anche la ex-Alifana, ex-Metrocampania NordEst. Torniamo al racconto del sogno AL n

668: la finzione si confonde con la realtà, e c’è un trenino che si materializza dal sogno alla realtà. Si parte per un nuovo viaggio, ed è un viaggio della solitudine dell’uomo in mezzo alla campagna desertificata dell’alto casertano. Colonna sonora del film (con un ottimo montaggio sonoro) sono i rumori emessi dal treno: alcuni passaggi verso la fine del film ricordano il ruggito di un drago in affanno… Sì, perché qui parliamo di treni “stravecchi” e rumorosi (come del resto vale per tutta la flotta EAV): il frastuono e lo sferragliare del treno coprono tutto il resto (anche le poche parole). La sequenza riporta alla mente i cari modellini dei treni di fanciullesca memoria e grazie alla genialità del montaggio anche il suono del modellino si confonde con la rumorosità del treno vero. Poi, per qualche manciata di secondi, la colonna sonora dell’AL n 668 si interrompe e si cade nel silenzio assoluto,

assordante e protagonisti diventano i primi piani degli esseri umani che viaggiano. Sono delle istantanee, quasi caravaggesche, che esprimono tutta l’inquietudine, o l’indifferenza, dei nostri giorni. Il silenzio raccontato nel film è meglio del bla bla bla quotidiano (di Sorrentiniana memoria) e questo film è una piccola “Grande Bellezza” a cui forse l’autrice si è ispirata. Intensi primi piani ripresi anche in pose difficili ma naturali (c’è chi dorme, chi gioca, chi pensa, e senz’altro l’uomo che mangia con maestria è la migliore), gesti manuali che riportano a vecchi mestieri (il macchinista che aziona le leve…con olio di gomito). I personaggi non sono “social” ma giocano a carte, scrutano l’orizzonte, leggono il giornale di enigmistica, insomma stanno raggiungendo una meta senza usare telefonini. È un viaggio che dura poco più di 10 minuti della nostra esistenza, che inizia di notte e si conclude di notte, che inizia col trenino della Rivarossi che attraversa l’alto Casertano con tutte le sue caratteristiche fermate di campagna e si conclude col trenino Rivarossi, ma è capace di trasmettere infinite emozioni e tanti spunti di riflessione anche sull’attuale dirigenza EAV. Il nostro patrimonio ferroviario non va dimenticato, ma valorizzato anche attraverso quest’opera: suggerisco di trasmetterla sui monitor delle stazioni durante le attese dei treni. Salvatore Greco

l'abbattimento del reddito da sottoporre a tassazione. In altre parole i guadagni che altrimenti sarebbero stati sottoposti a un prelievo pieno, con la detassazione rilevano solo per una quota parte, aumentando di fatto il reddito percepito dal lavoratore, il quale dal canto suo è maggiormente spinto a produrre di più e quindi a venire in

conto agli interessi del proprio datore di lavoro. Altra importante novità è quella relativa alla riconferma per tutto il 2016 degli sgravi per le assunzioni a tempo indeterminato, attraverso una riduzione dei contributi a carico dell’azienda al 40% rispetto a quello dovuto, ma la misura sarà limitata ai soli primi 24 mesi. Infine, aumenta la “no tax area”, ossia la soglia di reddito entro la quale i pensionati non versano l’Irpef. Per i soggetti sopra i 75 anni si passa dall’attuale soglia di 7.750 euro a 8.000 euro, portando la soglia allo stesso livello previsto per i lavoratori dipendenti. Mentre per i pensionati di età inferiore ai 75 anni la “no tax area” aumenterà di 250 euro, passando dagli attuali 7.500 ai 7.750 euro. Tommaso Esposito


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Istantanee sui binari, una chiacchierata con Ferdinando Kaiser Una vita da macchinista trascorsa tra treni, impegno sociale e passione per la fotografia Per alcuni è anche la fine di una vita fatta di sveglie all'alba e di giorni di festa trascorsi a lavorare: è proprio così, specialmente per i ferrovieri e gli autoferrotranvieri, categorie che più di tutte, al pari del personale medico e paramedico, soffre il male della "turnazione" e di una vita trascorsa più tra i colleghi che con la propria famiglia. L'arrivo della quiescenza è un giorno che viene agognato già molti anni prima della scadenza contrattuale, in particolar modo di questi tempi ... C'è da dire, poi, che molti, togliendo l'impegno lavorativo, non hanno hobbies, non sanno come trascorrere il tempo: altri, invece, si dilettano con la musica, il teatro, il cabaret, la prosa, la poesia, lo sport, gli scacchi, le carte, la pittura, il volontariato in generale... (Se l'ufficio Risorse Umane di ogni azienda conoscesse, real-

mente, il "valore" dei suoi dipendenti...). Inizia con questa intervista un... viaggio alla scoperta di colleghi ed excolleghi che, oltre al lavoro, si dedicano ad altro. Iniziamo con Ferdinando Kaiser, assunto il 1° giugno 1980 come macchinista alla Circumvesuviana, in pensione dal 1° gennaio 2015, appassionato di fotografia. Ferdinando, giorni fa hai ricevuto un premio... Ho ricevuto una "menzione d'onore" nell'ambito del Premio "Ambasciatore del sorriso", organizzato dall'Associazione "Vesuvius" presieduta da Angelo Iannelli, per quello che, con le mie foto, di positivo ho realizzato per la città di Napoli. Un premio di cui son ben contento anche perché con me sono stati premiati, fra gli altri, Lino Vairetti, Patrizio Oliva e Francesco Paolantoni.

Arte e cultura a Casal di Principe Una mostra nei luoghi confiscati alla camorra Venti opere provenienti anche dalla galleria degli Uffizi di Firenze saranno ospitate sino al 13 dicembre a Casal di Principe, presso Casa don Diana, una villa sottratta alla disponibilità di un boss, confiscata quindi alla camorra. “La luce vince l’ombra”, questo il titolo dell’esposizione che concentra l’attenzione sulla pittura del Seicento di artisti napoletani o legati alla città di Napoli, tutti connessi all’espressione di Caravaggio. Nelle stanze della villa potranno essere ammirate opere provenienti e date in prestito non solo dagli Uffizi, ma anche da Capodimonte, dalla Reggia di Caserta, dal Museo Campano di Capua. Opere custodite tra Napoli e Firenze, artisti celebri come Matres Matutae, Mattia Preti, Giovann Battista Caracciolo, Artemisia Gentileschi, Jusepe de Ribera, Luca Giordano, Bartolomeo Manfredi, Salvator Rosa, Massimo Stanzione e, non in ultimo, Andy Warhol. Nonostante il luogo sia lontano dalle rotte turistiche, ad oggi la mostra ha riscosso un grande successo di pubblico, visitatori da ogni parte di Italia e anche d’Europa. Una mostra che ha ottenuto l’alto patronato del presidente della Repubblica e il sostegno di Confindustria Nazionale e fa parte del progetto di ricostruzione sociale di First Social Life. Una selezione di opere di grande interesse mai ammirate tutte insieme, frutto del lavoro scientifico dei curatori, Antonio Natali (Direttore della Galleria degli Uffizi) e Fabrizio Vona

(Direttore del Polo Museale Regionale della Puglia). Una sede espositiva unica, un luogo emblema della lotta alla criminalità, venti opere d’arte per proclamare il primato della luce sull’ombra, della legalità sull’illegalità, della cultura sull’ignoranza. In occasione di questa importante esposizione, il Comune ha selezionato quaranta volontari guide civiche “ambasciatori della Rinascita”. Oltre ad accogliere i visitatori, le guide civiche si occuperanno della narrazione del territorio, della promozione delle eccellenze locali, delle criticità storiche e ambientali date dalla presenza e degli interessi della criminalità organizzata. Insomma per le istituzioni Gomorra è finita ed oggi Casal di Principe diventa narrazione di una rinascita vera che può ripartire dalla cultura e dal turismo. Oltre alle opere sarà inoltre possibile visitare i luoghi confiscati alla camorra e i giovani volontari racconteranno di questa terra martoriata ma intenzionata a rinascere. Partecipare a questa mostra significa sostenere una rivoluzione per una terra tante volte offesa, ma che oggi ha intenzione di affermare la luce sulle ombre, una terra che vuole vincere Gomorra. Oggi si vuole costruire un’alternativa sociale ed economica per rilanciare un territorio e Casal di Principe lo fa rivolgendosi alla cultura, per riscoprire la sua bellezza, la sua storia e la sua antica cultura. P. A.

Cosa ti manca del tuo lavoro? La manualità nel guidare il treno. Come trascorri il tempo? Cercando di rendermi "utile" in famiglia o andando in giro a fare fotografie. Come ti sei "scoperto" fotografo? Nel 2008, a Chiaiano, durante quegli avvenimenti veramente epocali. Volevo essere utile e credo di averlo fatto con i miei "clic". Una sorta di "cittadino attivo"... Ma ho sempre amato la fotografia. Cosa vuoi "trasmettere" con le tue foto? Emozioni che scaturiscono da un volto rugoso o da un tramonto, da una vecchia casa o da un sorriso di un bambino. Ovviamente senza dimenticare la protesta in generale... Qualche foto ti ha dato più soddisfazioni di altre?

Veramente diverse, per la verità, di varie specie. Una tua istantanea è un tramonto: a tutti è piaciuta molto, basta leggere i tantissimi commenti su Facebook... Ma è il tramonto dell'azienda? La scattai durante un bruttissimo momento aziendale. Molti così la recepirono e, forse, è quello il significato... Hai un sogno nel cassetto? Che le mie due figlie si realizzassero nella vita con il lavoro e l'amore e, perché no, un bel viaggio con mia moglie Palma... Qualche mostra fotografica... Sì, anche perché a me piace ascoltare i commenti della gente nell'osservare la foto... Ti aspettavi quest'intervista? No, caro Emilio, assolutamente no! Emilio Vittozzi

Vino americano, un male da sconfiggere Una guerra commerciale a danno del vivere sano Sere fa, in quei programmi che le tv mandano nell'orario che ormai viene definito seconda serata, una trasmissione parlava di vino. La ricerca fatta, sosteneva il servizio, dimostrava senza ombra di dubbio quanto fosse dannosa la bevanda ottenuta dall'uva e benedetta da Bacco. Si sosteneva che si il vino contiene antiossidanti, ma ch'essi fossero vanificati nell'effetto positivo dall'alcol contenuto nello stesso. Mentre la voce narrante sproloquiava sulle negatività del vino durante i pasti, asserendo che nella migliore delle ipotesi, quando andava bene, non facesse troppi danni, sicuramente, sosteneva il servizio, non apportava benefici. Mentre ascoltavo mi tornavano in mente le tante cose sentite sul vino. Fin da bambini ci insegnano sull'uso moderato, il fatto che un bicchiere al giorno aiuti il fisico e l'animo. Poi ricordai tante altre trasmissioni divulgative celebranti le qualità del buon vino. Ma come, anche il buon medico di famiglia sostiene l’assunzione di un bicchiere al pasto principale. Prestando di nuovo attenzione alla trasmissione, in fine dissero che le ''conclusioni'', erano il frutto di uno studio fatto da ricercatori Americani! Ah, questi Americani e le loro ricerche, studi funzionanti solo e soltanto al loro tornaconto, teso alla difesa degli interessi commerciali. Sarebbe utile sapere chi ha finanziato la ricerca sul vino, vuoi vedere dietro magari c’è una multinazionale alimentare con sede a Cincinnati. Oppure in vista dell'imminente accordo sul libero scambio tra UE ed USA. Speriamo gli Europei non si facciano gabbare nella trattativa commerciale in corso con gli Stati Uniti. Piuttosto ci siamo chiesti perché non se ne parla? Questi bravi ''liberatori'' stanno mettendo le mani avanti. Certo sarebbe conveniente per loro se, invece di seguire la nostra tradizione alimenta-

re, cominciassimo ad innaffiare le fiorentine con whisky e coca-cola, oppure consumare un buon piatto di tagliatelle ai funghi con quel loro caffè magari corretto. Immaginate di gustare una porzione di ''purpitielli affogati'' con del bourbon liscio del Kentucky. E già, le loro bevande non hanno l'alcool che distrugge gli antiossidanti. Che dire, gli Americani sono fatti così, loro non prendono, loro danno, loro non occupano, ma liberano, loro difendono il mondo da se stesso. Lo si è visto durante il secondo conflitto, quando risalendo l'Italia portando via un sacco di cose vecchie e regalandoci un sacco di cose di plastica. Ma che vogliamo, gli Americani sono buoni, l'importante è non ledere il loro stile di vita, basta farli gestire ed ascoltare le cose di tutti. Affinché si possano difendere da chi vuole distruggere l'America, praticamente tutti quelli che non accettano l'American style, abbattono dittatori in possesso d'armi di distruzione di massa, anche se non esistono, che importa quel che conta è l'intenzione. Se poi quando tornano a casa, perché hanno deciso che il popolo liberato è maturo per gestirsi, che importa se dietro di loro lasciano macerie. Che poi investano capitali per fare disinformazione onde condizionare l'altrui stile, beh questa è guerra commerciale preventiva, come quella vera; legittima difesa. Poverini loro che sanno? O meglio cosa dicono di ignorare della nostra cultura? Non gli serve conoscere niente di Bacco, di Ulisse e Polifemo, dei crateri di vino che allietavano i simposi dei Greci, del vino di Falerno il preferito dai Romani, o del vino simboleggiante il sangue di Cristo, sinonimo di vita! Loro fanno ricerche utili, ad personam, loro vanno presi così come sono, sono buoni e bevono molto! Xavier Ximenes


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SAREBBE MEGLIO...

Passato remoto tra fantasia e realtà

Quella mattina ero sceso dal letto col piede giusto. Uno di quei giorni che grazie alla mia mania di anticipare tutto ciò che c'è da fare non mi era rimasta nessuna incombenza, proprio nulla. Alle volte si sognano giornate così, nelle quali ci si può abbandonare alla sublime arte dell'ozio senza avere i sensi di colpa. Decisi perciò di passare parte della mattinata a leggere.. Preparato il caffè, decisi di sorbirlo seduto nella vetusta ma comodissima poltrona che fronteggia lo schermo tv. Non l’avessi mai fatto! Appena seduto, tazzina in mano, così, senza pensare, accesi l'apparecchio che era sintonizzato su un canale di notizie H24. Ogni lancio del conduttore una pessima nuova. In Israele i coloni... in sud Sudan... nel Califfato... i Curdi... la Turchia... in Grecia... la disoccupazione... lo spread... l’UE e le vongole... l'Unione e le melanzane... il clima terrestre... pubblicità. Questa ultima giunse quasi liberatoria, alla fine della stessa due spot, come dire sociali. Si vedevano bambini Africani denutriti con occhi cisposi ed addome prominente, ragazze Afgane senza una gamba, con ammiccanti parole la voce fuori campo chiedeva agli spettatori solidarietà, dando un numero di conto corrente. Tutto questo dopo aver digerito réclame di carta igienica, assorbenti per quei giorni lì, pomate antiemorroidali e liquidi callifughi. E noi uomini moderni, persone aggiornate che si fanno carico del loro tempo, che dovremo far parte di movimenti con finalità sociali, avverso ad ogni ingiustizia. Contro ogni guerra, contro la caccia alle balene, in difesa degli squali, delle scimmie cappuccine ed anzi, prendere in esame la difesa delle formiche rosse argentine, che rischiano l'estinzione. Scusate, ma pare che per una persona con un non molto più alto punto di sensibilità rispetto ad un ippopotamo ce ne sia abbastanza per pensare, anche se fugacemente, al suicidio. Visto che noi uomini moderni abbiamo il dovere di essere informati, sappiamo che i bimbi Africani ridotti in quelle condizioni lo sono perché la loro terra viene depauperata per gli interessi di multinazionali. Vengono comprate estensioni territoriali grandi come stati e coltivati a monocoltura, distruggendo ogni possibilità di nutrimento per i locali. Vengono poste in essere guerre guerreggiate, non ufficiali, dove adolescenti col cervello bruciato da droghe, ammazzano stuprano e conquistano diamanti che tutti sanno dove vengono lavorati e venduti. Dove, cioè, come vampiri succhiamo il petrolio, inquinando e massacrando allegramente gli autoctoni. Dove finiscono quei profitti? In parte a governi corrotti, suddivisi tra capi tribù e capi clan. Ma la maggior parte degli introiti lo sappiamo dove va, anche se non si dice. E se per caso non c'è petrolio, preziosi o metalli, disboscare è il minimo, ma è un profitto anche quello. Va bene, in altri tempi tante cose non si sapevano, gli uomini di allora erano appunto di allora. Oggi si conosce quel che si dice e quel che si tace, ma ognuno di noi cosa potrà mai fare di tanto sapere? Questa domanda si trasforma in angoscia quando ti dai la risposta, perché tu non puoi fare niente! Hai voglia a dire ma l'unione fa la forza, mettiamoci insieme e cambiamo le cose. Mettersi insieme chi? Tu, il pizzicagnolo, l'impiegato, il tramviere, il marinaio, chi? Quelli che stanno distruggendo la vita raccontano a noi ciò che va fatto per il nostro benessere, la deforestazione, l'inquinamento, la negazione della vita a persone lontane, a piante ed animali sono danni collaterali per il raggiungimento del nostro ''pane quotidiano''. Io non sono d'accordo, ma tant'è almeno avessero la decenza di non prenderci in giro. Ci vogliono far credere che cinque euro sul conto corrente possano lenire le ferite collaterali, ridare la gamba (magari producono protesi) alla ragazza Afgana, curare i bambini Africani, disinquinare, riforestare e così via. Ma la cosa tragicomica è la capacità di farci sentire in colpa, in quanto tutto ciò occorre per garantirci creme antiemorroidali, assorbenti ultra efficienti, carta igienica e tante ma tante bollicine gassate. Si sa, le bollicine abbelliscono la vita, la rendono più frizzante! In verità ci assale il fondato dubbio che le nazioni non ci siano più, sono rimaste le multinazionali. Sarebbe meglio.... Vi saluto e sono l’Autoferroagricolo

Ferrovia Cumana: un viaggio tra Archeologia moderna e bellezze Come molti sanno, questo mese a Napoli si è tenuta l’importante manifestazione “Futuro Remoto”, evento di diffusione della cultura scientifica e dell'innovazione tecnologica, ormai arrivata alla ventinovesima edizione. Ebbene, mentre la comunità scientifica parla di nuove tecnologie, organizzando laboratori, conferenze ed eventi sul tema, i cittadini di Napoli, che rimangono estasiati da tanta Fantascienza, si calano però in una realtà che tutto sembra tranne che futuristica. Analizzando, ad esempio, il settore che più ci interessa, cioè quello dei trasporti, non si può dire certo che lo scenario sia quello di una Città “Europea”, bensì quello di una realtà che si avvicina più a quella di una civiltà precolombiana ormai in declino. Possiamo parlare, dunque, di “Archeologia moderna”, che è sotto i nostri occhi tutti i giorni, in un museo all’aperto costituito dalle nostre infrastrutture ferroviarie. Se si percorre ad esempio la storica ferrovia Cumana, ormai inglobata nella più grande EAV, si può notare subito come il trasporto pubblico si integri così a perfezione con la storia antica. Infatti, facendo un viaggio partendo dalla stazione di Montesanto, si passa per le meraviglie naturali dei Campi Flegrei, calandosi nelle suggestioni della Solfatara, fra i colori del Fusaro, arrivando infine al capolinea di Torregaveta. In questo scenario, la strada ferrata non dà certo emozioni meno forti dei luoghi che attraversa. Scendendo in stazione ci si addentra subito in scenari che riportano alla mente la confusione delle più popolose città del sud est asiatico, con un via vai di viaggiatori e stazioni come quella di Fuorigrotta, che potrebbe entrare tranquillamente tra le sette meraviglie del mondo

moderno , accanto al TajMahal, con l’aggiunta, quando piove, di cascate d’acqua che sgorgano dalle pareti e dal soffitto. Scendendo poi in banchina è possibile ammirare una mostra di arte rupestre, con tutti i treni dipinti non più dalle livree aziendali, ma da sgargianti opere di street art. Una volta saliti sul treno, una corsa che dovrebbe durare trenta minuti circa, percorrendo tutta la linea, in media dura quasi il doppio, tutto questo per far ammirare ai turisti ed ai cittadini napoletani tutte le bellezze della nostra città, con il convoglio

che ad alcuni segnali si ferma, perché il sistema di Segnalamento, vista la sua vetustà e la sua obsolescenza tecnologica, passa dall’essere “automatico” all’essere assoggettato completamente al controllo “manuale”, con gli eroici capitreno che devono continuamente comunicare con la centrale operativa per ottenere il via libera dalla stazione di partenza per inoltrarsi nella ferroviaria giungla. Finalmente, dopo questo spettacolare Safari Moderno, si raggiunge il capolinea di Torregaveta, dove, dopo tutte le peripezie del viaggio, ci si può rilassare e recuperare energie facendo una bellissima passeggiata sul pontile che affaccia sul litorale flegreo. Francesco Di Palma

Elezioni Cral Anm, medaglia d’oro alla UILT Un pieno di preferenze per i nostri candidati

Periodico d’informazione della UILTrasporti Campania

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Luigi Simeone Roberto Intermoia Paola Arrighini Antonio Aiello Francesco Di Palma Umberto Esposito Rosa Fornaro Vincenza Preziosi

Coordinamento e Grafica: Annalisa Servo Foto: Gianni Biccari Hanno collaborato: T. Esposito - P. Ferraiuolo - S. Greco - P. Loggia A. Minichino - C. Nocerino - D. Riccio - E. Vittozzi Autorizzazione del Tribunale di Napoli n. 00065 del 28/09/09 Stampato il 26/10/2015 da EFFEGI Via Salute 1 - Portici (NA) P.le Immacolatella Nuova n. 5 - 80133 Napoli Tel.: 081203424 Fax: 0815543604 E-mail: articolo16@uilt.campania.it

536 preferenze su 1850 voti ritenuti validi. Questi i numeri UILTrasporti emersi dalla recente tornata elettorale svoltasi nell'Azienda Napoletana Mobilità per il rinnovo degli organismi statutari del Cral aziendale. E come la si potrebbe mai definire se non a tutti gli effetti una gran vittoria? La matematica non è mai stata un'opinione, ce l'hanno insegnato fin dai primi giorni di scuola, e non lo sarà certo a questo giro ove mai qualcuno tenterà di smorzare la reale portata del risultato. Per molti un numero non è che un numero, ma per chi come noi della UILTrasporti dedica tempo, passione e fatica ad infondere valori e ad agire a tutela di chi si rappresenta, un numero vuol dire tutto. Vuol dire essere scelti, vuol

dire essere espressione condivisa, essere la maggioranza tra le sigle rappresentative, vuol dire inoltre riuscire negli intenti. Ora qualcuno dirà che un circolo ricreativo aziendale non sarà certo lo scenario più prestigioso dove operare ma noi la vediamo e continueremo a vederla in maniera del tutto diversa. Siamo fieri dei risultati e del fatto che confermino ancora una volta la volontà dei lavoratori di essere rappresentati da esponenti della UILTrasporti. E lo siamo anche perché certi di rafforzare il valore e la funzione sociale del Cral attraverso il prezioso contributo che verrà d'ora in avanti offerto dai nostri rappresentanti eletti. A tutti loro, il nostro più sincero in bocca al lupo. R. I.


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