ANNO 7, NUMERO 11
PERIODICO D’INFORMAZIONE DELLA UILTRASPORTI CAMPANIA
NOVEMBRE 2015
Editoriale
Giro di vite per la lotta all’evasione tariffaria
L’azione pubblica degli
Con il biglietto aziendale maggiore attenzione agli introiti delle aziende
L
interessi privati
a politica discute su come privatizzare qualche altro “pezzo” dei gioielli di famiglia, non accorgendosi che il capitale privato nel nostro Paese è tutto fermo e custodito in qualche ”cara” banca che i cittadini provvedono a salvare ogni volta che una o più di esse entrano in colpevole default, capitali che nessuno pensa di mettere a rischio d’impresa per quanto risultano protetti e garantiti da un sistema che ha tenuto ben stretto tutto quanto arrivato anche dalla BCE, che doveva sostenere la ripresa ed invece è restato alle banche e nelle banche mentre il Paese continuava, come continua, ad arretrare soprattutto nel Mezzogiorno. Ora pare sia arrivato il turno del Gruppo Ferrovie che non si capisce nemmeno nel suo CdA come e perché avviare una privatizzazione che rischia di smantellare quel poco di servizio che ancora si produce al netto dell’Alta Velocità. La diatriba su cosa privatizzare e cosa sia inserito o da inserire nel 40% non sembra rispondere a nessuna nota strategia industriale se non a quella di provare a fare un po’ di soldi abbandonando definitivamente la mission di servizio pubblico, che con l’affidamento alle regioni dei servizi locali e la nascita dell’Alta Velocità ha ridisegnato la presenza del Gruppo FS sul territorio cambiando la vita di intere comunità abbandonate all’isolamento, consegnando al Paese un servizio che rischia di essere ulteriormente ridimensionato come è stato per il servizio merci di cargo, solo per favorire gruppi industriali con la scusa del costo del lavoro. Le liberalizzazioni effettuate nel Paese non hanno sortito grandi effetti ne’ in termini di qualità dei servizi ne’ di tariffe e costi per i cittadini, i casi dell’energia, della telefonia fissa e la prima, quella delle Autostrade, non hanno determinato altro che la partecipazione delle perdite e delle sofferenze, lasciando i benefici della gestione “privata” a noti imprenditori, che hanno trovato il loro tornaconto legittimo soprattutto dai Pag. 2 tagli del lavoro e delle
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nche il trasporto ha un suo must del momento. Almeno in Campania. Si chiama controlleria e sembra essere davvero la soluzione ad ogni male. Sembra, meglio ripeterlo. Certo, non si scopre la cosiddetta “acqua calda”, ma fatto sta che dopo l’introduzione dei titoli di viaggio aziendali, seguita agli anni bui trascorsi sotto il monopolio del Consorzio Unico Campania, le società di trasporto pubblico hanno risentito dopo tanto tintinnare moneta nelle proprie tasche, destandosi dal torpore e dal disinteresse riguardo al grosso problema legato alla smisurata evasione tariffaria. Centinaia e centinaia di milioni di debito? No problem! C’è la più vasta azione di controlleria da sfoderare. Sembra a dir poco irriverente, lo sappiamo bene, ma vero è anche che da qualcosa tocca pur iniziare per risollevare le dissanguate casse aziendali,
Da Tirrenia Cin a Caremar, io nun capisco e’ vvote che succede… Pag. 3
soprattutto ora che il biglietto aziendale ha preso vita e nel giro di poco ha già annichilito quello a tariffa integrata. I primi a comprenderlo siedono ai vertici di Anm, azienda napoletana mobilità, di proprietà del Comune, che ben hanno pensato di usufruire del servizio degli agenti della Polizia Municipale per effettuare controlli random su bus e treni aziendali. Risultato? Nelle prime tre settimane di controlli sono stati elevati oltre duemila verbali per la mancanza di titoli di viaggio, di cui circa 400 in cui il contravventore ha addirittura preferito il pagamento immediato, il tutto a fronte invece degli appena 89 controlli effettuati precedentemente nel periodo gennaio – settembre. Non sarà questa la soluzione al tutto ma va riconosciuta di certo la lungimiranza di affiancare ai controllori aziendali gli agenti della Municipale che sicu-
Consorzi di CLP, nessuna bacino. Nuovo certezza per i lavoratori incontro tra Regione e Sindacati Pag. 4
ramente giocano, e continueranno a farlo, un ruolo determinante in termini di deterrenza per tutti coloro che, vestiti di arroganza, violenza ed assenza di civiltà, non riconoscevano nella divisa Anm alcuna forma di autorità. Dello stesso beneficio potrà godere la Ctp, il sindaco Luigi De Magistris, infatti, in base alla legge regionale 16 del 2014, ha previsto, in via sperimentale, l’utilizzo della Polizia Provinciale sugli autobus aziendali in supporto al personale della società di trasporti della Città Metropolitana. Gli agenti saranno in presidio ai capilinea e alle principali fermate come stabilito nel protocollo d’intesa siglato tra il Capo della Polizia Provinciale, Lucia Rea, il Capo di gabinetto della Città Metropolitana, Giuseppe Cozzolino ed il ragioniere generale Raffaele Grimaldi. Anche in FS, Pag. 2 valicando per un attimo i
Il congedo parentale a ore
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Arriva la ricetta medica online Boris Mikhailov, “Io non sono io” Una chiacchierata con Carlo Faiello
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Giro di vite per la lotta all’evasione tariffaria Con il biglietto aziendale maggiore attenzione agli introiti delle aziende confini regionali, si sta affrontando il problema dell'evasione con nuove attività di controllo. In via sperimentale sulla linea regionale veneta, ad esempio, a novembre è stata attivata l'iniziativa "in treno col biglietto". Cinquanta agenti divisi in cinque squadre, provenienti anche da altre regioni, hanno svolto un'attività di controlleria eccezionale che in una sola giornata ha permesso di verificare 5700 viaggiatori su 30 treni, emettere 110 biglietti per un incasso di 1650 euro, elevare 43 verbali di accertamento, per un valore di 3500 euro, ed allontanare 93 persone prive di biglietto in fase di salita. La nuova attività diventerà presto di sistema e prevedrà il coinvolgimento di un pool nazionale di agenti Trenitalia di circa 220 persone, tra controllori, dirigenti della Divisione Passeggeri Regionale e personale di Protezione Aziendale. Il nuovo approccio avrà lo scopo di educare al rispetto delle regole e di recuperare risorse da investire nei servizi offerti ai viaggiatori. L'attività di controllo sarà svolta da team di almeno cinque agenti ed avrà anche lo scopo di disincentivare reazioni aggressive. Cambierà dunque la politica, soprattutto nei confronti dei da pag. 1
circa 2400 trasgressori recidivi che l'azienda è ora pronta a denunciare per insolvenza fraudolenta prevista dal codice penale. La recente escalation di violenza nei confronti del personale di bordo ha finalmente prodotto reazioni concrete e si spera che questa iniziativa, che all'inizio sarà attivata lungo le tratte più sensibili, possa presto interessare tutto il territorio, a tutela dei dipendenti e soprattutto dei 2,3 milioni di persone che ogni giorno si spostano su 8500 treni utilizzando 2000 stazioni. Meno efficaci e più di facciata invece le azioni proposte in Eav per fronteggiare l’evasione tariffaria. Non potendo usufruire di veri e propri agenti di Polizia, al pari di Anm e Ctp, e con poco personale da utilizzare per il servizio di controlleria, tutti i dirigenti della suddetta società di trasporto, dietro richiesta del Presidente del Consiglio di amministrazione Umberto De Gregorio, una volta al mese lasceranno la loro scrivania per recarsi ai temutissimi tornelli per affiancare gli addetti al servizio controlli. Pertanto tutti i dirigenti sono invitati a presentare domanda per partecipare a questa iniziativa di grande mobilitazione per difendere l’azienda da percentuali di evasione
che si aggirano intorno al 30 per cento, in pratica un viaggiatore su tre. Tanto di cappello alla brillante idea partorita ed a chi “volontariamente” abbandonerà la propria poltrona comoda e le quattro mura sicure d’ufficio, ma le perplessità restano e come su un’iniziativa che appare più pubblicitaria ed eccentrica che realmente risolutiva. Affiancare per qualche ora al mese, magari con tanto di giornalisti al seguito, chi fronteggia un’utenza agguerrita, maleducata e violenta poco potrà servire a contrastare il problema e a dar reale supporto a chi ogni giorno è chiamato a combatterlo. Investire nelle infrastrutture, nella sicurezza, negli istituti di vigilanza armata, nella riqualificazione del personale laddove sia cosa buona e giusta, negli incentivi economici a chi ricopre il delicato ruolo, o magari nell’educare al cittadino a sentirsi cittadino, come lodevolmente ha iniziato a fare Anm, insieme all’Arma dei Carabinieri, negli incontri organizzati nelle scuole medie e superiori della città per affrontare il tema della legalità tra i minori, con particolare riferimento agli atti vandalici contro i bus di linea e le aggressioni al personale in servizio, queste si che sarebbero iniziative pragmatiche e lungimiranti. Ma come spesso facciamo, anche questa volta ci auguriamo di essere in errore, perché siamo stanchi di essere pessimisti e di vedere il settore trasporti ancora fermo al palo. Roberto Intermoia
Jobs act: verso nuovi scenari Un question time in casa UIL e una pubblicazione per conoscere la riforma sul lavoro A quasi un anno dall’emanazione del Jobs Act, con esso si va radicando un nuovo contesto in cui si possa lavorare, progettare, pensare al lavoro e… fare sindacato. È questo il messaggio dell’evento tenutosi lo scorso 11 novembre, nella sede della UIL Campania, dal titolo “Quali tutele al tempo del Jobs Act?”. L’incontro, in forma di “question time”, ha coinvolto ogni ramo della stessa UIL, nonché il mondo accademico e quello scolastico, con la partecipazione degli allievi di alcuni istituti superiori della provincia napoletana. L’iniziativa è stata l’occasione per presentare una pubblicazione curata dal professor Giuseppe Gentile, docente di Diritto del Lavoro presso la LUISS di Roma, intitolata per l’appunto “Jobs Act” e realizzata in collaborazione con il Centro Ricerche Economiche Sociali e del Lavoro e l’Ente di Formazione della UIL Campania. L’opera è un vero e proprio vademecum sulla nuova realtà con la quale ci stiamo relazionando, da lavoratori e da rappresentanti dei lavoratori. I nuovi contratti di lavoro a tutele crescenti, le nuove norme sul demansionamento, i nuovi ammortizzatori sociali, il nuovo TFR in busta paga sono novità di portata epocale che hanno modificato l’ingresso e la permanenza dei giovani nel mercato del lavoro. Non solo: hanno creato le condizioni per quella che sarà
“una nuova filosofia”, che richiede nuove forme di pensiero e che farà da “cassetta degli attrezzi” per ogni attività sindacale, così come ha spiegato la professoressa Alfonsina De Felice, docente presso la Federico II di Napoli in materia di Diritto del Lavoro e della Sicurezza Sociale. “La logica del Jobs Act sta nella tutela del lavorato-
r e nell’ambito del mercato del lavoro italiano” ha affermato la professoressa, nel ricordare alcuni vantaggi apportati dal provvedimento in tema di occupabilità giovanile: “Dobbiamo spingere perché tanti giovani entrino nel mondo del lavoro attraverso il Jobs Act, per radicarvisi”. Certamente, ogni strumento che spinga a nuove assunzioni porta con sé necessariamente, vista la “coperta troppo corta” dei nostri giorni, a rinunciare a tutele che fino a qualche mese fa costituivano una base certa per i lavoratori… e le perplessità in sala non sono mancate, a cominciare dal tema della cassa integrazione, per arrivare al li-
cenziamento senza giusta causa. Ne è venuto fuori un convegno, o meglio un “question time” di spessore, visti i contributi offerti dai relatori e dal pubblico, che non ha risparmiato riflessioni. E così, ad oggi, l’immaginario collettivo, gli strumenti e le classificazioni su cui si fonda il Sindacato sono da riscrivere, da resettare e ricreare, così come emerso attraverso i contributi più disparati, da Pasquale Lucia, Segretario Regionale della UIL Campania, a Giuseppe Carannante, Capo dipartimento Vicario della Programmazione e dello Sviluppo Economico della Giunta Regionale della Campania, oltre ad Alessandro Tasini, CEO di GI Group Centro Sud. Marina Camboni, direttore del CRESL, ha parlato invece di “nuove categorie del pensiero” che riguarderanno le stesse attività sindacali: “Dobbiamo iniziare a pensare a come tutelarci in maniera diversa” ha detto. A conferma di tutto ciò, le conclusioni da parte del Segretario Generale della UIL Campania, Anna Rea: “Di fronte a tali cambiamenti, le Organizzazioni sindacali hanno il compito di modellare diritti e accogliere le nuove istanze dei lavoratori in uno scenario mutato, e che sarà ancora innovato. In tale direzione, il primo passo è conoscere le regole del gioco”. Rossella Fornaro
retribuzioni, consegnando un Paese più povero per tutti e più ricco per pochi. Il grave ritardo infrastrutturale del Mezzogiorno continua a essere il vero problema del Paese, che non riparte al Sud anche a fronte di timidi segnali di ripresa nel Nord, la strategia dell’arretramento dello Stato allargherà ancor più la forbice del disagio sociale già segnato dalla cancellazione di presidi come ospedali, prefetture, scuole e perfino della Banca d’Italia, valutare l’adeguatezza della produzione ferroviaria sulla convenienza d’impresa ha già ridotto all’osso i servizi ferroviari , che, dai tempi dalla strategia dei rami secchi in poi, hanno solo registrato ridimensionamenti e tagli che adesso rischiano definitivamente di abbattersi sulle comunità soprattutto del Sud. La riforma costituzionale sta ulteriormente svuotando di ogni competenza le Regioni, riportando nelle competenze esclusive del governo centrale infrastrutture e grandi opere, cancellando ogni protagonismo dei territori anche in caso, solo per fare un esempio, di trivellazioni per la ricerca di idrocarburi, piuttosto che per la realizzazione di un’opera di pubblica utilità, che viste insieme al controllo dei bilanci degli enti locali attraverso il Patto di Stabilità, significa abbandonare all’insussistenza comuni e regioni salvo poi limitarsi a denunciarne limiti e colpe che pure esistono e sono gravi. I diritti di lavoratori e cittadini sono diventati una variabile indipendente delle azioni amministrative, ogni riforma o modifica degli assetti dello Stato o dei suoi presidi sul territorio sono segnati dall’aumento della distanza tra cittadini e i governi con l’impoverimento e la disaffezione verso la politica, che guarda ai diritti come a dei privilegi e coloro che li rappresentano come a dei reazionari. I venti di guerra che stanno devastando le democrazie occidentali consiglierebbero azioni di coesione e non di divisioni delle nostre comunità, ma sembra che solo il sindacato per quanto inascoltato si faccia interprete di una necessità di solidarietà e uguaglianza nel Paese, attraverso la rivendicazione dei rinnovi contrattuali, che non sono e non possono essere derubricati come ostacolo allo sviluppo che non c’è, e opzionando riforme eque e giuste per lavoratori e pensionati impoveriti dalla crisi e soprattutto da scelte sempre più estranee e lontane dalle loro vere e vive esigenze. Dunque nell’interesse di tutti sarebbe meglio parlare di diritti e non di strategie economiche, più di contratti e di pensioni che di privatizzazioni provando ad avvicinare il Paese reale alla politica e non a quella raccontata. Luigi Simeone da pag. 1
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Da Tirrenia Cin a Caremar, io nun capisco e’ vvote che succede… Con la privatizzazione di Caremar cade la salvaguardia dei livelli occupazionali. I lavoratori sul piede di guerra Tirrenia Cin, Compagnia Italiana di Navigazione, privatizzata nel 2012, rinasce raggiungendo ambiziosi obiettivi considerato il fatto soprattutto che si parla di una società in amministrazione straordinaria. La rapida ripresa oltre a salvaguardare i livelli occupazionali, ha generato nel 2014 la stabilizzazione e promozione di 167 lavoratori e nei primi mesi del 2015 ancora altre promozioni e assunzioni di personale amministrativo. Quest’obiettivo raggiunto è stato la risultante di un ottimo lavoro svolto dalla dirigenza aziendale, grazie soprattutto alla volontà dei lavoratori chiamati a dare il massimo per far decollare questa società che da anni era in grosse difficoltà finanziare ma anche grazie alla determinazione delle organizzazioni sindacali che attraverso lunghe trattative e seri accordi hanno aiutato l’azienda a rafforzare le prospettive di crescita e sviluppo di Tirrenia, questo miracolo del sud. Luglio 2015, lo scenario cambia: il patron di Moby Lines, Vincenzo Onorato, acquista le quote degli altri soci con un’operazione di 100 milioni di euro finanziata dal fondo statunitense OCH ZIFF e diventa così il padrone di Tirrenia Cin. Scatta subito un esposto all’Autorità garante della Concorrenza e del Mercato perché
s’intravede in questa acquisizione una operazione di concentrazione dai profili decisamente anomali in un mercato così ristretto come quello dei collegamenti marittimi nella penisola. É notizia di questi giorni che l’Autorità garante ha aperto l’istruttoria sul caso Moby LINES-Tirrenia CIN per far chiarezza sulla posizione dominante nei collegamenti con la Sardegna, ed è anche notizia che Vincenzo Onorato sta cercando 300 milioni di euro per rifinanziare il debito del gruppo Moby-Tirrenia. Nel frattempo è cambiata tutta la dirigenza CIN, promozioni e assunzione programmate con la vecchia dirigenza sono ferme. L’arroganza e la riluttanza a non ascoltare e ricevere le organizzazioni sindacali territoriali hanno fermato un dialogo positivo e costruttivo che ha sempre soddisfatto le attese dei lavoratori e dell’azienda. Tutto questo sta solo generando preoccupazioni e malumore fra i lavoratori. Io nun capisco ‘e vvote che succede…L'unica speranza è che presto si superi la riluttanza della nuova dirigenza nei confronti delle organizzazioni sindacali territoriali per poter poi ripartire da un dialogo positivo e costruttivo, che da sempre soddisfatto le attese dei lavoratori e dell'azienda. Luglio 2015, la Caremar è privatizza-
ta e acquistata per sei milioni di euro dal gruppo Aponte formato da SNAV –RIFIN mentre la Regione Campania si impegnata a versare 10 milioni di euro per nove anni. Il trasporto ma-
rittimo nel golfo di Napoli ora è tutto privato e dobbiamo fortemente meditare su questo. Anche questa società, sull’orlo del fallimento, causato principalmente dalla cattiva gestione
della vecchia dirigenza e dalle inefficienze della politica regionale (Vetrella docet), oggi con il nuovo management, appena insediato, stravolge subito le regole. Il 9 novembre 2015 ha applicato unilateralmente una nuova organizzazione di lavoro che in parte non è conforme alla normativa vigente perché contiene elementi non previsti dal nuovo CCNL siglato a luglio 2015 e i limiti di orario giornaliero e settimanali superiori a quelli previsti dalla L.108; la cosa gravissima è che con questo nuovo orario di lavoro si generano circa 60 esuberi (licenziamenti). Il tutto è stato esposto alle autorità competenti ma ad oggi, risposte non sono ancora arrivate. É questa una privatizzazione dove non risulta esserci la salvaguardia dei livelli occupazionali e nel mentre gli armatori dichiarano di rilanciare e ammodernare i vettori nautici in modo da offrire all’utenza un servizio di qualità attraverso un forte investimento economico che dovranno presto affrontare. Alla luce di quello che sta accadendo la domanda sorge spontanea: ma sono i lavoratori ad investire economicamente sul rilancio nel mercato della Caremar? Io nun capisco ‘e vvote che succede… Ciro D’Alesio
La Uiltrasporti contro la privatizzazione del Gruppo FS Tarlazzi: La battaglia non è solo a difesa dei lavoratori, ma soprattutto nell’interesse del Paese A poche settimane dall'inizio del nuovo anno, ognuno è curioso di conoscere il destino che lo attenderà nel 2016. In particolare modo i ferrovieri, le cui sorti sono ancora più incerte, a causa dell'annunciata privatizzazione che potrebbe rivoluzionare totalmente l'attuale assetto del Gruppo FSI. Proprio al delicato interrogativo "Dove va la ferrovia?" ha provato a dare una risposta la UILTrasporti Nazionale, organizzando una tavola rotonda intorno alla quale ha fatto accomodare il Senatore Sonego, la Dottoressa Morgante di FSI ed il Professore universitario Gitto. Il dibattito, moderato dall'Addetto Stampa Uil Antonio Passaro, è stato anticipato dalla relazione introduttiva del Segretario Nazionale Mobilità Nicola Settimo ed ha permesso alla sala di ottenere un quadro completo sul tema della privatizzazione delle Ferrovie dello Stato. Lo studio dà diverse prospettive della stessa questione, ha reso possibile un'analisi trasversale dell'argomento, offrendo spunti politici, accademici, aziendali e sindacali. Ad arricchire la giornata, le conclusioni del Segretario Generale della Uiltrasporti Tarlazzi e del Segretario Generale della Uil Barbagallo. Fin dalle prime battute è stata ben chiara la necessità di rigettare l'ipotesi della privatizzazione. Nella relazione introdut-
tiva sono state richiamate ad esempio una serie di privatizzazioni avvenute nel recente passato ed è stato facilmente dimostrato come nel tempo questa strada abbia portato alla crisi d'impresa, alla perdita di occupazione, ad un mancato ammodernamento ed, infine, come non abbia rappresentato neanche un reale vantaggio economico per le casse dello Stato. È quindi necessario riconsiderare l'utili-
tà di privatizzare il Gruppo FSI, perché si rischia di compromettere un'azienda in salute. Non sempre "privato è meglio", basti vedere l'esempio dei competitor sull'alta velocità che, benché siano nel mercato da anni, continuano a navigare in profondo rosso. Se proprio si vuole intervenire sul Gruppo, sarebbe piuttosto il caso investire su asset in difficoltà come Cargo, rilanciando l'intermodalità e rendere operativo il piano industriale, in particolar modo migliorando il trasporto regionale e curando il settore Intercity. La forza del Gruppo FSI, tra i più apprezzati al mondo per tecnologie e sicurezza, è proprio nella sua unicità e nella sua capacità di "fare sistema". Il
paventato spezzettamento non farebbe altro che rendere ancora più piccolo il gruppo, annientando la sua competitività nel vero mercato del futuro, quello europeo, consentendo ai colossi tedeschi e francesi di continuare a farla da padroni. "La battaglia della Uiltrasporti contro la privatizzazione del gruppo Ferrovie dello Stato Italiane non è solo a difesa dei lavoratori, ma soprattutto nell’interesse del Paese", sostiene il Segretario Generale Tarlazzi. Se si vuole intervenire strategicamente nel settore, sarebbe magari il caso di rinnovare il piano generale dei trasporti, sfruttando al massimo le potenzialità logistiche del nostro Paese. Si pensi che le inefficienze della rete ad oggi costano circa 40 miliardi di euro, una cifra superiore di ben dieci volte a quella che incasserebbe lo Stato vendendo una parte del Gruppo FSI, lasciando nelle mani pubbliche l'infrastruttura. Per rilanciare lo sviluppo, dunque, bisognerà investire sulla crescita di aziende come FSI e non barattarne la crescita con il beneficio immediato in termini di cassa. Le strade per ridurre il debito pubblico sono altre e passano attraverso la lotta all'evasione fiscale, il recupero dei costi della corruzione ed un miglior utilizzo delle risorse eu-
ropee. Il pensiero della UIL è infine condensato nell'intervento del Segretario Generale Barbagallo: "Privatizzare per fare cassa è già un errore, se lo si fa per regalare gli utili ai privati è un doppio errore". Non si è a favore del pubblico per ideologismo, perché oggi “il pubblico è il peggior datore di lavoro” dato che si schiera contro i lavoratori del pubblico impiego e, soprattutto, non rinnova i contratti. Il limite del Paese nel campo dei trasporti è che "non circolano purtroppo né le persone, né le merci e neanche le idee". È dunque necessario mettere al primo posto il servizio sociale e non la necessità di fare cassa, il rischio di un salto nel buio, con la prospettiva di un aumento tariffario e l'abbandono del servizio universale, con il contestuale taglio al costo del lavoro ed agli investimenti sulla sicurezza, pone la UIL in prima linea per lottare contro la privatizzazione del Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane. Umberto Esposito
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Consorzi di bacino. Nuovo incontro tra Regione e Sindacati 17 novembre 2015, riprende il confronto sul reinserimento nelle attività del ciclo dei rifiuti 17 novembre 2015, ore 17.00. Il buio della sera che arriva pian piano si arrende alle luci dei lampioni che iniziano ad illuminare Piazza del Plebiscito. Un plotone di soldati procede costeggiando il colonnato della Basilica dei santi Pietro e Paolo. Gruppi di turisti passeggiano tranquilli. Sembrano aver dimenticato persino gli attentati con cui a Parigi, appena quattro giorni prima, la furia fondamentalista ha spezzato la vita di 129 esseri umani colpevoli soltanto di essere troppo occidentali, troppo laici, troppo liberi. C’è un’area, però, in cui non si riesce a scorgere nessuna traccia di spensieratezza. Nemmeno la magia di una piazza tra le più belle del mondo sembra alleviare il peso che grava sui cuori di alcune centinaia di persone. Sono concentrate sul lato destro della piazza, con il viso tagliato dalle lame di una tensione troppo forte. Sono i lavoratori dei Consorzi di Bacino. Nessuno di loro è lì per prendere un caffé al Gambrinus. Aspettano che i loro rappresentanti raggiungano la Prefettura per incontrare di lì a poco, alle diciassette e trenta, il Vice Presidente della Giunta Regionale. Aspettano per sapere se il loro futuro sarà meno incerto. Aspettano di sapere se quella sera, quando rientreranno a casa, potranno dire ai loro cari che finalmente le istituzioni si stanno occupando di loro. Sperano di poter dire ai loro mariti ed alle loro mogli che sì, finalmente arriverà “una cosa di soldi” dopo tre anni e mezzo senza stipendio, magari addirittura in tempo per celebrare un Natale un po’ meno disperato. Non sono fiduciosi. Ricordano come i Comuni hanno scippato il loro lavoro per affidarlo ad altri, la colpevole inconsistenza della precedente Giunta Regionale, la spietatezza della Città Metropolitana che li ha abbandonati al loro destino. Eppure aspettano. Intorno ai sindacalisti appena arrivati
si formano capannelli animati da una contraddittoria miscela di speranza e disperazione. Le domande sono concitate, confuse. Non ce l’hanno con il Sindacato. Sanno che, in fondo, è l’unico ad occuparsi di loro. Sono esasperati, vorrebbero che i sindacalisti “prendessero per il collo” i rappresentanti di istituzioni tanto distanti da sembrare incomprensibili. I sindacalisti si affannano a spiegare che in Prefettura non si parlerà di soldi, non ancora. Spiegano che il Vice Presidente della
Regione ha riunito i Commissari Liquidatori di tutti i Consorzi della Campania per conoscere il numero e le caratteristiche dei lavoratori da reinserire in quel ciclo integrato dei rifiuti che in Campania, otto anni dopo la fine ufficiale dell’emergenza, ancora non esiste. Spiegano che si tratta di un appuntamento importante perché si raccoglieranno dati fondamentali su cui la Regione, finalmente, dovrà costruire il piano industriale che li riporterà al lavoro. I sindacalisti, dopo aver ottenuto ancora una volta la fiducia di quei lavoratori, sembrano appesantiti da un carico di straordinarie responsabilità mentre superano i pochi metri che li separano dall’ingresso della Prefettura. È chiaro, a chi li vede superare la folta barriera di forze dell’ordine in assetto antisommossa, che almeno una parte di loro è consapevole di quanto a volte la tenuta
dell’ordine pubblico dipenda soltanto dalla loro capacità di comunicare con chi spesso non ha nemmeno la forza di ascoltarli. Qualcuno, tra quei sindacalisti, si chiede perché in piazza non ci sono anche quelli che criticano la presunta autoreferenzialità del sindacato. Magari vedrebbero con i loro occhi come la tenuta dell’ordine democratico si difende, a volte, assumendosi la responsabilità ed i rischi per la sicurezza personale che spesso corre chi ha scelto di rappresentare con le armi della democrazia vertenze tanto disperate. Accompagnati dalla gentilezza di funzionari della Digos che basta guardare negli occhi per scoprire quella sorta di cameratismo che finisce per crearsi tra gente che occupa posti diversi della stessa trincea, i sindacalisti si avviano al terzo piano. Ad attenderli c’è Gerarda Pantalone, il Prefetto di Napoli che insieme al suo staff coordina l’incontro tra i Sindacati, i Commissari Liquidatori dei Consorzi di bacino della Campania e Fulvio Bonavitacola, il Vice Presidente della Giunta Regionale. Nel corso dell’incontro si decide che gli elenchi del personale da rioccupare nelle gestione dei rifiuti saranno verificati a livello provinciale, dove si esamineranno le liste predisposte da ogni singolo Consorzio. Si conviene che negli elenchi dovranno essere inseriti gli organici di tutte le partecipate in cui diverse amministrazioni consortili hanno travasato gran parte dei loro dipendenti. Il Vice Presidente Bonavitacola spiega che la Regione è intenzionata ad approvare entro l’anno la nuova legge sul ciclo dei rifiuti. Ribadisce che in quella legge saranno previsti i meccanismi che riporteranno i lavoratori dei Consorzi ad occuparsi di raccolta differenziata e degli impianti per il trattamento dei rifiuti. Annuncia che nelle prossime settimane ci saran-
no altri incontri con i Sindacati per discutere gli aspetti tecnici del futuro provvedimento legislativo. Spiega che nei prossimi incontri si parlerà anche di come sostenere economicamente lavoratori privi di stipendio da circa quaranta mesi. Accogliendo una proposta della UilTrasporti che è diventata patrimonio comune dell’intero movimento sindacale, il Vice Presidente della Giunta regionale comunica che l’Assessorato regionale al lavoro studierà misure per l’incentivazione all’esodo dei lavoratori più vicini all’età della pensione. I Commissari liquidatori dei Consorzi assicurano piena collaborazione con la Regione e con i Sindacati. I rappresentanti dei lavoratori si impegnano a sostenere ogni iniziativa che possa assicurare reddito e futuro ai lavoratori, chiedono ancora una volta di risolvere una vertenza così aspra prima che le tensioni degenerino in maniera incontrollabile. La riunione si conclude lasciando a tutti la consapevolezza di aver partecipato all’ennesimo incontro interlocutorio. In attesa che giunga finalmente il tempo delle vere decisioni, si è forse fatto un passo piccolo nella direzione giusta. Troppo poco per rasserenare i lavoratori che ascoltano attenti i loro sindacalisti che sono tornati in piazza. Abbastanza per convincere tutti ad attendere il prossimo incontro, a sperare ancora che le istituzioni facciano finalmente il proprio dovere. I capannelli pian piano si sciolgono. Molti lavoratori si allontanano assorti, cercando le parole con cui dovranno spiegare ai loro cari che serve altro tempo per sapere se avranno ancora un lavoro, se avranno i soldi per comperare il cenone di Natale. Tutti hanno una sola certezza. Al prossimo incontro torneranno in piazza ad aspettare una risposta, ad aspettare che le Istituzioni facciano finalmente il loro dovere. Fabio Gigli
Gare nuove, problemi vecchi. Rischio di sciopero in EAV La nuova assegnazione dei servizi di pulizia in EAV prevede una riduzione salariale del 43% Non c'è pace per gli addetti alle pulizie dell'EAV. Dopo mesi di estenuanti lotte e proteste, ancora oggi il loro futuro resta incerto. L'appalto dei servizi di pulizia e manutenzione in EAV è stato recentemente riaffidato attraverso l'espletamento di una gara che prevedeva l'assegnazione attraverso la divisione in due lotti (infrastruttura e trasporti). Il lotto numero 1 è stato vinto dall'azienda E.T.R. Reunion Group Srl, grazie all'offerta del 23% di ribasso sulla tariffa posta a base di gara, mentre il lotto numero 2 è stato vinto dalla società Euroservizi Generali Srl, con un ribasso del 16%. Di certo, quello che salta facilmente all'occhio è la discutibile impostazione del bando di gara, che si fonda su un criterio di assegnazione attraverso la procedura al massimo ribasso. Questa logica non mette in primo piano due esigenze imprescindibili all'atto di un nuovo affidamento di un servizio, quali la certezza della salvaguardia dei livelli occupazionali e salariali dei lavoratori e la garanzia del mantenimento di adeguati
standard qualitativi della prestazione erogata all'utenza. Ad oggi, a far crescere ulteriormente le ansie delle maestranze è la mancata
gnandosi a integrarsi nel cantiere a partire dal primo dicembre, ETR, invece, non si è ancora accordata per il Lotto 1, costringendo EAV ad ipotizza-
salariale del 43%. Non basta come pena per i lavoratori del settore servizi la precarietà di un destino continuamente in bilico a causa di continue gare d'appalto dagli esisti incerti, ma lo spietato gioco al ribasso li vede spesso costretti a rinunciare a corpose fette di stipendio. In un Mezzogiorno falcidiato dalla crisi, i lavoratori dell'indotto sono spesso le vittime preferite di una politica arida e spesso crudele. Anche la pazienza ha però un limite ed il rischio di azioni forti che possano sfuggire al controllo sindacale è reale. Per questo le parti sociali, l'ultima barricata contro l'anarchia, sentono ancor di più il peso delle loro responsabilità e per questo la necessità di garantire ogni diritto ai lavoratori, a cominciare da quello della salvaguardia dei livelli occupazionali e salariali, rappresenta il loro obiettivo principe. Al momento sono in corso le procedure di raffreddamento e nel caso l'azienda dovesse continuare ad presentazione per la firma del contrat- re l'affidamento alla seconda azienda essere sorda verso le giuste richieste to della ditta ETR. Mentre Euroservizi partecipante. Quello che è certo è che dei lavoratori, sarà indetto uno sciopero. U. E. ha stipulato l'accordo con EAV impe- per i dipendenti si prevede un taglio
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Tirocini formativi in EAV: un’esperienza di crescita Prosegue la collaborazione dell’azienda con il mondo dell’istruzione e aumentano gli stage in direzione Sono giovani, volenterosi, amabili… e sono diventati via via più numerosi in EAV negli ultimi mesi. Sono i tirocinanti: studenti universitari delle facoltà di ingegneria, giurisprudenza e psicologia, in cerca di crediti formativi ma più che altro in cerca di esperienza di vita vissuta in un contesto lavorativo. Allo stato attuale, l’azienda ne accoglie ben 17: un piccolo silenzioso esercito buono, che collabora con gli uffici delle diverse Unità Organizzative, nella direzione di Porta Nolana. Un “esercito” destinato probabilmente ad infoltirsi ancora di più, tanto che l’azienda da qualche settimana si è dotata di un vero e proprio regolamento, con tanto di diritti e doveri dei tirocinanti! Il tutto parte dalle numerose convenzioni che EAV ha stipulato, nel corso dell’ultimo biennio, con diversi atenei italiani. Nessuna spesa è a carico dell’Azienda,
che esclude ogni possibilità di rivalsa per assunzioni da parte dei tirocinanti. In effetti, con lo scopo di accrescere la professionalizzazione degli studenti e facilitarne la transizione nel mondo del
lavoro, i tirocini curriculari rappresentano una buona opportunità per entrambe le parti: tirocinanti e azienda. E i rapporti tra l’EAV e i giovani apprendisti non è solo questo: sono centinaia gli studenti degli Istituti Tecnici Superiori del territorio che ogni anno, grazie ad “Alternanza Scuola Lavoro”,
si riversano nei reparti tecnici dell’azienda per una parte delle ore scolastiche a disposizione. Il risultato di tutto ciò è un crogiuolo di studenti e futuri professionisti che, ciascuno dalla sua postazione aziendale dedicata, si occupano di attività affini agli studi intrapresi e apportano nuova linfa tra i lavoratori, sempre più demotivati dalle vicende aziendali. Che sia un preludio all’EAV del futuro, dove convivono e si mescolano lavoratori e non lavoratori? Ignorando le banali remore di chi lo vede come un sistema per utilizzare “manodopera a costo zero”, andiamo al nocciolo del tirocinio e a ciò che esso rappresenta per il suo protagonista: il tirocinante. Come nasce in un giovane studente l’idea di entrare a far parte, seppur provvisoriamente, di un’azienda di trasporto pubblico locale tanto contestata? Questa la domanda posta ad una giovanissima leva della facoltà di Scienze e Tecniche di Psicologia Cognitiva.
“L’idea è nata dalla mia curiosità di scoprire ciò che avviene in un’azienda che si diffonde sul territorio ma che ha una sede direzionale come la vostra dalla quale partono tutte le direttive necessarie a regolarne il funzionamento” racconta Gabriella, che trascorre metà della sua settimana negli uffici di Risorse Umane e Organizzazione di EAV: “Grazie a questa esperienza, spero di riuscire poi a scegliere con perspicacia la mia futura vocazione lavorativa!”. Una risorsa per l’azienda, certamente… ma anche una responsabilità, perché a parere di chi scrive è un vanto e al contempo un onere, poter curare l’educazione al lavoro e formare le prime basi della futura etica del lavoro delle giovani generazioni. Al termine del tirocinio, sia l’azienda sia il tirocinante sono tenuti a dare una “valutazione” dell’esperienza. Ad oggi, con i numeri in crescita e con una fervente collaborazione con Atenei e Scuole, questo onore/onere è un piccolo fiore all’occhiello dell’azienda di tpl più criticata del Mezzogiorno. Rossella Fornaro
Piano di rinnovo del parco mezzi ANM CLP, nessuna certezza per i lavoratori Gara aggiudicata all’azienda turca Otokar
Un’azienda al collasso nell’indifferenza generale
Due gare, una per l’acquisto di nuovi treni e l’altra per i bus, tutti targati Anm. Era il momento di rinnovare il parco mezzi per l’Azienda Napoletana Mobilità anche dopo l’esposto presentato alla Procura di Napoli in cui si chiede il sequestro probatorio dei veicoli alimentati a diesel che inquinano e “arrecano gravi danni alla salute”. Non si poteva più aspettare e così l’azienda procede e parte con una gara per l’acquisto di dieci treni con un investimento di cento milioni di euro ed un’altra gara che prevede l’acquisto di sessanta nuovi autobus alimentati a gasolio che risultano essere a basso impatto ambientale, con un investimento di venti milioni di euro. Grazie a questi nuovi bus che arriveranno sarà possibile sostituire il 15% della flotta su gomma attualmente in dotazione, verranno ridotti i costi di manutenzione ed i consumi di carburante e di emissioni inquinanti. È il primo step del piano di ammodernamento della flotta bus dedicata al trasporto pubblico che prevede, entro il 2017, la sostituzione di oltre il 50% dei mezzi di trasporto pubblico su gomma. E a vincere questa gara per l’acquisto di sessanta nuovi bus è un’azienda turca, la Otokar, con il modello Kent da 10,7 metri. I mezzi saranno a pianale ribassato e saranno alimentati a gasolio ed avranno un ridotto impatto ambientale grazie alla certificazione Euro 6. Si tratta della più grande gara vinta in Italia dal costruttore turco, il cui distributore è la Mauri di Milano. All’industria italiana tocca incassare così una dura delusione. Cosa è stato premiato? Il massimo ribasso, perché evidentemente l’azienda partenopea ha preferito il risparmio alla qualità, la Otokar si è aggiudicata la gara appli-
Il 26 ottobre 2015 la Prefettura di Napoli ha disposto, nell’ambito del commissariamento della società Clp effettuato a febbraio u.s., relativo alla gestione straordinaria e temporanea della stessa società di tpl, la proroga per gli amministratori straordinari fino al 31 dicembre 2016, ai quali vengono confermati tutti i poteri e le funzioni degli organi di conduzione d’impresa, limitatamente ai contratti di trasporto pubblico locale. Ancora in alto mare, dunque, la definizione della vicenda Clp, una condizione precaria che, in modo particolare nella provincia di Caserta, si ripercuote negativamente sul servizio di tpl reso ai cittadini sia in termini qualitativi che quantitativi; oltre, naturalmente, a generare sconcerto tra i lavoratori che dal 2012 sono ancora alla ricerca di una reale stabilità lavorativa. Il clima di incertezza in cui versano azienda e lavoratori è riconducibile, senza dubbio, anche al mancato rispetto delle corrette relazioni industriali tra organizzazioni sindacali e azienda; al riguardo basta ricordare infatti che, ad oggi, sono state già consumate da parte dei lavoratori Clp (servizi ex Acms) tre azioni di sciopero. In tema di relazioni sindacali, nel caso particolare, va rimarcato l’aspetto delicato e complesso che hanno rivestito le stesse nell’ambito lavorativo della Clp, un livello di conflittualità che, seppur fisiologico, ha avuto un impulso notevole negli ultimi anni, incrinando di fatto i rapporti tra le organizzazioni sindacali con la proprietà e successivamente con gli amministratori straordinari. Una fase conflittuale, culminata nelle tre azioni di sciopero, le cui motivazioni sono dovute, innanzitutto, al mancato rispetto degli accordi sottoscritti a seguito dell’affidamento dei servizi tpl della provincia di Caserta alla Clp, ovvero alla mancata assunzione di tutto il personale della ex Acms ed in generale alla non condivisione della organizzazione del lavoro.
cando una tariffa inferiore a quella italiana di 38 mila euro. Verranno quindi prodotti in Turchia questi sessanta pullman e all’Industria Italiana Autobus e quindi all’ex Iribus di Valle Ufita e alla BredaMenariniBus di Bologna resta invece solo una grande amarezza, con perdita di potenziale lavoro e di entrate economiche. Il trasporto pubblico napoletano si appresta così ad un rinnovamento che dovrebbe garantire anche un miglioramento del servizio erogato ed un innalzamento degli standard, peccato però che di italiano c’è ben poco, peccato che i veicoli che vedremo tra le strade di Napoli saranno prodotti in Turchia, peccato che il lavoro viene sempre dato fuori, peccato che il made in Italy perde sempre di più le sue partite. Ci siamo fatti scippare tutto. Serve dare lavoro ad aziende e fabbriche qui, serve far risollevare l’economia nazionale attraverso le nostre aziende. Serve acquistare a casa nostra. Sicurezza, affidabilità e rispetto delle normative sono queste le esigenze fondamentali delle aziende ed è in casa nostra che dovremmo pretendere tutto questo. È il momento di affidare alle nostre aziende, è il momento di dare lavoro ai nostri dipendenti, scongiurando così licenziamenti e chiusure aziendali, è il momento di guardare anche ai possibili sbocchi e alle prospettive strategiche. Sessanta autobus finiscono in Turchia e all’Industria Italiana Autobus tocca incassare questa cocente delusione: queste sono storie che non vorremmo mai leggere, ci aspettavamo che la partita napoletana fosse vinta a casa nostra, la sconfitta è nostra, ma soprattutto del governo. Dario Riccio
In questo contesto, ulteriori perplessità e polemiche ha destato la procedura di licenziamento collettivo attivata lo scorso settembre per 63 dipendenti su una pianta organica complessiva di 424 unità, personale dichiarato in esubero individuato tra i dipendenti cosiddetti “indiretti”. Nell’ambito della procedura è stata esperita la prima fase dell’esame congiunto, un incontro dove le organizzazioni sindacali di Filt, Fit e Uilt hanno chiesto la presentazione di un piano industriale credibile, indispensabile
per il prosieguo del confronto, insomma un programma che determini un percorso sicuro per uscire dal tunnel e quindi le misure necessarie per il risanamento aziendale; in aggiunta, evidentemente, ad una organizzazione del lavoro funzionale da condividere e rendere omogenea per tutti gli impianti aziendali. Tuttavia la prima fase dell’esame congiunto, non essendoci le condizioni ed i presupposti per un eventuale soluzione della vertenza, si è conclusa con esito negativo, pertanto il confronto di merito seguirà in sede istituzionale, come previsto dalla normativa, con l’obiettivo primario, da parte delle organizzazioni sindacali, di individuare tutte le azioni possibili tese alla salvaguardia dei livelli occupazionali. Insomma un nuovo fronte caldo per il trasporto pubblico locale, un settore che, in linea generale in Campania, stenta ancora a decollare. Pierino Ferraiuolo
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Il congedo parentale a ore
Arriva la ricetta medica online
L’INPS chiarisce le ipotesi di compatibilità ed incompatibilità
Un decreto per una maggiore tracciabilità delle ricette mediche
Con la riforma del Jobs act viene riconosciuta al lavoratore la possibilità di fruire in modalità 'oraria' del congedo parentale. Tale facoltà, in via di principio, è subordinata alla previsione da parte della contrattazione collettiva di tale modalità di fruizione del congedo parentale, ed in assenza di contrattazione, la fruizione oraria è consentita a ciascun genitore lavoratore per la metà dell’orario medio giornaliero di lavoro. Una novità importante che ha spinto l’INPS, a fornire alcune precisazioni circa l’incumulabilità del congedo parentale ad ore con altri permessi o riposi disciplinati dal Testo Unico sulla maternità e paternità (d.lgs n. 151/2001). In particolare, secondo quanto riportato dalla Circolare n. 6704 del 3 novembre 2015, l’INPS ha chiarito che il genitore lavoratore dipendente che si astiene dal lavoro per congedo parentale ad ore (ex art. 32 T.U.) non può usufruire nella medesima giornata né di congedo parentale ad ore per altro figlio, né dei riposi orari per allattamento (ex artt. 39 e 40 del T.U.) anche se richiesti per bambini differenti. Tale incumulabilità risponde all’esigenza di conciliare al meglio i tempi di vita e di lavoro utilizzando il congedo in modalità oraria essenzialmente nei casi in cui il lavoratore intenda assicurare, nella medesima giornata, una parziale prestazione lavorativa. Allo stesso modo, aggiunge l’istituto di previdenza, il congedo parentale ex art. 32 T.U. fruito in modalità oraria non è cumulabile con i riposi orari giornalieri di cui al combinato disposto degli artt. 33, comma 2, e 42 comma 1 del T.U., previsti per i figli disabili gravi in alternativa al prolungamento del congedo parentale (art. 33 co. 1 T.U.), anche se richiesti per bambini differenti. Diversamente, risulta compatibile la fruizione del congedo parentale su base
oraria con permessi o riposi disciplinati da disposizioni normative diverse dal T.U. maternità/paternità, quali ad esempio i permessi di cui all’art. 33, commi 3 e 6, della legge 5 febbraio 1992, n.104, quando fruiti in modalità oraria. Per semplificarne la comprensione, con la stessa circolare l’INPS ha stilato la seguente tabella riepilogativa.
In ogni caso, è opportuno evidenziare che in base al disposto di cui all’art. 32, comma 1 ter, le ipotesi di incumulabilità sopra dettagliate trovano applicazione solo nei casi di mancata regolamentazione delle modalità di fruizione del congedo parentale su base oraria, da parte della contrattazione collettiva o aziendale. Ne consegue, quindi, che la contrattazione di primo o di secondo livello, nel definire le modalità di fruizione del congedo parentale, può prevedere tra l’altro anche criteri di cumulabilità differenti rispetto a quelli definiti dal predetto comma del Testo Unico. Francesco Di Palma
In questi mesi è apparsa la notizia su molti giornali e media della dematerializzazione della ricetta medica, ottenuta grazie alla firma apposta dal Ministro della Salute Beatrice Lorenzin al decreto che definisce le modalità di prescrizione dei medicinali a carico del Servizio Sanitario Nazionale (Ssn) attraverso la cosiddetta ricetta online. La nuova ricetta farmaceutica, oltre a ridurre i costi generali del servizio sanitario, avrà validità sull’intero territorio nazionale e permetterà ai pazienti di recarsi in qualsiasi farmacia per potersi procurare il farmaco prescritto loro. In questo modo, si riducono i tempi anche per gli stessi malati, che non dovranno più recarsi prima dal medico di base per la materiale consegna del certificato, ma consentirà loro di recarsi direttamente alla farmacia per il ritiro del prodotto farmaceutico previo consulto col medico curante. Scopo principale della ricetta online è ridurre il rischio di frodi e falsificazioni, rafforzando la tracciabilità delle ricette mediche nonché un sensibile miglioramento del rapporto costo/ qualità dei servizi sanitari, rendendo più omogeneo e semplice l’accesso ai servizi nelle diverse aree del Paese. Pertanto, con l’introduzione della ricetta online, i medici non riceveranno più blocchi di ricette cartacee, bensì solo una serie di numeri asse-
gnati dalle rispettive ASL di competenza. In questo modo il medico per prescrivere un farmaco o una visita specialistica si connetterà tramite il proprio PC al sistema e, dopo essersi identificato con le proprie credenziali, effettuerà la prescrizione online utilizzando uno dei codici numerici a lui assegnati dall’ASL, associandolo al codice fiscale dell’assistito. Il sistema in questo modo validerà il codice fiscale e tutte le informazioni di esenzione (per reddito e/o per patologia) e solo a questo punto, il medico completerà la ricetta con la prescrizione del farmaco e, con un semplice click, confermerà la generazione della ricetta elettronica con la contestuale stampa di un promemoria cartaceo da esibire solo in caso di necessità. A questo punto, qualunque farmacia presente sul territorio nazionale, collegandosi al sistema, accede alla ricetta elettronica emessa dal medico ed eroga il farmaco al paziente senza più richiedere l’esibizione della ricetta cartacea. Questo rappresenterà il risultato finale di un progetto avviato con l’approvazione dell’art. 50 della legge 326/2003 che ha progressivamente introdotto la ricetta (cartacea) standardizzata, la tessera sanitaria e l’obbligo di invio dei dati di tutte le ricette da parte dei medici, per un maggior controllo della spesa sanitaria. F. D.
Novità importanti per le prestazioni di disoccupazione Cosa cambia sull’accertamento, la sospensione e la perdita dello stato di disoccupazione dopo il D.Lgs.vo 150/2015 Il decreto di riordino dei Servizi per l'Impiego (D.Lgs.vo 150/15) ha modificato la disciplina dello stato di disoccupazione. Una modifica che comporta, senza dubbio, delle ricadute gestionali e che ha aperto un confronto tecnico tra le Regioni e il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali con l'obiettivo di individuare le soluzioni interpretative o eventuali modifiche normative. Il D.Lgs.vo 150/2015, pur riproponendo la disciplina della sospensione dello stato di disoccupazione in caso di rapporto a tempo determinato di durata inferiore ai sei mesi, non contempla più la conservazione dello stato di disoccupazione che veniva mantenuto in tutti i casi di attività lavorativa sia subordinata o autonoma da cui derivasse un reddito annuale escluso da imposizione. La conservazione dello stato di disoccupazione è stata, invece, confermata, per i percettori di NASpI e Dis-Coll che svolgono attività lavorative in forma subordinata, autonoma o da imprese individuali, da cui derivi un reddito che comporti una imposta netta pari a zero,
anche per effetto della detrazioni spettanti, che per l'anno 2015 è € 8.000,00 per i redditi da lavoro dipendente, purché comunichino all'I.N.P.S il reddito annuo previsto. Questo disallineamento tra la disciplina dello stato di
disoccupazione e quella della NASpI e della Dis-Coll ha una duplice conseguenza. La prima è che tutti i disoccupati non percettori di misure di sostegno al reddito perdano lo status di disoccupato qualora svolgano attività di lavoro autonomo di qualsiasi durata o di lavoro subordinato superiore a sei mesi, an-
che se con redditi inferiori ai limiti minimi dell'imposta diretta. La seconda è che i beneficiari di NASpI e Dis-Coll mantengono la prestazione di sostegno al reddito, sebbene perdano lo stato di disoccupato e, quindi, non abbiano diritto all'assegno di ricollocazione. Un’altra cosa che cambia riguarda anche la disciplina della perdita dello stato di disoccupazione. Difatti essa è determinata dalla mancata presentazione alle convocazioni dei Centri per l'Impiego e dalla mancata partecipazione alle iniziative formative previste nel patto di servizio. A ciò sia aggiunge che il rifiuto di un’ offerta di lavoro congrua comporta la decadenza della prestazione e dello stato di disoccupazione solo per i percettori di ASDI ma non per quelli di NASpI, che decadono solo dalla prestazione. Un’altra modifica contenuta nel decreto è la procedura di accertamento dello stato di disoccupazione. Precedentemente la condizione di disoccupato veniva comprovata dalla presentazione dell'interessato presso il Centro per l'impiego competente, a cui si rilasciava la Dichiarazione di Immediata Dispo-
nibilità al lavoro (DID), ora invece sono considerati disoccupati i lavoratori privi di impiego che dichiarano, in forma telematica, al portale nazionale delle politiche attive, la propria immediata disponibilità allo svolgimento di attività lavorativa ed alla partecipazione alle misure di politica attiva del lavoro concordate con il Centro per l'Impiego. Per i percettori di NASpI, Dis-Coll e di mobilità, la Dichiarazione di Immediata Disponibilità al lavoro è costituita dalla domanda della relativa prestazione all'I.N.P.S, che la trasmette all’Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro (ANPAL) per il suo inserimento nel sistema informativo unitario delle politiche attive. Con questa nuova procedura la dichiarazione resa telematicamente dall'interessato equivale ad una autocertificazione sostitutiva della funzione accertatrice svolta prima dal Centro per l'Impiego, che ora deve essere contattato dallo stesso disoccupato entro i trenta giorni successivi alla registrazione sul portale nazionale richiamato, ridotti a quindici per i beneficiari di forme di sostegno al reddito, ma solo per confermare lo stato di disoccupazione e per stipulare il patto di servizio. Vincenza Preziosi
ANNO 7, NUMERO 11
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Boris Mikhailov, “Io non sono io”, un’inedita mostra al Museo Madre Il fotografo ucraino presenta a Napoli 149 scatti e approfondisce il tema del ritratto Boris Mikhailov arriva a Napoli con una mostra d’arte contemporanea al museo Madre, un’esposizione inedita in programma fino al 1 febbraio 2016. E i numeri dei visitatori che sino ad oggi hanno affollato le sale del museo per ammirare la mostra del fotografo ucraino confermano il successo di questo grande artista. La mostra, titolata “Boris Mikhailov, io non sono io” è un evento curato da Andrea Villani ed Eugenio Viola, in collaborazione con Incontri Internazionali d’Arte, Polo museale della Campania, Villa PignatelliCasa della Fotografia. Oltre tremila persone sono già corse ad ammirare i 149 scatti del ribelle Mikhailov che a Napoli approfondisce il tema del ritratto e dell’autoritratto. Disintegrazione identitaria, oppressione sociale, povertà iniqua, inermità del corpo, abbandono e solitudine in una situazione sospesa tra guerra e pace, ricerca della verità umana, sono tutti temi che riecheggiano la grande pittura del barocco napoletano, come nelle tele del pittore spagnolo Jusepe de Ribera, alcune delle quali sono state accostate durante la mostra alle opere dell’artista ucraino per un inedito confronto. L’artista si oppose al regime sovietico di-
mostrando la sua ribellione attraverso la fotografia e l’utilizzo dell’immagine, diffondendo anche messaggi polemici e pornografici. Racconta il corpo, la nudità, realizza immagini che mettono
festeggiamenti dei suoi dieci anni di vita, non poteva non dedicare una mostra a questo grande fotografo, non poteva che garantirgli un posto nella programmazione dei suoi eventi. Una
in ridicolo il regime, ha ritratto l’architettura imponente diventata simbolo di disfatta, le parate ufficiali del Partito Comunista mescolandole con immagini di strada e momenti tratti dal quotidiano. Il museo Madre, nell’anno dei
mostra questa che restituisce una galleria di ritratti e autoritratti che nello stesso tempo appaiono disturbanti ma anche universali nella loro richiesta di dignità personale. È questa una prima esposizione dedicata da un’istituzione
pubblica italiana a Boris insieme alla retrospettiva che, nell’autunno del 2015, è stata dedicata all’artista da Camera-Centro Italiano per la Fotografia di Torino. Ed è importante che uno dei più autorevoli fotografi contemporanei abbia un suo personale spazio proprio qui a Napoli. Opere le sue che rappresentano una molteplicità di temi, che indagano i profondi e radicali cambiamenti che hanno investito il suo paese natale. E anche in questa mostra spesso è protagonista il corpo, rappresentato senza censure, nella sua dolente fragilità. Uno spaccato contemporaneo fatto di cruda verità: “È un mondo vergognoso, popolato da alcune creature che una volta erano esseri umani; ora questi esseri viventi sono degradati, orribili, spaventosi. Molte persone mi dicono che hanno notato questi ragazzi solo dopo aver visto le mie foto. Prima, non avevano occhi per loro. Non posso dire di essere un “cronografo”, perché seleziono, annusando le situazioni per lungo tempo. Mi dicono che mi muovo di nascosto come un gatto, guardando. Sicuramente aspetto il momento migliore per spingere il tasto della fotocamera”. Paola Arrighini
Quando è possibile interagire Una chiacchierata con Carlo Faiello Una piccola storiella garbata per riconquistare rispetto Partire e non arrivare mai, il viaggio del cantautore napoletano Una mattina a scuola Pierino si gratta furiosamente la testa. Al che la maestra gli domanda: ”Pierino hai i pidocchi? Perché ti gratti in testa?” Pierino risponde: “Si, signora maestra ne ho avuto uno però è morto”. ”E dunque perché continui a grattarti?” domanda la maestra. E Pierino: “Lui è morto ma sono venuti i parenti al funerale!”. Storiella garbata, da raccontare ai bimbi in classe o all'oratorio, magari da una anziana signora. Se volessimo cambiare personaggio cosa accadrebbe? Nulla, al posto di Pierino potremmo mettere Brighella, Pantalone, Arlecchino, Pulcinella o anche Carletto. E se la modificassimo cambiando i pidocchi con le pulci? Niente, l'impianto non si modifica, otterremmo lo stesso graziosi sorrisi. Potremmo renderla più colorita utilizzando altri insetti parassitari dell'uomo che pur si annidano tra i bulbi piliferi ma la storiella sarebbe resa più ''grassa'', un tantino ''pepata'', al posto di educati sorrisi avremmo ridanciani ammiccamenti, magari sguaiate risate! Ma il meccanismo della ''furbata affabulatoria'' del personaggio rimarrebbe eguale, o educati o ammiccanti lo scopo è quello di divertire. Bisogna solo scegliere se farlo in modo depurato o meno. Alla fine di questa riflessione sul ''nulla'' cosa accadrebbe se applicassimo la stessa regola causa-effetto alla nostra classe politica? Se cambiassimo le rappresentanze all'interno dell'emiciclo cosa succederebbe? Niente! Se modificassimo maggioranza
ed invece del partito A.B.C. alleato con U.V.Z. avessimo una maggioranza fatta dal C.B.A. insieme a Z.U.V. cosa cambierebbe oltre alla forma? Se invece dei verdi mettessimo i bianchi ed infine i rossi, perché no i neri? Stessa mancanza di risultato! Come la storiella garbata dell'inizio, più ''leggera'', o ''pesante'', ma sempre nella stessa dinamica. Ed allora? Si dovrebbe cambiare, ma come? Semplice, con una rivoluzione! Fermi, non saltate dalla sedia. Anche le rivoluzioni si sono evolute, non servono più bagni di sangue p e r ''sostanziarle'' e nemmeno tintinnar di ''chiavi''. È rivoluzionario il cambiamento culturale. Riappropriamoci del senso della vita porgendolo alle nuove generazioni, non chiudiamoci nel fortino di un fasullo benessere. Ciò ci può portare solo all'anchilosarsi del ''pensiero''. La vita, quella vera, non è uno spot, non è fatta di sopraffazione di un individuo sull'altro, di un clan sull'altro, di una nazione sull'altra! Non si può credere realmente di vivere mettendo al posto del cuore una lattina gelata di birra o di Pepsi. No, certo, non si vive di soli idealismi, bisogna essere pratici, servono la farina e le patate. Però non si può andare avanti nel miraggio di nove miliardi di Ferrari Testa Rossa. Si può proseguire ridando nove miliardi di dignità individuale. Cominciando a condividere, non dico baciandoci sulla bocca, ma con rispetto reciproco, gli spazi della nostra astronave chiamata Terra! Xavier Ximenes
Carlo Faiello entra nel 1984 a far parte dell’Orchestra di Roberto de Simone e della Nuova Compagnia di Canto Popolare. Da allora è un “crescendo rossiniano”, partecipa, fra l’altro, a spettacoli come “La gatta Cenerentola”, ”La Cantata di Masaniello”, “Carmina Vivianea”, “La disgrazia di Pulcinella”, al Festival di Sanremo scrivendo per Roberto Murolo, Lina Sastri e molto, molto altro ancora… Quanta vita e quanta energia creativa c’è nei Quartieri Spagnoli di Napoli: è da lì che proviene Carlo Faiello… Sono nato in un posto strategico: Gradoni di Chiaia. Una salita lunga e ripida di un quartiere popolare fra due quartieri borghesi. Ha ancora senso cantare in Lingua Napoletana in un contesto di globalizzazione generale? Soprattutto ora si, soprattutto adesso; non deve essere una sorta di “chiusura”, ma un’apertura verso l’altro visto che è una Lingua, non un dialetto… La Napoli di Carlo Faiello… È molto migliorata rispetto ad anni fa! Da napoletano verace sono assai contento che Piazza Plebiscito ed altre piazze non siano più.. parcheggi per auto ma siano “vivibili” per l’intera città. Ancora: una volta mancavano bar con tavolini all’esterno, ora è tutto un pullulare di bar-pizzerie-trattorie… è una città molto meno cupa di quella degli anni ’70 e ciò è dovuto al tanto vituperato Rinascimento Napoletano… Nel 1984 entri a far parte della N.C.C.P., dove sei stato ben 14 anni… Lentamente mi sono appassionato a ciò che si “respirava” attorno alla N.C.C.P. e ne sono rimasto coinvolto, musicalmente parlando… Poi, esaurito un ciclo, ho intrapreso altre vie. Il tuo primo lavoro è del 1993, “Cambierà”: cosa è cambiato da allora?
Tanto, davvero, anche se c’è sempre una sorta di “vittimismo” da parte della stragrande maggioranza dei Napoletani. Io, che ho cultura greca nel mio DNA, ne sono orgoglioso e fiero. Certo, anch’io vedo le cose che non vanno… Parliamo di trasporti locali… Per anni ho adoperato la Cumana in quanto abitavo a Pozzuoli. Ora mi sposto molto con i treni della Linea 1. Sarebbe auspicabile che il servizio pubblico migliorasse e non poco… Questo aspetto della nostra città è peggiorato notevolmente! “Viaggio” vuol dire… Partire e non arrivare mai. Ciò, per me, è veramente affascinante… Cosa ho dimenticato nella presentazione? Sono un cantautore. Scrivo e canto delle storie. Per me hanno cantato anche Lina Sastri, Patrizia Spinosi, Maria Nazionale, Valentina Stella. Dopo “Cambierà” ho inciso un altro disco, “Le danze di Dioniso”, e scritto un libro, “Il suono della tradizione”. Sono un ricercatore che parallelamente è anche un musicista. Intendo ri-scoprire la tradizione per tramandarla. “Cambierà” era un omaggio ai cantautori, “Le danze di Dioniso” il suono primordiale della nostra terra. Cosa bolle nella tua pentola di musicista? Sono il Direttore Artistico della “Domus Ars”, uno spazio culturale usufruibile da musicisti, gestito con tante difficoltà, di ogni ordine e grado, ma del quale vado molto fiero. Sto realizzando “La Cantata dei Pastori” e continua la consolidata “Notte della tammorra”, che tanto successo, di pubblico e di critica, ha ottenuto nelle precedenti 15 edizioni. Buon viaggio, Carlo, di vero Cuore, a tempo della tua musica… Emilio Vittozzi
ANNO 7, NUMERO 11
UOMINI E ORTAGGI Il primo fu Uccio (Gaetano) Saragone, tra la fine del diciannovesimo secolo e l'inizio del ventesimo. In realtà si chiamava Gaetano Ciampi ed era un ''giornataro'', cioè uno zappatore senza terra propria, perciò si guadagnava da vivere lavorando quella degli altri. In quei tempi i proprietari terrieri, onde invogliare i braccianti a fare presto, usavano una strategia. Il trucco consisteva nel suddividere il campo in tanti rettangoli per quanti lavoranti presenti. Alla fine del fondo si posava una fetta di pane bianco (lusso incredibile) con sopra poggiata una ''saraga'', chi prima giungeva al traguardo aveva il privilegio di mangiare. Uccio, giovane ed affamato giungeva quasi sempre primo, da bravo figlio mangiava il pane e metteva in tasca il pesce salato per i fratelli più piccoli che erano a casa. Così si guadagnò il soprannome di ''Saragone''. Quando Uccio tornò dalla grande guerra fortunatamente illeso decise di prendere moglie, adocchiò una brava ragazza orfana di padre che aveva in dote un piccolo pezzo di terra, datogli dalle caritatevoli Dame dell’ Annunziata, una confraternita femminile che aveva lo scopo di procurare una dote alle orfane del paese. Uccio si maritò con Nina (Gaetana), grazie alla dote poté lavorare su un terreno suo. C'era una cosa però strana su quel campo, era difficile far crescere qualcosa, sembrava stregato, finché riuscì a far nascere delle piantine di fagioli. Nina regalò un figlio ad Uccio, che fu chiamato Gaetano - Uccio. Ecco che Saragone, visto che solo ''fasole'' crescevano, incrementò la coltivazione, avviò un piccolo commercio e con sacrifici riusciva a tirare avanti la famiglia. Il tempo passò, ci fu un'altra guerra mondiale, Saragone e Nina, ormai anziani, furono chiamati da Dio giusto un anno dopo la fine delle ostilità, senza poter rivedere l'adorato figlio ch'era partito militare. Quando tornò al paese Uccio, dopo due anni di prigionia, trovò la casetta vuota ed il campo trascurato. Egli da bravo figlio si rimboccò le maniche e riprese la coltivazione ed il commercio di fagioli. Si sposò con un'umile ma bella figliola senza dote, ma i due non ci pensarono essendo molto innamorati e poi il campo di fagioli c'era. Così il paese gli cambiò il soprannome ed Uccio da Saragone divenne Uccio ‘e ''Fasole''. A Fasole nacque un bel maschietto che, guarda caso, fu battezzato Gaetano - Uccio, in onore del nonno Saragone. I tempi erano difficili, le piaghe della guerra ancora visibili, tra sacrifici e rinunce si tirava avanti. Una mattina Uccio andando ad un mercato vicino per vendere i fagioli, passando i binari fu travolto dal treno. La vedova col piccolo Uccio da sola non poteva coltivare il campo. Si offrì come lavandaia ai signori' del borgo. Passarano anni, Uccio cresciuto non sopportando più di vedere la madre logorata dal lavoro di lavandaia, si mise a coltivare il terreno di famiglia. O perché era passato qualche anno di abbandono o chissà per quale malevola alchimia i fagioli non crescevano più. Con pazienza Uccio provò di tutto, fave, lenticchie, pomodori, niente. Un giorno, dopo pranzo, ad Uccio mentre faceva un pisolino, gli vennero in sogno Saragone e Fasole, il nonno ed il padre che gli dissero: ”Tutte le hai provate, ma una cosa non piantasti, ‘e cetrole“. Uccio si svegliò, pensò al sogno, procurò i semi, preparò il campo e miracolosamente il terreno si coprì di rigogliose piante di cetriolo. Tutto bene, ma c'era un inconveniente, i cetrioli non potevano essere commercializzati tutto l'anno come i fagioli, erano un commercio stagionale. Come faccio, si chiedeva Uccio? Una mattina notò che le api passavano sui piccoli fiori gialli dei cetrioli. E già? Si disse anche i cetrioli hanno un fiore, poiché era un ragazzo sveglio si procurò un'arnia, di lì ad un paio d'anni produceva miele di cetriolo. Quando era il tempo vendeva cetrioli, finita la stagione andava nei mercati col miele. Fu così che il paese cambiò il soprannome di famiglia chiamandolo ''Uccio ‘e Cetrole''. Grazie al campo dato in dote dalle pie donne dell'Annunziata, tre generazioni della stessa famiglia si distinsero. Ci sono stati un Uccio Saragone, uno ‘e ''Fasole'', e l'altro ‘e ''Cetrole''. Come li avrebbero chiamati se per puro caso nel campo fossero cresciuti solo finocchi? Guarda il caso! Vi saluto e sono l’Autoferroagricolo
Dalla parte delle viole Un punto di vista non convenzionale sulla guerra Prendete appunti, segnatevi questo nome, Mario Visone, di sicuro ne sentirete parlare. Con lui ho scritto un libro a quattro mani “A voi la Leopolda, a noi il social Forum”, una sorta di dialogo sulla politica a sinistra nel Bel Paese ai tempi di Renzi, ma ho sbagliato tutto. Mario è un bravo saggista senza ombra di dubbio, ma con lui non si scrivono saggi: è un grande narratore! Con “Dalle parte delle viole” ha creato un personaggio che nel contempo è eroe e antieroe: Guido Santandrea. Eroe perché parte per la Spagna con un grande intento, vendicare la morte di Federico Garcia Lorca avvenuta per mano della falange franchista. È antieroe perché il suo gesto non è compreso fino in fondo, gli italiani all’estero erano considerati tutti fascisti in quel periodo (e non solo). È antieroe perché non spara, non è violento, è un uomo d’amore. È antieroe perché l’uccisione del poeta è solo una scusa in realtà Guido vuole uccidersi. Fatto prigioniero dai suoi stessi compagni rischia di essere giustiziato dal POUM. Se dovessi fare un paragone con la letteratura di genere italiana, associando il testo ai romanzi sulla Resistenza italiana, più che fare una similitudine con “Il Partigiano Jonny” di Bebbe Fenoglio che salta subito in mente, farei altra comparazione con Pin, il protagonista del primo romanzo di Italo Calvino “Il sentiero dei nidi di ragno”. Vero è un bambino, infatti Guido Santandrea, a mio modesto avviso, guarda dai suoi occhi il mondo come Pin. Una scrittura ricercata e mai scontata, un romanzo storico che riesce a creare l’atmosfera di quei giorni tristi, cupi e ricchi di sangue. Una guerra nella guerra quella di Guido, la sua guerra per vendicare un grande poeta, il suo grande poeta. Poetico a tratti lirico, un
autore di cui sentirete spesso parlare. Atmosfere ricche di passioni e d’ideali, visti i tempi nei quali viviamo nonostante le guerre civili e non, verrebbe voglia di riviverle quelle atmosfere con la speranza che nessuno prenda alla lettera ciò che ho detto, innescando una polemica sterile come quella creata ad arte sul web e sui medie, dopo le dichiarazioni di Miss Italia. Guido Santandrea ha la capacità di non rubare mai la scena ai coprotagonisti di un romanzo struggente e bello. La scelta dell’io narrante rende ancora più vivo e avvincente questo pezzo di letteratura contemporanea. Un libro poetico, a tratti lirico soprattutto nella parte finale: “Non è l'amore tra noi, ma l'amore per l'umanità che ci condanna...”; "Fino a quando saremo costretti a scegliere di stare dalla parte delle viole o dalla parte di chi le trancia, saremo sempre dalla parte delle viole…". Tra le elegie di Federico Garcia Lorca, quelle di Neruda e di Mario Visone vi riempirete di prosa e passione, amore e visioni poetiche di un mondo che andava e che va da un’altra parte. Un libro con personaggi inzuppati d’ideali al punto da non fare sconti a se stessi, una guerra privata, quella di Mario che è ancora più cruenta della follia della guerra stessa perché cerca la morte, insomma l’autore è stato in grado per dirla alla Sciascia di creare una storia semplice essenzialmente complessa. Mario Visone ha avuto la capacità di creare un personaggio unico, con uno sfondo a dir poco umanistico e ammaliante. Sarà per la sua vena anarchica, sarà perché il testo mi è piaciuto un sacco, sarà perché parla di guerra in modo inusuale, vi invito a leggerlo: non ve ne pentirete. Conosco Mario da molti anni ed ho una certezza: Guido è anche un po’ Mario! Tonino Scala
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