Marzo 2012

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PERIODICO D’INFORMAZIONE DELLA UILTRASPORTI CAMPANIA

ANNO 4, NUMERO 3

MARZO 2012

“Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale” (art. 16 Cost.)

Editoriale

Ultima fermata

Il labirinto di norme che regola le gare del t.p.l. Contratti di servizio in bilico a causa dell’incertezza degli Enti Locali

...signori si scende per fine servizi!

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e attese di una comunità sono sempre il segno di ciò che materialmente manca, la loro caratteristica, la natura ed il livello delle aspettative segnano il grado di benessere, il livello di qualità della vita percepito o meglio offerto e determinato nel contesto della società a cui facciamo riferimento. Paradossalmente più sono alte le aspettative, più sono sofisticate ed elevate le cose che mancano e migliore può essere considerato il livello di benessere che caratterizza quella comunità; viceversa appare evidente che quando a mancare sono gli elementi minimi caratteristici di un normale vivere civile, quando ad essere reclamati sono elementi basilari per una normale convivenza civica, allora si determinano le gravi condizioni di un pericoloso e grave abbassamento dei livelli di democrazia percepita, con le conseguenze che talvolta mettono in discussione ogni regola del normale sistema delle relazioni sociali. Un paese civile deve stare quotidianamente attento ad innalzare il livello di riferimento del sistema sociale, migliorare la qualità della vita significa innanzitutto ottimizzare la soglia dei diritti minimi garantiti su cui poggiare e costruire il sistema delle opportunità e dei diritti sociali, un sistema in grado di trasmettere vicinanza e appartenenza alla comunità di cui i cittadini devono sempre più sentirsi parte centrale e sempre meno parte periferica… esattamente il contrario di quello che sta succedendo in Campania, da troppi anni. Per celare sconfitte e ritardi, per un po' di tempo si può anche cercare di modificare strumentalmente gli indicatori di qualità, costruendo e trasmettendo false indicazioni, fino ad arrivare a raccontare storie incredibili che fondano la loro attendibilità sulla fonte che li ingenera piuttosto che sulla loro effettività, opportunamente manipolata attraverso la stampa e i media compiacenti. Questa cosa in tutti i sistemi paese più o meno democratici non va all'infinito, non dura in eterno: prima o poi la gente apre gli occhi, ed anche se non lo fa volontariamente, quando il livello della soglia dei diritti minimi si abbassa fino alla negazione del vivere civile, allora anche senza che nessuno lo decida c'è la reazione, che in un modo o in un altro scaccia via i mercanti dal tempio. Il sistema, i tempi e i metodi richiesti per il cambiamento segnano il grado di civiltà e di democrazia del popolo interessato, con il tempo che non è una variabile indipendente per riuscire a recuperare o a rideterminare le condizioni normali di un vivere civile, e che non può essere quindi considerato ininfluente rispetto alla reazione. In Campania dopo anni di bugie e di falsità si è avuta una reazione, scoperchiata la pentola delle falsità e delle bugie propinate a piene mani da una classe dirigente che ha fatto dell'autoreferenzialismo un modello di vita, si è deciso per il cambiamento, via i vecchi e gli stessi, e avanti gli altri, non nuovi ma solo meno utilizzati per ovvi motivi di consensi percepiti nel tempo. Che dire, due modelli a confronto caratterizzati, salvo che in alcune eccezionalità, dalla stessa inconcludenza e dalla solita e stucchevole Pag. 2 teoria delle responsabilità di

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egli ultimi decenni il Trasporto Pubblico Locale ha vissuto un intenso periodo di produzione normativa, con leggi, decreti, regolamenti rivolti più a sconfessarsi l’un l’altro che a disegnare un quadro chiaro e definitivo all’interno del quale rilanciare un settore di fondamentale importanza per l’economia del nostro paese. La riforma del TPL, annunciata dal D.Lgs. 422/97 (Decreto Burlando) e dal successivo D.Lgs. 400/99, ha tentato di cambiare le regole del settore con l’intento di garantire un maggiore livello di industrializzazione ed una maggiore efficienza. Eseguite le prime fasi relative all’attuazione a livello Regionale della normativa sul TPL ed alla trasformazione delle aziende in società di capitali, rimane, ancora oggi, da attuare l’ultima e più importante fase per dare un senso vero alla riforma stessa, ovvero, quella dell’affidamento dei servizi con procedure ad evidenza pubblica. Punto non trascurabile della riforma è, inoltre, una visione integrata dei

Ferrovie dello Stato Italiane: io viaggio da sola Pag. 3

servizi, in cui, uscendo da una logica fondata sulle diverse modalità di trasporto, sono conferite alle regioni le competenze amministrative relative all'intero settore dei trasporti locali, ivi compresi i servizi ferroviari d’interesse regionale e locale. Nella sua versione originaria, tuttavia, il D.lgs. 422/1997 presentava alcuni elementi di debolezza, frutto di scelte di compromesso, che, di fatto, risultavano frenare la liberalizzazione del settore. In particolare, nell’articolato del 1997, in alternativa alla gara per la scelta del gestore del servizio, si prevedeva la gara per la selezione del socio privato, con la possibilità che a seguito di tale selezione la società mista poteva godere di un affidamento diretto nonostante il D.Lgs. 400/99 prevedesse l’obbligo del ricorso a procedure concorsuali. Nonostante questo l’art.14 della Legge 326/2003 ha successivamente reintrodotto la facoltà di sostituire le procedure di gara con forme di affidamento diretto (il cosiddetto affidamento in house). In ultimo, a causa anche

Metronapoli si Dichiarato il fallimento prepara all’America’s Cup dell’Acms Pag. 4

dei richiami del Consiglio di Stato europeo avverso al meccanismo dell’affidamento in house, un emendamento alla legge sulla delega “Per il riordino, il coordinamento e l’integrazione della legislazione in materia ambientale e misure di diretta applicazione” ha chiaramente escluso il TPL dalla disciplina prevista dalla “riforma” contenuta nella legge 326/03. Il quadro di profonda incertezza normativa che ha caratterizzato il mercato ha avuto un forte impatto anche sui meccanismi di gara, rallentandone l’applicazione e spingendo molte realtà locali a far subito ricorso all’affidamento diretto piuttosto che avventurarsi nell’espletamento di gare ad evidenza pubblica. Prima di proseguire nel complicato sistema di regole del TPL, non si può fare a meno di considerare le recenti disposizioni in grado di incidere sulle risorse pubbliche per questo settore. La Legge n. 122/10, che introduce le misure per la “stabilizzazione finanziaria dei conti pubblici”, produPag. 2

La semplificazione fiscale per i cittadini Pag. 5

Cyberattivismo, l’impatto avuto in rete

Viaggio attraverso il “sentiero del poeta” L'oro maledetto delle miniere illegali


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Il labirinto di norme che regola le gare del t.p.l. Contratti di servizio in bilico a causa dell’incertezza degli Enti Locali ce una serie di tagli ai trasferimenti statali verso le Regioni e gli Enti locali, tra i quali rientrano quelli per il settore del trasporto che, secondo varie stime, potevano riguardare il 15-20% del budget complessivo destinato ai trasporti locali. Tutto ciò ha prodotto due conseguenze: il blocco di alcune gare per l’affidamento dei servizi, i cui bandi erano stati costruiti sulla base di una disponibilità finanziaria non più garantita, nonché lo spostamento in avanti del periodo di transizione per l’avvio delle procedure a evidenza pubblica. In termini generali nasce un “nuovo” problema, quello della incapacità degli Enti appaltatori di impegnarsi per 6-9 anni (durata tipica dei contratti di servizio) in un clima di incertezza sulle risorse disponibili e, di conseguenza, la non appetibilità alla gara da parte dei soggetti privati. Un altro passaggio, per meglio comprendere (o viceversa per più ingarbugliare i pensieri) va fatto sull' art 23 bis del decreto legge 112 del 2008, convertito con modificazioni dalla legge 133/08. L’articolo in questione sanciva al secondo comma che ”il conferimento della gestione dei servizi pubblici locali avviene, in via ordinaria, a favore di imprenditori o di società in qualunque forma costituite individuati mediante procedure competitive ad evidenza pubblica, nel rispetto dei principi del Trattato che istituisce la Comunità europea e dei principi generali relativi ai contratti pubblici e, in particolare, dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, trasparenza, adeguata pubblicità, non discriminazione, parità di trattamento, mutuo riconoscimento, proporda pag. 1

zionalità. Il terzo comma proseguiva specificando che in deroga alle modalità di affidamento ordinario di cui al comma 2, per situazioni che, a causa di peculiari caratteristiche economiche, sociali, ambientali e geomorfologiche del contesto territoriale di riferimento, non permettono un efficace e utile ricorso al mercato, l'affidamento può avvenire nel rispetto dei principi della disciplina comunitaria”. In

altri termini, con l’approvazione della Legge 133/08 si individuano le nuove modalità ordinarie di affidamento dei servizi pubblici di rilevanza economica, nonché la possibilità di utilizzare, in deroga, l’affidamento in house. Con la Legge 166, sempre del 2009, si introducevano alcune modifiche all’art. 23-bis riferite ai soggetti per l’affidamento dei servizi, in particolare in favore di società a partecipazione mista pubblica e privata, a condizione che la selezione del socio avvenga mediante procedure competitive ad evidenza pubblica, le quali abbiano ad oggetto, al tempo stesso, la qualità di socio e l’attribuzione di specifici compiti operativi connessi alla gestione del servizio e che al

socio sia attribuita una partecipazione non inferiore al 40 per cento, ossia la gara a “doppio oggetto”. Confusione? Assolutamente si!! Ma arriviamo ai giorni nostri....cosa c’è di nuovo? Beh il quadro del settore locale e nazionale è sempre più preoccupante. Due i motivi principali: i profondi tagli ai trasferimenti per il settore da parte del Governo Berlusconi (da 2100 milioni a 400 come già citato in cappello all'articolo) e un grave ed immotivato immobilismo legislativo che faceva seguito alla consultazione referendaria del 12 e 13 giugno 2011 che si era risolta con l’abrogazione dell’ex-art.23 bis e quindi con la cancellazione dell’obbligo delle gare per i servizi pubblici di rilevanza economica, successivamente, con una norma c o n t e n u t a all’interno della Legge 148 del 2011 (Art.4), il Governo riproponeva l’entrata dalla finestra di ciò che era uscito dalla porta, ossia l’obbligo di gara per i servizi pubblici a rilevanza economica. Riportando le lancette dell’orologio esattamente al giorno prima del quesito referendario. Con l’insediamento del Governo Monti, invece, si è registrato un cambio di attenzione per il settore riscontrabile sia con il ripristino, quasi totale, del Fondo Nazionale (1600 milioni anziché 400) sia con il varo, alcuni giorni fa, del decreto liberalizzazioni all’interno del quale, all’art.25, è affrontata la promozione della concorrenza nei servizi pubblici locali Pag. 8 a rilevanza economica, tra-

Enav, la sicurezza al centro della mission aziendale Un’equipe di esperti che “non” gestisce solo il traffico aereo Interrogare l’oracolo delle statistiche non serve quasi a nulla per chi ha paura di volare; coloro che la hanno la conoscono perfettamente e questo non impedisce loro di limitare l’angoscia del volo perché si sa, la paura non è basata sul concetto della probabilità ma su quello delle possibilità. Inutile dire a chi teme di volare che l’aereo è il mezzo di trasporto più sicuro, più utile è trasmettere la complessità e la qualità del lavoro che sta dietro la gestione del traffico aereo. Un lavoro che comporta elevati livelli di responsabilità, e figure professionali che gestiscono e coordinano il traffico aereo, assistendo piloti e personale di terra per garantire in sicurezza i livelli di produzione del sistema del trasporto aereo. Nelle prossimità dell’aeroporto di Napoli-Capodichino vi è una sede operativa dell’azienda, l’Enav (Società Nazionale Assistenza al Volo) a cui è demandata la gestione ed il controllo del traffico aereo civile. Un team composto dal connubio di giovani qualificati e veterani detentori di una esperienza lavorativa, che 24 ore su 24, assiste e gestisce tutte le fasi del volo di un aeromobile, fornendo inoltre diversi servizi necessari per la sicurezza della navigazione aerea. Un lavoro che si svolge sulla base di una rete di standard operativi definiti per tutti, a livello internazionale, studiati per ridurre al minimo i rischi di incidenti e le variabili indipendenti, in un sistema coordinato e codificato dove tutte le parti interagiscono sinergicamente per determinare appunto certezze e garanzie di sicurezza. Si mantengono costantemente contatti radio con i piloti ed il personale di terra per mettere al corrente circa le condizioni

meteorologiche, le condizioni delle piste di atterraggio e decollo, il flusso del traffico aereo, ponendo ed offrendo la massima attenzione in un sistema dove appare evidente non sono consentiti errori e dove la componente soggettiva deve necessa-

riamente essere ridotta ai minimi termini. Un sistema di gestione globale che consente agli operatori di disporre di conoscenze, formazione ed esperienza necessarie allo svolgimento di un’attività per la quale risulta indispensabile che si man-

tengono i livelli di competenza acquisita, attraverso attività costanti di coordinamento, formazione e aggiornamento professionale, che cresce con l’esperienza, ma che va costantemente alimentata e supportata ed aggiornata agli standard di sicurezza perseguiti. Un compito delicato quello dell’Enav per la sicurezza aerea, l’azienda assurge distintamente alla sua missione, basandosi sulle normative nazionali vigenti, l’Enav definisce, secondo il motto “safety first”, la sicurezza prima di tutto, le condizioni quadro per un’aviazione civile sicura e sostenibile; l’obiettivo è garantire un elevato livello di sicurezza nel pieno rispetto delle regolamentazioni vigenti, adempiendo al suo mandato in modo attivo e competente attraverso l’affidabilità tecnico ed operativa del suo personale. Controllori del Traffico Aereo, Esperti di Assistenza al Volo, Metereologi, Tecnici, Informatici ed Amministrativi compongono la squadra di Enav che anche se non la vediamo si allena e lavora ininterrottamente per garantire la sicurezza dei nostri viaggi, affrontando problematiche caratteristiche anche della gestione di un’area aeroportuale che sono notevoli, differenziate e da valutare tempestivamente e con margini di tempo e di errore ridotti. Nulla è lasciato al caso: per cui esorcizzare la paura di volare è cosa buona e giusta, ma essere a conoscenza di alcune dinamiche che garantiscono la sicurezza dei voli aiuterebbe i passeggeri a comprendere meglio ciò che succede ogni volta che si muove un aereo e forse darebbe più garanzie di una statistica. Paola Arrighini

da pag. 1 quelli che hanno prece-

duto! Le ragioni dello sfascio regionale sono da ricercare nella storia di una gestione inefficace e falsa, che ha costituito il motivo principale che, una volta percepito dalla gente, ha fatto scattare la reazione democratica con cui si è voluto segnare la fine di un ciclo drammaticamente negativo ed evanescente, a cui si è voluto sostituire quello del nuovo Presidente che segnava una competenza anche fuori dagli stereotipi di partito, che anzi, fin da subito, hanno provato a sporcare e condizionare. La situazione ereditata era difficile, diventata poi drammatica per la fase di crisi che stiamo attraversando, però non interessa più a nessuno cosa si sarebbe dovuto fare, appare invece improcrastinabile definire con immediatezza, cosa si può e si deve fare adesso, perché la caratteristica delle aspettative disattese è arrivata ad uno stadio pericoloso, ad essere negati sono i diritti fondamentali, a mancare sono elementi indispensabili per un vivere civile, di cui non si può fare a meno. A guardare cosa succede nelle aziende di trasporti c’è da stare più che preoccupati, esse costituiscono uno degli indicatori dello sfascio totale a cui siamo arrivati sul territorio, è irritante il silenzio di un assessore che proclama mirabolanti innovazioni tecnologiche, ci sarebbe da spiegargli che la sua ridicola card non saprà dove metterla se non ci saranno più treni e bus in giro, ci sarebbe da spiegargli che la trappola del consorzio in cui è cascato come gli altri, sta stritolando le aziende (o almeno ciò che ne è rimasto) e non saranno i microchip a salvarle. Siamo alla vigilia della Coppa America con un Sindaco che condivide i No TAV, sostiene le ragioni di quelli che volevano Pomigliano come campo di battaglia, non come luogo di produzione e di lavoro, tifa Napoli ma rischia di ricoprirla di immondizia per essere sempre contro e mai per qualcosa, che ha affidato la città in mani esperte di come le cose non si devono fare, piuttosto di come bisogna farle e che adesso chiederà anche ai lavoratori dei trasporti uno sforzo di dignità cittadina per il palcoscenico marinaro con il quale vorrà salpare per il mondo mediatico dell’appariscenza internazionale. Il Parlamento italiano commissariato ha avuto un sussulto ed ha affossato la possibilità di portare i rifiuti fuori regione, i parlamentari indigeni, invece di preoccuparsi di come non finire un’altra volta sui media internazionali facendosi rispettare a Roma, stanno pensando a Napoli se sia giusto e fino a che punto che il Presidente della Regione debba svolgere il suo ruolo istituzionale fino a produrre un ridicolo documento di sfiducia, come se tutto ciò che sta succedendo non riguardasse la Campania ma un’altra regione di un altro Stato. Il Sindaco di Napoli ritiene interessante lo sport e questo ci fa piacere, ma è bene che si convinca che terminata la partita la gente torna a casa se trova un mezzo di trasporto, cosa di cui per la verità sembra essersene occupato poco e male, tra l’altro solo in occasione delle competenti nomine operate nei C.d.A.. Non c’è che dire, siamo messi peggio di ieri e meglio di domani con la consapevolezza da non sottovalutare che nessuno ha più certezze: le aziende della possibilità di continuare ad erogare servizi, i cittadini di usufruirne, gli addetti di lavorare; ed in una situazione che già ha prodotto default come a Caserta e che altri ne sta determinando, c’è da domandarsi se veramente abbiamo toccato il fondo o qualcuno sta provvedendo a scavare ulteriormente verso il basso. In ogni caso, siamo convinti che una volta messi in discussione, fino ad azzerarli, i diritti fondamentali dei cittadini e dei lavoratori, qualcuno si dovrà prendere la responsabilità delle reazioni che già si vedono, solo andando in una stazione, su un treno o su un autobus, ma si sa, loro viaggiano su Alta velocità o su auto blu, come potrebbero sapere! Luigi Simeone


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Il treno locale, l’opportunità del futuro sostenibile della mobilità Quali politiche per incentivarne l’uso? Bilancio di un tempo speso male Quando il welfare italiano è stato messo a dura prova dalla grave crisi economica del nostro Paese, a risentirne, tra le voci piu’ importanti e che ne compongono l’anima insieme alla sanità, è stato tutto il comparto del trasporto pubblico locale. Fiumi di parole si sono dipanati, fino a che venissero trovate soluzioni recenti, almeno in Campania, nell’accorpamento di numerose aziende altrimenti in caduta libera e con l’alea di licenziamenti collettivi. Per fortuna, anche grazie alle intuizioni sindacali, ulteriori versamenti di “lacrime e sangue” sul versante occupazionale sono stati congelati, ma la partita è ancora aperta. I famigerati tagli lineari, espressione diventata sinonimo di immiserimento per buona parte degli italiani, calati come scure sul trasporto a mezzo rotaia, ma senza che la matassa burocratica venisse sciorinata e snellita per renderla consona alle effettive esigenze amministrative e di controllo gestionale, hanno fatto capitolare le aspettative di un rilancio del settore sulle tratte regionali e locali. Ripercorrere i passaggi di questa “arancia meccanica” del trasporto locale è operazione apodittica. Le riduzioni ingiustificate del gettito finanziario per il trasporto locale hanno penalizzato molto la cosiddetta linea lenta, quella dedicata al mondo dei pendolari, vasto, eterogeneo e sempre un po’ kafkiano. I molti piani approntati per il potenziamento del servizio sono rimasti per lo più sogni nel cassetto con buona pace dei pendolari, che vedono il servizio purtroppo peggiorare. Ci riferiamo al progetto dei 1000 treni, poi diventati 80, bloccato dalle varie finanziarie che cercano il risparmio con spietato cinismo, nella giungla di sofismi difficilmente concilia-

bili. D’altronde, le risorse stabilite dal Decreto sviluppo (ben 450 milioni di euro) del 2008, sono state nel corso dei due anni successivi bloccate in conto esercizio. I recenti decreti salva crescita e sulle liberalizzazio-

la operatività dell’alta velocità privata, la NTV, quando la vera scommessa sarebbe quella di puntare sul miglioramento del servizio locale e regionale. Il mondo si muove molto tra periferia e city, dischiu-

ni in stile Monti, hanno fatto il resto. Il rischio che la crisi fagogiti l’intero trasporto locale e penalizzi la mobilità è alto e sta coinvolgendo le società ferroviarie, oltre quelle su gomma. Nel mentre, spunta

dendosi come è naturale, per favorire lo spostamento di masse di gente per i motivi più disparati. È una realtà assurdamente sottovalutata, da sempre. Quando sarà lecito per esempio attendersi una saggia risali-

Ferrovie dello Stato Italiane: io viaggio da sola La scorretta gestione delle relazioni industriali allontana i ferrovieri ed i viaggiatori Una vecchia e celebre frase di Andreotti recitava: “Esistono due tipi di pazzi, i matti veri e propri e quelli che sperano di risanare le ferrovie”. A leggere i bilanci attuali del Gruppo FS e ad ascoltare le interviste dei suoi dirigenti sembrerebbe che quei matti conservassero ancora un barlume di ragione e quella sfida che solo un pazzo avrebbe potuto raccogliere, oggi sia stata vinta. Ma siamo davvero sicuri che sia così? O meglio, la ferrovia di cui parlava l’ex Presidente del Consiglio è la stessa che vediamo oggi? A sentire i racconti dei viaggiatori e dei dipendenti più anziani sembrerebbe proprio di no. A rafforzare questa tesi c’è anche la testimonianza di antichi scheletri di pietra che costeggiano i binari, divorati dalle sterpaglie e dall’immondizia, un tempo stazioni animate da pendolari ed oggi semplicemente ridotte a rovine e custodi di silenti rotaie che attraversano un’Italia abbandonata a se stessa. Se in passato la ferrovia era rappresentata da un’unica famiglia composta da centosessantamila fratelli figli di un unico padre, oggi possiamo scorgere solo ottantamila cugini con decine di cognomi diversi. Una decimazione messa in atto con la complicità del progresso tecnologico. E’ così che, in tutti i piccoli scali, al vecchio capostazione, quasi un sindaco nei paesi di provincia, è stato preferito un gracchiante altoparlante dalla robotica e petulante voce, e in luogo della cordiale ed amichevole biglietteria potremo trovare, se funzionante, il distri-

butore automatico di titoli di viaggio da sempre ostile per i viaggiatori meno abituati all’informatica. Dimezzando i dipendenti, falcidiando il servizio universale, chiudendo le stazioni meno trafficate, privando di un “riferimento umano” l’utenza di periferia ed investendo quasi esclusivamente sulle tratte ad alta velocità ed alta capacità (di introiti) sarebbe davvero stato così matto pensare di poter risanare la ferrovia? Può dunque considerarsi quella di oggi, la ferrovia di cui parlava

Andreotti tanti anni fa? Anche tra i dipendenti si parla di un’azienda che non c’è più. Non solo perché è cambiata, ma perché davvero non è più presente. In passato si proponeva, da entrambi i lati, si dibatteva, si lottava, ma un obiettivo, per quanto doloroso per una delle parti, comunque si centrava. Ed oggi? Ci si trova ancora a chiedere, inutilmente, un confronto costruttivo su un contratto scaduto da tre anni. Intanto il costo della vita viaggia verso record sempre

più elevati e per i ferrovieri risulta impossibile vedersi riconoscere un valido adeguamento economico, fosse anche solo quello legato all’indice di inflazione. Quello che spaventa è dunque l’enorme baratro che separa i dipendenti dai vertici aziendali, continuamente alimentato dalle continue iniziative unilaterali attivate dalla dirigenza. È questa dunque la nuova ferrovia, eppure per un’azienda che dice di voler “contribuire allo sviluppo di un grande progetto di mobilità e di logistica per il Paese e alla sua crescita economica, sociale e culturale”, ma soprattutto che dichiara “alla base del nostro lavoro c’è attenzione alla qualità della vita dei clienti e dei lavoratori, orientamento a una progettualità rivolta al futuro”, la politica adottata fino ad ora sembrerebbe portare verso altri binari. Non è certo disertando i tavoli di trattativa o negando il rinnovo di un contratto di lavoro che si ascoltano le reali esigenze del Paese e dei propri dipendenti. E’ forse giunto il momento di rivedere la gestione delle relazioni industriali e di cercare di restituire anche ai viaggiatori il buono e vecchio modo di “fare ferrovia”, avvicinandosi alle reali esigenze di un’Italia di periferia già fin troppo trascurata dalla politica nazionale e magari ritornando anche ad essere lenti e capaci di regalare emozioni, oggi negate da panorami strappati alla velocità di 300 km/h. A. S.

ta in Campania dopo i bagordi del passato recente? Domanda cui pare sia davvero complicato dare una risposta con esiti positivi ed in breve tempo. Altro quesito, che affonda nell’amarcord delle occasioni perse. Quanto è stato realizzato in termini di supporto logistico dalle autorità comunali nel corso di tanti lustri? Niente o quasi. Così come è apparso sempre un non sense il Consorzio Unico, che impone a molti viaggiatori il costo di un servizio non fruito. Paradossale che possa sembrare, i comuni dell’hinterland napoletano e non solo, hanno sempre snobbato le istanze dei cittadini per l’ottenimento di navette che realizzassero una virtuosa spola dal capolinea alla stazione ferroviaria più vicina. Quanti bus esistono nella realtà dei comuni campani che compiono questo prezioso lavoro di collegamento? Le ricerche esperite ci riferiscono come dato, un verdetto desolante. Non c’è “dialogo” infatti tra ferrovie e trasporto locale su gomma, preferibilmente ecologico. O per meglio dire, non c’è mai stato, quasi che richiedere ad una qualsiasi giunta municipale di favorire lavoratori e studenti con una mobilità dedicata a mezzo bus, fosse una eresia. La devianza sociologica affermatasi era racchiusa nell’infantilismo concettuale secondo cui ciascuno avesse il diritto di muoversi con l’automobile indiscriminatamente. Realtà urbane cresciute caoticamente in questo oscurantismo sociale, dove si pensava che la deresponsabilizzazione morale potesse essere liberamente consumata, hanno prodotto effetti di siluramento di ogni rivalsa veramente ambientalistica e di attuazione di un programma a beneficio dei cittadini contribuenti. Arcangelo Vitale

Arriva a Napoli “Casa Italo” l’efficientissimo Centro Servizi di NTV Design innovativo e aree relax per rendere il viaggio confortevole fin dal nascere Dopo Milano Porta Garibaldi apre il secondo Centro Servizi di Ntv in quel di Napoli. Casa Italo (così è denominato il centro servizi, ndr) è ubicato nell’atrio principale della rinnovata stazione Centrale di Napoli, i clienti potranno ricevere informazioni e assistenza personalizzata e, nel momento in cui apriranno ufficialmente le vendite, acquistare o modificare i biglietti grazie alle apposite emettitrici automatiche. Un'area wi-fi gratuita consentirà inoltre di lavorare collegandosi a internet; chi ha invece esigenza di rilassarsi potrà usufruire dell'area di sosta breve. Il progetto Casa Italo, nato per creare un clima “familiare” fra clienti e NTV, avrà la sua applicazione naturale con l’apertura al pubblico, tutti i giorni dalle 7.00 alle 19.00, nella fase di pre-esercizio, e con orario prolungato quando i treni andranno definitivamente in esercizio. Vincitore di un concorso indetto all’inizio del 2009 dalla compagnia di trasporti NTV, l’innovativo progetto Casa Italo nasce da un concept degli studi milanesi Stefano Boeri Architetti e dotdotdot e propone l’idea di un nuovo tipo di centro servizi a supporto del viaggiatore, concepito come spazio fluido e tecnologico. All'interno della Casa, un display circolare che corre lungo tutto il perimetro della superficie offrirà informazioni di servizio in tempo reale ai viaggiatori. Biglietterie automatiche saranno posizionate sia sul perimetro esterno della Casa, sia negli spazi di maggior transito della stazione e nei pressi della scala che porta al piano interrato. Ntv avvierà il servizio commerciale dopo Pasqua e il servizio iniziale di Italo riguarderà la parziale attivazione della dorsale Milano-Napoli. Due le direttrici: Torino-Milano-Bologna-Firenze-RomaNapoli-Salerno e Venezia-Padova-BolognaFirenze-Roma-Napoli. Nel corso del 2012, i collegamenti giornalieri verranno via via incrementati, fino ad effettuare, ogni giorno, 50 viaggi. In totale saranno servite da Italo 12 stazioni. G. G.


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Scelte che rischiano di compromettere il futuro del tpl campano Con le stazioni abbandonate al loro triste destino si espande a macchia d’olio il fenomeno dell’evasione tariffaria C’è una stazione lungo la linea della Circumvesuviana, una delle tante, dove la biglietteria chiusa e i varchi aperti con gli impianti di risalita fermi, fanno da orribile sfondo a quello che è stato frettolosamente deciso negli ultimi mesi dell’anno appena trascorso. Quella stazione è Pomigliano D’Arco, un tempo fiore all’occhiello di un’azienda diversa che individuò in quella struttura il luogo di formazione di tutto il personale, fiero di avere aule finalmente attrezzate per scopi didattici. Parlare ancora una volta di una stazione abbandonata al suo triste destino è un po’ come scoprire l’acqua calda, ma a distanza di qualche mese non si può non iniziare a fare qualche analisi sulle prime conseguenze di una politica di “risanamento” messa in atto per ripianare il debito regionale e ribilanciare il costo di un servizio pubblico ormai troppo oneroso per la Regione Campania. Lo sforamento del patto di stabilità e la conseguente insostenibilità finanziaria dei servizi pubblici non ha risparmiato nessuno, nemmeno il trasporto, dove le mani della politica, anche se mosse dalle migliori intenzioni, sono sempre più pesanti. Allora, così come la Regione taglia il superfluo, i viaggiatori eliminano ciò che per loro è inutile, ovvero l’acquisto dei titoli di viaggio. Si sa, convincere le persone che, indipendentemente dalla presenza del personale o dall’installazione dei tornelli d’ingresso, chiunque utilizzi un servizio pubblico è tenuto a pagare il suo prezzo sociale, è una battaglia culturale di

difficile successo, e mai scontata soprattutto al Sud, dove è diffusa la convinzione che non pagare sia una lodevole furbata. Ma evadere e far finta di niente danneggia la collettività, rendendo ridicolo qualunque tentativo di riscatto di un territorio

flessione delle vendite dei titoli di viaggio porterà ad incassare meno e le poche risorse da ridistribuire alle società di trasporto saranno così esigue da spingere di nuovo la dirigenza ad operare ulteriori tagli alla spesa, per recuperare

che ha ancora tanto da dire. Inoltre, continuare a sottrarre risorse al trasporto sotto forma di rifiuto al pagamento del biglietto ha ulteriori conseguenze sulla sostenibilità futura del servizio pubblico. E come un cane che si morde la coda, la

l’indispensabile per la sopravvivenza dell’intero sistema della mobilità locale. Non si vuole entrare nel merito tecnico della riscossione dei biglietti né tanto meno nell’utilizzo degli strumenti di controllo, anche perché s’immagina che il Con-

sorzio Unico segua tutte le pratiche necessarie per ridurre al minimo il fenomeno dell’evasione tariffaria, ma esiste un aspetto emblematico che non può essere sottovalutato, ovvero che il lento depauperamento del servizio di trasporto pubblico locale ha un impatto devastante sulla popolazione residente, sempre più sofferente alla crisi economica ed occupazionale. Se è vero che il fenomeno dell’evasione tariffaria è drammaticamente esploso con l’affidamento al consorzio delle attività di gestione commerciali sovraziendale, sarà il caso di ripensarci perché se prima in Circumvesuviana pagavano tutti ed adesso no, un motivo ci dovrà pur essere e va ricercato nelle insostenibili novità introdotte con il ruolo improrpio affidato ad Unico che è sempre più un costo e non già un’opportunità. Ora al di là di come ridurre la differenza tra il tasso di evasione dichiarato e quello percepito, il lavoro più grande da fare è quello di reinventarsi un nuovo sistema di trasporto, con il coraggio di non abbandonare il territorio con la semplice chiusura degli impianti e la riduzione dell’orario di esercizio, lasciando i viaggiatori ed il personale in balia di scelte non condivise e mai comprese. Perché ancora una volta la crisi e la cattiva gestione pubblica la pagano chi non ha colpa e non merita di essere lasciato solo in una triste stazione in un giorno grigio di primavera. Francesco Di Palma

Metronapoli si prepara all’America’s Cup Sepsa, tra efficientamenti teorici e disastri pratici Il Comune vuole andare a gonfie vele… i trasporti navigano in brutte acque La città partenopea ospiterà due tappe dell’America’s Cup World Series, appuntamenti previsti per il mese di aprile e maggio: Napoli sotto i riflettori di questo evento tanto atteso con il quale spera di rilanciare la sua immagine internazionale. Si potrà vivere l’emozione della Coppa America di vela sulla meravigliosa cornice del lungo mare di via Caracciolo e i lavori necessari che consentiranno di ospitare le regate sono già iniziati da tempo. Tutto sembra pronto per dare il via alla competizione velistica più importante del mondo ed il Comune di Napoli chiama in gioco anche le aziende di trasporto locali per prepararle ad affrontare al meglio questa manifestazione: è importante fornire un servizio pubblico adeguato alla cittadinanza e ai turisti che accorreranno per prendere parte all’evento sportivo. Metronapoli dovrà naturalmente dare il suo contributo nell’erogazione di un servizio efficiente che rappresenti un chiaro indicatore per la riuscita della manifestazione. Un ulteriore sforzo sarà richiesto ai dipendenti dell’azienda che vedranno razionalizzate tutte le richieste di congedo nell’arco di tempo della durata della manifestazione, assicurando così la presenza del personale da impiegare nelle strutture delle metropolitane e funicolari; sarà rimodulato il servizio sulla linea 1 per garantire un innalzamento dell’efficienza dello stesso, sarà prolungata l’apertura serale della Funicolare di Chiaia fino alle ore 24, saranno messe in campo tutte le forze necessarie per consentire agli spettatori di giungere agevolmente sul posto. Tutto questo in uno scenario non proprio idilliaco per l’azienda: la carenza di personale a Metro-

napoli è un problema endemico che la società, nonostante i notevoli sforzi, non riesce proprio a risolvere, e ancora si discute e si cerca di chiarire la possibilità di procedere alla mobilitazione interna di personale che dovrebbe giungere a Metronapoli da altre aziende, nel caso specifico da Anm. I lavoratori di Metronapoli hanno da poco registrato un ritardo nell’accredito dello stipendio e per i prossimi mesi non è scongiurato il pericolo che il problema si ripresenti: nessuna certezza e garanzia neanche sul futuro retributivo dei dipendenti M etr o na p ol i ed uno sforzo richiesto in questo momento così difficile da gestire è davvero pesante per il personale. Che la città di Napoli possa ritornare a sognare grazie al protagonismo delle acque del golfo è davvero una bella cosa; vantarsi di organizzare una manifestazione di carattere internazionale è sicuramente importante per una città così martoriata, far parte della storia dell’America’s Cup è un grosso privilegio, ma è bene risolvere prima quei problemi strutturali all’interno delle aziende di trasporto pubblico per poi chiedere loro gli sforzi necessari per garantire quel servizio di trasporto così efficiente ed efficace, tanto decantato. Come si pretende di organizzare una manifestazione di così grande interesse quando poi i soldi per pagare gli stipendi ai lavoratori del trasporto pubblico non ci sono: “l’acqua è poca e ‘a papera non galleggia”, speriamo solo di vedere le vele dell’America’s Cup dispiegate nelle acque del nostro golfo e auguriamoci soprattutto che le aziende di trasporto non affondino in un vortice troppo profondo. P. A.

La triste dicotomia di un servizio ferroviario ormai allo sbando Il termine teoria indica, nel linguaggio comune, un'idea nata in base ad una qualche ipotesi, congettura, speculazione o supposizione anche astratte. Ecco, in teoria, di quella agognata fusione e della relativa “mission” aziendale, volta al perseguimento di una necessaria operazione di efficientamento e razionalizzazione per un servizio ferroviario di qualità con costi sostenibili, resta ancora solamente l'idea, la mera ed astratta ipotesi di un progetto che solo da lontano riesce ad intravedere un possibile sistema di applicazione. Pur volendo considerare le inevitabili e intrinseche difficoltà annesse ad una qualsivoglia fase di transizione aziendale, non si può non constatare che in Sepsa, però, l'involuzione dei servizi e degli standard qualitativi minimi da offrire ed assicurare rispettivamente ad utenti e lavoratori, sembra davvero non conoscere battute d'arresto ed inversioni di rotta. Lo scenario è tra i peggiori di sempre, viaggiare lungo le rotaie della ferrovia Cumana e Circumflegrea è divenuta oggi cosa letteralmente insostenibile. I materiali rotabili cosiddetti operativi sono al minimo storico. Per il solito processo di disastro a catena, che parte dalle ormai prosciugatissime casse aziendali, non c'è possibilità di effettuare manutenzioni, e nel mentre le officine restano sprovviste di attrezzature e materiali di ricambio, i tempi di attesa in banchina, dopo essere raddoppiati con la cancellazione dei “treni locali”, tra avarie, problemi

tecnici ed imprevisti, arrivano oggi addirittura a triplicarsi. Nei giorni di metà mese, poi, quando lo stato di agitazione del personale della ditta di pulizie in appalto, dopo gli ennesimi slittamenti di pagamento, si tramuta in vera e propria esasperazione, i tempi di attesa divengono vere e proprie interruzioni temporanee del servizio. Volendo brevemente schematizzare: bilanci in rosso, treni rotti, corse soppresse, ritardi indecifrabili, attese indefinite, utenza inferocita per un servizio non fruibile a cospetto di tariffe sempre più onerose e lavoratori gravati dell'inevitabile ruolo di unico parafulmine. Un variegatissimo calderone di deficienze e problematiche che non inficia esclusivamente il personale di movimento, legato alla circolazione dei rotabili, ma anche quello impiegato nelle strutture presenti lungo la linea ferroviaria. Operatori di stazione che si ritrovano a lavorare in condizioni sempre più sfavorevoli, con tecnologie obsolete ed inadeguate che minano in modo considerevole le proprie responsabilità. In alcuni impianti (ad esempio La Trencia) addirittura ci si ritrova a dover garantire la sicurezza della struttura con i monitor di sorveglianza guasti o poco visibili e con un pannello di controllo generale usurato a tal punto da non saper davvero dove e come intervenire. E nulla cambia. Nulla migliora. A loro tocca lavorare male, agli utenti, nei limiti del possibile, viaggiare... anche peggio. Roberto Intermoia


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Dichiarato il fallimento dell’Acms Signore e galantuomo (si nasce o si diventa) Lavoratori esasperati, cittadini sul fronte di guerra Ormai il destino dell’azienda di mobilità e servizi casertana è segnato; l’Acms, azienda controllata dalla Provincia di Caserta in quanto socio di maggioranza, chiede il fallimento ed inizia il vero dramma per i circa 500 addetti. Una storia ormai all’epilogo, una storia che ha tenuto con il fiato sospeso, per tempo immemore, i lavoratori e gli abituali viaggiatori che usufruivano del servizio su gomma tra Caserta e buona parte dei comuni della provincia. Un problema endemico che l’azienda si porta dietro sin dalla prima fase della sua costituzione, questo bilancio che vede annualmente il preventivo in larghissimo attivo e il consuntivo in abissale passivo,

dovuto in gran parte ai crediti vantati nei confronti dei comuni serviti. Cosicché il destino dell’azienda e dei lavoratori è fatalmente segnato, lo spettro della disoccupazione per loro non è più lontano mentre i viaggiatori pendolari e gli studenti dovranno incominciare a prendere in seria considerazione la possibilità di “farsela a piedi”, con tutti quei disagi che a nessuno farà piacere provare. L’ironia della sorte vuole che il “chiuso per fallimento” di questa azienda scatti proprio nel momento in cui per le strade vengono messi in servizio nuovi autobus, grazie ad un contributo regionale con il sistema dell’usufrutto oneroso, un incomprensibile canone che non si sa se potrà essere pagato. Il servizio pubblico casertano non verrà interrotto, ma sarà garantito quello minimo con l’affidamento dello stesso ad altre società che cercheranno di assorbire quella parte di lavoratori che rimarranno dopo l’utilizzo

di tutti quegli strumenti di tutela, previsti con l’accordo regionale del 16/12/2011, quali l’esodo incentivato, la mobilità interaziendale e l’utilizzo dei contratti di solidarietà, tutti alternativi alla cassa integrazione in deroga. Uno strumento già adottato per cinque mesi nel 2011, dall’ex commissario, nei confronti di circa 150 dipendenti per scongiurare le perdite di bilancio. Ora il compito viene demandato alla Provincia, titolare della delega ai Trasporti, che dovrà individuare, in breve tempo, una nuova gestione. Ormai i disagi e i danni per i lavoratori e per i cittadini che usufruiscono del servizio pubblico sono inevitabili: sarà difficile trovare soluzioni alternative per questa azienda ormai al collasso, sarà impossibile pensare a qualcuno che possa accollarsi una gestione di un’azienda in perdita alla luce delle difficoltà gestionali che interessano l’Acms, salvo i nuovi processi di riorganizzazione che renderebbero appetibile l’ingresso sul mercato di altre società disposte ad assorbire il personale in esubero. È importante garantire ai cittadini casertani un servizio pubblico efficiente, dare loro la possibilità di spostarsi con i mezzi pubblici sul territorio locale, perché la mobilità urbana è un diritto importante ed inderogabile, ma è ancora più fondamentale evitare il licenziamento di centinaia di lavoratori che dall’oggi al domani si ritroveranno a fare i conti con un destino infausto e che già da qualche mese non percepiscono lo stipendio. La situazione dell’Acms nel piano dei trasporti provinciali e le vicende che hanno riguardato il servizio di mobilità impongono una seria riflessione sul futuro dei trasporti pubblici della nostra Regione: i cittadini invocano risposte concrete e chiedono garanzie sul futuro del trasporto pubblico, i lavoratori chiedono sicurezza sul proprio destino lavorativo. È importante quindi garantire un servizio di trasporto efficiente ai cittadini e tranquillità occupazionale ai dipendenti. Speriamo però che non si pensi solo a studiare mentre l’ammalato muore. P. A.

A.IR., una stretta di mano vale una promessa non mantenuta La famosissima battuta del Principe di Bisanzio, riportata innumerevoli volte “Signore si nasce” in una personale interpretazione si potrebbe associare ad alcune prerogative caratteriali. Ad esempio il signore è munifico, se possiede. Egli è incline alla comprensione, sa capire e perdonare le umane debolezze, grazie alla bontà d’animo insita in lui. Per cui anche quando non dispone di beni materiali, dai suoi comportamenti, dagli affabili modi, dalla disponibilità agli altri emerge la sua ricchezza innata, che lo contraddistingue quale signore “De facto”. Diverso è l’essere “Galantuomo”; di solito sono così appellati coloro i quali assumono precisi comportamenti. I soggetti definiti galantuomini dalla comunità di cui fanno parte, fanno della correttezza comportamentale una disciplina di vita. Sono affidabili, un loro impegno verbale, una loro stretta di mano,valgono sicuramente più di qualsivoglia contratto. A tanta virtù si arriva col tempo, frequentando ed apprendendo la correttezza dell’onestà mentale da altri virtuosi che hanno intrapreso questo cammino di rettitudine prima di loro. Proprio perché “Galantuomini” dispensano il loro essere tali a chiunque ne voglia seguire l’esempio. Alla luce di ciò bisognerebbe affermare che “Signori si nasce, Galantuomini si diventa”. A sostegno di questa tesi è bene ricordare una esperienza di vita che potrebbe estrinsecare con maggior chiarezza quanto su esposto. Qualche anno fa, in coda ad una trattativa di secondo livello, le OO.SS. chiesero di poter disciplinare una pratica non scritta ma consueta all’interno dell’A.IR. Si trattava di consentire il cambio turno a personale viaggiante, rispettando

ovviamente le normative che regolavano i periodi di lavoro-riposo. La cosa fu posta al tavolo per due motivi, il primo era di combattere l’assenteismo in verità già scarso, la seconda riguardava la qualità della vita dei lavoratori, consentendo così in modo indolore, senza affanno, di ottemperare agli imprevisti che il quotidiano fa cadere addosso alle persone. Una volta constatata la convergenza delle parti sulla proposta, le OO.SS. chiesero al Direttore Generale di aggiungere al verbale questo ulteriore punto. Fu detto che non c’era motivo di codificare per iscritto quanto già sancito in quella che era una intesa tra “Galantuomini”, perciò da rispettare vista la sacralità dell’impegno assunto. Ahinoi, quanto fummo ingenui! Sta di fatto che l’A.IR predispose appositi stampati per facilitare ai dipendenti il cambio turno: bastava recarsi all’ufficio preposto e consegnare, con tre giorni di anticipo, la richiesta perché essa fosse evasa. Questo stato di cose cominciò ad essere negato per alcuni e profuso, a piene mani, ad altri. Con l’andare del tempo questo patto tra “Galantuomini” divenne strumento discriminante. L’azienda stilò gli elenchi dei buoni e dei cattivi, come sulle “Table noir” delle Elementari. Allorquando le OO.SS aziendali cercarono di chiarire la questione, si sentirono dire dalla stessa persona della “stretta di mano” che nulla era scritto, niente c’era da chiarire. Che l’Azienda non poteva consentire chi evidentemente ha interessi diversi che non coincidono con l’organizzazione propria. Signore si nasce, galantuomini si diventa, e si può anche scegliere di non esserlo più! Piero Loggia

Eav Bus, il deposito “punitivo” di Comiziano CTP la “security” che non assicura Operatori di esercizio costretti a sopperire alle continue esigenza di esercizio C’è un modo particolare per definire il deposito di Comiziano dell’azienda Eav Bus, potrebbe sembrare assurdo, ma tra gli operatori di esercizio è unanime la maniera in cui si parla di questo stazionamento considerato ormai da tutti come un deposito “punitivo”! Forse è bene comprendere il motivo di un appellativo così duro. Quello che succede in questo deposito appare inverosimile sia agli occhi dei dipedendenti che li lavorano sia a quelli degli altri impianti. Puntualmente, ogni giorno, nel deposito in questione vengono soppressi circa una ventina di turni e la ragione è molto semplice: manca il materiale rotabile, proprio in un deposito come questo che ha un bacino di utenza alquanto vasto, sopprimere corse di grande utilità come quelle di Avellino,corse per gli studenti che si recano a scuola, è cosa davvero assurda. In questo modo l’Eav Bus intende garantire il suo servizio pubblico, in questo modo si parla di un’azienda che dovrebbe offrire un servizio efficiente e che si ritrova invece a negare il diritto alla mobilità. Già dalle prime ore del mattino il deposito “punitivo” diventa una sorta di spazio adibito a mercato, dove l’operatore di esercizio crede di poter svolgere il proprio turno così come stabilito da grafico, ma puntualmente, viene dirottato su altri turni a causa dell’ “esigenza di servizio”, esigenza “inattesa” gestita da una regia occulta di chissà chi, per garantire le corse più importanti. Ma chi decide quale turno e’ più importante? Chi stabilisce quale pendolare ha diritto di raggiungere il proprio posto di lavoro, o quale studente il proprio banco di scuola? Chi sentenzia tutto ciò? I contratti di servizio dovrebbero

garantire la risoluzione di problemi incombenti, è giustificabile un’esigenza di servizio temporanea, ma va sottolineato che questa situazione si perpetua sulle spalle dei lavoratori da circa quattro mesi. La crisi del trasporto pubblico non deve rappresentare un pretesto per riversare sugli autisti, che quotidianamente svolgono il proprio turno prestabilito, le carenze che l’inefficienza aziendale sembra aggravare.

Gli operatori di esercizio vivono nel timore di essere dirottati su altri turni “non coperti solo per non svelare la situazione disastrosa in cui versa il parco macchine. Quello del deposito di Comiziano risulta essere un caso unico: nonostante ci siano problemi e carenze anche in altre strutture dell’azienda, la situazione non arriva ad essere così disastrosa. Gli autisti di Comiziano si sono sempre prodigati per l’azienda, andando incontro alle necessità dell’ufficio movimento,ma questa non è più un’esigenza di servizio, ma sta diventando un’abitudine pericolosa che mette a rischio tutte le regole anche del lavoro. Vincenzo Hauber

Un organo aziendale con compiti non ancora ben precisati Sono svariati anni che la nostra cara azienda ha deciso di mettere in funzione per poi progressivamente ampliare l’organo della ‘security’. Questo ‘corpo’ aziendale, formato sostanzialmente da addetti all’esercizio ed in qualche caso da coordinatori, dovrebbe assicurare il buon funzionamento del servizio, garantendone la sicurezza! Almeno questo è quello che secondo molti dovrebbe essere, o che molti pensano. In sostanza queste squadre di graduati dovrebbero assistere sulla linea i vari bus, in caso di deviazioni di percorso, di intralcio alla viabilità; dovrebbero comunicare repentinamente le eventuali anomalie all’utenza, per esempio,esponendo sulle paline i problemi momentanei. Altro ed importante compito è quello di controllare le vetture durante la marcia, controllo soprattutto fiscale, essendo gli stessi, anche polizia amministrativa, che un tempo era consuetudine vedere con il vecchio A.M.T. e i verificatori al seguito. Dovrebbero intervenire in caso di pericolo per coordinare l’autista ed in tutte le situazioni che potrebbero compromettere la sicurezza dei viaggiatori e dell’operatore stesso! Tutto questo è quello che dovrebbe succedere ma, nei fatti, accade ben poco… Precisiamo che generalizzare è sempre sbagliato, sottolineiamo che la mansione di per sé è poco chiara o quanto meno la funzione desta qualche sospetto, se la si guarda da un punto di vista di efficienza aziendale. Ormai è prassi che quello che si vede fare di più, dalla ‘security’ è: controllare, pedinare, e purtroppo in vari casi, manifestare atteggiamenti poco professionali (simpatie o antipatie) verso il povero di turno, che spiace ribadirlo è sempre l’autista. Ruolo che poi fino a poco tempo fa era ricoperto dalla stragrande maggioranza del caro corpo di controllo che produce concretamente il trasporto e

che è sottoposta a stress notevole, sicuramente più do ogni altra figura professionale. Precisiamo che l’autista non è necessariamente un santo nella Ctp, diciamo anche, che in certi casi, si può registrare qualche piccola trasgressione, che però non riguarda un fe-

nomeno diffuso, ma alla fine chi fa i danni più seri, sono sempre gli stessi soggetti, che la super squadra conosce bene.. Inoltre c’è il problema dell’evasione del ticket di viaggio che ha tanti risvolti e diverse problematiche annesse, di cui già se n’è parlato tanto, ma che comunque dovrebbe essere una priorità da parte dell’organo di sicurezza! Per esempio ci sono tante altre figure ormai dimenticate che meriterebbero un po’ di attenzione, come i nostri fuggitivi VTV. C’è il problema del sovraccarico di lavoro, degli stessi addetti, che nei vari impianti da soli hanno un compito gravoso e stressante nel dover gestire e controllare tutto il parco bus, nel dover contemporaneamente riportare tutte le notizie sul pc (poveri quelli che lo sanno usare!) mentre i loro pari gradi sono impegnati nella security! Quindi la domanda è: a chi veramente serve, che tipo e quanta sicurezza dà questa security? Vincenzo Pacella


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AI CADUTI ( di tutte le guerre del lavoro) Ogni nazione del mondo onora i figli caduti per la Patria. Di tutte le guerre, di tutte le battaglie, di tutte le epoche. A pensarci c’è un’attività umana, nonostante tutti gli sforzi, che miete più vittime di una guerra. Parlo dei caduti sul lavoro, per ogni lavoratore defunto, per infortunio, sugli stessi luoghi vi è un numero proporzionato di incidenti che si trasformano in invalidità parziale o permanente. Gli esempi sono tanti, sono migliaia ed elencarli tutti sarebbe quasi impossibile. Basti pensare a cosa è successo nelle acciaierie tristemente assurte alla cronaca poco tempo fa. Oppure alle morti da amianto, quelle già accadute e purtroppo quelle annunciate in un prossimo futuro. Immaginate sui cantieri edili e su qualsivoglia luogo di lavoro. Quasi tutti gli incidenti sono riconducibili alla pessima applicazione delle norme antinfortunistiche. Anche senza menzionare altri casi eclatanti come quelli citati o quel che sta succedendo a Taranto, siamo abbastanza vigili nelle nostre piccole realtà? Nei luoghi di lavoro, di qualsiasi dimensione siano, si vigila davvero? Oppure si mettono in regola le “carte”, pulendosi così la coscienza? In quel di Avellino, nella più grande azienda di mobilità, a quasi un anno dall’elezione dei lavoratori preposti alla sicurezza, c’è il buio totale! Chi si deve attivare per mettere questi preposti alla sicurezza in condizione di operare per il bene comune, come è previsto dalle leggi vigenti? Chi deve far partire i corsi di formazione previsti dalle norme che regolano la materia? In un’azienda operante nel Tpl, se non si applicano le normative regolanti i casi di infortunio, di chi è la responsabilità, mica dei lavoratori? Magari si potrà dire che il conducente Tizio veniva da una notte di bagordi. O l’operaio Caio prestava servizio in stato di ebbrezza. E magari il dirigente Sempronio aveva attivato la procedura ma si era interrotta la catena del comando. Sarebbe preferibile applicare una corretta prevenzione eseguendo pedestremente tutte le azioni necessarie affinché il gruppo A.IR spa non contribuisca ad accrescere ulteriormente il numero di invalidi parziali o totali, o addirittura di caduti, nel già lunghissimo e vergognoso elenco degli infortuni sul lavoro che segna già tanto questa guerra sui luoghi di lavoro. Fernando Capone

La psiche femminile, un mondo da scoprire Le differenze non solo emozionali tra i generi Dipinte con un’aura di fragilità e insoddisfazione, le donne si differenziano molto dagli uomini. Fin dalla nascita hanno la loro prima esperienza relazionale con persone dello stesso sesso (la madre) e poi gradualmente si interfacciano al mondo maschile (il padre). Ciò consente alla donna, fin dai primi giorni di vita, di entrare in contatto con la sua parte emotiva in maniera più completa rispetto all’uomo, determinando una più veloce strutturazione delle strutture psichiche, dell’autostima, ammesso che non si verifichino fattori esterni che ne invalidino il processo di crescita. Questo spiegherebbe anche le differenze tra uomini e donne in età adulta rispetto alla ricerca di intimità, ma, paradossalmente, predispone le donne ad essere le migliori candidate alla dipendenza affettiva e ai disturbi emotivi in ambito relazionale, nonché ad essere più sensibili ai momenti di crisi della coppia. Anche dal punta di vista biologico, le donne sono più precoci e risentono molto più degli uomini dei cambiamenti ormonali che si verificano durante la fase dello sviluppo puberale: estrogeni, progesterone e androgeni condizionano molto l’attività emotiva, cognitiva e neurovegetativa della donna, rendendola vulnerabile alle fluttuazioni ormonali. L’apparente fragilità, che talvolta viene fuori attraverso variazioni del tono dell’umore, insoddisfazione corporea, ansia e stati cognitivi nevrotici, è semplicemente espressione delle oscillazioni ormonali. Questo spiega anche perché la depressione, l’anoressia e alcuni tipi di disturbi d’ansia, colpiscono molto più il sesso femminile che non quello maschile, in un’età in cui i cambiamenti ormonali e di ruolo sociale sono molto più evidenti. Anche il cervello femminile è molto diverso da quello maschile: solitamente le donne hanno l’emisfero sinistro più sviluppato; ciò determina una migliore integrazione

tra pensiero ed emotività che porta a potenziare i processi di intuizione. Inoltre, da studi condotti con Risonanza Magnetica è emerso che le donne utilizzano molto più degli uomini la parte frontale del cervello, quella che controlla gli agiti emotivi e i comportamenti di attacco e fuga, rendendola più dotata nei processi di adattamento ambientale (quindi di soglia di sopportazione e accomodamento). Importante è sottolineare anche il ruolo della cultura, della religione, della società occidentale nello sviluppo della psiche femminile. Questi fattori, infatti, hanno contribuito a promulgare una mentalità di tipo maschilistico che non valorizzava la donna nel pieno delle sue potenzialità, anzi la relegava a un ruolo accessorio della vita di un uomo, ad un ruolo subordinato, di moglie o madre, alimentando tutta una serie di errori valutativi sulla personalità e sull’animo femminile. Anche se non del tutto superata, questa concezione ha notevolmente distorto le convinzioni delle donne su di sé, sulle proprie possibilità di azione, sui propri desideri, creando delle vere e proprie false credenze, i cosiddetti “falsi miti” sulle proprie capacità e ambizioni. Fortemente influenzate da ciò, esse si sono private di realizzare la propria felicità, soffocando il proprio essere, quindi sviluppando frustrazione. Ora occorre che esse imparino a vivere in piena libertà e autonomia, recuperando la tempra che consente loro di sopportare i dolori più intensi, le prove più dure, le ferite più strazianti. Superare la condizione di umiliazione sociale, sopportazione e dolore è un passo importante nel recupero della loro dignità che consenta di far affiorare quelle caratteristiche che le rendono uniche, che le rendono donne. Mara Porcaro

La semplificazione fiscale per i cittadini A marzo parte il nuovo piano di rateazione dei debiti tributari Vista la necessità e l’urgenza di emanare disposizioni per la semplificazione in materia tributaria, al fine di assicurare una riduzione dei costi amministrativi per i cittadini e contemporaneamente adottare misure volte a garantire maggiore efficienza dell’azione dell’amministrazione tributaria, il Governo Monti ha provveduto ad approvare e pubblicare sulla Gazzetta Ufficiale del 2 marzo 2012, il Decreto Legge n. 16 sulla semplificazione fiscale. Un’interessante iniziativa messa in campo dall’esecutivo per proseguire la politica di agevolazione per i cittadini che hanno la volontà di regolarizzare la propria posizione con il fisco. Grazie a questo nuovo decreto i contribuenti potranno rateizzare i debiti con l’erario in modo più semplice e veloce rispetto al passato. La nuova normativa introduce, infatti, le rate a importo variabile fin dalla prima richiesta di rateazione e il blocco dell’ipoteca per debiti fino a 20 mila euro. Soglia d’importo che rappresenta il limite massimo per ottenere automaticamente la rateazione mediante la presentazione di una semplice domanda motivata, attestante la personale situazione di temporanea difficoltà economica. Qualora il debito tributario superi la soglia suindicata, il contribuente potrà usufruire del beneficio di rateizzazione solo a seguito della verifica da parte dell’agente di riscossione che, analizzando l’importo del debito e la documentazione idonea a rappresentare la situazione economico-

finanziaria del contribuente, sarà in grado di valutare la sussistenza del beneficio di rateizzazione delle somme dovute all’erario. Al fine di agevolare l’accesso al credito, il decreto riconosce al contribuente che paga regolarmente i propri debiti, la possibilità di non procedere all’iscrizione ipotecaria, salvo che il debitore sia moroso per due rate consecutive. La permanenza dell’ipoteca accesa sui beni immobili del debitore d’imposta, rappresenta, infatti, un ostacolo insormontabile per chi vorrebbe accedere ad un finanziamento. Infine, per una più equilibrata riscossione dei loro crediti di natura patrimoniale, gli enti pubblici dello Stato possono, su richiesta del debitore, che versi in situazioni di obiettiva difficoltà economica (ancorché intercorra contenzioso con lo stesso, ovvero già fruisca di una rateizzazione) riconoscere al debitore la ripartizione del pagamento delle somme dovute in rate costanti, ovvero in rate variabili, salvo che non si tratti di crediti degli enti previdenziali. Questa nuova procedura, non solo ha ampliato la platea di cittadini che possono accedere al pagamento dilazionato dei tributi dovuti al fisco e non ancora pagati, ma grazie alla nuova semplificazione degli adempimenti amministrativi produce un doppio beneficio, giacché contribuisce a snellire il carico burocratico per gli uffici che gestiscono le domande di rateazione, e sprona i contribuenti a ripianare la loro posizione debitoria con il fisco italiano. F. D.

Locazione transitoria in esigenze particolari Un contratto breve per chi non vuole vincolarsi a lungo L’art. 5 della Legge 431/1998 prevede una particolare tipologia di contratto per uso abitativo, ovvero il contratto di natura provvisoria diretto a tutelare particolari esigenze abitative sia del conduttore, sia del locatore. Con l’estensione del concetto di transitorietà anche ai locatori, il legislatore si è prefisso lo scopo di riversare sul mercato gli alloggi che i proprietari invece tenevano sfitti nella previsione di averne bisogno entro breve termine.

Ora si può finalmente stipulare un valido contratto transitorio che vede da una parte un conduttore con esigenze abitative primarie e stabili e dall’altra un locatore che invece vuole concedere in godimento l’immobile solo per breve tempo. L’art. 2 comma 1, D.M. 30 dicembre 2002, afferma che “i contratti di natura transitoria sono stipulati per soddisfare particolari esigenze dei proprietari e/o conduttori per fattispecie – con particolare riferimento a quelle derivanti da mobilità lavorativa – da individuarsi nel-

la contrattazione territoriale tra le organizzazioni sindacali della proprietà edilizia e dei conduttori maggiormente rappresentative”. Le caratteristiche di tali contratti sono individuate nel D.M. 5 marzo 1999 e nel D.M. 30 dicembre 2002 che hanno stabilito i criteri da seguire per la stipula dei contratti di locazione di questa natura, e più precisamente, la durata non inferiore ad un mese e non superiore ai diciotto mesi; il contratto deve contenere le dichiarazioni del conduttore e del locatore che comprovino, con documentazione dal allegare, le rispettive esigenze di dare o prendere in locazione l’immobile per un breve periodo e la misura del canone, nelle città ad alta tensione abitativa e nei comuni limitrofi, deve corrispondere a quella indicata in apposite tabelle predisposte dai comuni ove l’immobile è sito. Inoltre la condizione imposta in tali contratti è che le parti si accollino l’onere di confermare, prima della scadenza del contratto, i motivi della transitorietà posti a fondamento della sua stipula. L’adempimento dell’onere di conferma della transitorietà deve intendersi a carico della parte portatrice in concreto dell’interesse alla minor durata del rapporto. Infatti, nel caso vengano meno le esigenze di transitorietà o che non vengano riconfermate, il contratto di locazione sarà ricondotto nello schema della locazione ordinaria con durata di cui all’art. 2, comma 1, legge 431/1998 (quattro + quattro). avv. Antonietta Minichino


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Cyberattivismo, l’impatto avuto in rete

L'oro maledetto delle miniere illegali

Una presa di coscienza sociale e la reazione dell’utenza

Dopo la coca, un nuovo business per guerriglieri e narcos in Colombia

Nelle settimane precedenti può essere sfuggita una notizia, non trasmessa dai telegiornali nazionali, dell'attacco ai siti di Trenitalia, del Vaticano e di Equitalia da parte del collettivo di hacker conosciuti come Anonymous, in italiano 'Anonimo'. L'attacco al sito dell'agenzia che lo ha mandato in 'crash' con successo, è stato seguito da un comunicato video in cui si esponevano le motivazioni delle loro azioni, in questo caso 'le vessazioni ed abusi' da parte dell'agenzia contro gli italiani. Ora, il collettivo non ha confini limitati ed è già capitato che azioni dichiarate come volute dal gruppo principale si sono poi rivelate iniziative di singoli sottogruppi, ma il punto rimane che finalmente anche in Italia si è costretti a constatare che nell'era moderna il malcontento delle persone può trasformarsi in qualcosa di solido e dannoso per le parti 'colpevoli'. Anonymous è sicuramente emblema di questo, viste le situazioni ad alto profilo delle quali sono protagonisti, tra cui l'aver portato al primo arresto tramite 'Vigilantismo Telematico' della storia, il caso Chris Forcand. Tuttavia, anche la gente 'normale', in numeri adeguati, riesce a

farsi 'giustizia'. Basta pensare a quello che è capitato all'inventore dello Spam, Alan Ralsky, il quale si è visto poeticamente intasare la sua reale cassetta delle lettere da migliaia di lettere in seguito ad alcune sue dichiarazioni tronfie sul suo 'lavoro'. Oppure a come il sito Netflix, in seguito al suo annuncio di voler aggiungere una ulteriore tariffa periodica per i suoi servizi, ha dovuto ritirare il progetto con molte scuse di fronte alla più che vocale reazione negativa della sua utenza. Nello studio dei mercati si diffondono sempre più parole come 'Prosumer' consumatore e produ ttor ee 'consumatore attivo', a testimonianza che quelli che venivano considerati solo come numeri di una massa si stanno rendendo sempre più conto dei poteri e del valore che hanno sempre avuto per influenzare la sfera economica e sociale, ed al giorno d'oggi le due si sovrappongono molto spesso. Le aziende e le istituzioni non possono permettersi più di ignorare questa presa di consapevolezza, soprattutto quando alcuni di questi 'nuovi' individui hanno la possibilità di andare oltre la semplice contestazione. Simone Simeone

Viaggio attraverso il “sentiero del poeta” Il parco di Piedigrotta con i suoi tracciati e monumenti C’è un’area stranamente poco conosciuta, persino ai napoletani, che sorge ai piedi del costone tufaceo di Posillipo, da non confondere con il più noto Parco Virgiliano. A pochi metri dalla stazione di Mergellina sorge il piccolo parco di Piedigrotta, proprio alle spalle della chiesa di S.Maria di Piedigrotta, una piccola riserva che ospita monumenti importanti per la storia della città partenopea. La sua fama e denominazione ha origine dall’attribuzione al sommo poeta Virgilio del sepolcro romano qui presente. Publio Virgilio Marone visse a Napoli tra il 36 ed il 29 a.c. e in epoca medievale la popolazione lo considerò il patrono della città, attribuendogli poteri magici e la sua tomba fu un vero e proprio luogo di culto anche se non vi è nessuna certezza che si tratti del vero sepolcro del poeta. Il mausoleo di Virgilio è un colombario di età romana, sorge in posizione elevata e si trova nei pressi dell’imbocco della Crypta Neapolitana, una galleria di epoca romana che collega il quartiere di Mergellina con quello di Fuorigrotta. Un colombario che ha numerose nicchie scavate al suo interno e nonostante la sua posizione molto impraticabile, è possibile raggiungerlo attraverso una stretta scalinata presente nel tufo. La crypta è decorata con affreschi medievali ma oggi è purtroppo impossibile ammirarla nella sua totale bellezza perché caduta in disuso a causa dei frequenti crolli avvenuti nell’area del mausoleo. Un luogo comunque di incontrastata bellezza che racchiude storia e suggestione: attraversando il percorso botanico-letterario è possibile

osservare particolari di piante ed arbusti citati da Virgilio nelle sue opere, esemplari corredati da didascalie dipinte a mano su piastrelle maiolicate. Nel parco Vergiliano a Piedigrotta, monumento nazionale, oltre al celebre cenotafio di Virgilio è presente la tomba del poeta Giacomo Leopardi, che trascorse gli ultimi anni della sua vita a Napoli e qui morì, sepolto inizialmente nella chiesa di San Vitale a Fuorigrotta: un enorme altare, presente nel parco dal 1939, un’alta ara con base quadrata all’interno di una grotta tufacea. Sull'ara è presente il nome del poeta e a fianco si trova una stele, incisa sulla pietra, a dimostrare l'attendibilità della tomba da parte del governo italiano, firmata da Vittorio Emanuele III. Nel 1934, quando il Parco Vergiliano fu costituito, le spoglie del poeta furono trasferite qui, e furono posti il monumento e la lapide che consacra il sepolcro del poeta come monumento nazionale. L’incantevole parco purtroppo è aperto al pubblico solo poche volte all’anno, sarà quindi importante per gli appassionati d’arte e storia partenopea non perdere gli appuntamenti delle visite guidate che porteranno i visitatori alla riscoperta della tomba di Virgilio e della Crypta Neapolitana. Sarà indimenticabile scoprire ciò che si cela nel parco, un luogo custode di un’importante storia e di un patrimonio artistico ineguagliabile, attraverso il “sentiero del poeta”, itinerario che valorizza la bellezza della città, della sua straordinaria storia e della sua peculiare immagine. P.A.

Nello scenario di un'economia mondiale che barcolla tra una recessione e l'altra, la continua e vertiginosa impennata delle quotazioni dell'oro (si pensi che nel 2001 un'oncia valeva 370 dollari, oggi ne vale invece circa 1600) ha favorito negli ultimi anni la nascita di numerose miniere illegali nel dipartimento di Antioquia, ricca zona mineraria della Colombia. Una vera e propria corsa all'oro, un colossale processo finanziario che lo scorso anno ha visto esportare metallo giallo dal paese per un valore di circa due miliardi e mezzo di dollari. Ma se noi siamo soliti dire che non è tutto oro quel che luccica, da quelle parti possiedono abbastanza elementi per affermare con certezza che l'oro è addirittura maledetto. Infatti, al di là delle imponenti esportazioni e degli investimenti stranieri per miliardi di dollari, queste nuove miniere clandestine, dove ci si muove solo strisciando e non si respira che da un tubo di plastica che penzola tra le rocce e porta aria dalla superficie, estorcono vite di adulti e bambini, all'ordine del giorno. Tra quelle rocce si può morire per asfissia, dovuta ai tanti gas velenosi che fuoriescono dal sottosuolo, o per annegamento, in seguito alle violente e furiose inondazioni dei tunnel, le cui pareti spesso cedono ai milioni di litri d'acqua del fiume Cauca. E se non si muore tocca comunque fare i conti con l'inquinamento da mercurio, un

minerale velenoso che, usato negli scavi per separare l'oro dalla terra, costringe molti minatori a sottoporsi ad un trapianto di polmone, provocando inoltre la perdita della memoria e grossi problemi di attenzione e linguaggio. Ma al pari della coca, questo nuovo processo, e gli affari che ne possono derivare, ha attirato l'attenzione dei gruppi paramilitari, della guerriglia e dei narcotrafficanti, che hanno approfittato della mancanza di regole dell'industria mineraria, iniziando a costruire miniere illegali e a dominarle con la prepotente legge delle armi. Una contorta e problematica situazione a cui il governo, ora che le compagnie minerarie estere si presentano in massa nel territorio colombiano, prova a porre rimedio offrendo condizioni super vantaggiose per incentivare gli investimenti stranieri. Le compagnie possono trattenere il 96% dei guadagni (versando solo il 4% di tasse) ottenendo inoltre dal governo la possibilità di assumere delle divisioni dell'esercito nazionale per proteggere le loro attività dall'estorsione dei guerriglieri e dei narcotrafficanti. Nonostante però gli sforzi delle autorità governative, le grandi compagnie minerarie non riusciranno a sostituire le miniere clandestine. Almeno non nel breve periodo. Esistono migliaia di cave nella foresta e nelle montagne di tutto il paese, ed è impossibile bloccarle tutte. R. I.

Irrompe la Dance-Pop con “Thriller” È Michael Jackson a battere tutti i records Nel 1982 si respirava un’aria non proprio posiiva, dopo un periodo alquanto favorevole. Questo si ripercosse anche nell’arte ed in particolare nella musica Pop & Rock. Ormai i big della musica che avevano spopolato nelle decadi precedenti proponendosi non solo come artisti musicali, ma anche come portavoce delle difficoltà, malesseri ed insofferenze di intere generazioni, lasciarono il posto ad artisti che mettevano in evidenza solo i propri personaggi, capacità musicali e non, ignorando quello che girava intorno a loro, dal punto di vista politico e sociale. Ovviamente tutto questo creò dei guadagni notevoli. Il successo non era equivalente alla qualità del prodotto. Malgrado questo c’erano comunque tanti artisti o gruppi musicali che pur nascendo in questa decade (ottanta) avevano qualcosa da raccontare. Figlio del Riflusso è stato, indiscutibilmente, il cantante afroamericano Michael Jackson. Noto al pubblico già da quando aveva appena dieci anni. Insieme ai fratelli maggiori costituì i Jackson Five. Dopo il suo lavoro eseguito con i fratelli e dopo l’uscita dei suoi cinque album pubblicò, verso la fine dell’82, il disco “Thriller”, preceduto dal singolo “The Girl is Mine”, cantato insieme all’ex Beatle Paul Mc Cartney. Grazie al successo planetario di Thriller, Michael Jackson ha battuto tutti i records possibili ed immaginabili. Al 2012 si calcola che è stato l’album più venduto di tutti i tempi ed è stato l’unico a superare

i 100 milioni di copie. Ad accompagnare i singoli, ben sette, furono realizzati dei videoclips innovativi. Il più famoso è quello di “Thriller”. Un cortometraggio dalla regia di John Landis, con tanto di coreografie ed effetti speciali. Grazie a Thriller, Jackson lanciò il Moonwalk, ovvero la camminata all’indietro presentata in ogni suo concerto. Dal punto di vista musicale l’album è un concentrato di soul, pop, dance, funk e rock. In America non solo Michael Jackson raggiunse i vertici delle classifiche americane e poi europee, ma ci fu anche la band americana Toto. Gruppo costituito da esperti e capaci musicisti da studio, denominati turnisti. Malgrado la combinazione della band abbastanza insolita, riuscirono a presentare prodotti musicali uniformi. Spaziavano dal Rock Progressivo al Soft-Pop. Esordirono verso la fine degli anni ’70, raggiunsero il successo mondiale con l’album “Toto IV”, pubblicato nell’82. Vinsero nel 1983 ben 6 Grammy Awards (l’Oscar della Musica). Spiccano i brani “Africa” e “Rosanna”. Nello stesso periodo, in Inghilterra a Manchester, stava per nascere la band Smiths. Progetto del cantante Morrisey e del chitarrista Johnny Marr. Nel giro di poco tempo, grazie alla loro musica nettamente superiore all’accozzaglia che producevano centinaie di Pop-band inglesi, diventarono un riferimento del genere Indie Rock Rosario Mammola


Lo sguardo

Il labirinto di norme che regola le gare del t.p.l. Contratti di servizio in bilico a causa dell’incertezza degli Enti Locali

Sicuramente guardando la televisione avrete notato, in alcune trasmissioni trattanti argomenti politici o sociali, quei programmi indicati come “Talk-Shows”. Di solito le coreografie approntate per questi spettacoli sono funzionali, postmoderne. Gli ospiti-esperti, invitati in questi tentativi di approfondimento sulla tematica scelta per l’occasione, agiscono circondati da un pubblico comodamente allocato ai margini del “Ring”. Ma li avete visti gli allocati? Dalle espressioni stampate sui loro volti sembrano le alici di Pellegrino. Mi si permetta una disgressione. Pellegrino, quando ero un infante, faceva il pescivendolo ambulante, vendeva la sua merce non più freschissima. La freschezza del venduto era una penosa bugia, in quanto il mare dal quale le alici venivano, distava dai luoghi di vendita molti chilometri. Certamente Pellegrino con quel suo sgangherato camioncino, ricavato da una vecchia autovettura d’ante guerra, toccando i vari punti vendita giungeva alla casa dei miei nonni, quando ormai la freschezza diventava per la sua merce un ricordo. Nonostante tutto, questo non impediva al nostro di urlare a squarciagola: “Occhio vivo e squame rosse, questo è il mio pesce”. Lo sguardo inespressivo del pubblico convocato in quelle trasmissioni mi porta alla mente il pescato di quel brav’uomo. Ma non sono i soli, capita sempre più spesso di trovare quello sguardo assente, anche in situazioni diverse. Avete presente i custodi dei parcheggi comunali, gli uscieri di qualsivoglia ufficio pubblico, le massaie che tornano a casa dalla spesa quotidiana? Ci sono anche i pendolari ad ingrossare le fila degli occhi vacui, quelli che fanno la coda ovunque, alle Poste, all’ASL, in Banca, come se qualcosa si fosse spezzato dentro le persone. Notate quante sono, sembra quasi quell’occhio spento un indizio di astrazione dal reale, da ciò che siamo o che vorremo essere, soggettivamente e collettivamente. Come se la gente e la gente siamo noi, come diceva una canzone in voga qualche tempo fa, avesse perso la speranza e compensasse questa perdita con la rassegnazione. La cosa più preoccupante è constatare che da un po’ di tempo nelle riunioni del sindacato, in ogni forma liturgica avvengano, comincia a dominare l’occhio assente degli astanti. Questo fatto è allarmante, quant’anche chi si impegna nel sociale, il primo e più sensibile terminale della società, i lavoratori, cedono allo “ sguardo vacuo del pubblico”. Non si tratta più di distacco, ma di rassegnazione. A questo punto la perdita della speranza, della capacità di guardare all’orizzonte diventa un dramma collettivo. Vi saluto e sono l’Autoferroagricolo

Si naviga a vista nelle torbide acque del Mediterraneo Lavoratori e passeggeri col fiato sospeso in attesa che si pronunci l’Ue Tormentata è l’attesa per il completamento della procedura di privatizzazione della società Tirrenia. Una storia contorta iniziata circa tre anni fa con l’intenzione di procedere alla dismissione della compagnia da parte del precedente Governo, ma che sembrava in via di risoluzione grazie ad una cordata di armatori italiani, che disposti a sborsare 380 milioni di euro, hanno mostrato interesse ad acquistare la società di navigazione.

Una soluzione in grado di salvaguardare i livelli occupazionali e reddituali dei 1400 lavoratori della compagnia pubblica, se non fosse per il fatto che l’antitrust dell’Ue ha avviato un’inchiesta approfondita per verificare se la vendita della Tirrenia alla Compagnia Italiana di Navigazione (Cin) assicuri le dinamiche del libero mercato. Sembra, infatti, attendibile l’ipotesi di una bocciatura da parte dell’Ue alla vendita della compagnia di bandiera alla Cin. Il motivo principale è la tutela della concorrenza, che secondo i commissari europei sarebbe messa a repentaglio dall’eccessiva concentrazione delle rotte di cabotaggio nelle mani dei principali armatori italiani che, alleati tra loro, acquisirebbero una posizione dominante nello scenario della navigazione delle acque

italiane. Il giudizio di Bruxelles rappresenta quindi l’ultimo step per la cessione della compagnia marittima alla cordata costituita da Aponte, Grimaldi e Onorato, che il 25 luglio scorso ha firmato il contratto di acquisizione, con un accordo sindacale che ne regola il subentro. In caso di rifiuto dell’Europa, pesanti sarebbero le ricadute in termini occupazionali, per quanti lavorano alle dipendenze della Tirrenia, e in termini sociali, per coloro che usufruiscono di un fondamentale servizio di collegamento con le isole, specialmente se si procedesse per necessità alla messa a gara delle singole rotte, con il conseguente spacchettamento della società di navigazione italiana. Nel frattempo, allo scopo di favorire l’approvazione in sede europea, si profilano già le prime correzioni all’attuale cordata, con l’ipotesi di uscita di alcuni o un ridimensionamento della partecipazione di altri, allo scopo di evitare una sovrapposizione delle rotte tra Tirrenia e le società controllate dagli stessi armatori italiani. Ma con la diluizione delle quote di partecipazione, la Cin potrebbe indebolirsi di fronte alle offerte di investitori stranieri intenzionati a mettere le mani sulla flotta delle 18 navi che operano sulle rotte convenzionate, per le quali maggiore è l’interesse del mercato. Un futuro, quindi, ancora tutto da chiarire per quei lavoratori in attesa di una risposta ufficiale da parte delle istituzioni europee, che insieme alle migliaia di passeggeri auspicano una soluzione strutturale condivisa a livello europeo, che tenga conto delle necessità di regolamentare e salvaguardare un settore delicato come quello della navigazione. F. D.

sporto incluso. L’obiettivo del decreto è quello di accrescere, quanto più possibile, il processo di liberalizzazione dei servizi pubblici locali attraverso la messa in concorrenza dei servizi e la disincentivazione di forme di affidamento diretto degli stessi. Lo strumento principale in questo senso è individuato nella scelta della gara pubblica come metodo assolutamente prioritario per assegnarne la gestione. Ma le novità del decreto “Cresci Italia” non si fermano qui e ne segnaliamo almeno altre quattro di grande rilievo: 1) l’attribuzione dei diritti di esclusiva ha bisogno d’ora in avanti, obbligatoriamente, del via libera d el l ’ A n t i t r u s t . Nel precedente schema era previsto solo l’obbligo di effettuare la verifica di mercato e poi inviarla all’Authority rimanendo aperta la porta per una applicazione generalizzata del silenzio-assenso. Il ricorso alla gara, inoltre, viene incentivato poiché lo si considera un elemento di virtuosità degli Enti che potrà permettere, ai migliori, di evitare il contributo aggiuntivo al bilancio pubblico chiesto dalla manovra; 2) scende la soglia di valore degli affidamenti in-house che non potranno essere effettuati quando il servizio supera i 200 mila euro annui così come previsto dalla già richiamata Legge 148 del 2011 con una proroga di tre anni di ulteriore tre anni di in-house per chi procede con aggregazioni coincidenti tra gestore e bacino-ottimale; 3) affidamento per gara del trasporto ferroviario regionale, alla scadenza del primo periodo, di solito 6 anni, degli attuali contratti di servizio; 4) il 30 giugno 2012 scadrà il termine entro il quale le Regioni saranno chiamate ad individuare gli ambiti territoriali ottida pag. 2

mali per la gestione dei servizi. Questo ultimo punto introduce una disposizione già prevista a livello regionale con la recente riforma della legge n. 30/98 (già citata in precedenza) e cioè il possibile accorpamento degli ambiti territoriali di servizio partendo, tuttavia, da dimensioni non inferiori al territorio provinciale per massimizzarne l’efficienza, attraverso economie di scala, e con lo scopo di eliminare il nanismo aziendale così diffuso in particolare nella nostra regione. Peraltro, anche in Regione Campania, esistono leggi che si contrastano sulla materia gare, in particolare mentre la Legge Regionale 3 del 2002 all’articolo 37 prevede il passaggio di tutto il personale dipendente dall’impresa cessante all’impresa subentrante, la legge finanziaria regionale n.1 del 2012 all’articolo 42 recita “Se, a seguito delle gare subentra al precedente affidatario una nuova impresa, tutto il personale dipendente dal soggetto uscente necessario ai servizi riassegnati passa alle dipendenze dell’impresa subentrante secondo la disciplina dellì’articolo 26 della legge 148 del 1931”, elaborando un testo in conflitto con la richiamata legge 3 poiché l’articolo 26 della 148/31 non garantisce l’obbligo del passaggio di tutti i dipendenti, ma solo a quelli contenuti nel limite del “per quanto è possibile”, oltretutto in contrasto con quanto sottoscritto nell’accordo regionale del Fondo di Sostegno che garantisce i livelli occupazionali delle Aziende sottoscrittrici. Riassumendo, la confusione imperversa non solo a livello nazionale ma soprattutto a livello regionale, e non poche preoccupazioni vengono avanti poiché l’assenza di regole, o meglio la presenza di regole contrastanti, non permettono la definizione di un progetto solido che dia garanzie al servizio ma soprattutto ai lavoratori del settore. A. Aiello - G. Gambardella

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