Archivio Nisseno - Anno III, n°5

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GIUSEPPE PELLITTERI

Nella parlata di Milena “a, lungo o breve, rimane intatto, anche nei casi in cui in italiano sembra alterarsi”4. Si veda ad esempio il riflesso del suffisso –AVI, -AVIT: ˇ mangáu “(io) mangiai” kantáu “(io) cantai” parláu “(io) parlai” ˇ mancá “(egli) mangiò” kantá “(egli) cantò” parlá “(egli) parlò” ˇ cirása nátu

“ciliegia” “(io) nuoto”

Le altre quattro vocali del sistema, i, e, o, ed u, sono quasi sempre realizzate come aperte5. ˇ toniche latine si realizzano in ˛e ed ˛o ma anche in ía ed úa iati più Eˇ ed O che dittonghi, in quanto la particolare accentazione della prima vocale provoca nella pronuncia un netto distacco tra le due vocali. Questo fenomeno sembra doversi attribuire a metafonesi, in presenza di u vocale finale di parola. ˇ Esempi E: galera “galera” bastemii “bestemmie” kuárela “querela” ˆ kutíad? d? u “coltello” (ma kuted?d?a “coltelli”) bíad?d?u “bello” (ma bed?d?a “bella”) ´´ ´´ fem.) míallu “meglio” (ma mella tíampu “tempo” ˇ cíalu “cielo” fíanu “fieno” míazzu “mezzo” (ma anche mmezzu) kíasa “chiesa” (ma anche kiésa) skíattu “celibe” (ma sketta “nubile”) mpíarnu “inferno” (nei canti spesso nfernu) píanzu “io penso” (ma penza “(egli) pensa”) ˇ Esempi O: kori mori skola

“cuore” “muore” “scuola”

4 G. DE GREGORIO, Saggio di fonetica siciliana, Palermo 1890, p. 9. 5 Per questo motivo, nella trascrizione dei canti, ho adottato le vocali i, e, o, u, soltanto allorché sono realizzate con un grado di apertura inferiore al normale, anche se raramente esse giungono ad essere pronunciate come effettivamente chiuse.

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