Un volo sulle ferite della città
Le vicende urbanisiche della città in un racconto che accosta un taglio narrativo all’intento “partigiano” del dossier-denuncia Testo e foto: Andrea Benasi
Sono da poco passate le cinque, l’aroma del tè si è rapidamente propagato nel soggiorno e il fumo appanna lentamente i vetri, bagnati da una leggera pioggerella che pigramente porta alla conclusione anche questo pomeriggio invernale. Sul tavolo il libro di Giorgio Massignan, presidente della sezione di Verona di Italia Nostra, già presidente anche del nostro Ordine e profondo conoscitore della città. Un interrogativo da porsi affrontando la lettura di questo volume, è senz’altro quello di chiedersi a chi sia destinato e quali siano le finalità dello stesso. Sicuramente il linguaggio semplice e la narrazione scorrevole lasciano intendere che sia stato concepito con un intento apparentemente divulgativo, per un pubblico abitualmente estraneo alle faccende e al linguaggio amministrativo – urbanistico. Ciò è confermato dal titolo che,
« Una rassegna degli eventi principali che hanno caratterizzato lo sviluppo urbano della città dal dopoguerra a oggi » ricorrendo al latinorum di manzoniana memoria, induce il lettore a prefigurarsi un contenuto di taglio narrativo, oltre all’intento “partigiano” del dossier-denuncia. Il testo si apre con una rapida rassegna degli eventi principali che hanno caratterizzato lo sviluppo urbano della città, in special modo dal dopoguerra a oggi, con i problemi tipici di quasi tutte le città italiane (abbandono delle classi meno abbienti del centro storico, proliferazione di costruzioni in zone di interesse ambientale, consumo eccesivo di suolo, solo per citarne alcuni). Vengono poi
esaminati i meccanismi di gestione del territorio, gli evidenti intrecci dell’urbanistica con le vicende politico-amministrative ed economiche, le principali scelte a scala urbana degli ultimi anni. Una serie di schede riguarda poi spazi non risolti o in fase di nebulosa risoluzione: dai progetti per le caserme Passalacqua e Santa Marta alle ex Cartiere, dall’inceneritore di Ca’ del Bue al nuovo insediamento Ikea, dagli interventi nelle piazze veronesi ai diversi “contenitori” per un motivo o per l’altro non ancora utilizzati. Seguono alcune proposte, sicuramente interessanti e motivate ma solo accennate, mentre meriterebbero una esposizione e un dibattito certamente più approfondito, rispetto al quale questa pubblicazione potrebbe servire da adeguata introduzione per un eventuale seguito. Concludono infine due capitoli di ricordi e riflessioni, suggestivi e nostalgici, nei quali, credo,
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molti veronesi possano facilmente ritrovarsi, nel respirare un’aria scivolata via ma che ogni tanto, in qualche strada della città, torna a scompigliarci i capelli e impone di soffermarci per riguardare un’antica piazza o la scalinata di una chiesa che non troppi anni fa erano il teatro dei nostri fanciulleschi giochi. Se è vero che le cose ripetute non giovano (come sostiene fin dal titolo il volume), spesso diventano abitudine e, come la pausa del tè, si ripropongono sempre uguali, con gli stessi biscotti e le stesse fragranze, dove il piacere risiede non nella novità ma nel consolidarsi di un’esperienza vissuta. Così è per una parte della critica urbanistica, che usa riproporre i medesimi argomenti che oramai da decenni si ripresentano come nuovi. Così è per questo cahier de doléance, piacevole nella lettura e preciso nei temi trattati: squisito per chi ami il rito del tè.
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2014 #01