2010 - 04 LUGLIO

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notiziario

PERIODICO PER RIODICO del dell Comitato Provinciale Provinciialle Associazione Associiaziione Nazionale Naziionale Partigiani d'Italia d'Italiia di Reggio Reggiio EEmilia miilia Poste Italiane s.p.a. - Spediz. in abb. post. - d.l. 353/2003/ (conv. in L. 27-02-2004 n. 46) art. 1 - comma 1- DCB - Filiale R.E. - Tassa pagata taxe perçue - Anno XLI - N. 5-6 Giugno- Luglio 2010 - In caso di mancato recapito rinviare all’Ufficio P.T. di Reggio Emilia detentore del conto per restituzione al mittente che si impegna a pagare la relativa tariffa.

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7 luglio 1960-2010

50ANNI DOPO

03 l© editoriale Il 50° anniversario del 7 luglio 1960. Pietra miliare per la democrazia Dino Felisetti 16 l© politica Le maf ie a Reggio Emilia. Intervista a Mauro Ponzi a cura di Glauco Bertani 22 l© cultura Le Reggiane 1943 Questa è la pace che vogliamo Annalisa Govi 41 l© l’opinione Non sospendere il sostegno a Istoreco Anna Salsi


LA COPERTINA

50 ANNI DOPO

Reggio Emilia, 7 luglio 2010, Cimitero monumentale. Moni Ovadia reca omaggio ai caduti del 7 luglio 1960 (Foto di Cinzia Bolognesi) Gli articoli e le testimonianze per il ventennale della morte di Velia Vallini, per assoluta mancanza di spazio, saranno pubblicati nel numero di settembre 2010

APPPELLO AI NOSTRI LETTORI PER SOSTENERE IL “NOTIZIARIO" Il “Notiziario ANPI” non fa abbonamenti e non viene messo in vendita. Vive unicamente del sostegno volontario dei suoi lettori. In una fase difficile come l’attuale svolge una funzione positiva, che molti ci riconoscono, nel valorizzare le radici antifasciste della Repubblica nata dalla Resistenza e nel confronto sui temi di viva attualità politica (ma non partitica) e culturale. Le recenti misure connesse alla manovra finanziaria hanno prodotto un raddoppio dei costi postali di spedizione. Alleghiamo a questo numero un bollettino di versamento in c/c postale che potrà essere utilizzato da quanti intendano inviarci il loro contributo a sostegno.

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Collaboratori: Paolo Attolini (fotografo), Massimo Becchi, Riccardo Bertani, Bruno Bertolaso, Sandra Campanini, Nicoletta Gemmi, Enzo Iori, Enrico Lelli, Saverio Morselli, Fabrizio Tavernelli Registrazione Tribunale di Reggio Emilia n. 276 del 2 Marzo 1970 Stampa: Centroffset - Fabbrico (RE) Questo numero è stato chiuso in tipografia il 1-07- 2010 Per sostenere il “Notiziario”: UNICREDIT, piazza del Monte (già Cesare Battisti) - Reggio Emilia IBAN: IT75F0200812834000100280840 CCP N. 3482109 intestato a: Associazione Nazionale Partigiani d'Italia - Comitato Provinciale ANPI


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sommario

editoriale

di Dino Felisetti

Editoriale - Il 50° anniversario del 7 luglio 1960. Pietra miliare per la democrazia, di Dino Felisetti ......................... 3 50° 7 luglio 1960 - Cinquant’anni senza giustizia. I 5 morti del 7 luglio 1960, a cura di g.b. ............................................................................... 5 - Dove’eri tu quel 7 luglio 1960? Una conversazione con Francesco Lamantia, di a.z. ..................... 7 - Il 7 luglio 2010. Gli avvenimenti ................................................8-9 25 aprile 2010 - Ricordare il 25 aprile ............................................................ 10-13 Politica - Le mafie a Reggio Emilia. Intervista a Mauro Ponzi, a cura di Glauco Bertani ............................................................ 16 - Adro e altro, di Anna Fava .......................................................... 18 - A scuola di Pace, di Anna Salsi .................................................. 19 Estero - Turchi, la scelta di Ankara, di Bruno Bertolaso ............................ 21 Cultura - Questa è la pace che vogliamo, di Annalisa Govi ........................ 22 - Dalla parte del creato. Montagna, animali e natura, di Giacomo Notari ...................................................................... 24 - Annamaria Giustardi, Disegnava aerei, recensione di a.z. ........... 24 - Vasco Montecchi e il suo corpo a corpo col marmo, di a.z. ......... 25 - L’eredità di don Lorenzo Milani, di Francesco Paolella ................ 29 Compleanni - Annita Malavasi Laila, di Eletta Bertani ...................................... 27 Avvenimenti - Sentieri partigiani 2010 ............................................................. 27 Memoria - Cancellati i simboli del nazismo ................................................. 35 - Ricordati i 32 martiri della Bettola ............................................. 35 - Quella notte di marzo a Botteghe di Albinea ............................... 36 - 1° aprile 1945, Pasqua di sangue .............................................. 38 - Canossa: in ricordo di Ciapaief, Rameris e Remo, di Vando Fontanesi .................................................................... 39 - Commemorando la battaglia di Sparavalle, di a.z. ...................... 40 L’Opinione - Non sospendere il sostegno a Istoreco, di Anna Salsi ................. 41 Lutti ............................................................................................ 42 Anniversari................................................................................. 46 Offerte ........................................................................................ 49 Turismo ...................................................................................... 52 Le rubriche - Cittadini-democrazia-potere, di Claudio Ghiretti ......................... 28 - Opinion leder, di Fabrizio “Taver” Tavernelli ................................ 29 - Segnali di Pace, di Saverio Morselli ........................................... 30 - Primavera silenziosa, di Massimo Becchi ................................... 32 - L’informazione sanitaria. Le risposte del prof. Iori ...................... 33 - Conosceri gli altri, di Riccardo Bertani ....................................... 34 - Reggio che parla, di Glauco Bertani ........................................... 50 - La finestra sul cortile, di Sandra Campanini ............................... 51

Il cinquantesimo anniversario del 7 luglio 1960 PIETRA MILIARE PER LA DEMOCRAZIA “Ricordo bene quando il sindaco Campioli, con la fascia tricolore, presente l’assessore Lelli ed io, affrontò quel commissario di polizia, impacciato di fronte al sindaco che, come un “gigante” della democrazia, gli rimproverava a voce tonante l’assurdità di quella reazione a colpi d’arma da fuoco ad altezza d’uomo, timido rispose dicendo che “lui doveva ubbidire agli ordini”. Ordini di chi, non si seppe mai...” A cinquant’anni di distanza è giusto e doveroso domandarci cosa abbia significato il SETTE LUGLIO 1960 per la democrazia italiana. Nel corso dei circa sessant’anni di vita della “gracile” democrazia Italiana, nata dalla Lotta di Liberazione conclusasi il 25 aprile 1945 e sancita dalla Costituzione repubblicana del 01.01.1948, vi sono stati alcuni momenti (di cui ne indico quattro) in cui questa nostra democrazia è stata messa a rischio di crisi e/o d’involuzione. Mi limito infatti a ricordare: quello delle prime elezioni politiche il 18 aprile 1948; poi, a pochi mesi di distanza, quello dell’attentato all’on. Togliatti del 14 luglio 1948; l’insediamento del governo Tambroni nell’aprile del 1960, con i tragici fatti del 7 luglio a Reggio ed in altre città, e la cattura con assassinio dell’on. Aldo Moro. Nel primo caso, il rischio fu rappresentato dal durissimo

continua a pag. 4 giugno-luglio 2010 notiziario anpi

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editoriale continua da pag. 3 scontro elettorale tra Fronte democratico popolare (PCI e PSI) e il centrodestra costituito dalla Democrazia cristiana (con l’appoggio del PSDI di Saragat e Simonini) stante l’enorme importanza politica della posta in gioco che riguardava (in fondo) la scelta tra Occidente e Oriente. Sennonché il trionfo elettorale della DC e la sconfitta del Fronte popolare, evitarono che in Italia si corresse il rischio dell’insediamento che un governo condizionato dai comunisti (che nel Fronte popolare erano maggioranza), con possibili rischi di “balcanizzazione” e di rottura dei rapporti internazionali, in quanto l’Italia (per gli accordi di Jalta) era sotto influenza USA che, specie in allora, erano presenti militarmente anche massicciamente, con molte basi in Italia. Le vicende dell’Istria e di Trieste ne sono la testimonianza. Credo che oggi, anche molta parte della sinistra, abbia finito per considerare la vittoria della DC un fatto che, pur umiliando la sinistra italiana, mantenne pacificamente il nostro Paese nell’area della civiltà occidentale evitando le gravi vicende occorse nei paesi balcanici. Il secondo grave momento di rischio fu l’assurdo e delittuoso attentato all’on. Palmiro Togliatti, segretario del PCI, avvenuto il 14 aprile del 1948, cioè soltanto tre mesi dopo le elezioni del 18 aprile, ad opera della criminale iniziativa personale del giovane Pallante. Se in Italia non scoppiò una “guerra civile” (quel giorno l’Italia tutta si fermò con le sommosse e scontri a Roma, Napoli, Livorno, Genova e Taranto, dove vi furono alcuni morti e feriti) lo si deve al grande senso di responsabilità di Palmiro Togliatti che, immediatamente operato con esito positivo, come sue prime parole disse ai dirigenti comunisti e a tutti gli italiani: “e ora cerchiamo di non perdere la testa”. La qual cosa, oltre che segno di grande senso di responsabilità, contribuì al ritorno della tranquillità, alla quale, secondo le cronache, avrebbe contribuito anche l’impresa ciclistica di Bartali con la vittoria al Giro di Francia. Ma furono soprattutto i gravissimi fatti del luglio 1960 a costituire il terzo e forse più grave rischio per la nostra democrazia a causa l’insediamento alla Presidenza del consiglio dei ministri dell’on. Tambroni, ottenuta con il voto determinante del MSI di Almirante, nell’aprile 1960. Tale fatto provocò subito, a partire dal mese di maggio e di giugno, manifestazioni, scioperi, cortei e sommosse in molte città italiane: a Genova,

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PER IL NOSTRO DOMANI

(che si ribellò a che vi si tenesse il congresso del MSI), a Roma con i fatti di Porta S. Paolo e il ferimento di alcuni deputati di sinistra, a Palermo, a Licata e a Catania dove, durante lo sciopero generale, rimasero uccise quattro persone. Ma determinante fu Reggio Emilia dove, il 7 luglio 1960, nel corso di una grande manifestazione popolare di netta ma pacifica contestazione al governo Tambroni, perché il voto determinante del MSI prospettava ipotesi di “inaccettabili ritorni”. In quel tragico sette luglio l’insensato ed irresponsabile uso delle armi da fuoco da parte di alcuni uomini della polizia, provocò la morte di ben cinque giovani dimostranti: Ovidio Franchi, Lauro Farioli, Afro Tondelli, Emilio Riverberi e Marino Serri, (oltre a numerosi feriti), furono assassinati in piazza perché qualcuno che aveva “perduto la testa” ordinando il fuoco ad altezza di uomo dirigeva la polizia. Non è vero che: “muore giovane chi è grato agli Dei”, chi viene stroncato da giovane perde la sua vita e getta nel lutto i suoi cari. Tanto più che questo avvenne sebbene, come risultò dagli accertamenti, nessuno fra le molte migliaia dei dimostranti era in possesso di armi. Ricordo bene quando il sindaco Campioli, con la fascia tricolore, presente l’assessore Lelli ed io, affrontò quel commissario di polizia, impacciato di fronte al sindaco che, come un “gigante” della democrazia, gli rimproverava a voce tonante l’assurdità di quella reazione a colpi d’arma da fuoco ad altezza d’uomo, timido rispose dicendo che “lui doveva ubbidire agli ordini”. Ordini di chi, non si seppe mai. Ma il sacrificio di quei giovani fece si che Tambroni, sfiduciato dalla stessa DC, il 26 luglio si dimise, e il presidente Gronchi dette l’incarico all’on. Fanfani, il quale, all’atto dell’insediamento, disse: “il popolo italiano ha reagito d’istinto e come ha potuto”. Parole da tutti interpretate come legittimazione della generale sollevazione del popolo italiano non solo a Reggio ma in tutta Italia. Fanfani presiedette poi i due governi monocolori del 26 luglio 60 e del 21 febbraio 62, governi che aprirono la porta all’evento del Centro sinistra nato col governo Moro del 4 dicembre 63 che instaurò la svolta politica con l’entrata, per la prima volta, della Sinistra, rappresentata dallo PSI, nel Governo con la Vice presidenza del Consiglio affidata all’on. Pietro Nenni. Fu così che, ancora una volta il consolidamento della democrazia italiana era stata realizzata; ed ancora una volta per merito del-

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la coscienza antifascista dalla maggioranza degli italiani e dello spirito di sacrificio al quale Reggio Emilia dette un pesante ma glorioso e, credo, determinante contributo. Peccato che il successivo ed inevitabile processo penale contro i responsabili di quei drammatici fatti, individuati nella persona del commissario di ps Cafari Panico e di Orlando Celani, abbia avuto uno sviluppo inaccettabilmente illegittimo e mortificante. Infatti, una burocratica ordinanza della Cassazione, ritenuta la cosiddetta “legittima suspicione”, fece spostare il processo alla sede (Corte d’Assise) di Milano, “scippando” così il processo al “giudice naturale” cioè la città di Reggio Emilia. Questo legittimo spostamento fu subito visto come un “brutto segno” per l’esito del processo che, iniziato nel dicembre del 1963, si chiuse, dopo mesi di udienze più o meno ripetitive, con sentenza di assolutoria piena per il commissario Cafari e per insufficienza di prove per Orlando Celani. So che molti degli interessati e parenti delle vittime del 7 luglio chiedono da tempo la revisione del processo. Formalmente non sembra inammissibile; ma poiché un bravo penalista se ne sta occupando, gli auguro pieno successo. Infatti, io, che fui uno (insieme ai colleghi Bonazzi e Landini ed altri) dei difensori reggiani delle parti civili, rimanemmo a lungo ed ancora oggi amareggiati per quell’incredibile sentenza che contestammo sia per il trasferimento a Milano che per il merito della stessa in quanto ingiusta oggettivamente e ritualmente mortificante ma, purtroppo, chiusosi con un risarcimento, se non umiliante, certamente mortificante. Il quarto momento tragicamente critico per la democrazia italiana si ebbe tra il marzo (sequestro di Aldo Moro e strage della scorta) e il maggio (assassinio del prigioniero delle Brigate Rosse, Presidente Aldo Moro), che segnò (insieme alla strage di Bologna) l’apice della crisi della nostra democrazia, salvata peraltro dalla difficile ma necessaria compattezza della Solidarietà nazionale. In questi giorni come quelli che stiamo vivendo oggi in Italia se la democrazia non è minacciata lo si deve al fatto che, per la storia degli ultimi sessant’anni, anche i governanti sanno che in Italia c’è una coscienza democratica che, consolidata col sangue dei martiri del sette luglio e quelli dei fatti successivi, è garanzia, sarà sempre in grado di respingere i tentativi di rivoluzione. Dino Felisetti


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7 luglio 1960, l'inizio degli scontri

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CINQUANT’ANNI SENZA GIUSTIZIA I 5 morti del 7 luglio 1960

Vi raccontiamo la vita e come morirono Lauro Farioli, Marino Serri, Ovidio Franchi, Emilio Reverberi e Afro Tondelli

Lauro Farioli, 22 anni, San Bartolomeo (RE), operaio, orfano di padre lascia la moglie e un figlio. Colpito a morte davanti la chiesa di San Francesco. Il primo a cadere è Lauro Farioli, colpito davanti alla chiesa di San Francesco. Lo chiamano “Modugno” perché somiglia al cantante di Nel blu dipinto di blu. Indossa pantaloni corti, una camicetta rossa e le ciabatte: ai primi spari si muove incredulo verso i poliziotti come per fermarli. Sono a cento metri da lui: gli sparano in pieno petto. Un testimone dice: “Ha fatto un passo o due, non di più, e subito è partita la raffica di mitra, io mi trovavo proprio alle sue spalle e l’ho visto voltarsi, girarsi su se stesso con tutto il sangue che gli usciva dalla bocca. Mi è caduto addosso con tutto il sangue”.

Marino Serri, 41 anni, Rondinara (Scandiano, RE), operaio, ex partigiano della 76a Brigata SAP, lascia la moglie e due figli. Nato in una famiglia contadina e montanara di Casina, sei fratelli, sin da bambino pascolava le pecore nelle campagne. Militare a 20 anni, era stato in Jugoslavia. Abitava a Rondinara di Scandiano, con la moglie Clotilde e i figli. Colpito a morte sul sagrato della chiesa di San Francesco Marino Serri, affacciato dall’angolo della chiesa di San Francesco verso le Poste, vede cadere Lauro Farioli. Accorre in suo soccorso. Ma è morto. Grida: “Vigliacchi, Assassini!”. È investito da una raffica. Un testimone dice: “Al per un coulabrod”.

La morte di Lauro Farioli

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Ovidio Franchi, 19 anni, da Gavassa (RE), perito tecnico, è la vittima più giovane, figlio di un operaio delle Officine Meccaniche Reggiane. Dopo la scuola di avviamento industriale, era entrato come apprendista in una piccola officina della zona. Nel frattempo, frequentava il biennio serale per conseguire l’attestato di disegnatore meccanico, che gli era stato appena recapitato. Colpito a morte sotto il portico del palazzo d’angolo tra Via Crispi e Via San Rocco. In piazza Cavour c’è Ovidio Franchi, gli sparano mentre sposta una staccionata di legno per far passare un’autoambulanza. Viene colpito da un proiettile all’addome. Cerca di tenersi su. Si aggrappa a una serranda. Un testimone dice: “Un altro, ferito lievemente, lo voleva aiutare, poi è arrivato uno in divisa e ha sparato a tutti e due”. Franchi è la vittima più giovane (classe 1941).

CINQUANT’ANNI SENZA GIUSTIZIA

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Emilio Reverberi, 39 anni, Reggio Emilia, operaio tornitore, ex partigiano, lascia la moglie e due figli. Licenziato perché comunista, nel 1951, dalle Officine Meccaniche Reggiane, dove era entrato all’età di 14 anni. Garibaldino nella 144a Brigata Garibaldi dislocata nella zona della Val d’Enza (commissario politico nel distaccamento “Amendola”). Nativo di Cavriago, abitava in Via Dante Zanichelli (RE), nelle case operaie oltre Crostolo. Colpito a morte sotto i portici dell’Isolato San Rocco. Emilio Reverberi, arriva al termine della galleria dell’Isolato San Rocco, davanti alla serranda del negozio di abbigliamento Zamboni. Si affaccia all’angolo per guardare in piazza Cavour (oggi Piazza Martiri del 7 luglio). Lo falcia una raffica di mitra. Si aggrappa alla serranda. Sulle maglie le impronte insanguinate delle sue mani. Un testimone dice: “Verso le ore 1717.30 mi stavo portando dal palazzo di Vetro [edificio tra Via Crispi e Via San Rocco] verso il negozio Zamboni [...] rimasi solo davanti al bar Cavour [...] vidi però molto bene che un poliziotto, arrivato di corsa, sparò una raffica a bruciapelo...”.

Il punto dove è deceduto Emilio Reverberi

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Il tiro che colpisce Afro Tondelli

Afro Tondelli, 36 anni il 14 luglio, di Due Maestà (RE), dipendente dell’ospedale Santa Maria Nuova, ex partigiano della 76a Sap (nome di battaglia Bobi), lascia la moglie. È il quinto di otto fratelli, in una famiglia contadina di Gavasseto. Segretario locale dell’Anpi. Colpito a morte all’interno dei Giardini pubblici. È la quinta vittima. Ore 16.45: esce dal lavoro (Arcispedale S. Maria Nuova) con alcuni amici. Percorre Via dell’Ospedale (oggi Via Dante Alighieri) verso Via Secchi. Arriva in via Nobili a fianco del Teatro Municipale. Sono in corso gli scontri. Deve raggiungere la parte opposta della piazza. Saluta gli amici. Aggira il teatro. Si trova all’interno dei Giardini pubblici (Parco del Popolo). Un agente di PS estrae la pistola. S’inginocchia. Prende la mira e spara su un bersaglio fermo. Tondelli viene trasportato con una Fiat 1100 nera al S. Maria Nuova. Ore 17.00 si registra il suo ingresso al pronto soccorso. Prima di spirare Tondelli dice: “Mi hanno voluto ammazzare, mi sparavano addosso come alla caccia”. (g.b.)


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DOVE ERI TU QUEL 7 LUGLIO 1960?

E’ la classica domanda che ci si sente rivolgere quando viene rievocato qualche evento particolare. Frequente, negli ultimi anni, tale domanda riferita all’11 settembre delle Tween Towers. Quasi a rispondere ad una simile domanda, con riferimento al 7 luglio Sessanta, ci è giunta agli inizi di giugno una lunga lettera da Catania di Francesco Lamantia, che nel Sessanta aveva 17 anni e si trovava a Scandiano, dove trascorreva le vacanze estive, come faceva da anni, nella casa del nonno e dello zio materni Rosario e Mariano Alessi, il primo iniziatore ed il secondo all’epoca titolare della ditta “Crocellà e Alessi” che a Scandiano produceva legni compensati. E’ una lettera appassionata, scritta con emozione da qualcuno che a mezzo secolo di distanza dai drammatici eventi sente erompere come lava dall’Etna un coacervo di ricordi. Siccome il testo consiste in sei cartelle fittamente manoscritte, contenente anche una serie di notizie – tutte comunque interessanti – riguardanti le vicende della famiglia siciliana degli Alessi, insediatasi a Scandiano fin da prima della seconda guerra mondiale, la riassumiamo riportandone quei passi più strettamente riguardanti la vicenda del luglio 1960. Quel 7 luglio 1960 negli uffici della Crocellà e Alessi giunse la tragica notizia dell’uccisione di Marino Serri, operaio in quello stabilimento. “Festeggiavamo il compleanno del nonno Rosario – scrive Francesco – a cena, intorno alle 20,30, improvvisamente irrompevano nella stanza, trafelati e tramortiti, i due sorveglianti di fabbrica – uno detto Fino e l’altro di cognome Gelardi – per comunicare la morte di Marino negli scontri avvenuti a Reggio con la polizia in occasione dello sciopero generale di solidarietà per i fatti di Genova. Mio zio, mio nonno e noi tutti fummo molto turbati per quanto ci veniva detto. Mio zio si alzò subito da tavola e andò vicino al cancello della fabbrica, forse per parlare con gli operai che nel frattempo si erano ammassati fuori, lasciando spontaneamente il lavoro. C’erano tre turni, si lavorava anche di notte. Io sentii la sirena delle dieci di sera: tutti uscirono ma nessuno entrò per il turno successivo. Lo zio Mariano era un liberale illuminato, per un verso, e conservatore per altri versi, specie in economia; laureato in Economia e Commercio, leggeva il “Sole veniquattr’ore”, il “Resto del Carlino”, “Il tiquattr’ore”, Corriere della Sera” e “l’Unità”, anche see quest’ultimo giornale non lo portava a casa. Ammirava Togliatti per gli articoli che

scriveva e di lui diceva che era un finissimo letterato ed un fine uomo politico, anche se non ne condivideva le idee [...]. Ritornando a quella tragica sera, il nome e l’immagine viva per me è quella dell’operaio Marino; lo ricordo con la sua canotta bianca mentre lavorava ed io facevo il giro della fabbrica con mio nonno Rosario, che mi spiegava il ciclo della lavorazione e controllava il ciclo di produzione degli operai. […] Il nonno si soffermava spesso a parlare con lui. […] Dovevo compiere 17 anni l’11 luglio e avevo finito la seconda Liceo classico. L’indomani dell’eccidio, cioè l’8 luglio, ci fu il tentativo di occupare la fabbrica da parte degli operai in lutto: la tensione era altissima, si palpava, i fischietti erano assordanti e si respirava un’aria piena di ansia e preoccupazione per quello che poteva succedere . Ci fu il tentativo di scavalcare la siepe che recintava l’abitazione dei miei zii e di mio nonno, casa che si trovava nel recinto della fabbrica.

Ricordo mio nonno con la pistola in mano che sparò dei colpi in aria, come difesa per noi tutti, e le sirene delle camionette della polizia arrivate subito. Per fortuna tutto rientrò e non ci fu nulla da temere”. Poi Francesco ha un ricordo dai contorni un po’ sfumati ma intenso, quello del funerale di Marino Serri. Infatti prima di venire tutti raccolti nel cimitero monumentale di Reggio, diversi dei caduti del 7 luglio, dopo la solenne cerimonia nella Piazza cittadina ora dedicata al loro ricordo, vennero inumati nelle località di provenienza. Per Marino Serri si trattò di Iano, frazione di Scandiano. Francesco scrive di ricordare un feretro ricoperto dalla bandiera rossa, passare davanti alla fabbrica della Crocellà e Alessi, dove Marino era stato operaio. “Vidi procedere le operaie con le velette nere in testa e gli operai coi fazzoletti rossi al collo, tutti incolonnati che si tenevano stretti a braccia, come si suol vedere nei cortei dei lavoratori in lotta. Al funerale partecipò anche l’impiegata amministrativa Carmen (non ricordo il cognome), attivista comunista, compagna del sorvegliante di fabbrica Gelardi. La vidi procedere abbracciata ad altre operaie. Il lunghissimo corteo funebre con le bandiere rosse del PCI e della CGIL listate a lutto, si fermò per qualche minuto davanti alla fabbrica: tutte le operaie e gli operai con il pugno chiuso alzato.

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7 luglio Il silenzio era assordante. Ogni momento, ogni istante di quella storia che stavo allora vivendo, mi parve terribile, come se l’ingiustizia della Storia calasse su di me come una mannaia. Oggi ne ho ancora viva la memoria con tutte le emozioni vissute. Fu la prova del sangue per la mia vita futura”.

Di come poi si sia sviluppata la sua vita, Francesco ci offre un sintetico riassunto in un’altra parte della sua lunga testimonianza: prima con i Radicali che si battevano per i diritti civili, poi una breve esperienza in Lotta continua, militanza nel PCI dal 1978 e nel PDS fino al 1996. Militanza politica ripresa nel 2009 con l’iscrizione al PD. Se travagliata, intermittente e comunque emblematica la militanza in partiti della sinistra, ininterrotto è stato per anni il suo impegno sindacale: dirigente provinciale a Catania e regionale a Palermo nella FISAC CGIL (Bancari, Assicurativi, Esattoriali). Dal 31.12.2008 è pensionato ed ha lasciato le cariche sindacali con l’ultimo Congresso della CGIL. Ringraziamo e salutiamo fraternamente Francesco Lamantia per il suo toccante ricordo del 7 luglio Sessanta e con lui l’amico avv. Claudio Longhitano, anima dell’ANPI di Catania, per essere stato il tramite tra Francesco e il “Notiziario” (a.z.).

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Francesco Lamantia oggi

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1 Piazza Prampolini, il gruppo “I Giardini di Mirò” (con le magliette a righe) (foto di Cinzia Bolognesi) 2 Parco del Popolo. La manifestazione commemorativa Fausto Amodei 3 Armando Cossutta 4 Moni Ovadia 5 Silvano Franchi 6 Il sindaco Graziano Delrio Nella pagina a fianco: 7 Teatro Ariosto, convegno Lavoro, Libertà e Democrazia”. Il tavolo della presidenza, da sinistra Tiziano Rinaldini, Carla Cantone, Maria Nella Casali, Mirto Bassoli, Marco Revelli, Aldo Tortorella, Roberto Natale. Al microfono Paolo Nori (foto di Glauco Bertani) 8 Inaugurazione mostra "12 [60] Racconto di un anno di svolta". Da sinistra Nado Rinaldi, Giacomo Notari, Graziano Delrio, Giovanni Catellani e i curatori della mostra Lorenzo Capitani e Attilio Marchesini (foto di Glauco Bertani) 9 Parco del Popolo Il pubblico 10 Parco del Popolo. La manifestazione commemorativa. Al microfono Sonia Masini (foto di Glauco Bertani) 5

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A 50 ANNI DAL 7 LUGLIO SESSANTA

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DI NUOVO COME ALLORA A RISCHIO LIBERTA'’ E DIRITTI Per i Morti di Reggio Emilia si attende ancora verità e giustizia Tutti gli oratori della intensa giornata con cui la nostra città ha solennemente commemorato il cinquantenario del 7 luglio Sessanta, a cominciare dal segretario della CGIL reggiana Mirto Bassoli, al sindaco Graziano Delrio, hanno sottolineato con forza che le manifestazioni popolari, in tutta Italia, del giugno luglio di cinquant’ anni or sono, avevano gli stessi obbiettivi che oggi si ripropongono con urgenza: difesa dei principi della Costituzione nata dalla Resistenza, principi messi in pericolo allora dal governo Tambroni sostenuto dai fascisti, oggi da una destra padroneggiata da un signore che intende governare dalle televisioni al suo ne isolate nelle loro case. servizio persone Di nuovo come

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allora il mondo del lavoro e dell’antifascismo, come ha con forza segnalato Armando Cossutta, vice presidente dell’ANPI nazionale, sono il baluardo a salvaguardia della democrazia repubblicana. Da tutti è anche emersa l’esigenza, sottolineata con accenti toccanti da Silvano Franchi a nome dei familiari dei cinque caduti sotto il piombo tambroniano, di ottenere verità su quell’eccidio, non per vendetta ma per giustizia. Le iniziative commemorative sono proseguite in serata in Piazza Prampolini con gli spettacoli di Fausto Amodei, Paolo Nori, Maurizio Maggiani, i Giardini di Mirò e altri.

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LIBERA

25 aprile

RICORDARE IL 25 APRILE Le studentesse Elisa Scarpa e Serena Tassone (al microfono) autrici della testimonianza sul viaggio della memoria ad Auschwitz

Il nostro vice presidente Frignoli porta il saluto dell’ANPI provinciale. Alla sua sinistra Gino Beer, Giovanna Quadreri, Roberto Trinelli

Belle e partecipate manifestazioni, anche in questo 2010, 65° della Liberazione e 60° del conferimento della medaglia d’oro al v.m. della Resistenza alla città di Reggio, in tutti i comuni della provincia. Nel capoluogo, in Piazza Martiri del 7 luglio, sul palco, accanto al sindaco Delrio e alle altre autorità, anche i tre partigiani Giovanna Quadreri, Roberto Trinelli e Gino Beer, che furono tra i protagonisti, nel marzo 1945, dell’assalto al comando nazista di Albinea. Oratore ufficiale il prof. Valerio Onida, presidente emerito della Corte costituzionale, che ha tenuto una efficace lezione sui valori e l’attualità della Costituzione repubblicana nata dalla Resistenza. “Ogni eventuale revisione – ha tra l’altro affermato Onida con trasparente riferimento ai tentativi di stravolgimento del testo costituzionale – non può non passare attraverso procedimenti e deci10 giugno-luglio 2010

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sioni non fondate sul semplice criterio di maggioranza […] ma solo in presenza di un atto solenne, che sia espressione sicura della maggioranza del popolo italiano […]. La Costituzione ha rappresentato fin dall’inizio, e per decenni, un potente fattore di unità del Paese. Evitiamo che si perda o si indebolisca questa funzione”. Toccante la testimonianza di due studentesse dell’Istituto Scaruffi-LeviTricolore (Elisa Scarpa e Serena Tassone, la quale ultima l’ha letta dal palco) sulla loro partecipazione al viaggio della Memoria al campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau. “L’ultimo giorno – ha letto Serena commovendo il folto pubblico – davanti al vagone posto all’entrata del campo, abbiamo dato voce all’amarezza e al dolore. Abbiamo letto i nostri pensieri, cantato e, indirettamente, ci siamo posti un

L’omaggio al Monumento della Resistenza. Al centro il Prefetto Antonella De Miro, il Sindaco Delrio, l’Assessore provinciale Roberto Ferrari, il prof. Valerio Onida

La rappresentanza dell’ANPI durante il lungo corteo che ha percorso le vie cittadine

giuramento di lotta pacifica contro ogni forma di razzismo, discriminazione e violenza. Essere venuti a contatto con una realtà storica come questa, ci ha permessi di maturare, di crescere e siamo decisi a non dimenticare”.(a.z.)


ZIONE

25 aprile

25 Aprile di Liberazione Una giornata di Resistenza al Museo Cervi

Foto di Sara Lorenzoni

La Festa della Liberazione al Museo Cervi ha un valore aggiunto, quello di riaffermarsi antifascisti in un “luogo di memoria” e per questo tanta gente, sempre di più, sceglie di trascorrervi il proprio 25 aprile. Tanti gli ospiti, che hanno voluto portare il loro saluto in questa terra simbolo della Resistenza. Michele Santoro, Paola Turci, Palo Nori, Davide Benati e l’Orchestra L’Usignolo, Mauro Sarzi, don Andrea Gallo e il gruppo Comunità di San Benedetto al Porto, i Kinnara, Bobo Rondelli, Giglio Mazzi Alì partigiano combattente. Ma sorprendente, come ogni anno, è il pubblico. Circa 15.000 persone – giovani, famiglie, partigiani – per i quali la Festa della Liberazione non è una semplice giornata di vacanza, ma un simbolo di quei valori di civiltà incarnati dall’antifascismo. Il Museo Cervi è sempre più, non solo luogo di conoscenza e studio della Resistenza, ma punto di aggregazione per quanti si riconoscono nella cultura antifascista. La giornata di festa e memoria è stata organizzata dall’Istituto “Alcide Cervi”, Comitato25, ARCI Nazionale, ANPI, Provincia di Reggio Emilia e resa possibile grazie ai tanti volontari del territorio (g.b.)

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25 aprile L’amore per l’ambiente montano, la passione politica e l’attaccamento alla fami glia presentato il libro di Giacomo Notari, Hai un cuore forte, puoi correre, Consulta, 2010

Antonio Zambonelli, Carlo Pellacani, Giacomo Notari e Rossella Cantoni, presidente Istituto Cervi (foto di Marina Notari)

Un momento della serata (foto di Angelo Bariani)

Hai un cuore forte, puoi correre è il titolo dell’autobiografia di Giacomo Notari, partigiano montanaro e presidente dell’ANPI reggiana, presentata mercoledì 21 aprile al Fuori Orario di Taneto in una cena-incontro con concerto di Mara Redeghieri, ex voce degli Üstmamo che, affiancata dalla sua banda di montagna, ha proposto canzoni popolari anarco-sindacaliste. Il libro è stato presentato da Antonio Zambonelli e da Carlo Pellacani, vice presidente Istoreco ed editore del volume. Il menù è stato rigorosamente “partigiano” a base di paneda col bròd, poleinta col sug e zabaiòn. Giacomo Notari ha affidato a queste pagine la storia della sua vita caratterizzata dal periodo bellico e poi dalla ricostruzione politica e civile della provincia reggiana.

Il giorno della Liberazione a Cadelbosco Sopra

Nella foto, al centro, Artemio Bonini Libero con il sindaco di Cadelbosco Sopra Silvana Cavalchi e il dirigente dell’ANPI provinciale Orio Vergalli, in occasione del 25 aprile 2010 a Cadelbosco, mentre la targa di riconoscimento dell’impegno dato all’ANPI dal 1975-2009. Dietro il gonfalone del Comune, sulla destra, Annita Malavasi Laila

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W il 25 Aprile

C

ome tutti gli anni, anche quest’anno, come nel 1945, in piazza della Libertà, è stata festa grande, la piazza era gremita di gente, di 25 aprile 2010 giovani e vecchi, cantavano, s’abbracciavano. Non mancava il medagliere completo di medaglie d’oro, che ognuna rappresentava un martire della Resistenza. Vi era pure la banda musicale che intonava inni partigiani. In mezzo a tanta confusione, mi sono sentita orgogliosa portando al petto la medaglia di mio padre, Paolo, al valor militare. Mi sentivo viva più che mai: anche i morti eran tornati vivi. Non son mancati gli applausi ai discorsi fatti dai parlamentari, tra i quali una giovane ragazza. Io sono stata accompagnata dalla mia giovane adorata nipote Giulia. Ha mostrato pure lei felicità per vedere che non c’erano solo quelli con i capelli bianchi, ma vi erano anche giovani come lei. In quest’atmosfera si sentiva che il 25 aprile non sarà mai dimenticato. Sarà la festa più bella dell’anno. Viva, viva la Resistenza; viva, viva il 25 Aprile.

Paola Davoli


25 aprile Boretto, un 25 Aprile significativo

A Boretto per la ricorrenza del 25 Aprile si sono svolte diverse iniziative: la riedizione del libro, arricchito con più foto e didascalie, sulla vita del Partigiano Felice Montanari Nero, curata dai proff. Nando Bacchi e Galliano Cagnolati, presentato il 23 aprile presso la sala del Consiglio comunale davanti agli Amministratori di Canneto sull’Oglio (paese natio di Montanari) e di Boretto, ai familiari del Nero, alle delegazioni ANPI di Poviglio, Castelnuovo Sotto, Suzzara e a un folto pubblico.

NESSUNA CONQUISTA E' PER SEMPRE..

Il 24 aprile si è svolta in teatro la proiezione del film L’uomo che verrà, mentre la mattina del 25 Aprile si è aperta con il suono della Banda in piazza, alla presenza di un gruppo di ragazzi e ragazze delle scuole medie, delle autorità civili, militari e religiose. Una delegazione, poi, ha portato i garofani rossi al Casello 23, luogo del sacrificio del Partigiano Nero, al cippo di Fulgenzio Zani, massacrato dalle camicie nere nel 1923, e al cimitero presso il Sacrario dei Caduti. Il corteo ha poi sfilato dalla piazza di Boretto lungo le vie del paese sino al monumento ai Caduti, dove la cerimonia ha raggiunto il punto

più emozionante con la lettura di diversi brani dei ragazzi delle scuole, coadiuvati dal valido lavoro delle loro professoresse. Dopo il discorso ufficiale del sindaco Massimo Gazza si è proceduto alla consegna del libro di Felice Montanari ai ragazzi, accompagnato da un garofano rosso simbolo del sacrificio del Nero e dei tanti partigiani caduti per la libertà. L’ANPI seguiterà a chiedere ai giovani di aderire all’Associazione per rafforzare sempre più la lotta in difesa della democrazia e della libertà, costantemente minacciate. “Nessuna conquista è per sempre”. Adriana Zoboletti

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politica

Primo maggio

Entusiasmo, voglia di fare memoria e rilanciare a gran voce sui diritti, lavoro, democrazia, ma anche tanta, tanta festa a Portella della Ginestra il primo maggio 2010. Moltissimi i giovani che da tutta Italia sono giunti rispondendo all’appello dell’ANPI e CGIL per una grande manifestazione dove per la prima volta la lotta alla mafia e le istanze contadine si sono incontrate con l’antifascismo.

Folta la rappresentanza dell’ANPI: erano presenti con i loro medaglieri, e anche bandiere e striscioni, i comitati provinciali di Trieste, Padova, Milano, Monza, Modena, Reggio Emilia, Parma; Bologna, Rimini, Ravenna, Firenze, Viareggio, Prato, Pistoia, Livorno, Grosseto, Latina, Salerno, Napoli, Catania, Palermo molte anche le sezioni, tra queste anche quella di Bruxelles. Dopo il lungo corteo

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che si è snodato per le vie di Piana degli Albanesi, hanno preso la parola a Portella il segretario della Camera del lavoro di Palermo, Maurizio Calà, un’appassionata e commossa Kikki Ferrara, segretaria della CGIL di Piana degli Albanesi, Raimondo Ricci presidente nazionale dell’ANPI e Susanna Camusso per la segretario nazionale CGIL, infine Ottavio Terranova, presidente dell’ANPI di Palermo che ha ringraziato quanti hanno voluto aderire all’iniziativa in particolare don Luigi Ciotti, Paolo Beni, Andrea Camilleri, Giuseppe Tornatore, Bice Biagi, Maria Falcone, Nichi Vendola e Pierluigi Bersani. Era il Primo Maggio 1947 nei pressi della Piana degli Albanesi, vicino a Palermo, durante la festa del lavoro: alcuni banditi spararono sulla folla uccidendo dodici persone e ferendone più di trenta. In quell’occasione si compì la strage di Portella della Ginestra, per molti, il primo grande mistero dell’Italia repubblicana. Primo maggio 2010 Piana degli Albane-

si... l’ANPI si trova accanto ai lavoratori siciliani, donne, uomini, ai partiti, al sindacato, alle associazioni, ai movimenti. “Il segno, il simbolo di un impegno comune – dice Ottavio Terranova – la memoria diffusa del sacrificio più alto, la libertà, il lavoro, la dignità. E’ il loro domani. Per un’Italia migliore. Delle radici: RESISTENZA, COSTITUZIONE, DEMOCRAZIA”. Che cosa riporta a casa la delegazione dell’ANPI di Reggio Emilia? Un bagaglio di ricordi, di emozioni e di sensazioni intense, vere, durature. Parla con il cuore Ottavio Terranova segretario dell’ANPI di Palermo, ma poi prende la parola Kikki Ferrara, segretaria della Camera del lavoro di Piana degli Albanesi, emozionante ed emozionata, parla della difficoltà del trovare lavoro, ma incita al risveglio, “perché e solo nel rispetto del lavoro che un popolo riacquisisce dignità e consapevolezza delle sue forze”. Ho portato con orgoglio, la bandiera dell’ANPI di Reggio Emilia, con al centro il volto di Papà Cervi e mentre camminavo per le strade di Piana degli Albanesi,


o 2010

politica

Entusiasmo, voglia di “fare” memoria e di rilanciare a gran voce diritti, lavoro, democrazia... L’ANPI e la CGIL a Portella della Ginestra avvolto dall’affetto delle persone, ho capito che l’Italia non è dove sei nato, è ovunque. Ed è questo valore, che voglio condividere con voi, recuperare insieme la battaglia sul “senso comune”. Solo attraverso valori comuni possiamo sperare in una Sicilia, in un’Italia, in un’Europa migliore. La macchina del tempo, che attraverso i nostri sogni, ci proietta nel futuro, ci permette di sperare che gli sguardi dei giovani Sicilia-

ni siano gli occhi di un futuro migliore fatto di dignità e di pace. Voglio concludere, questa mia breve riflessione, soffermandomi sulla breve sosta fatta a Cinisi davanti alla casa di Peppino Impastato, un ragazzo che morì perché provò a fare 100 passi, tutti insieme, di corsa per avvicinare rapidamente la sua terra alla democrazia, e la mafia, per questo, lo uccise brutalmente, amaramente, senza pietà. Ma da questo atto

eroico, la Sicilia si è risvegliata, ed un passo alla volta, vincendo giorno dopo giorno, passo dopo passo, la battaglia della democrazia contro la mafia. E’ cosi vicino al sasso di Barbato, in quella terra cosi bella e al tempo stesso amara, ho capito, tutti noi abbiamo capito che la libertà non indietreggia, la dignità, un passo alla volta darà speranza alla democrazia. Alessandro Frignoli

GIOVANI.CON

L’Italia “non è un Paese per giovani…”? Il 10, 11 e 12 settembre a Novellara, Correggio e Boretto si svolgerà il terzo festival Uguali_Diversi, dedicato ai giovani (www.ugualidiversi.org) Il terzo festival Uguali_Diversi, dedicato ai giovani si svolgerà dal 10 al 12 settembre tra Novellara, Correggio e Boretto e offrirà un’occasione per analizzare la condizione attuale e le prospettive future dei giovani. Si presterà attenzione sia ai fenomeni culturali, mentali e di percezione, sia ai dati che concretamente condizionano la vita quotidiana e i progetti delle nuove generazioni: la scuola e l’università, il mercato delle abitazioni, il mondo del lavoro, il sistema pensionistico e la crescita del debito pubblico. Si tratta di fattori che, insieme alla tutela dell’ecosistema, determinano i rapporti e le responsabilità tra le generazioni. Verrà affrontato anche il tema delle seconde generazioni, di estrema attualità in paesi come Novellara, Correggio e Boretto, dove si sta assistendo alla concreta presenza sullo scenario cittadino di giovani nati in nazioni diverse, ma pienamente convinti di diventare protagonisti della vita sociale locale.

Perché un festival dedicato ai giovani? “Perché i giovani – risponde il coordinatore del progetto Brunetto Salvarani – sono troppo spesso tagliati fuori dalla società e non riconosciuti nella loro capacità e responsabilità. Perché i giovani stanno male e, come sostiene Umberto Galimberti, non per motivi psicologici ma culturali. Perché i giovani oggi e per la prima volta nella storia, vedono nel futuro non una promessa ma una minaccia. Perché i giovani costituiscono il gruppo sociale che sta pagando il prezzo più alto ai profondi cambiamenti intervenuti in questi ultimi vent’anni e ora stanno pagando il prezzo più alto della crisi. “E’ vitale perciò, in questo momento storico – prosegue Salvarani – creare forti stimoli culturali che attivino riflessioni e percorsi sui temi chiave del dibattito pubblico. Ecco il senso che vogliamo a dare alla terza edizione del Festival Uguali_Diversi che, dopo l’anno europeo del dialogo interculturale (2008) e un’analisi sulla

crisi (2009), è un appuntamento culturale importante non solo per la nostra provincia, ma che desta un notevole interesse su scala nazionale”. Il comitato scientifico, composto dai professori Paolo Branca, Gabriella Caramore, Alberto Melloni, Salvatore Natoli e Luciano Manicardi con il coordinamento di Brunetto Salvarani, ha definito un programma che, attraverso lezioni magistrali, laboratori creativi, mostre, concerti musicali, giochi, una rassegna cinematografica e svariati concorsi sia in grado di sviluppare l’argomento attraverso cinque parole chiave: passioni, Europa, lavoro, tribù e new media.

Per informazioni ci si può rivolgere al Comune di Novellara telefonando al n. 0522-655454

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politica “Ho visto ragazzi con gli occhi lucidi ascoltare le testimonianze di persone come Rosanna Scopelliti (figlia del giudice ucciso) o Piera Aiello (la testimone di giustizia che collaborò con Borsellino e che vive protetta dopo aver cambiato identità)...” Intervista a Mauro Ponzi presidente del Consorzio di solidarietà sociale Oscar Romero di Reggio Emilia

Mauro Ponzi, reggiano, 57 anni, lavora dal 1976 nel campo sociale, prima in una Pubblica amministrazione e dal 1989 nella cooperazione sociale, è presidente del Consorzio di solidarietà sociale Oscar Romero di Reggio Emilia, del quale è stato co-fondatore 20 anni fa, e ricopre importanti incarichi a livello nazionale per Confcoooperative. 16 giugno-luglio 2010

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Le mafie a Reggio Emilia Mafie a Reggio Emilia. Le istituzioni dicono al mondo economico: “Non state zitti., fidatevi di noi e parlate perché noi siamo in prima linea”. Dovrebbe? Secondo lei, dalle informazioni che possiede, fino a che punto anche il tessuto sociale, culturale e morale reggiano è intaccato dalla criminalità organizzata di “stampo mafioso”? Il discorso è abbastanza complesso: per molti anni Reggio Emilia è vissuta nel convincimento che qui da noi le mafie non avrebbero avuto un grande successo perché i naturali anticorpi del nostro tessuto sociale (politica, istituzioni, cooperazione, imprenditori onesti, cittadini) avrebbero costituito una sufficiente barriera contro il diffondersi della criminalità organizzata. Questo convincimento, suffragato anche da “esperti” cui sono state commissionate ricerche (ben pagate) dalla Pubblica Amministrazione, è durato fino a pochissimo tempo fa, nonostante avessimo assistito sul nostro territorio a episodi violenti di chiaro stampo mafioso, come ad esempio il bar Pendolino saltato per aria, tuttavia ci si è cullati in questi convincimenti (si tratta di episodi isolati) perché legati allo stereotipo del mafioso con lupara e coppola che va in giro a chiedere il pizzo. Il problema della criminalità organizzata, oggi, assume ben altre connotazioni: la mafia si garantisce la ricchezza controllando il narcotraffico e lo spaccio di cocaina e il suo problema è quello di fare investimenti, giustificare la ricchezza, in poche parole riciclare il denaro sporco: e per fare questo le piazze migliori sono quelle dove l’economia è più sviluppata come in Emilia Romagna. E per riciclare denaro occorrono opportuni agganci con imprese, professionisti, con quella cosiddetta mafia dei colletti bianchi. Per fare affari la ‘ndran-

gheta ha bisogno di radicamento territoriale. Oggi a Reggio siamo in questa situazione. Fortunatamente le Istituzioni hanno capito il quadro e sono ancora in tempo a stringere le maglie, se fanno quadrato. Ed è questo che stiamo osservando oggi e sul quale occorre prestare attenzione: le istituzioni insieme, evitando inefficaci narcisismi e atteggiamenti da primi della classe, le organizzazioni imprenditoriali e le associazioni di cittadini hanno iniziato a lavorare insieme, ciascuno secondo le proprie competenze, per combattere il problema, poiché è finito il tempo di accontentarsi di leggere rapporti di tipo sociologico desunti da processi passati in giudicato più di dieci anni fa. Già da anni, dalla grande quantità di cemento colato in città e provincia mi domandavo, senza prove ovviamente, ma diciamo a buon senso: ma qui non c’è puzza di mafia, ‘ndrangheta camorra di mafie? E adesso di colpo è tutta una denuncia. Che cosa è successo? Perché l’allarme lanciato da Bini, presidente della Camera di Commercio, qualche tempo fa è stato raccolto solo adesso. .L’osservazione è corretta: sicuramente l’edilizia è stato uno dei primi settori di investimento, perché è anche uno dei più semplici per riciclare denaro sporco: pagamenti di aree edificabili anche in nero, e qui i reggiani che hanno venduto terreni con questa modalità per “risparmiare” tasse non hanno reso un grande servizio alla collettività (hanno di fatto reso un servizio alla mafia) poiché l’imprenditore onesto non dispone di denaro sporco; sempre nell’edilizia la prassi del lavoratore in nero era (e pare lo sia ancora) piuttosto diffusa e anche questo è un modo per riciclare. Il problema sollevato da Bini è un altro: la mafia


Presidio contro la sanguinosa

politica

è sempre attratta dal grande business e il trasporto di materiali da costruzione, soprattutto legati alla realizzazione di grandi opere, è per la mafia un’opportunità. Bini ha assistito a concorrenti che praticavano prezzi “impossibili” per le nostre imprese e si è fatto delle domande ed ha continuato tenacemente a lottare per denunciare e tenere in evidenza il fatto. Lei in un comunicato afferma: “Vorrei chiedere ai costruttori calabresi dov’erano durante la manifestazione antimafia del primo marzo [una giornata di mobilitazione nord-sud contro al criminalità organizzata]...”. Secondo lei dov’erano? Esiste una comunità calabrese reggiana fatta di persone oneste e laboriose, nella quale tuttavia persiste un atteggiamento culturale di fondo che è quello del “non impicciarsi” e sicuramente questo non aiuta. Certo che una presa di posizione netta e attiva di questa comunità nella lotta contro le mafie sarebbe un segnale positivo che anche qui, come in Calabria, qualcosa si sta muovendo in questa direzione. Anche l’ANPI sta combattendo le mafie, una lotta paragonata ad una nuova resistenza. E’ stata tra i promotori della manifestazione del 1° marzo e il 1° maggio, insieme alla CGIL, è andata a Portella della Ginestra, in Sicilia. Lei che è un educatore, da dove si dovrebbe cominciare per combattere le mafie? Con il Consorzio Romero, raccogliendo un suggerimento e un esempio che ci è stato dato dal procuratore antimafia Nicola Gratteri, lavoriamo nelle scuole, con i trienni delle scuole superiori. E’ un lavoro che va compiuto con professionalità e continuità, non può essere lasciato a improvvisati “fai da te” che rischiano di essere controproducenti. Ho visto ragazzi con gli occhi lucidi ascoltare le testimonianze di persone come Rosanna Scopelliti (figlia del giudice ucciso) o Piera Aiello (la testimone di giustizia che collaborò con Borsellino e che vive protetta dopo aver cambiato identità), e poi accompagnati in percorsi di approfondimento. Questo è un terreno fertile, i ragazzi ci seguono, e abbiamo scelto questo campo: ma è importante affrontare il problema da più angolature, si aumentano le probabilità di successo. a cura di Glauco Bertani

aggressione ai pacifisti che portavano aiuti a Gaza Mercoledì 1 giugno si è tenuto in Piazza Prampolini, a Reggio, il presidio di solidarietà verso il popolo palestinese e di protesta contro il governo israeliano colpevole della sanguinosa aggressione in acque internazionali contro pacifisti di varie nazionalità che con un convoglio umanitario si dirigevano verso Gaza. La manifestazione era stata convocata con un appello sottoscritto da CGIL, CISL, UIL, ARCI, ACLI, Pax Cristi, Libera, Emergency, ANPI, PD, SEL, Rifondazione comunista, appello nel quale si leggeva fra l’altro: “Non è più possibile rimanere inerti di fronte al continuo aggravarsi del dramma della popolazione di Gaza […]. E’ necessario che la comunità internazionale, se non vuol essere complice di una tragedia senza fine, agisca subito in modo finalmente determinato ed efficace…”. Ha presieduto e aperto la manifestazione Margherita Salvioli. Don Eugenio Morlini, ha se-

gnalato la necessità di una mobilitazione permanente che partendo dalla condanna del tragico evento miri alla cessazione del blocco che strangola la popolazione della striscia di Gaza e ad una prospettiva di pacificazione. Concetti che sono strati ripresi e ribaditi da quanti si sono succeduti al microfono: Mirto Bassoli (CGIL) e rappresentato di Pace e Lavoro e ARCI. Ha concluso il nostro Notari ricordando come l’ANPI, nata a Roma mentre al Nord ancora si combatteva per la libertà, sia a sempre al fianco dei popoli oppressi in ogni parte del mondo, e come in particolare sia da tempo a fianco dei palestinesi, fino alla raccolta di fondi serviti a costruire nel villaggio di Seilat una scuola che verrà appena possibile inaugurata e dedicata al nome di Giuseppe Carretti. Presenti tra il pubblico anche il sindaco Delrio, la presidente della Provincia Masini, l’on. Maino Marchi.

Un aspetto della piazza durante il presidio Sul palco degli oratori. Da sinistra, tra gli altri: Margherita Salvioli, segretaria provinciale CISL, don Eugenio Morlini, di Pax Cristi, Mirto Bassoli, della CGIL e Giacomo Notari (foto di Antonio Zambonelli)

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politica

Adro ed altro

Santuario Madonna della neve di Adro “Mi chiedo quindi perché tanto silenzio di fronte a tanta ingiustizia. Mi chiedo dove sono gli uomini e le donne che hanno costruito il nostro paese. Quegli stessi uomini, e quelle stesse donne che hanno attraversato guerre e miserie, che hanno reagito ad una dittatura, a leggi crudeli, che non si sono arresi. Mi chiedo il perché del silenzio di un’Italia, fatta di operai e di contadini, di imprenditori e di intellettuali...”

Montecchio Maggiore (Vicenza). Nove bimbi si siedono al tavolo della mensa scolastica e – tra lo sconcerto degli insegnanti, e dei bambini stessi – si trovano nel piatto solo una pagnotta di pane. Le famiglie dei nove bambini non hanno pagato la mensa, e l’amministrazione comunale (guidata da un Sindaco donna leghista) ha deciso di dare una lezione a chi “fa il furbo”. Verona. Al termine delle lezioni gli insegnanti accompagnano i piccoli allo scuolabus, ma a due bambine viene impedito di salire: i genitori non hanno pagato la retta del trasporto e l’autista è irremovibile: “sto agendo su mandato del comune” si difende, e c’è da credergli. Mandato emesso da un’amministrazione leghista. Adro (Brescia). Altra scena, stessi protagonisti. Anche in questo caso alcune famiglie, che hanno i bambini a scuola, non hanno pagato la retta della mensa. L’amministrazione comunale, leghista, decide che i figli dei genitori morosi debbano essere esclusi dalla mensa scolastica. E, anche in questo caso, detto, fatto! Quest’ultimo paese, però, sale agli onori delle cronache nazionali perché, tra i suoi cittadini, c’è un imprenditore (con l’ingenuità di aver fatto un gesto di buon senso) che ha saldato i debiti con l’amministrazione comunale pagando la mensa per i mesi passati e fino alla conclusione dell’anno scolastico. E in un paese normale popolato da gente normale, la prima cosa, e la più ovvia, sarebbe stata quella di ringraziarlo. Invece, no! Contro di lui un intero paese, fatto di mamme e di papà che hanno dimenticato cos’è la solidarietà e la fratellanza. Quelle stesse mamme e quegli stessi papà, che non vogliono sentir parlare di razzismo, ma considerano

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l’ordinanza comunale semplicemente una lezione per “punire i furbi”! Violenza, io, invece la definirei una lezione di violenza. Violenza verso i bambini, che, in quanto bambini, sono indifesi. Vero che i loro genitori sono morosi, ed è vero che il rispetto delle regole deve valere per tutti, ma vero anche che questa crisi ha colpito più duramente gli ultimi. Violenza nei confronti dell’imprenditore: l’assegno era accompagnato da una lettera, semplice, molto bella: niente clamore, era riportato solo il perché del suo gesto (“saranno quelli che ci verranno a cambiare il pannolone alla casa di riposo…sono certo che almeno uno di questi bambini diventerà docente universitario o medico o imprenditore o infermiere e il suo solo rispetto varrà la spesa…”). Questo imprenditore, elettore del “partito dell’amore”, ha scatenato inconsapevolmente l’odio delle mamme di Adro che con i loro visi incattiviti dall’egoismo, hanno urlato che “se ha pagato per gli altri bambini, deve pagare anche per i nostri figli”. E infine violenza nei confronti di un gesto di solidarietà che all’improvviso è diventato pericolosa sovversione. La violenza, in quanto violenza, ha dei mandanti, degli esecutori e dei colpevoli. I colpevoli. Amministratori locali prepotenti e arroganti, che agiscono forti del loro consenso elettorale, che usano i loro poteri decisionali solo per una parte di popolazione dimenticandosi volutamente del loro ruolo amministrativo.Gli esecutori. In questo caso le mamme ed i papà. Persone solo più fortunate di altre. Persone perbene che danno lezioni di vita, così onesti e così ligi alla morale che si elevano a paladini della giustizia, senza capire di essere

pedine usate in una guerra fra poveri. E in questa guerra dove i penultimi fanno la guerra agli ultimi, chi vince sono solo i mandanti. Una classe politica, a livello nazionale, che alimenta i conflitti sociali, le paure, e le insicurezze dei cittadini. Una classe politica incapace di governare, incapace di affrontare una crisi lunga e pesantissima, capace solo di urlare i propri slogan demagogici per coprire i propri fallimenti. “Non è grave il clamore chiassoso dei violenti, bensì il silenzio spaventoso delle persone oneste”, diceva Martin Luther King. Mi chiedo quindi perché tanto silenzio di fronte a tanta ingiustizia. Mi chiedo dove sono gli uomini e le donne che hanno costruito il nostro paese. Quegli stessi uomini, e quelle stesse donne che hanno attraversato guerre e miserie, che hanno reagito ad una dittatura, a leggi crudeli, che non si sono arresi. Mi chiedo il perché del silenzio di un’Italia, fatta di operai e di contadini, di imprenditori e di intellettuali, che mai si è sognata di rifiutare pane e ospitalità a chi ne aveva bisogno. Mi chiedo perché l’ignoranza e l’egoismo debbano prevalere sulla cultura della solidarietà e della tolleranza, quella stessa solidarietà e tolleranza che gli italiani andavano a cercare anni addietro all’estero. Mi chiedo dov’è finita l’Italia normale. Mi chiedo il perché del silenzio della Chiesa. Quella che predica la parola di Gesù. Quella che deve difendere i più deboli. Quella che però non ho visto al fianco degli ultimi e al fianco di chi si è opposto a tanta ingiustizia. Quella che difende la vita, e asseconda una classe politica che promulga leggi di chiaro stampo razzista. Mi chiedo se è questo ciò che vogliono veramente gli italiani? Anna Fava


A scuola di Pace

politica

Presso il Circolo Pigal si è tenuto un interessantissimo seminario il 14 maggio 2010 in appoggio alla Marcia della Pace Perugia-Assisi del 16 maggio 2010

L’intervento di apertura di Anna Salsi, ANPI provinciale Per conquistarsi la pace, i partigiani hanno dovuto combattere contro i nazifascisti una guerra che era già in atto, ma che si rivelò necessaria perché tutti noi ora possiamo vivere in pace. Hanno dato la loro giovinezza, in molti casi la vita, per un futuro migliore, per conquistarsi la democrazia e per la solidarietà. E sono ben 620 i giovani e le ragazze ricordati nel mausoleo di fianco al Teatro Muncipale, sacrario che meriterebbe un migliore collegamento con la piazza. L’ANPI, consapevole di ciò che ha comportato la guerra in distruzione, morte, odio e miseria, è l’organizzazione a rete in tutta Italia più decisa nella difesa della pace, proprio per le tragedie che i nostri genitori hanno vissuto. Don Dossetti ha voluto fortemente l’Art. 11 della Costituzione, lui che lo avrebbe maggiormente articolato, comprendendo anche il diritto di Resistenza nel futuro, contro

eventuali forme dittatoriali. L’ANPI da anni partecipa alla Marcia della Pace ed in tutte le iniziative che fortificano il pacifismo; è sempre stata all’avanguardia con folte rappresentanze reggiane munite di striscioni, cartelli e bandiere. Giacomo Notari propose proprio qualche anno fa in una di quelle marce con don Alex Zanotelli, di esibire in ogni casa la bandiera della pace, cosa che dilagò con grande entusiasmo di spontaneità e voglia di appartenenza della gente. Il 1° maggio 2010 abbiamo fatto una grande manifestazione Nazionale con delegazioni da tutto il paese contro le mafie a Portella delle Ginestre, con don Ciotti. Oggi lo statuto dell’ANPI ha aperto l’iscrizione a tutti gli antifascisti, ai giovani, a coloro che portano l’eredità dei partigiani. Le iniziative che vengono intraprese sono in primo piano la valorizzazione, lo studio, la ricerca storica della RESISTENZA,

dell’ANTIFASCISMO, contro la restaurazione dell’ingiustizia, il negazionismo di ciò che comportò la lotta di Liberazione, per affermare i diritti universali. La nostra città negli anni 80 ha vissuto la più straordinaria iniziativa di pace e di solidarietà internazionale verso l’Africa Australe, il Mozambico e la Palestina. Proprio in questi giorni una nostra delegazione ha portato un contributo in denaro per gli ultimi ritocchi alla scuola materna intitolata al nostro ex presidente Carretti, che verrà presto inaugurata. I nostri strumenti sono di carattere culturale culturale e politico, con libri, iniziative, il nostro notiziario molto apprezzato. Abbiamo il compito di mantenere vive le nostre radici e di trasmettere questa memoria, questi valori, alle giovani generazioni, perché sia allontanata ogni velleità e sia salvaguardata la pace, la coesistenza, la democrazia.

ha lasciato un segno della sollevazione popolare contro la Nato, le spese militari, il dialogo tra il PCI e i pacifisti cattolici. Don Eugenio Morlini di San Bartolomeo, che ha fatto una lunga esperienza in Brasile, ha evocato le figure di don Mazzolari e di don Milani, dei sei preti-operai della nostra provincia, ha parlato dell’esperianza nella Comunità La Collina, che ha prodotto una catalogo di circa 2.000 libri sulla pace ed ha costituito il punto di riferimento di Reggio Sociale Forum. Per contrastare la raccolta di risorse fiscali governative a favore del riarmo, in passato sono stati organizzati i picchetti in Piazza Duomo a Reggio, grazie ad una baracca in lamiera fornita dall’ANPI, per ripararsi giorno e notte dai rigori dell’inverno. Lo storico Antonio Canovi ha in sintesi ricordato l’inpegno costante dell’ANPI per il Movimento per la Pace, l’obiezione di coscienza, la forte rappresentanza culturale di una nuova generazione emergente, la solidarietà con la Palestina ed i movimenti di liberazione nazionali.

Il filone della Pace rappresenta un patrimonio della nostra società e necessita l’impegno di tutte le variopinte formazioni politiche per alimentarsi e portare sempre più giovani all’impegno per una società migliore. Anna Salsi

Il dibattito Il seminario si è snocciolato alla presenza del sindaco Graziano Del Rio, (che ha ripercorso la sua esperienza giovanile nel movimento che allora era animato da La Pira) e dell’assessore alla Cultura Giovanni Catellani, si sono riuniti tutti i movimenti pacifisti che hanno animato, per quasi 50 anni, il variopinto movimento per la pace e che hanno fatto della marcia Perugia-Assisi, un costante punto di riferimento. Pasquale Pugliese della Scuola di Pace ha introdotto tutti i rappresentanti dei Movimenti reggiani per fare una ricognizione delle attività che hanno animato dagli anni ’60 la cultura della pace. Gianfranco Aldrovandi del Collettivo Non Violenza della bassa reggiana ha evocato la paura della bomba H negli anni ’60-70, la rottura dei blocchi, la legge truffa, la riconversione dell’industria bellica, il 7 luglio, le grandi mobilitazioni della FGCI, il libro di Carretti-ANPI “Educarsi alla Pace”. Saverio Morselli ha ricordato il CENDIP, il Centro Documentazione per la Pace che

18.05.2010 - Come sempre anche l’ANPI di Reggio Emilia alla marcia per la pace Perugia-Assisi

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estero

TURCHIA La nuova strategia politica di Ankara dopo la schiacciante vittoria del Partito della giustizia e dello sviluppo (AKP) nelle elezioni amministrative del 2002, si poggia sui principi del “Nessun problema con i vicini” e del “potere morbido”.

Il primo ministro della Turchia, Tayyip Erdogan

Ahmed Davutoglu professore universitario senza particolari mandati elettivi, è l’architetto delle nuova politica e dal 2009 svolge le funzioni di capo delle diplomazia, attuando personalmente operazioni diplomatiche, strettamente collegate con l’idea di una politica innovatrice per la Turchia. Si possono annoverare tra le sue iniziative diplomatiche 61 accordi sottoscritti con la Siria, 48 con l’Iraq, la soppressione dei visti per otto Paesi vicini, la risoluzione del problema della presidenza del Libano, gli accordi con la Siria, i due protocolli firmati con l’Armenia. Da ricordare ancora i molti suoi tentativi di mediazione tra Israele e i palestinesi falliti, peraltro, poiché, come afferma Davutoglu “una trattativa di pace può essere efficace se esiste una volontà di pace. Quando Israele mostrerà di volere la pace, noi saremo pronti a mediare...”. La politica portata avanti dalla diplomazia turca viene attuata in un momento particolarmente delicato, in cui il potere rimanda l’esercito nelle caserme, dopo l’adozione di una legge, che riduce le prerogative dei tribunali militari, mentre riemergono i segreti oscuri del suo “stato profondo” evidenziatosi, peraltro, nell’ultimo tentativo sventato di un colpo di Stato, con l’arresto di oltre 60 militari, accusati di uno stretto collegamento con l’organizzazione nazionalista Ergenekom, da sempre attiva nei tentativi di destabilizzare il governo dell’AKP. Il veloce ritorno alla normalità non riduce peraltro, la forte preoccupazione per le sorti geopolitiche dell’Europa, del Medioriente e del mondo islamico. Il vecchio militarismo turco, tollerato durante la “guerra fredda”, sarebbe difficilmente gestibile nel caos multipolare del mondo d’oggi. Da ricordare, inoltre, che Ankara è una della capitali essenziali della NATO, ai confini dell’Iran, dell’Iraq e della Siria. La Turchia, nel contesto della complessa galassia islamica, è l’unico alleato dello Stato di Israele e il governo, guidato da Tayyip Erdogan, si propone di essere un modello di moderazione per i Paesi musulmani. Se il colpo di stato avesse avuto successo, lo stesso avrebbe messo in forte crisi la stabilità politica di una parte importante del mondo. In concomitanza con i difficili rapporti del governo con l’ala militare più oltranzista “c’è una nuova dinamica che è portata dal popolo – evidenzia Ihsan Bal docente all’Accademia di polizia – questo è cominciato nel 2003, quando gli Stati Uniti volevano fare della Turchia la porta d’ingresso per l’invasione dell’Iraq. E’ stato il popolo – i deputati e i loro elettori – a dire no...”. E tale dinamica risulta evidente nell’atteggiamento della gente nei riguardi di Israele e del

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popolo palestinese, tanto che è stata data piena solidarietà al premier Erdogan, quando lo stesso aveva apostrofato duramente Shimon Peres, nel corso di un Forum economico, quando il presidente israeliano aveva giustificato i massacri di Gaza, come una conseguenza delle provocazioni dei palestinesi. L’arrivo dell’AKP al governo nel 2002 non aveva compromesso il mantenimento di stretti legami con Israele, ma il clima è oggi decisamente cambiato, dopo l’intervento militare israeliano a Gaza nel 2008, tanto che sono state annullate le esercitazioni militari congiunte, previste per ottobre 2010. Miliha Altunisk, docente presso la Middle East Tecxhnical University di Ankara, sostiene che, dopo la guerra di Gaza “qualunque governo avrebbe modificato la propria politica e criticato Israele, il quale, peraltro, con gli attuali dirigenti si trova sempre più isolato. Con Obama al potere, la sua posizione strategica sta declinando...”. Recenti, in un siffatto contesto, sono le dure dichiarazione rilasciate dal premier turco Erdogan, durante la sua recente visita in Francia, quando, senza mezzi termini, ha pubblicamente dichiarato “Israele è oggi la peggior minaccia alla pace in Medio Oriente”. A nulla è servito l’invito a raffreddare il clima, rivolto al governo turco da parte di un inferocito capo della diplomazia dello Stato ebraico come Avigdor Lieberman, toccato anche dalle polemiche sollevate da Turchia ed Egitto sull’arsenale atomico israeliano, sempre negato dal governo di Tel Aviv. I rapporti tra i due Paesi hanno subito duri contraccolpi quando la Turchia con Brasile ed Egitto si è dichiarata disponibile ad effettuare l’arricchimento dell’uranio per le centrali atomiche dell’Iran, così come richiesto con particolare insistenza dai Paesi occidentali. La definitiva rottura dei rapporti diplomatici tra i due Paesi, si è avuta come conseguenza della criminale aggressione militare israeliana in acque territoriali, effettuata su una nave turca, carica di aiuti umanitari per i palestinesi di Gaza. L’uccisione di un numero imprecisato di pacifisti turchi ed il ferimento di molti altri, ha scatenato la legittima reazione del governo turco, sfociata nel richiamo in patria dell’ambasciatore turco. E’ dal 2003, da quando cioè la Turchia si era decisamente opposta all’uso del suo territorio nella guerra contro l’Iraq da parte degli USA, che Ankara è divenuto un importante punto di riferimento sul territorio mediorientale nello svolgimento di un ruolo pacificatore e costruttivo, intervenendo direttamente nei negoziati tra Siria e Israele, contribuendo alla soluzione della crisi presidenziale in Libano e rubando in parecchi casi la scena all’Iran.


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di i Ankara A n k a r a Né con l’Oriente né con l’Occidente, ma solo dove più conviene... Ankara ricava evidenti vantaggi, sia politici che commerciali, dai suoi tentativi di risolvere i problemi politici, attraverso un’avanzata forma di cooperazione, che si prefigge, tra l’altro, di mantenere un alto grado di stabilità in questa regione del mondo. Secondo la signora Altunisik redattrice politica del giornale “Daily Star” “per la Turchia è questa una strategia decisamente vincente a tutti i livelli”. Divisioni interne permangono ancora nei riguardi della politica estera che il governo attua nei confronti dell’Iran. Per Yavuz Baydar, corrispondente politico di “Today’s Zaman”, un quotidiano in lingua inglese, vicino al governo non è il caso di preoccuparsi per ciò che accade tra Erdogan e il presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad “entrambi vengono dal popolo e si comportano come la gente comune, anche se non si fidano l’uno dell’altro...”. Una parte dell’opinione pubblica, peraltro, non condivide il prevalente ottimismo, vedendo, nei tentativi di mediazione che la Turchia esercita sul nucleare iraniano, il pericolo della creazione di una situazione esplosiva alle porte di Ankara. Meraviglia, nel contesto della politica estera del Paese, gli ottimi rapporti stabiliti con la Siria, specie se si ricorda il duro confronto tra i due Paesi per le rivendicazioni di Damasco sulla provincia turca dello Hatay, per la questione della ripartizione delle fonti idriche e sull’appoggio sempre fornito al PKK turco da parte della Siria. Per quanto riguarda Baghdad prevalgono sullo scenario politico i buoni rapporti commerciali e gli sforzi turchi per far sedere al tavolo dei negoziati i gruppi sunniti del vicino Paese. Anche in Africa le relazioni diplomatiche prosperano specie con Libia e Sudan ma in tutta la regione africana la buona immagine di Ankara è collegata alla presenza militare in Afganistan, ove 1750 soldati “non com-

battenti” sono, in funzione di pace, sul territorio afgano. La Turchia, peraltro, non guarda soltanto al mondo musulmano, infatti, è in atto la sua proiezione verso la Russia, la Serbia, la Georgia e addirittura verso l’Armenia. Il 10 ottobre 2009 sono stati firmati due protocolli con l’Armenia, protocolli, che dovrebbero consentire lo stabilire normali relazioni diplomatiche e l’apertura delle frontiere. In tale contesto il presidente Obama ha contattato telefonicamente il presidente turco Gul per sollecitare la sollecita stesura di un protocollo, che ratificasse in via definitiva la pace turco-armena. La questione non deve avere trovato pareri condivisi nell’ambito del Congresso USA, tanto che il presidente della commissione Esteri Howard Berman, trascurando i richiami alla prudenza di Hillary Clinton, ha proposto e messo ai voti una risoluzione che definisca, senza mezzi termini, “genocidio” lo sterminio degli armeni da parte dei turchi nel 1915. Ankara che ha sempre negato che tale evento abbia avuto luogo, reagisce duramente e minaccia di rompere gli accordi diplomatici con Washington. Tornando al particolare attivismo diplomatico del nuovo governo, anche per la questione Cipro, si intravedono chiaramente miglioramenti nelle relazioni diplomatiche tra i due Paesi, grazie anche all’elezione del nuovo primo ministro Georgios Papandreou. Da evidenziare inoltre che la diplomazia turca, dimostrando piena solidarietà con le misure economiche adottate dalla Grecia per superare il grave momento di crisi, ha attuato tutta una serie di accordi ed interventi in vari settori dell’economia ellenica, con il fine di fornire un reale sostegno al Paese vicino. Valutando attentamente quello che sta avvenendo sulla base di una nuova linea diplomatica turca e delle sue ambizioni a est ed a sud, si può pensare che sia in atto la rinascita di una “missione ottomana”? Temel

Iskt che negli anni Ottanta ricopriva il ruolo di direttore del ministero per gli Affari esteri del governo turco rifiuta le accuse di “neoottomanesimo”, affermando che si voglia far credere che la Turchia si islamizzi, che non sia più interessata ad entrare in Europa e che le accuse stesse provengano da capitali, che rifiutano l’integrazione della Turchia nella UE. E’ indubbia, peraltro, l’amarezza che, dopo le succitate accuse, l’opinione pubblica europea si esprima in modo da apporre ulteriori ostacoli per l’adesione alla UE della Turchia, ostacoli sfociali nei “no”, pronunciati da Sarkozy e Merkel, malgrado che il prestigio del Paese sia molto accresciuto in una regione difficile come il Medioriente e sia più incisivo il suo ruolo sulla scena internazionale.Molti commentatori politici temono che nel contesto delle situazioni, che si sono create nel Paese, nei nuovi rafforzati rapporti con i Paesi vicini, il governo AKP, giocando con troppe palline, possa lasciarne cadere alcune. La regola “nessun problema con i vicini e niente bastone...” per cui ogni conflitto deve venire risolto con la persuasione e con i vantaggi economici, può anche non funzionare. Il governo, peraltro, rassicura; in un comunicato apparso sul “Daily Star” con la firma di Meliha Altunisik si risponde ai succitati timori “per il momento la questione è prematura. Inoltre non tiene conto di un fatto fondamentale: il modo con cui si conduce la politica estera conta almeno quanto i risultati finali. Agli occhi dei suoi vicini la Turchia passava per una potenza periferica; oggi non si può parlare del futuro di molte regioni del mondo senza parlare del nostro Paese...”. La scelta di Ankara, (militari permettendo), si fa sempre più decisa: né con l’Oriente né con l’Occidente, ma solo dove più conviene. Bruno Bertolaso

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cultura

QUESTA È LA PAC CTP Pertini, ISTORECO, ANPI e Comune di Reggio Emilia ricordano mun l'eccidio degli operai che alle Regl'ec giane non volevano più lavorare gian per la guerra. “A tu tutti noi serve avvicinare la storia di ieri e quella di oggi attraverso esperienze reali, incontr contri vissuti e voglia di ascoltare, partecipare, comp comprendere. Perché né la storia, né le persone debba debbano mai rimanere straniere o estranee. Ma perch perché ad ognuno e sempre sia riconosciuto il diritto a conoscere e farsi conoscere...” Dome Domenica Secchi, operaia delle Reggiane uccisa il luglio 1943, con altri otto compagni che manife28 lu stavano per la pace stava

La storia che oggi vogliamo raccontare potrebbe iniziare in tanti modi differenti. Decidiamo di cominciare dalla vicenda di Bouda Abdelhak, ragazzo nato a Casablanca una trentina di anni fa. Grande idealista animato da un entusiasmo contagioso, Abdelhak si ritrova nel 2005 improvvisamente senza documenti, senza casa, senza lavoro. Dopo anni di vita a lavorare nelle nostre campagne, Abdelhak non ha più in mano nulla. La sua vita ha un arresto, ma, nella sfortuna, Abdelhak trova alcuni amici disposti ad aiutarlo. Viene ospitato in una vecchia e fredda casa di montagna dove risiede completamente solo per circa un mese. Sono giorni invernali molto piovosi e il ragazzo è costretto a guardare da un vetro il proprio tempo che passa. Un giorno più grigio degli altri Abdelhak vede passare proprio lì fuori dalla casa un palloncino. La corda del palloncino è stretta intorno a qualcosa: un piccolo peso annodato all'estremità più bassa. Corre fuori dalla casa e afferra al volo l'inaspettato visitatore. Scioglie il nodo che avvolge il piccolo peso in fondo al filo, apre l'involucro e srotola un foglio di carta. Con la calligrafia incerta ma accurata di un bambino, nel biglietto è scritto un messaggio di pace da parte di Federico, un bambino di 1a B. Il palloncino ha viaggiato da una piccola scuola di Modena fino alla casa dove Abdelhak vive quei suoi giorni di solitudine, nei pressi di Casina. Con cura e passione il ragazzo prepara una lettera di risposta indirizzata a Federico. Su quella lettera, tra palme colorate disegna-

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te con pazienza, Abdelhak scrive: “Caro Federico, grazie per il tuo messaggio. Io mi chiamo Bouda Abdelhak e vengo da Casablanca, in Marocco. Sono un ragazzo clandestino, ma anch'io, come te, vorrei la pace in tutto il mondo”. Quel palloncino fa sorridere Abdelhak e sembra dargli la spinta per tentare nuovamente la fortuna qui in Italia. Dopo qualche anno Abdelhak riesce finalmente ad ottenere il permesso di soggiorno. Ora frequenta con successo la scuola di italiano per stranieri di Reggio Emilia e non si è stancato di parlare di pace. Proprio in questi giorni, insieme a venti altri studenti adulti provenienti da 17 paesi differenti sta ultimando un lavoro di ricerca su un piccolo importante pezzo della storia reggiana: la storia di Domenica Secchi e del suo sogno di pace per tutti. Vi chiederete: “Cosa ha a che fare la storia di Abdelhak con la vicenda di questa donna vissuta a Reggio più di mezzo secolo fa?” Cominciamo da alcuni dati contingenti. La scorsa primavera un gruppo di cittadini sostenuti dal supporto autorevole e sollecito di ANPI e ISTORECO, aveva chiesto al Comune di salvaguardare il monumento ai nove caduti delle Reggiane, intitolando la piazza rimodernata dell'ex-lucchetto a Domenica Secchi. Questa stessa piazza si trova a poche centinaia di metri dalla scuola di italiano frequentata da Abdelhak, in una zona descritta da molti reggiani come insicura e disagiata. Si tratta del quartiere di via Turri, intorno alla stazione di Reggio Emilia, dove la presenza di persone provenienti da paesi

stranieri è divenuta per molti sinonimo di stra degrado. deg Abdelhak e gli altri studenti del Centro Ab Territoriale Permanente, guidati da Matthias Durchfeld di ISTORECO, hanno deciso di invertire questa strana tendenza di pensiero secondo la quale essere straniero vuole dire essere un cittadino più difficile di altri. La storia triste ma umanamente esemplare di Domenica Secchi ha dato loro a questo proposito una bella opportunità. Domenica Secchi era, infatti, una donna che lavorava alle officine Reggiane proprio alla stessa età del nostro Abdelhak. Amava come lui la pace e proprio per questo quel giorno d'estate aveva deciso, nonostante il clima intimidatorio e violento di quei giorni, di manifestare contro la guerra. Era il 28 luglio 1943. Domenica Secchi era uscita dalla fabbrica, allora produttrice di materiale bellico, insieme a migliaia di altri lavoratori. Erano persone stanche di vivere nella paura della violenza e dell'oppressione fascista. Erano operai ed operaie piene di coraggio e voglia di vivere. Domenica forse aveva più slancio di altri perchè il futuro che vedeva davanti a sé, lo stava progettando anche per il bambino che aspettava: era incinta di quasi otto mesi. Quando i soldati dell'esercito italiano spararono sulla folla dei manifestanti, Domenica corse a ripararsi nella rientranza di una piccola porta, ma lo stato avanzato della gravidanza le impedì di trovarvi un rifugio sufficientemente spazioso. Dal cancello esterno delle vecchie officine reggiane gli studenti della scuola di italiano


CE CHE VOGLIAMO!

cultura

Un'immagine del corso Scoprimento della targa dedicata a Domenica Secchi. Graziano Delrio, sindaco di Reggio Emilia, Franco Corradini, assessore alla Coesione e sicurezza sociale, Roberta Pavarini presidente Circoscrizione Nord-est e alcuni familiari di Domenica Secchi

hanno immaginato oggi il terrore di quei momenti, hanno visto la piccola porta insufficiente per ospitare Domenica Secchi, hanno discusso sulla violenza e sul razzismo di quel periodo. In bicicletta hanno visitato alcuni luoghi che portano ancora le tracce di quelle vicende e tra essi il vecchio cimitero di Coviolo, accanto alla chiesa, dove Domenica Secchi è tuttora sepolta. Hanno anche ascoltato il racconto commosso di Toni Fernando Cavazzini, operaio modello delle officine Reggiane, che ha raccontato loro di aver cambiato vita dopo la manifestazione, dopo l'eccidio. Lavorare per produrre quelle armi, per quelle stesse persone che avevano ucciso i suoi compagni di lavoro non fu più accettabile per lui, che decise di allontanarsi dalla fabbrica e dalla città per diventare partigiano. L'idea di ISTORECO di dare un viso, un nome ed un cognome attraverso cui la sto-

Alcuni ragazzi con Ferdinando Cavazzini Toni

ria di questa manifestazione per la pace possa essere raccontata in modo più semplice e compresa con maggiore trasporto attraverso l'immedesimazione, ha fatto sì che gli studenti stranieri partecipassero con interesse ed assiduità al progetto. Presso l'archivio di ISTORECO essi hanno svolto un lavoro di ricerca sulle singole biografie dei nove caduti. Hanno infine tradotto in cinque lingue il testo della targa che racconta il tragico episodio dell'eccidio. Tale scritto tradotto rimarrà nella piazza accanto al monumento dei nove alberi, affinché la storia di quei reggiani divenga patrimonio di tutti gli abitanti (quelli nati qui e quelli arrivati recentemente) della zona. Alessandro Scillitani per l'assessorato alla Coesione Sociale ha infine videoregistrato l'intera ricerca e prodotto un breve documentario. Abituati a guardare gli “stranieri” attraverso l'occhio di una telecamera di

controllo in bianco e nero, ora avremo la possibilità di vederli da un angolatura differente, attraverso immagini a colori e con le loro voci che raccontano. Non per mostrare ai reggiani come sono gli “stranieri”, ma per aiutarli a pensare che nessuno straniero può rappresentare tutti gli stranieri, tantomeno può essere rappresentatitivo il modello di straniero quotidianamente stigmatizzato dalla cronaca. A tutti noi serve avvicinare la storia di ieri e quella di oggi attraverso esperienze reali, incontri vissuti e voglia di ascoltare, partecipare, comprendere. Perché né la storia, né le persone debbano mai rimanere straniere o estranee. Ma perché ad ognuno e sempre sia riconosciuto il diritto a conoscere e farsi conoscere. Annalisa Govi

Il gruppo che ha partecipato al corso

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cultura

Dalla parte del creato MONTAGNA, ANIMALI E NATURA La parte della provincia reggiana classificata territorio montano sfiora i 1000 kmq. In questa fetta di montagna ci sono tredici comuni e circa 40.000 abitanti. Un tempo raggiungevano anche i 63/65.000. i castagneti. Ugualmente dannosi sono poi i cervi, sia per il sistema agricolo che per la forestazione. E infine gli istrici, molto attenti alle piantagioni di patate, sono la disperazione delle famiglie che si ostinano ancora a seminare patate nei propri campi. Tali coltivazioni vengono distrutte da questo grazioso animale che in cambio lascia sovente lunghi aghi come ricompensa. Per quanto mi riguarda personalmente, abitando io sulle nostre montagne, precisamente a Marmoreto di Busana, da ben prima dell’esorbitante presenza di cinghiali, caprioli e cervi, voglio poter continuare a curare boschi e castagneti, frutteti e l’orto. Voglio vedere alzarsi le allodole in volo, voglio sentire il profumo delle giunchiglie, voglio vedere la poiana piombare sul rettile portandolo in alto, inchiodato ai suoi artigli. Questa è a mio parere vera ecologia o, come direbbe il mio amico Paride Allegri, “rispetto del Creato”. Giacomo Notari

Nel corso degli anni del dopoguerra questa fetta di provincia si è trasformata in un grande zoo senza recinto. Un tempo non lontano vi regnava qualche lupo, la volpe, il tasso, la lontra la faina, la martora, la puzzola, lo scoiattolo, la lepre, il riccio, la donnola, la poiana e tante varietà di uccelli. Fiumi e torrenti erano ricchi di pesci e gamberi. Regnavano branchi di starne, pernici rosse, coturnici. Ora quel territorio si è arricchito di cinghiali, caprioli, cervi, marmotte, mufloni, lupi, linci, istrici, daini. Manca solo l’orso, la zebra e il castoro. Analizzando tutto questo nuovo impatto animale è quasi impossibile, occorrerebbero vari studi e ricerche mirate. Io al momento, per quello che vivo ogni giorno sul territorio, da ecologista senza emblema di riconoscimento, mi limito ad alcune osservazioni. Ad esempio, a proposito del cinghiale, le reazioni di chi vive sul territorio dicono che è incompatibile con l’attività agricola, ed è più che vero. Io aggiungerei che è incompatibile con il complesso ecosistema del territorio. Vediamo il perché: questo

animale ha distrutto buona parte degli antichi muretti a secco, un pezzo di storia del nostro paesaggio agrario, sin da tempi antichi. Tutto questo per ricavarne famiglie di vipere, bisce, ramarri, topi, rospi, rane. Girando per boschi e campi, raramente ci si imbatte in un rettile, un tempo cosa normale. Nella parte alta, sopra le faggete, nelle praterie e mirtillaie, ogni varietà di uccelli depongono le uova a terra: allodole, coturnici, ecc. si vedono distruggere i nidi, bere le uova, divorare covate di piccoli. Nelle praterie dei nostri monti, Cusna, Ventasso, Cavalbianco, La Nuda, Casarola, non si trova più una giunchiglia. Così per il giglio rosso (Leucosium sillo), i crochi la musiaria e tutti i fiori col bulbo. Sarebbe bene, una volta per tutte, che si smettesse col pressapochismo e si affrontasse il problema in modo serio con studi e ricerche su basi scientifiche. La presenza del capriolo si stima in almeno 20-22.000 esemplari, una quantità incompatibile con la turnazione delle foreste, perché brucando i nuovi germogli i caprioli impediscono al bosco di riprodurso. Altrettanto dicasi per

DISEGNAVA AEREI

Rivive nel racconto di Annamaria Giustardi la figura di Osvaldo Notari, morto a 17 anni nell’eccidio delle “Reggiane” del 28 luglio ’43

Giusto un anno fa, su queste pagine, annunciavamo il testo – in attesa di pubblicazione – di Annamaria Giustardi, Disegnava aerei, con cui l’autrice ricostruisce la vita e la morte di Osvaldo Notari, il più giovane dei nove operai delle “Reggiane” caduti il 28 luglio 1943 davanti ai cancelli del grande stabilimento nell’eccidio con cui venne represso il tentativo delle maestranze di manifestare per la pace all’indomani della caduta di Mussolini. Ora quel testo, al quale Monica Morini e Bernardino Bonzagni “hanno dato voce e sentimenti, quando ancora non era libro in occasione della celebrazione del 64° anniversario dell’eccidio”, è finalmente giunto a pubblicazione, in una bella edizione a cura di Teorema e CGIL SPI di Reggio Emilia. Nipote di Osvaldo per parte di madre, l’autrice, essendo nata dopo la seconda guerra mondiale, non ha dunque mai conosciuto lo zio morto a soli 17 anni, ma ha ereditato in famiglia la dolente memoria di quella perdita. Col suo lavoro, basato anche su ricerche d’archivio e bibliografiche, ma soprattutto su di una toccante immedesimazione nel perso-

Annamaria fa rivivere Osvaldo imnaggio, Annam che sia lui stesso a raccontare la maginando ch sua troppo breve stagione di disegnatore di aerei compresa fra le date del sottotitolo: 19 novembre ’42-28 luglio ’43, dal primo giorno di lavoro al giorno della manifestazione per la pace, al momento in cui Osvaldo “sentì dei colpi. Alzò la testa per guardare voltandosi verso sinistra. Il cielo nero”. Poi Osvaldo non c’è più. Resta solo la voce del narratore che racconta, nel dolore di una famiglia così atrocemente colpita, anche il dolore di tutte le altre. E vi intreccia momenti di vita quotidiana in un quartiere popolare della periferia di Reggio, nel contesto delle sofferenze e delle paure determinati dai bombardamenti aerei, dall’occupazione tedesca, dalle incursioni fasciste nelle case, dalle esecuzioni sommarie, da stragi come quella di Bettola. Un libro da portare nelle scuole, un libro che può far capire anche ad un bambino perché i Costituenti abbiano voluto quell’articolo 11, che comincia con le parole ”L’Italia ripudia la guerra….”. (a.z.)

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ANNAMARIA GIUSTARDI, Disegnava aerei. 19 novembre 1942-28 luglio 1943, Edizioni Teorema, Reggio Emilia, 2010, 143 pp., euro 10

Il disegno in copertina fu trovato nel portafogli di Osvaldo Notari dopo la sua morte. In quarta “Il modellino dell’aereo che mio zio aveva scalpellato nell’alluminio. Adesso è sulla mia scrivania. Quando ci arriva il sole sembra d’argento. Invece, quando lo sfiora un soffio d’aria, si muove, ondeggia, è come se volasse”. (Ultime righe del bel libro di Annamaria Giustardi)


cultura VASCO MONTECCHI e il suo corpo a corpo col marmo e la pietra per cantare la pace Vasco Montecchi è stato ospitato, con la sue Sculture per la pace, nella sede dell’Assemblea regionale dell’Emilia-Romagna con una mostra tenutasi dal 20 gennaio al 21 marzo di quest’anno. Organizzata dalla Regione, la mostra antologica ed il relativo bel catalogo sono stati curati da Mauro Carrera e Marzio dall’Acqua. Scrive Dall’Acqua: “Sbocciano le sculture di Vasco Montecchi, fiori di marmo dalle forme che fermentano ed esplodono, esotiche nei petali carnosi e turgidi di vitalità nascosta e segreta, metamorfosi di un’evoluzione che trapassa dal vegetale all’animale, dalla botanica a una zoologia immaginaria e fantastica […]. Hanno dentro un’anima che richiede occhi attenti, partecipazione, sospesa contemplazione”. Autodidatta geniale la cui opera di scultore è apprezzata in vari Paesi d’Europa, l’amico Vasco da anni presta generosamente la sua opera anche mettendosi a disposizione degli allievi della “Scuola di scultura su pietra”, promossa dal comune di Canossa, e che ha sede nei pressi di Rossena. (a.z.) Vasco Montecchi, Bacio in volo,marmo rosa del Portogallo, 2006, cm- 40x22x70

Vasco in un corpo a corpo col marmo di Carrara presso il laboratorio di Luigi Corsanini, in Avenza (MS)

JEROME BRUNER COI BAMBINI DELLA SCUOLA MALAGUZZI Jerome Bruner, vecchio amico di Reggio (ne è cittadino onorario dal 1997) e delle sue scuole comunali d’infanzia, è uno dei più noti e influenti psicologi americani. Compirà 95 anni il prossimo 1° ottobre e continua ad essere presente e attivo nel campo degli studi dopo essere stato per decenni professore nelle più prestigiose università degli Stati uniti d’America. Ospite della nostra città nella prima quindicina di giugno, dopo aver partecipato a due importanti convegni scientifici è stato anche presente, nel pomeriggio di martedì 11 giugno, alla festa della Scuola d’infanzia annessa al centro internazionale Loris Malaguzzi.

Nelle foto (di Vera Bertolini) alcuni momenti della Festa

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cultura A marzo è stata ospitata a Reggio la mostra fotografica Barbiana: il silenzio diventa voce, curata dalla Fondazione Don Lorenzo Milani. L’esposizione è dedicata meno alla biografia del sacerdote fiorentino, che non alla ricostruzione del suo tentativo didattico-politico nel Mugello; i ritratti di Lorenzo Milani vengono quasi messi in ombra rispetto a quelli dei suoi ragazzi. Nel complesso ne ricaviamo la memoria di una comunità dall’atmosfera familiare (cioè: dall’aria anti-istituzionale) e luminosa (siamo quasi sempre all’aperto, al sole). E’ in questo effetto complessivo (senza dubbio poetico) il segno inequivocabile della nostra radicale lontananza dall’esperienza di Barbiana: chiedendoci cosa ne rimanga oggi, dobbiamo concludere: in sostanza le parole (in ciò che hanno di politico) del suo fondatore, oltre che – ovviamente – le memorie di chi ha vissuto direttamente quell’esperienza.

L’eredità

di don Lorenzo Milani

L’Italia di quando esisteva Barbiana, è quasi si superfluo dirlo, non esiste più: quella scuola la è finita con la fine (totale, anzi totalitaria ia o quasi) dell’Italia contadina e delle case sperdute fra i monti, senza corrente elettrica, senza televisione. Barbiana è stato un estremo caso di preistoria. Saprebbero ridere ancora i bambini di oggi, così come ridevano i ragazzi di don Milani 60 anni fa? Ridere in una scuola, facendo scuola, oggi? “Elevazione civile e non solo religiosa”: in questa tensione liberatrice sta poi la contraddizione (meravigliosa, potremmo dire tragica) di don Milani, sacerdote progressista, che condivideva la miseria e l’emarginazione dei suoi. La vittoria (la vittoria anche “sua” in quanto prete) della Democrazia cristiana il 18 aprile 1948 è stata inevitabilmente anche la sua irrimediabile sconfitta. La mostra riporta ad esempio la lettera (persino commovente per il senso di impotenza che se ne ricava) di Milani a un giovane comunista di San Donato di Calenzano, nel 1950: “Ora che il ricco t’ha vinto col mio aiuto mi tocca dirti che hai ragione, mi tocca scendere accanto a tea combattere il ricco. Ma non me lo dire per questo, Pipetta, ch’io sono l’unico prete a posto. Tu credi di farmi piacere. E invece strofini sale sulla mia ferita. E se la storia non mi si fosse buttata contro, se il 18... non m’avresti mai veduto scendere là

26 giugno-luglio 2010

notiziario anpi

in basso, a combattere i ricchi. Hai ragione, sì, hai ragione, tra te e i ricchi sarai sempre ragione. [[…]] Ma il giorno te povero a aver ragione che avremo sfondata insieme la cancellata di qualche parco, installata insieme la casa dei poveri nella reggia del ricco, ricordatene Pipetta, non ti fidar di me, quel giorno io ti tradirò. Quel giorno io non resterò là con te. Io tornerò nelle tua casuccia piovosa e puzzolente a pregare per te davanti al mio Signore crocifisso” (pp. 14-15). E’ qui la contraddizione di Milani; è questa la sua eredità per noi. Sempre nella mostra trovano spazio le lettere di don Milani alla madre, Alice Weiss. Qui scriveva il 14 marzo 1944: “Cara mamma, mi dispiace che tu senta il peso della mia mancanza di libertà. Ma non ci pensare perché io non ne sento punto. Quanto uno liberamente regala la sua libertà è più libero di uno che è costretto a tenersela” (p. 10). Pasolini ha trovato in questa e nelle altre Lettere alla mamma (Mondadori, 1973) conformismo e puerilità, senza poterci dimenticare in quali anni (in quale Italia) Lorenzo Milani compiva il suo noviziato: “La decisione di ignorare la guerra e il fascismo era, da parte del novizio, un invasato e intrasgredibile partito preso. La tragedia è sulla nazione italiana, spaventosa, senza speranza; e il giovane Lorenzo, dentro la cinta del seminario, è tutto un impeto di

serafico buon umore” (P.P. Pasolini, Scritti corsari, Garzanti, 1975, pp. 185-186). Ma anche nel don Milani divenuto poi prete disobbediente, Pasolini ritrova la figura di un nuovo San Paolo, spirito organizzatore e codificatore, fariseo. “E’ vero che la sua organizzazione era contraria a quella di San Paolo, cioè tendeva a criticare e a mettere in sacco l’organizzazione ecclesiastica. Ma non è detto che, se la storia fosse continuata così come si poteva prevedere negli anni cinquanta e nei primi anni sessanta, anche i risultati organizzativi di tipo laico, borghese-socialista, di Don Milani, non avrebbero potuto rientrare nella grande organizzazione paolina, esserne riassorbiti” (ivi, pp. 189-190). Don Milani è stato un uomo «adorabile» perché spirito implacabilmente critico: “Precorrendo il ‘68 (anche con la contropartita di seminare nel mondo una ventina di sindacalisti e di cattolici di sinistra un po’ troppo buoni e bravi), egli ha portato a termine l’unico atto rivoluzionario di questi anni: l’ha fatto con una certa ingenuità e una certa presunzione, ma con una sostanziale purezza ascetica, che dà al suo passaggio su questa terra un valore probabilmente più grande di quello dello stesso Papa Giovanni, che, pur scherzandoci sopra, era un uomo di potere” (ivi, p. 191). Francesco Paolella


Gli Ottantanove anni di Laila

compleanni Un’immagine dei “Sentieri”

Annita Malavasi, Laila,

partigiana combattente e sindacalista, il 21 maggio scorso ha compiuto 89 anni, portati magnificamente grazie all’energia, alla passione, alla fedeltà ai valori dell’antifascismo rimaste intatte nel tempo. Laila,per l’autorevolezza e la credibilità che le derivano da una vita dedicata alla lotta per la giustizia sociale, i diritti delle donne e per rendere il mondo migliore, è stata sempre per me un punto di riferimento, un esempio del modo di intendere l’impegno civile e politico, sin da quando la incontravo, (erano i primi anni ’60 del secolo scorso), davanti alle fabbriche delle donne, la Max Mara, la Bloch, la Confit, lei, sindacalista , a difendere i diritti delle lavoratrici, io, giovanissima della FGCI ,ad imparare come si fa . Un punto di riferimento lo è ancora adesso,in questi anni in cui ci siamo incontrate di nuovo all’ANPI ,in particolare nel lavoro del coordinamento femminile,anni in cui siamo diventate anche amiche e io ne ho potuto conoscere l’umanità e la generosità. Quante discussioni, quante telefonate per commentare i fatti del giorno,per riflettere sul nostro lavoro e per cercare insieme il modo migliore per trasmettere e rendere vivi e veri i valori che ci accomunano. E’ straordinaria la forza e la determinazione di Laila, una forza che la spinge ancora oggi a “ testimoniare” la sua straordinaria esperienza di partigiana combattente nelle scuole, in tanti incontri e manifestazioni , vincendo la fatica ed il peso degli anni e ad essere, per noi, sempre di stimolo, con i suoi suggerimenti e le sue proposte. Una forza ed una lucidità straordinarie, che emergono anche dalla intervista pubblicata su “Ddonna, settimanale di Repubblica”. Grazie, “Laila”, per tutto, per essere quella che sei. Buon compleanno e avanti così per tanti anni ancora. Ti vogliamo bene Eletta Bertani

Compleanno di Andrea Bigi Il 25 aprile scorso ricorreva il compleanno del Partigiano Andrea Bigi. Il figlio Ivan, la nuora Luciana, le nipoti Silvana e Claudia, il fratello e la sorella gli rinnovano i più cari e affettuosi auguri.

SUGLI APPENNINI... SENTIERI PARTIGIANI 2010 giovedì 9 settembre domenica 12 settembre Dopo l’8 settembre 1943 i primi partigiani andarono in montagna per organizzare la resistenza armata contro l’occupazione nazista-tedesca e contro i fascisti della Repubblica di Saló. Dal 1993 andiamo in montagna ogni 8 settembre, per camminare, per ascoltare le storie dei testimoni partigiani durante le pause e durante i momenti conviviali, per discutere di ieri e di oggi, per goderci i paesaggi dell’Appennino reggiano. Il programma prevede ogni giorno testimonianze e camminate guidate sui luoghi che furono teatro di azioni partigiane, scontri e rappresaglie nazifasciste. Come tutti gli anni partecipano alcuni partigiani e partigiane.

Giovedì 9 settembre, alle ore 15, ci incontriamo a Reggio Emilia nell’Ostello della Gioventù in via Guasco. Facciamo una visita guidata sui luoghi della Resistenza in centro storico e poi la cena biologica a buffet sotto le stelle nel cortile di Istoreco. Venerdì 10 settembre, saliamo con il pullman a Cerredolo per camminare fino a Ca’ Marastoni, includendo pause per le testimonianze e per l’inaugurazione di una nuova bacheca che segnala uno dei 15 sentieri partigiani. Dormiamo a Busana nella ex-colonia l’Albergo Il Castagno.

Sabato 11 settembre, cammineremo un po’ di più. Dopo una sosta a Ligonchio andiamo a piedi dal Passo di Pradarena al Passo del Cerreto. Domenica 12 settembre, invece si offre anche per chi vuole fare una giornata sola: Andiamo da Collagna a Succiso per finire i sentieri partigiani 2010 con un Gran pranzo della Brigata! Si sono già iscritti 75 austriaci, svizzeri, tedeschi e italiani, ma soprattutto per la domenica cerchiamo ancora compagnia. Per informazioni ed iscrizioni: Istoreco, via Dante 11, 42100 Reggio Emilia tel: 0522 - 43 73 27 e-mail: esteri@istoreco.re.it

giugno-luglio 2010 27 notiziario anpi


cultura

Benvenuto al nuovo questore, ma a Reggio non c’e’ solo

l’immigrazione.

Lotta alle infiltrazioni mafiose e alle organizzazioni criminali, vengono prima Domenico Savi, 57 anni, originario di San Benedetto del Tronto, dal primo luglio è il nuovo Questore di Reggio Emilia. Sostituisce Domenico Perucatti giunto in città appena due anni fa. Gli auguriamo buon lavoro e saremmo lieti di poter offrire il nostro contributo alla conoscenza della città.

S

iamo rimasti colpiti dalla prima intervista rilasciata ai giornali. Abbiamo letto che il primo problema che affronterà sarà quello dell’immigrazione. Certamente, Reggio Emilia, come tante altre città italiane, è stata oggetto di intensi flussi immigratori. L’alta concentrazione di stranieri in alcune zone della città ha dato luogo a situazioni problematiche che, talvolta, sono degenerate in problemi di sicurezza e ordine pubblico. C’è stata una notevole attenzione, su questo tema, da parte della pubblica amministrazione locale e di tantissime organizzazioni del volontariato. Hanno promosso iniziative e politiche d’integrazione, che hanno attutito gli aspetti negativi e migliorato la qualità della convivenza. Ovviamente, va continuato il lavoro intrapreso, che ha visto protagoniste anche le forze della Polizia di Stato e dei Carabinieri, perché la questione non è mai definitivamente risolta e

28 giugno-luglio 2010

notiziario anpi

preoccupa non poco la nostra comunità, ma a Reggio ci sono, anche altri problemi, purtroppo importanti. Ci permettiamo, di evidenziarne tre.

aspettiamo che il governo, la Magistratura e le forze di Polizia vedano le organizzazioni criminali che vi stanno dietro e le contrastino senza tregua.

Il primo è il seguente. Indagini della magistratura hanno rivelato la presenza di investimenti e attività mafiose in città e nell’intera provincia di Reggio. Reggio è diventata luogo di destinazione di capitali e imprese mafiose che s’infiltrano nel suo tessuto economico. Come reggiani siamo molto preoccupati e ci aspettiamo un aiuto decisivo dal Governo, dalla Magistratura e dalle forze dell’ordine per ripulire Reggio da questi delinquenti.

Il terzo problema è l’impressionante diffusione della prostituzione femminile e maschile. Anche in questo caso, come cittadini, vediamo la prostituta o il trans che fanno la pubblicità sui giornaletti o battono sulla strada o nelle case, ma anche in questo caso ci aspettiamo che il Governo, la magistratura e le forze di Polizia vedano le bande criminali che li gestiscono, quelle cioè che organizzano le tratte degli esseri umani, li riducono in schiavitù e si arricchiscono sulla loro pelle.

Il secondo problema, sempre legato alla presenza in città di organizzazioni mafiose e criminali, è la grande disponibilità di droga. L’enorme ricchezza che produce lo spaccio di droga è uno dei fattori più pericolosi per l’intera società italiana. Come cittadini, vediamo lo spacciatore di strada, quasi sempre extracomunitario, ma ci

Ecco, sono questi i problemi che ci preoccupano e che vorremmo vedere debellati, comunque aspramente combattuti e per questo, noi saremo sempre al suo fianco e al fianco dei suoi uomini.


SCUSATE,

ma forse non avevo capito bene:...

“... come intende comportarsi l’ANPI in merito alle ultime tendenze e tattiche del socio (il PD) con le maggiori quote di rappresentanza nella società (L’ANPI). Come si sente e si legge sempre più insistentemente ci sarebbe un costante avvicinamento tra il PD e la Lega...”.

I

l nostro “Notiziario” è una bella certezza, una rivista che nel tempo si è fatta sempre più capiente, interessante, sfaccettata. Tra le sue pagine troviamo contributi che sono un po’ la somma e la summa dell’avvenuto e ufficializzato incontro di generazioni. Un bel concentrato di memorie, di storia e di storie. Uno strumento sempre consultabile, aggiornato sulle innumerevoli esperienze della Resistenza. Uno strumento che continua ad indagare sull’accaduto, su quello che è stato, ma che allo stesso tempo si apre su nuove pagine di odierna resistenza. Il “Notiziario” informa e rincuora esplicitando il pensiero dei tanti giovani antifascisti che aderiscono all’ANPI. Ora in questo incrocio di passato, presente e futuro, ci sta che possa pure mutare qualche consuetudine, a costo di movimentare il tutto, sperando che la discussione, la dialettica possa avere ospitalità tra queste pagine. Ecco prima delle vacanze, in cui ogni attività rallenta, compresa la politica, vorrei lasciarvi con un articoletto un po’ scomodo, non legato a consuetudini che frequento raramente, non propriamente ortodosso o diplomatico. La lotta partigiana, ieri come oggi, è qualcosa di irrituale che reagisce allo stato delle cose. C’è un pensiero che mi frulla in testa da tempo e non essendo stato sommerso nel frattempo da altri pensieri, mi sento costretto a lasciarlo uscire libero. La cosa riguarda la politica italiana, in particolare la parte politica a cui da sempre l’ANPI fa riferimento con un continuo rapporto osmotico. Parliamo del centro-sinistra, del PD in particolare, che senza mezzi giri di parole è da sempre (dalla Liberazione in poi, dal PCI con tutte le sue evoluzioni PDS, DS ecc.) il maggiore “azionista”, il più rappresentato in squadra, il legame più stretto con l’ANPI. Certo è vero, che in questi anni di scissioni, separazioni, lotte intestine nella sinistra italiana, la nostra associazione ha cercato di rappresentare e mantenere rapporti con tutto l’arco della sinistra italiana e con tutte le associazioni vicine, ma è innegabile un rapporto preferenziale che, in ogni caso, qui non voglio contestare. Quello che vorrei capire invece, alla luce di questo rapporto preferenziale e alla luce del fatto che tanti nuovi giovani iscritti non fanno riferimento a partiti o sigle definite, è come

intende comportarsi l’ANPI in merito alle ultime tendenze e tattiche del socio (il PD) con le maggiori quote di rappresentanza nella società (L’ANPI). Come si sente e si legge sempre più insistentemente ci sarebbe un costante avvicinamento tra il PD e la Lega, una attrazione fatale che fa presagire possibili ardite alchimie che in alcuni casi si stanno concretizzando in offerte di poltrone, in alleanze e in vere e proprie avances (in verità da parte del più debole in questo momento verso il vincitore delle ultime tornate elettorali). Si parte dall’alto per esempio, con Enrico Letta, vicesegretario del PD, che recentemente ha dichiarato che il suo partito e il centrosinistra devono aprire alla Lega, perché richiesto dai loro elettori. Si passa a definizioni ardite e spericolate che vedono nella Lega una possibile “costola della sinistra” (mhh...probabilmente non è la Sinistra che intendo io...). Si può constatare nelle giunte di alcuni comuni governati dal centro-sinistra nella scopiazzatura (fatta male per la verità) dei proclami e dei provvedimenti presi dalle giunte leghiste in tema di sicurezza con tanto di sindaci-sceriffo, ronde cattive e ronde-dolci e tolleranza zero verso obiettivi impensabili un tempo. Se passiamo in ambito locale non mancano uscite di politici di spicco, di dirigenti, di figure sponsorizzate dal centro-sinistra che affermano che il vecchio PCI avrebbe affrontato il tema immigrazione come la Lega, oppure che pensano sia giunto il momento di far entrare nei posti chiave gli uomini del Carroccio. Cosa dice dunque l’ANPI di questa relazione pericolosa? Come intende comportarsi di fronte a questo ennesimo ribaltamento di prospettive, di posizioni? ome metterla giù culturalmente? Ma soprattutto come spiegarla ai tanti giovani che hanno aderito all’ANPI, perché antifascisti, contro ogni tipo di razzismo, contro la xenofobia, le segregazioni del passato e del presente. Come spiegare ai nuovi partigiani che quello che credevamo un nemico, ora dovrebbe essere visto come un possibile alleato? Come convivere con chi ha rispolverato la categoria della “razza” mescolandola con il peggiore integralismo cattolico? Come convivere con amministrazioni, guidate dalla lega o in bella compagnia del PDL, che nega-

C

no come a Guastalla le piazze per le celebrazioni del 25 Aprile? Come essere benevoli con un governo, di cui la Lega è punta di diamante, che continua a attaccare scientificamente la Resistenza? Per queste cose e per la passione e le certezze che i giovani “antifascisti” ritrovano nell’ANPI, mi suonano poi gravissime (è un episodio, ma mi ha parecchio turbato) le distanze precisate da qualche storico e organico esponente del nostro direttivo dopo che una giovane iscritta aveva definito la Lega una forza fascista durante un intervento. Dunque l’ANPI cosa dice, cosa pensa della Lega? Lo chiedo chiaramente, perché chiaramente (e penso di poterlo dire a nome dei nuovi antifascisti) io vedo la Lega come una pericolosa deriva fascista, una forza che è colpevole dell’incattivimento degli italiani (tutti, compresi quelli che si definiscono di sinistra!) che si nutre dei peggiori istinti, delle paure, che ha fatto del non-umanesimo, della disumanità sociale la sua bandiera (Verde, visto che quella tricolore che a Reggio tanto amiamo loro la sbeffeggiano). O forse non avevo capito bene? Forse sono ingenuo come ogni giovane ribelle... ricordate quei ragazzini che si diedero alla macchia e alla guerriglia per combattere qualcosa che ritenevano ingiusto? Forse anche nell’ANPI, passato il momento del trasporto ideale, dovremmo metterci ad attendere le mosse degli strateghi (ormai logori a dire il vero) che ci stanno preparando l’ennesimo salto riformista nelle paludi della Padania? A noi interessa il cuore, la scelta personale, l’etica della Resistenza, non siamo affatto appassionati da vecchi equilibri, da amici e alleati che ora ci dicono che bisogna aprire alla Lega per necessità pragmatiche. Quindi ora dovremmo bruciare i vecchi numeri del notiziario in cui si prendevano le distanze dai leghisti e dalle loro intolleranze? Occhio dunque, perchè se in ambienti politici vicini che a volte coincidono con l’essenza stessa dell’ANPI si strizza l’occhiolino alla Lega, noi non siamo affatto disposti a chiudere gli occhi. A costo di intraprendere una nuova resistenza partigiana! Dateci dunque conferma che non ci eravamo sbagliati.... vero?

giugno-luglio 2010 29 notiziario anpi


CRIMINI DI...GUERRA E PACE «"Se si pensa che nella fase terminale della Guerra Fredda gli Stati Uniti detenevano almeno 12.000 testate nucleari e l’Unione Sovietica qualcosa di meno, il recente accordo siglato..." ... " Se la minaccia agli equilibri raggiunti in tema di armamenti nucleari viene identificata nei cosiddetti “Stati canaglia” (Iran e Corea del Nord), non sfugge che..." ... " Crimine di guerra, atto di pirateria, azione barbarica, reazione esagerata o, più moderatamente, blitz stupido e uso sproporzionato della forza: le dure parole di condanna ad Israele per il sanguinoso attacco alla “Freedom Flotilla...” ... "Come già in occasione dell’operazione Piombo Fuso, la situazione di Gaza ha quindi bisogno di eventi eclatanti per potersi meritare le prime pagine dei mass media. L’isolamento della Striscia..." ... "Dopo Bolzaneto, la Diaz: la sentenza del processo di appello ha anche in questo caso ribaltato il..."»... – Se si pensa che nella fase terminale della Guerra Fredda gli Stati Uniti detenevano almeno 12.000 testate nucleari e l’Unione Sovietica qualcosa di meno, il recente accordo siglato a Praga tra gli ex nemici appare di notevole portata: 1.550 testate nucleari strategiche “a testa” e consistente riduzione dei vettori, ovvero una diminuzione di circa il 30 percento rispetto ai numeri attuali. Certo, numeri sufficienti a causare comunque potenziali catastrofi, ma sappiamo bene che la contabilità di questi strumenti di deterrenza ha storicamente seguito parametri propri che bypassano disinvoltamente il rischio della reciproca distruzione. Si può quindi dire che questo è forse il primo gesto concreto con il quale Obama prova a legittimare il discusso premio Nobel assegnatogli lo scorso anno, il primo “fatto” a fronte dei numerosi impegni in tema di politica estera assunti al momento del suo insediamento. Ma si deve tuttavia tenere presente che, pur espresso con il consueto linguaggio cauto e diplomatico, nell’accordo stipulato rimane inquietante l’ipotesi di utilizzo dell’arma nucleare nei confronti a Paesi che operano in violazione degli accordi internazionali: il riferimento ad Iran e Corea del Nord è evidente, primi destinatari di un messaggio che ribadisce i nuovi confini della deterrenza e che non esclude l’opzione militare. Permane, inoltre, il nodo irrisolto del programma antimissile a più riprese proposto e negato dall’amministrazione americana e tanto inviso alla Russia, al punto che quest’ultima trova necessario ipotizzare il proprio ritiro dall’accordo “se lo scudo antimissile minaccerà la sicurezza nazionale”; e permane l’incertezza della ratifica del trattato da parte americana, che com-

30 giugno-luglio 2010

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porterà il voto favorevole di una decina di senatori in più di quelli democratici. Restano, infine da interpretare (perché ci riguardano direttamente) le parole della portavoce del Cremlino Natalya Timakova, per la quale il testo dell’accordo prevede “che le armi strategiche saranno dislocate solo sul territorio delle nazioni firmatarie”, come a voler far intendere che gli USA ritireranno le atomiche dai Paesi alleati in Europa e in Asia. Non sarebbe cosa malvagia il rientro oltre oceano delle 90 testate nucleari attualmente stoccate a Ghedi e ad Aviano… – Se la minaccia agli equilibri raggiunti in tema di armamenti nucleari viene identificata nei cosiddetti “Stati canaglia” (Iran e Corea del Nord), non sfugge che la preoccupazione più forte di Stati Uniti e Russia sta nella possibilità che l’estremismo islamico in un modo o nell’altro possa venirne in possesso. In effetti, l’accesso alle armi nucleari pare essere priorità di tanti, determinando una situazione dannatamente complessa: se è vero che USA, Russia, Cina, Gran Bretagna e Francia fanno parte dei 189 Paesi che hanno aderito al Trattato di non proliferazione, è altrettanto vero che questo non si può dire per India, Pakistan, Corea del Nord che pure detengono decine e decine di testate in aree caratterizzate da grande instabilità e a rischio di conflitti dovuti a tensioni etnico-religiose e rivendicazioni territoriali. Come se ciò non bastasse, ormai da anni è in atto una prova di forza tra la Comunità internazionale e l’Iran, impegnato nella ricerca sul nucleare civile ed accusato di voler in realtà arrivare a quello militare, che è culminata nelle sanzioni previste nella recente Risoluzione del Consiglio

di sicurezza dell’ONU. Risoluzione definita elegantemente come “spazzatura” dal Presidente in barba e giacchetta Ahmadinejad, che ha annunciato il proseguimento del programma nucleare. Risoluzione criticata anche dal premier turco Erdogan, per il quale “la Comunità internazionale, che dimostra una legittima sensibilità sul pericolo che l’Iran si doti di armi nucleari, dovrebbe avere la stessa reazione al fatto che altri Paesi della regione abbiano questo tipo di armi”. Il riferimento evidente è ad Israele, che non ha mai ammesso né negato di possedere la “bomba”, anche se i più accreditati enti di ricerca gliene attribuiscono non meno di duecento. – Crimine di guerra, atto di pirateria, azione barbarica, reazione esagerata o, più moderatamente, blitz stupido e uso sproporzionato della forza: le dure parole di condanna ad Israele per il sanguinoso attacco alla “Freedom Flotilla”, il gruppo di navi cariche di aiuti da destinare alla popolazione di Gaza, hanno accompagnato la formale condanna della Comunità internazionale per un’azione tanto sconsiderata militarmente quanto – in realtà – non sorprendente rispetto alla brutalità già in passato dimostrata dagli apparati di difesa del Governo di Tel Aviv (l’aggressione al Libano e l’operazione “Piombo Fuso” ne sono tristi esempi). Condanna – appunto – formale, che segue a una condotta indifendibile, ma che si stempera con il tempo, lasciando più o meno le cose come stavano e irrisolte le problematiche vecchie di anni. Come una sculacciata al bambino che si è comportato male. Nove morti e decine di feriti, clamorosa violazione del diritto marittimo interna-


CRIMINI DI...GUERRA E PACE zionale e dei diritti umani, arresti, espulsioni, requisizione del carico: a Israele, tutto sommato, questi eccessi sono consentiti da tempo in nome del proprio diritto all’esistenza e alla difesa e in nome della Shoah, lo sterminio che pare possa sempre legittimarne altri. Ma tant’è. Superata l’emozione provata a caldo, arriva il momento del “che fare”. Ed allora, le Nazioni Unite vanno alla prova della Commissione di inchiesta internazionale. E, sostanzialmente, la perdono. Il Consiglio dei Diritti dell’uomo dell’ONU approva una risoluzione che nomina una missione indipendente “che faccia luce sull’accaduto”, ma lo fa a maggioranza: 32 Paesi votano a favore, 3 votano contro (Stati Uniti, Olanda e Italia) e 9 (tra cui Francia, Gran Bretagna e Belgio) si astengono. Già, l’Italia. I toni del testo – ci spiegherà il ministro Frattini – erano eccessivamente polemici e sbilanciati in senso demagogico, “poco costruttivi in questa fase delicata”. Ma ciò che ha inciso, ribadisce, è il fatto che “Israele è un Paese democratico, in grado di organizzare da solo una indagine del genere”. Viva la sincerità. Per la cronaca, il testo approvato condanna “il grave ed oltraggioso attacco di Israele contro il convoglio umanitario” e chiede “alla potenza occupante di togliere immediatamente l’assedio al territorio occupato di Gaza e di assicurare piena assistenza umanitaria alla popolazione”. Troppo, per gente come Frattini. Troppo, evidentemente, anche per l’Unione Europea che inizialmente aveva richiesto “un’immediata, completa ed imparziale inchiesta sugli eventi”. Imparziale. Lo Stato ebraico si è affrettato a dichiarare che considera il Consiglio dei diritti umani “un organismo che da tempo ha perso la propria autorità morale e che, anzi, è uno strumento nelle mani di Paesi antidemocratici” e che, pertanto, non ne riconosce l’autorità. La Commissione di inchiesta se la farà da solo. Come volevasi dimostrare. – Come già in occasione dell’operazione “Piombo fuso”, la situazione di Gaza ha quindi bisogno di eventi eclatanti per potersi meritare le prime pagine dei mass media. L’isolamento della Striscia (1.400.000 persone che vivono in appena 360 kmq) continua ininterrotto dal 2007, anno in cui Hamas prese il pieno controllo dell’area e, contestualmente, subì

il blocco del valico di Eretz con Israele e di Rafah con l’Egitto e l’interruzione dell’invio degli aiuti umanitari, in quanto considerata dall’Occidente organizzazione terroristica In qualunque modo lo si voglia contestualizzare, il dato di fatto è che ci si trova di fronte ad una enorme prigione urbana, risultato di una punizione collettiva, all’interno della quale le condizioni di vita appaiono spaventose e rese appena comprensibili da un crudo elenco di emergenze. L’economia è letteralmente crollata, la produzione è ferma al 90 percento, non vi è distribuzione delle merci se non di contrabbando, non esiste la possibilità di allevare bestiame, il reddito procapite è sceso del 50 percento, la disoccupazione è al 42 percento, il 56 percento vive sotto la soglia della povertà, il 60 percento della popolazione risulta malnutrita. Manca il combustibile per il funzionamento della centrale elettrica, l’energia viene interrotta ogni giorno per 8-12 ore, con serie conseguenze per gli ospedali. L’80 percento dell’acqua di Gaza non è potabile e viene comunque utilizzata mettendo a rischio la salute, il 50 percento dei bambini soffre di anemia, nei quattro anni di assedio circa quattrocento persone sono decedute in attesa di permesso di uscita per cure sanitarie. Non è consentito il passaggio dalle frontiere di materiali edile e, pertanto, non è possibile operare una benché minima ricostruzione delle migliaia di edifici distrutti dai recenti bombardamenti israeliani. Tutto ciò e molto altro evidentemente non costituiscono un problema per la Comunità Internazionale. Come si riesca a pensare che questo crudele embargo possa spezzare la volontà e la resistenza dei Palestinesi e non, viceversa, accrescere l’odio e la contrapposizione, rimane un mistero. O forse, una lucida aberrazione. – Dopo Bolzaneto, la Diaz: la sentenza del processo di appello ha anche in questo caso ribaltato il giudizio di primo grado, dichiarando colpevoli 25 dei 27 imputati e condannandoli a un totale di 85 anni di carcere. E, cosa chee più conta, lo ha fatto ici della Polizia sulla inchiodando i vertici base dell’assunto, precedentehe la catena mente ignorato, che di comando “non poteva non che Francesapere”.E così anche anni Luperi sco Gratteri, Giovanni

e Spartaco Mortola si sono visti infliggere 4 anni di reclusione, mentre Vincenzo Canterini si è visto aggiungere un anno ai 4 che già poteva vantare. Per tutti è prevista l’interdizione dai pubblici uffici per un quinquennio. Anche per gli esecutori materiali della mattanza pene le pene sono state inasprite. Falso ideologico e lesioni gravi i reati che sono riusciti ad evitare la prescrizione a nove anni dallo svolgimento dei fatti. Per dirla con le parole del pm Machiavello, “non si sono potute dimenticare le terribili ferite inferte a persone inermi, la premeditazione, i volti coperti, la falsificazione del verbale di arresto di 93 no global, le bugie sulla loro presunta resistenza”. Se occorre esprimere soddisfazione per una sentenza che finalmente ristabilisce la verità storica di quanto accadde quella tragica notte che, per altro, non poteva non essere chiaro ad ogni persona dotata di buon senso, è bene sottolineare che la risposta delle istituzioni è stata quella di ribadire la fiducia e l’apprezzamento per tutti i dirigenti condannati e, si badi, in questi anni promossi ad incarichi ancora più prestigiosi. Nessuna cautela, nessuna sospensione, nessun ripensamento in attesa del pronunciamento della già appellata Corte di Cassazione. Così come, d’altra parte, è avvenuto in occasione della sentenza che ha condannato l’ex Capo della Polizia De Gennaro a un anno e 4 mesi per “induzione alla falsa testimonianza”, ovvero per aver istigato l’ex questore di Genova Francesco Colucci a mentire sulla dinamica verificatasi alla scuola Diaz. Anche in questo caso, la “piena e totale fiducia” del ministro dell’Interno Maroni e del ministro della Giustizia Alfano, “la solidarietà, gratitudine e vicinanza” del ministro del Programma Rotondi, l’ipotesi di condanna di tipo politico pronunciata da esponenti della maggioranza, fino ad arrivare alla prevedibile verità di Gasparri: “Tra l’ex capo della Polizia De Gennaro e la sentenza sul G8 preferisco De Gennaro”. De Gennaro rimane lì, Capo del Dipartimento informazioni per la sicurezza.

De Gennaro

giugno-luglio 2010 31 notiziario anpi


di Massimo Becchi

MUOVERSI A REGGIO a 21 KM/H C

on i sui 167.000 abitanti circa Reggio resta una realtà territoriale collocabile fra le piccole-medie città italiane, che non la esime comunque da alcune conseguenze legate all’attuale sistema della mobilità, che vede il prevalere di una ripartizione del mezzo privato e netto vantaggio del mezzo pubblico. Avere circa 65 auto/abitante in città significa che tutti i patentati hanno di fatto un’auto propria e che se s’immettessero tutti insieme sulle strade formerebbero una serpentone ininterrotto lungo 470 chilometri. Per ovviare ai problemi di mobilità negli ultimi dieci anni sono state lasciate immutate le linee del trasporto pubblico, mentre nuove strade e tangenziali hanno cercato di ovviare ai problemi dell’ora di punta. Con che risultati? L’asse sud è decisamente scarico, ovvero raccoglie poco traffico vista la lontananza dalla città, per cui chi deve muoversi fra un quartiere e l’altro non sta certo ad andare così lontano per poi rientrare, mentre la tangenziale di Canali ben in pochi la usano (anche nell’ora di punta) vista la comodità della vecchia strada che passa per il centro della frazione. A queste brillanti intuizioni, i cui risultati erano già noti all’amministrazione pubblica dagli studi preliminari che le accompagnava le opere stradali, ora si vuole aggiungere la bretella di Rivalta. Ambiente Italia nel suo studio sulla strada a sud della città aveva previsto che il percorso poi realizzato era quello “trasportisticamente” peggiore, ovvero in grado di raccogliere meno traffico perché poco appetibile, ma indubbiamente quello che permetteva di urbanizzare, come in parte è già avvenuto la maggior superficie fra la città e la strada stessa. In sostanza la speculazione edilizia dell’era Malagoli ci ha lasciato una città piena di cantieri ed una strada costosa e poco funzionale. Rivalta vede convergere nella sua piccola rotonda la statale 63 e l’asse della Val’d’Enza che portano circa 2.650 auto a transitare nell’ora di punta (7,30-8,30). Dalla montagna arrivano poco più di 400 auto, mentre 1.150 circa arrivano dalla Val d’Enza. Appare quindi anomalo che il Comune proponga di deviare il flusso minore con una “bretellina” dalla statale lo scarica su via del Buracchione senza considerare che intanto il centro di Rivalta avrebbe un calo stimato del 4-5 percento delle auto, mentre tutto il resto resterebbe immutato. Questi dati sono desunti dai rilievi fatti dal Comune nel 2007 e 2009 sui flussi di traffico. Quello che serve per risolvere il problema trasportistico a Rivalta è togliere il traffico della Val d’Enza portandolo direttamente sulla ex statale 63 e parte di quello della montagna, che può essere fatto con un parcheggio scambiatore all’altezza della vasca di Corbelli e in aggiunta con una terza corsia a fianco della strada esistente che si raccordi con via del Buracchione. Quello che si è fatto fino ad oggi è stato tentare invano di utilizzare 32 giugno-luglio 2010

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l’alveo del Crostolo per creare una viabilità alternativa, che puntualmente si è scontrato con vincoli urbanistici ed ambientali, tanto che dalle prime discussione a metà degli anni ’90 si sta ancora ragionando di questo problema. Sarebbe stato molto più semplice passare ad ovest di Rivalta, verso al Val d’Enza dove l’orografia del terreno permette di costruire una strada in trincea e con un tunnel passare sotto la chiesa di Rivalta per allacciarsi poi all’asse della Val d’Enza. In tutto questo disquisire sulle strade gli autobus restano bloccati nel traffico, con una media di 21,77 km/h nel 2009 ovvero poco dissimile da una bicicletta, e un calo costante degli utenti passati da 98 viaggi/anno per abitante ai 73 del 2009, situazione che si traduce in una copertura dei costi del 26,7 percento attraverso i titoli di viaggio. Forse l’unica vera innovazione apportata dall’Amministrazione comunale negli ultimi anni sono state le piste ciclabili, che hanno toccato quota 155 km nel 2009 confermando Reggio come la città con più piste ciclabili in rapporto agli abitanti. Spostare dalle 4 alle 2 ruote la mobilità non può comunque risolvere il problema di alcuni quartieri e di Rivalta (occorre ricordare che via Benedetto Croce che doveva essere sollevata dal traffico dalla nuova strada di gronda a sud è intasata quasi come prima della variante) che necessitano di scelte viabilistiche coerenti con i dati trasportistici e non fatte sulle sensibilità degli assessori o dei loro tecnici.


Allergie Primavera-Estate Previsioni del polline

E

gregio Prof. Iori, il mio argomento è quello delle allergie. Può darsi che altre volte le abbiano rivolto una domanda in merito e che la sua risposta sia stata pubblicata sul Notiziario. Io però non ricordo di averla mai vista. D’altra parte i progressi della medicina avranno prodotto delle novità anche in questo campo. Il mio caso: ho 79 anni e già da una quindicina, con la primavera (anche se quest’anno è stata molto piovosa) e con l’estate soffro d’allergia, soprattutto se passo vicino o in mezzo ad un campo con l’erba alta. Qualche volta sono stato anche vaccinato. Ma quest’anno, cessate le piogge fin troppo abbondanti, ho avvertito una fastidiosa ripresa dell’allergia, con gonfiore agli occhi e violenti sternuti. Ci sarà un modo per far sì che le estati che mi restano non siano per me fastidiose come le precedenti (attuale compresa)? Spero in una sua risposta e La ringrazio. Alfredo G.

C

aro Alfredo, questa primavera “ritardataria” ha fatto sì che anche le sindromi allergiche stagionali siano arrivate in ritardo, ma quasi tutte insieme; infatti, con il ritardo della primavera molte fioriture si sono sovrapposte, il problema allergia riguarda diversi milioni d’italiani; l’allergia è una reazione di difesa eccessiva del sistema immunitario nei confronti di sostanze considerate erroneamente nocive; il prezioso sistema immunitario serve a difendere l’organismo da aggressioni esterne; esso confronta le sostanze con le quali il corpo viene in contatto con la propria memoria ed attacca con anticorpi (ma non solo) le sostanze non riconosciute come innocue. L’allergia è dovuta dunque ad un errore di riconoscimento di agenti esterni scambiati per pericolosi, e quindi attaccati dal sistema immunitario; le successive esposizioni all’allergene trovano un organismo sensibilizzato e dunque pronto a reagire massicciamente al contatto. Vi è una certa percentuale di ereditarietà per le allergie. Entriamo in contatto con le sostanze allergizzanti soprattutto, ma non solo, per mezzo dell’aria respirata: prevalentemente si tratta di pollini di piante ed erbe, per le quali esistono

i calendari di fioritura e quindi di nocività allergica; tra le piante ed erbe più responsabili d’allergie abbiamo le graminacee (da metà maggio a metà settembre), il tarassaco (maggio e giugno), ortica da maggio a settembre), piantaggine e acetosa (da maggio ad agosto), parietaria (da maggio a settembre), ma anche nocciòlo, olmo, pioppo e salice (da marzo a maggio), betulla, quercia, faggio e pino; anche poi gli allergeni da casa, e quindi non stagionali (prodotti di desquamazione cutanea di animali domestici, prodotti di eliminazione di acari, polveri, ecc.) sono rilevanti, così come le allergie ad alimenti e farmaci. I sintomi dell’allergia possono essere: gastrointestinali (nausea, vomito, diarrea), cutanei (prurito, arrossamenti, eruzioni cutanee), nasali (starnuti a ripetizione, naso chiuso, rinorrea), respiratori (tosse irritativa, affanno, mancanza d’aria, asma), oculari (arrossamento, gonfiore, lacrimazione, fotofobia), fastidioso prurito alle orecchie, mal di testa, irritabilità e stanchezza. Prima di arrivare ai rimedi per questa fastidiosa condizione, la si deve naturalmente diagnosticare: la diagnosi dapprima si basa sui sintomi descritti, prevalentemente primaverili od estivi, successivamente si praticano test per individuare le sostanze che il nostro sistema immunitario considera nocive; il prick test è un test cutaneo, consiste nel praticare delle scarnificazioni non dolorose né sanguinanti sul braccio e nel posare su ognuna una soluzione dei diversi allergeni; in circa un quarto d’ora sì forma una reazione cutanea pruriginosa laddove è stato messa la sostanza cui siamo allergici. A volte sono necessari esami di approfondimento diagnostico (ad esempio rast test, che ricerca su un prelievo di sangue anticorpi specifici per gli allergeni). Si possono eseguire nelle allergie delle terapie aspecifiche (sui sintomi): si usano i cromoni, (impediscono la liberazione di sostanze irritanti dai mastociti), gli antistaminici (che bloccano l’istamina), i cortisonici (che bloccano il sistema immunitario con più decisione), salbutamolo ed antileucotrienici (usati soprattutto nei casi di asma), decongestionanti in compresse o spray; l’ultima novità nella terapia delle allergie sono gli anticorpi monoclonali anti IgE, che neutralizzano l’effetto degli anticorpi responsabili dell’allergia attaccando-

si ad essi e neutralizzandoli (si tratta di terapie ad alto costo); inoltre per proteggere gli occhi è bene usare un buon paio di occhiali da sole, è vietato grattarsi gli occhi (fa aumentare il prurito e potrebbe danneggiare la cornea), colliri antiallergici usati preventivamente nei 15 giorni precedenti all’“esplosione” o colliri cortisonici in fase acuta potrebbero inoltre aiutare; come ripeto spesso le terapie farmacologiche vanno prescritte dal medico. che ne conosce controindicazioni ed effetti collaterali. La terapia specifica viene eseguita dopo le prove allergiche, con l’iniezione sottocute di dosi via via crescenti dell’allergene in questione; le iniezioni si praticano ogni 2-3 giorni (o anche ogni 7-10); nel caso dei pollini sono da eseguire per tutta la stagione di fioritura specifica; si cerca in questo modo di fare abituare il sistema immunitario alla sostanza allergizzante. In diversi casi questa terapia è efficace per molto tempo; ci sono però anche di scarsa o nulla efficacia, oltre a casi in cui un individuo allergico ad una sostanza diventa nel tempo allergico ad altre. Ci sono poi alcune cose che si possono fare per ridurre l’esposizione ai pollini: rimanere in casa nelle giornate secche e ventose; è meglio uscire dopo una pioggia che abbia “lavato” l’aria dal polline; evitare lavori di giardinaggio e non stare a contatto con fiori, alberi, prati, lavare i vestiti usati all’esterno e sciacquare con una doccia pelle e capelli dai pollini; usare una maschera antipolvere se si lavora all’esterno; non appendere il bucato all’esterno; evitare che animali domestici stiano sul letto o sul divano; controllare su Internet le “previsioni del polline” e chiudere porte e finestre se si prevedono elevati livelli di polline, evitare di uscire nelle prime ore del mattino quando i livelli del polline sono più elevati; usare l’aria condizionata in casa ed in auto, meglio se con filtri specifici contro l’allergia; usare per le pulizie un aspirapolvere con filtro HEPA ad alta efficacia; nel caso d’allergia agli acari è poi utile lavare lenzuola e coperte ad almeno 50°, usare materassi e coperte a prova d’allergia, mantenere ben puliti (o meglio eliminare) i tappeti e le moquette. Caro Alfredo, spero davvero di esserle stato utile ed auguro a lei ed a tutti i lettori una buona estate.

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di Riccardo Bertani

Nel manas la storia intima dei Nella repubblica ex sovietica di Kirghisia c’è stato, all’inizio di questa primavera, un sanguinoso colpo di stato (rapidamente scomparso dalle prime pagine dei giornali) che ha rovesciato Kurman Bakyiev e portato al potere un governo provvisorio guidato da Roza Otunbayeva, molto vicina agli USA, che Roza stessa ha subito voluto rassicurare circa il mantenimento sul territorio kirghiso della loro base militare di Manas. Nome fatidico, quello di Manas,che è anche il titolo del massimo poema epico del popolo kirghiso. Su tale poema, e sulle più profonde radici religiose e culturali dei kirghisi, ci informa con la consueta competenza il nostro Riccardo Bertani, che già su queste pagine (“Notiziario”, n. 5-6, 2005) pubblicò l’articolo Detti e proverbi kirghisi. (A metà giugno sono riesplosi in modo drammatico gli scontri etnici, provocando centinaia di morti e centinaia di migliaia di persone in fuga dal massacro verso il confine uzbeko).

I

l MANAS, il massimo poema epico del popolo Kirghizo, prende nome dal suo eroe principale, il mitico Manas, l’intrepido e forte eroe in cui si riflette tutta la tenacia, il coraggio e lo spirito di libertà che da sempre hanno caratterizzato questo popolo indomito delle steppe asiatiche. I canti che compongono il Manas sono opera dei cosiddetti MANASCY, come venivano chiamati quei poeti, o meglio, cantori analfabeti, che hanno tramandato attraverso i secoli la storia delle mitiche imprese di questo loro eroe nazionale e dei suoi quaranta inseparabili BAATYR, cioè dei suoi leggendari compagni d’armi. La molteplicità dei cantori che si sono susseguiti nel tempo a raccontare le gesta di Manas, ha fatto sì che l’epopea acquistasse un sempre più vasto respiro poetico, ed una sempre più precisa connotazione sia a livello storico che folklorico. Infatti numerose sono le le citazioni che il poema racchiude a riguardo di tradizioni, costumi, storia e cognizioni mediche, filosofiche, geografiche possedute da questo uomo. L’origine dell’epopea di Manas risale all’VIII-IX secolo, quando ancora le tribù kirghize erano stanziate nelle steppe di MINUSINSK, sulle rive dello Enissej, cioè a più di mille anni or sono, quando i Kirghizi sotto la guida del grande JAGLAKAR-CHAR, erano riusciti a respingere le scorrerie delle tribù provenienti dalle steppe mongole, intenzionate ad invadere le loro terre. Quelli erano anche i tempi in cui i Cinesi, sotto la dinastia TAR (618907) invasero le terre del TURKESTAN, sottomettendo in tal modo anche le tribù kirghize che vivevano in quel territorio. Ed è in questo periodo che il mitico eroe Manas, abbandonando l’antica concezione sciamanica del suo popolo, abbracciò la nuova fede islamica, in nome della quale lottò per ridare libertà e dignità al suo fiero popolo, accompagnato in ciò dai suoi fidi baatyr BAKAY, CIUBAY, SURGAK e soprattutto da ALMABEI, anche se questi era di origine cinese. Da allora in poi l’epopea del Manas fu sempre più rivolta ad esaltare il trionfo della fede islamica; tale posizione portò ben presto l’epopea ad essere invisa dalla critica sovietica. Infatti l’ Enciclopedia sovietica (vol. V, pag. 898, Mosca, 1959) dedicava al Manas solo poche righe conludendo:”….l’epopea racconta in particolare la grande ascesa dell’ideologia feudale portata tra i Kirghizi dalla fede musulmana”. Tra gli ultimi cantori famosi del Manas vanno citati SAGHYNBAJ ORUZBAKOV, nato nel 1867 (morirà nel 1930) in un villaggio sulla riva meridionale dell’ Issyk-Kol, ed il cui padre era un noto suonatore di KARNAJ (specie di tromba).

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KIRGHISI

I suoi versi trascritti in caratteri arabi da da Ibraim Abdyraham, risultano fortemente influenzati dal credo islamico. SAIAKBAI KARALAIEV, nato nel 1894 nella regione del lago Issyk Kol, per la sua sensibilità poetica e culturale è sicuramente da considerarsi il maggior manascy di tutti i tempi. I suoi canti erano soprattutto rivolti a narrare le vicende che hanno segnato la millenaria storia del suo amato popolo. Karalaiev è morto nel 1971 e le sue diverse composizioni dedicate al Manas, trascritte prima in caratteri latini e quindi nell’attuale scrittura cirillica kirghiza, furono in parte pubblicate in due volume nel 1958 dal noto trascrittore Ibraim Abdyrachman. La mitica figura di Manas, eroe intrepido equo ed onesto, sempre pronto ad accorrere in aiuto dei più deboli ed indifesi, ha sicuramente un’antica origine sciamanica, confondendosi col prosieguodel tempo con altri personaggi leggendari appartenenti al mondo biblico, greco e islamico. Nei molteplici canti che compongono il Manas troviamo sovente citati arcaismi che denotano qual’era un tempo l’esistenza dei Kirghizi, vedi per esempio l’uso del KOOK, uno strumento di tortura consistente in una striscia di pelle di cammello che, inumidita, andava avvolta attorno alla testa di chi si era reso colpevole di un delitto. La fascia, nell’asciugarsi, si restringeva lentamente provocando dolori atroci al malcapitato. Suggestive sono le narrazioni di eventi naturali come la rappresentazione metaforica, con lo sparo del gigantesco cannone ABZEL, di un disastroso terremoto. Eccone un parziale esempio che traduco da SAJAKBAJ KARALAEVDIN VARIANTY, BOJUNCA, Frunze, 1984. …Abzel, dalla bocca affamata / da settanta lune digiuno / stava là quale immenso masso di ghisa /…../ Ad un tratto, con la bocca / verso occidente, il cannone sparò! / Al suo terribile rombo / la gente spaventata / fugge all’impazzata. / Il cielo s’oscura di crepuscolo / quindi scende tetra la notte / un vivido lampo squarcia / l’oscurità ed illumina intorno /………../ L’eco del terribile rombo / si ripercuote potente / sino ai più lontani villaggi. / La terra trema paurosamente: / anche ai sordi s’imperla / la fronte dalla paura. / Alle madri cadono dalle braccia / i bambini che stringevano al seno./ I paioli si rovesciano / spegnendoli focolare, / si imbizzarriscono i cavalli / girando furiosi attorno / al palo cui erano legati. / S’agitano inquieti i cammelli,/ starnazzano le oche nei cortili / frullano via gli uccelli dai nidi / guaiscono i cani alla catena. / Tale era lo sconquasso provocato / dal terribile sparo di Abzel.

Donna della minoranza fuggita in Uzbekistan per sottrarsi al massacro.


memoria Cimitero di Rivalta Cancellati i simboli del nazismo Martedì 22 giugno sono state coperte le svastiche e croci celtiche comparse sui muri del cimitero di Rivalta.

Gianni Prati e Nando Rinaldi

Non a caso è stato scelto la prossimità dell’anniversario della strage della Bettola (comune di Vezzano s/C) (23 giugno, vedi articolo) per sottolineare il significato di questi simboli e il motivo per cui devono essere ripudiati. Oltre ai cittadini di Rivalta, erano presenti: Gianni Prati, presidente della circoscrizione, Gian Luca Chierici, presidente del Consiglio provinciale, Nicoletta Montecchi, vice sindaco di Vezzano; Roberto Ferrari, segretario provinciale del Pd, Giacomo Notari, presidente provinciale dell’ANPI, Fiorella Ferrarini, vice presidente provinciale dell’ANPI; Nando Rinaldi, Massimo Storchi, Alessandra Fontanesi, Matthias Durchfeld di Istoreco.

Ricordati i 32 martiri della Bettola Sono state commemorate, il 23 giugno scorso, alla Bettola di Vezzano s/C le 32 vittime innocenti della strage tedesca del giugno 1944. Dopo la messa, il corteo ha deposto una corona di fiori ai piedi della monumento che ricorda la strage di 66 anni fa. Oltre al sindaco di Vezzano Mauro Bigi erano presenti i rappresentanti dei comuni di Albinea, Quattro Castella, Scandiano, Casina, della Provincia, il capitano dei carabinieri Mario Amoroso, con il maresciallo Fiore di Vezzano, Matthias Durchfeld di Istoreco, e Liana Del Monte (vedi foto) superstite di quella tragica notte. Il fisarmonicista Lorenzo Munari ha accompagnato la cerimonia.

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memoria

QUELLA NOTTE DI MAR Riceviamo e volentieri pubblichiamo questa ricostruzione dell’assalto di Villa Rossi e Villa Calvi del 26-27 marzo 1945. Ne è autore il dott. Antonio Farri, figlio di Gianni, che nella battaglia ebbe un importante ruolo alla testa dei garibaldini della 26ª bgt, e di Elide Zanti, a sua volta partigiana e che ebbe un ruolo nelle medesime drammatiche circostanze.

Villa Calvi, Villa Rossi, Villa Viani Si trovarono al Comando Unico; per il Comando alleato: Mc Ginty – Mc Farran – cap. Lees per il Comando generale CVL: Didimo Ferrari / Mirco Cocconi / Col. Berti per la 26a Brigate Garibaldi: Luigi Montermini – Comandante Gianni Farri – Vice Comandante. Venne deciso: Capo missione Mc Farran, Villa Rossi Cap Lees, Villa Calvi Gianni Farri, Villa Viani e blocco strada Botteghe cap. Pogorov o Tarassov (non ricordo). Vennero discusse le situazioni belliche e il piano di avvicinamento e combattimento. Emersero anche due situazioni particolari: 1 - gestione feriti; 2 - uso arma bianca.

Sul punto 1 Montermini propose l’apporto di un reparto sanitario attrezzato per cura e trasporto feriti. Prevalse la tesi inglese secondo la quale i feriti dovevano essere lasciati sul posto, in quanto in questo tipo di missione importante era l’azione militare e subito dopo evitare accerchiamenti; l’ordine era di tenere segreta la cosa. Montermini obiettò che gli inglesi avevano la Convenzione di Ginevra, i Garibaldini no. Mc Farran, Lees e Farri ubbidirono. Montermini si raccomandò poi con Farri di non fare pazzie e di riportare tutti a casa salvi.

Sul punto 2 Montermini fece presente che avrebbe scelto gli uomini migliori della 26a, ma che Garibaldini adatti ad usare pugnali non ne aveva; anche per coinvolgere altre formazioni partigiane per questa importante missione vennero aggregati quattro garibaldini coraggiosi della 145a comandati da Antonio Mattioli. (Ho conosciuto Luigi Montermini; è stato un grande comandante partigiano). Successivamente, la spedizione partì ed era composta da: Mc Farran Capo missione, 10 inglesi, Cap. Lees su Villa Rossi; 10 “Gufi

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neri”, Glauco Monducci su Villa Rossi; 20 Garibaldini 26a, Gianni Farri su Villa Calvi; 4 Garibaldini 145a, Antonio Mattioli su Villa Calvi; 10 inglesi, ten. Harvey su Villa Calvi; 50 “Battaglione alleato” russi, cap. Pogorov o Tarassov su Villa Viani e blocco strada Botteghe. Il comando operazione era: su Villa Rossi del Cap Lees, su Villa Calvi di Gianni Farri, su Villa Viani del cap. Pogorov o Tarassov. Marcia di avvicinamento su due colonne.

Io so gli avvenimenti di Villa Calvi Ci furono dei problemi nell’eliminazione delle sentinelle; la villa era circondata; l’ordine già dato da Farri era quello di usare mitragliatori ad alzo zero sulle finestre ai piani inferiori e bazooka e mitra sul piano superiore; due inglesi girarono per i lati della villa usando i bazooka; un inglese con la cornamusa accostato ad un albero suonava in continuazione fino a che una pallottola di rimbalzo non forò lo strumento musicale. Harvey e altri inglesi dopo colpo bazooka entrarono nella villa bruciando e sparando; Mattioli e la 145a strisciarono verso le finestre di un lato della villa; dovette lo stesso Gianni Farri con il suo vice Athos (è di Sant’Ilario) andare a riprenderli perché l’ordine era quello di sparare alle finestre e il mitragliatore ad alzo zero su quel lato non aveva il campo di tiro libero. Su un lato della villa ci fu un tentativo di sortita tedesca con troppi morti. Insomma gran “casino”, sangue, morti, tragedia della guerra, cose da tenere per sé con umiltà e da non raccontare. Bravi i Garibaldini, disse sempre Gianni Farri; tutti bravi; li propose tutti per decorazione militare; alcuni indisciplinati ma erano ragazzi molto giovani. Anche di lì a pochi giorni nel contrattacco di Ca’ Marastoni Monte della Castagna i distaccamenti garibaldini della 26a si batterono benissimo con una grande vittoria tanto che Farri pro-

pose anche in quella occasione numerose decorazioni. A un certo punto un razzo segna la fine del combattimento. Punto di raccolta da Mc Farran dietro Villa Calvi. Ordine di sganciamento veloce di corsa; arrivano due scale a pioli con sopra due feriti; Lees e Monducci; con i feriti su pesanti scale e con Lees che pesa molto è impossibile eseguire l’ordine; Gianni Farri è titubante, tiene fermi i Garibaldini, parla con Polvere (Luciano Vecchi); Polvere è di Villa Canali, conosce la zona, dice che se vanno lungo la vallata, sopra Villa Rivaltella ci sono due case coloniche isolate verso Canali (credo case Bergomi e Torelli); si va incontro ai rinforzi tedeschi che possono arrivare da Rivalta e Reggio, ma è difficile immaginare che chi scappa vada verso il nemico. Farri dice a Mattioli di andare di corsa verso i fuggitivi ad avvisarli che i garibaldini non abbandonino i feriti; si sganceranno non appena possibile. Furono coraggiosi i contadini quando si videro arrivare i garibaldini armati fino ai denti e due feriti (credo famiglia Vaccari). I feriti sono messi male. Gianni Farri conosce una crocerossina Elide Zanti, uscita dal Convitto Principessa di Piemonte di Bologna nel ’43, assunta come assistente sanitaria in Comune a Reggio nello stesso anno. La famiglia è sfollata a Gavasseto dove è sfollata anche la famiglia di Farri. È famiglia antifascista. Gianni Farri sente in cuor suo che si può fidare. Polvere va a Canali, da Canali con un GAP va alla chiesa di San Pellegrino. Un altro GAP va a Reggio a Porta Castello; va a casa della maestra Bastianini; la maestra Bastianini va in via Farini e suona al campanello dell’Elide Zanti che vive lì con la sorella Adriana (porta di fronte alla sede attuale dell’ANPI). Il messaggio che tutti si sono passati verbalmente è: “Elide, la vuole Gianni in un posto vicino a Reggio per curare dei feriti, se disponibile venga subito”.


RZO A BOTTEGHE

memoria

DI ALBINEA...

La sorella Adriana non vuole; Elide prende la bicicletta e segue la Bastianini; vanno all’ospedale; sono le 5 del mattino, la Zanti va al pronto soccorso, c’è il dott. Paolo Fornaciari, dice che ha bisogno di medicinali di pronto intervento per curare ferite; Fornaciari ha sentito spari e visto lampi nella notte, capisce; arriva il dott. Bossi, anche lui di turno; fanno letteralmente pari o dispari per seguire la Zanti e la Bastianini; vince Bossi. Tre biciclette in fila Bastianini, Zanti con pronto soccorso nella borsa, Bossi; all’incrocio del ponte di San Pellegrino, verso la Chiesa di San Pellegrino ci sono due fascisti con giaccone nero e biciclette e pistola bene in vista; la Bastianini passa, fermano la Zanti; dice che va a curare un contadino feritosi lavorando nei campi e che è il cugino della signora appena passata; la lasciano andare e dopo un po’ un fascista si accoda. In fila indiana ed a intervalli su via Tassoni Bastianini, Zanti, fascista, Bossi; via Tassoni è deserta, silenzio spettrale. A un certo punto la Zanti con il cuore in gola più morta che viva per la paura svolta a sinistra dentro il cortile di una casa colonica prima di Canali (è quella ancora esistente abbandonata a sinistra, dove fino a vent’anni fa c’era una carrozzeria); suona il campanello, aprono la porta, chiede una pompa per gonfiare una ruota della bicicletta; davanti a due increduli contadini gonfia sgonfia e rigonfia la ruota e con la coda dell’occhio guarda il fascista che si è fermato con la bicicletta al bordo della strada. Finalmente il fascista torna indietro ed incrocia Bossi che nel frattempo si era nascosto dietro un cespuglio. “Andava come un fulmine e secondo me aveva paura”, raccontò Bossi, anche perché apparvero lungo via Tassoni tre ragazzi in bicicletta che pedalavano tranquillamente (Polvere raccontò poi che erano GAP anche loro). La Resistenza reggiana aveva organizzato una fitta rete di tutela intorno a Botteghe composta dai Gruppi di azione Patriottica. Questa e’ stata la Resistenza .

Bastianini incontra Polvere che aspettava all’angolo via Tassoni con l’attuale via Tolstoj; vanno tutti su per la campagna e arrivano alle due case coloniche, va loro incontro il garibaldino (? non è un gappista) Fiorello che li conduce nella casa dove ci sono i feriti; i garibaldini sono armati fino ai denti asserragliati nell’altra casa. Vengono soccorsi i feriti, ferite multiple, Monducci dice chi è e dove abitano i suoi parenti. Farri dice alla Zanti di mandare nel pomeriggio sua sorella Noemi e di tornare la sera; al pomeriggio arriva la sorella Noemi con il dott. Chiesi che cambia i medicamenti; alla sera arriva la Zanti con Bruto ed Elio Monducci, padre e fratello; nel frattempo il dott. Fornaciari ha portato in Comune un certificato di assenza per malattia della Zanti. I feriti sono stati medicati; non stanno bene ma sono fuori pericolo anche se doloranti; nel pomeriggio arriva anche un camion carico di tedeschi che perlustra la zona adiacente le case coloniche; i garibaldini hanno sempre ritenuto che al perlustrazione non fosse troppo convinta, in quanto ci misero ben poco a risalire sul camion e ad andare via. E’ la notte seguente; i garibaldini se ne devono andare, è troppo pericoloso rimanere lì, finora è andata bene, sono stati fortunati, i feriti sono salvi; si sganciano dalla zona; tornano in montagna, purtroppo sono morti tre inglesi e troppi tedeschi. La Zanti torna in via Farini; la mattina seguente suona il campanello Bruto Monducci e le dice che stanno cercando una ragazza bionda, vestita di nero con una bicicletta color grigio e di stare chiusa in casa; dopo un po’ torna e le dice di andare dal parrucchiere Cimurri; la Zanti va dal parrucchiere vestita di chiaro e con un foulard in testa (credo in via Berta). Cimurri: “la tingo di nero, è gratis, non dica niente”; quando finisce di tingerle i capelli entrambi si mettono a piangere. Il 25 aprile, Gianni Farri porta la 26a a Reggio (Montermini è ferito agli occhi ed è ancora in infermeria in montagna). Verso sera

Mike Lees e Glauco Monducci “Gordon” (a sin.) sul carro adibito al trasporto di bestiame con il quale, feriti, nascosti sotto uno strato di fieno, furono trasferiti dalla casa colonica di Villa Canali a quella di Rivalta (la foto è del marzo 1946)

va in via Farini a trovare l’Elide Zanti. Si sono dati il primo bacio della loro vita. Questa è la storia dei fatti; ci sono tanti ragazzi e ragazze della città, della campagna e della montagna, poco più che ventenni, che senza montarsi la testa, senza considerarsi dei Rambo o dei Tex Willer, hanno in momenti eccezionali della loro vita compiuto cose… inconsuete con modestia, coraggio, determinazione.

Antonio Farri

giugno-luglio 2010 37 notiziario anpi


memoria

L’immagine di

NADIA

NEL SACRARIO DEL MONTE DELLA CASTAGNA, TOANO

E U G N A S I D A U Q S A P 5 1° APRILE 194 Il 1° aprile u.s., nel luogo che fu teatro del combattimento ricordato come “Pasqua di sangue” del 1° aprile 1945, e all’interno della cappella ivi inaugurata il 12 settembre 1971 in memoria dei caduti partigiani della 284a bgt Fiamme Verdi “Italo”, è stata scoperta (presente l’Autore Vainer Marconi) l’opera in bronzo raffigurante la partigiana della 26a bgt Garibaldi Valentina Guidetti, Nadia, trucidata dai nazisti a colpi di pugnale in quel drammatico giorno. Dopo un saluto del Sindaco di Toano, Michele Lombardi, e del presidente dell’ALPI-APC Danilo Morini, ha svolto l’orazione ufficiale la senatrice Albertina Soliani. Studenti delle scuole medie di Toano hanno letto loro testi ela38 giugno-luglio 2010

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borati simulando un dialogo fra i cippi, che sorgono numerosi nel Toanese, “per ricostruire le vicende legate alla Resistenza in un modo più nostro, colorato da battute anche dialettali”, come ha scritto Alessia, una delle studentesse protagoniste (Resto del Carlino, 04.06.10).

In alto: L’immagine di Valentina Guidetti, Nadia, nel bassorilievo in bronzo opera dell’artista Vainer Marconi (foto di Vainer Marconi) Al centro: Gli allievi della scuola media di Toano leggono i loro elaborati In basso: La sen. Albertina Soliani al microfono. In primo piano Giacomo Notari. Fra i due il Sindaco di Toano, Lombardi


memoria CANOSSA PER NON DIMENTICARE:

IN RlCORDO DI CIAPAIEF, RAMERlS E REMO

Come consuetudine da ormai quasi dieci anni, ci siamo ritrovati il 25 aprile a Canossa, sulla strada che porta a Cerredolo Dei Coppi, di fronte a Villa Marconi, per festeggiare la Liberazione e ricordare i partigiani caduti in quel luogo il 23 marzo 1945. Si chiamavano Dante Ficarelli Ciapaief, Dante Prandi Rameris e Rolando lotti Remo di Roncocesi; avevano poco più di vent'anni e lottavano per un mondo migliore. Erano di guardia a protezione di una riunione che aveva avuto luogo durante la notte all’interno di Villa Marconi. All'alba, in seguito probabilmente alla delazione di una spia, arrivarono i tedeschi, che aprirono il fuoco contro i partigiani, uccidendoli. I nazisti non circondarono la villa e coloro che si trovarono all’interno poterono salvarsi, fuggendo dalla parte opposta, essendo militarmente impossibile sostenere uno scontro per la disparità di uomini e armamenti, e soprattutto perché erano stati colti di sorpresa. I corpi dei caduti vennero sepolti

dentro a dei sacchi, in una fossa comune nel cimitero di Canossa dal parroco della frazione e riesumati pochi giorni dopo la Liberazione per riposare nei luoghi di origine. Alla celebrazione erano presenti il sig. Cavandoli, vice sindaco di Canossa, l’ANPI di Roncocesi, i nipoti di Remo, Amos Codeluppi Neo e i famigliari di Ivo Guidetti Fermo, deceduto nel 2006, autore del magistrale restauro del cippo che ricorda quei tragici fatti. Siamo orgogliosi del nostro passato, e non vogliamo dimenticarlo, oggi più che mai in un momento così difficile per il nostro Paese, con rischi tangibili di una svolta autoritaria peraltro già in atto mediante uno stillicidio martellante e quotidiano di azioni che mettono a rischio libertà e democrazia. A tutte le partigiane e ì partigiani, va la nostra gratitudine per la grande lezione che ci hanno saputo dare, e per il patrimonio ideale di valori che ci lasceranno. Vando Fontanesi

PER I 6 CADUTI DI GHIARDA

Nella foto: Anna Salsi, Gianni Prati e don Giansoldati, parroco di Rivalta

Il 18 aprile u.s. a Ghiarda di Villa Rivalta sono stati ricordati i sei caduti in zona alla vigilia della Liberazione, il 23 aprile 1945. La cerimonia si è svolta davanti al cippo che ne reca i nomi: Dante Beltrami, Livio Francia, Mario Garavaldi, Gino Gambini, Giuseppe Labellarte, Orlando Strozzi. Dopo la benedizione del cippo ed il saluto del presidente della Circoscrizione Sud, Gianni Prati, ha tenuto l’orazione ufficiale, a nome dell’ANPI e dell’ALPI-APC, Anna Salsi, che ha sottolineato come i partigiani combattenti abbiano dovuto, in quella dura fase della nostra storia, prendere le armi non per una qualche vocazione guerrigliera ma per affrettare la fine di una guerra scatenata dal fascismo e favorire l’avvento di un’era di pace e la conquista della democrazia.

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COMMEMORANDO LA BATTAGLIA DI SPARAVALLE

memoria

Roberta Mori: “L’orgoglio di un popolo che allora seppe reagire è ancora oggi necessario” “Oggi c’è di nuovo bisogno di organizzarsi per una nuova Resistenza, mentre Berlusconi si è insediato in Parlamento da padrone”. Così ha esordito Giacomo Notari domenica 13 giugno, aprendo la manifestazione commemorativa della battaglia del 10 giugno ’44 al passo dello Sparavalle, dedicata anche al ricordo dei cugini Marino ed Ennio Giglioli e Giulio Canedoli, i tre giovani partigiani caduti negli scontri con reparti fascisti e tedeschi. Il sindaco di Castelnovo Monti, Gianluca Marconi, ha a sua volta affermato che oggi viviamo in una situazione che rende necessario il richiamo alla Resistenza. “Berlusconi ha qualificato, con intento spregiativo, la Costituzione come cattocomunista. Ma proprio cattolici e comunisti, così come socialisti e liberali, erano quei giovani che dal ’43 al 1945 si sono battuti e sono morti per la nostra libertà e per la democrazia”. La consigliera regionale Roberta 40 giugno-luglio 2010

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Mori, oratrice ufficiale, ha esordito affermando che “il passato si fa presente. L’orgoglio di un popolo che allora seppe reagire, è ancora oggi necessario . Le conquiste democratiche non sono scontate. Corrono il rischio ricorrente di soccombere”. Il vice sindaco di Ligonchio Giovanni Bargiacchi ha infine ribadito che oggi “diverso è il contesto ma c’è ancora necessità di lottare”. Particolarmente toccanti i testi letti in conclusione dagli allievi delle scuole medie di Felina, elaborati sulla base di testimonianze, come quella della partigiana Giacomina (“Non lasciamoci più ingannare”), ascoltate in classe, o raccolte intervistando i nonni. Compresi “nonna Clara e nonno Nunzio”, affettuosamente citati da un ragazzo indiano figlio adottivo di una famiglia del posto, che al nipote hanno raccontato di quando “accoglievano in casa i partigiani correndo gravi rischi”. (a.z.)

“Oggi c’è di nuovo bisogno di organizzarsi per una nuova Resistenza, mentre Berlusconi si è insediato in Parlamento da padrone”. Così ha esordito Giacomo Notari domenica 13 giugno, aprendo la manifestazione commemorativa della battaglia del 10 giugno ’44 al passo dello Sparavalle, dedicata anche al ricordo dei cugini Marino ed Ennio Giglioli e Giulio Canedoli, i tre giovani partigiani caduti negli scontri con reparti fascisti e tedeschi. Da sinistra: Giacomo Notari, Roberta Mori, la prof.ssa Lucia Mancini e alcuni dei suoi allievi delle scuole medie di Felina mentre leggono i loro elaborati, il sindaco di Castelnovo Monti Gianluca Marconi Omaggio floreale al cippo che reca i nomi dei cugini Gilioli e Giulio Canedoli, caduti il 10.06.’44 ed agli altri sedici partigiani che, come recita l’epigrafe “in questa zona di battaglie/nel corso della guerra di liberazione 43-45/contrastando il passo all’oppressore nazifascista /caddero perl la libertà e la giustizia sociale


l’opinione

NON

LETTERA APERTA AL COMUNE DI REGGIO EMILIA Giovanni Catellani

SOSPENDERE IL SOSTEGNO A ISTORECO!

L

o strumento attraverso il quale si espleta questo importante servizio, è una convenzione che prevede i compiti e le modalità di svolgimento del lavoro previsto. Questo incarico risulta da ormai troppo tempo deficitario dal punto di vista economico, perché il valore di tale accordo copre parzialmente i costi. Da quest’anno il valore della convenzione risulta ulteriormente decurtato, aggravando il passivo della preziosa attività documentale che la nostra città non può mai pensare di azzerare per mantenere, seppur con fatica, la validità delle nostre radici storiche e di conciliare, in ogni momento, lo sviluppo e l’orientamento politico della contemporaneità. Inoltre il rinnovo dell’accordo in essere fatto semestralmente, produce una situazione di occasionalità e di improvvisazione, tale per cui non è possibile alcuna pianificazione delle prospettive future di programma di lavoro. Comprendiamo la situazione contingente in cui il Governo ha obbligato i Comuni a produrre una stretta finanziaria, ma i valori, gli ideali, i programmi e la democrazia, requisiti che devono accompagnare quotidianamente gli atti e le iniziative politiche della nostra amministrazione, sono una priorità di carattere politico e culturale, patrimonio di tutti i cittadini. Non c’è solo la fotografia o la notte bianca, non ci si deve mai permettere di recidere il cordone ombelicale che ci collega con la cultura della Costituzione. Quindi

si stipuli una convenzione reale che permetta di svolgere un servizio qualificato con capacità programmatoria, considerando che se il Comune al suo interno con la stretta ha tagliato i servizi e non il suo personale, tale principio deve valere anche per Istoreco. Tanto più che il mercato della cultura a Reggio e ben lontano dal raggiungere i livelli di remunerazione media del normale mercato del lavoro produttivo! Vi sono giovani e meno giovani che hanno fatto la scelta di esprimersi nel settore culturale e che conducono una vita da fame!!! Non dobbiamo permettere che si rompa questo importantissimo equilibrio che riserva anche grandi soddisfazioni personali, riconoscimenti e gratificazioni sociali. Da alcuni anni Istoreco organizza con grandissimo successo e significato pedagogico per i giovani ed i ragazzi nelle scuole, i viaggi della memoria, utilizzando un volontariato di alto livello culturale da parte di insegnanti e accompagnatori che si prestano a dare una mano. Sono ormai circa 800 i giovani che ogni anno vanno sui campi di concentramento per conoscere dal vivo un pezzo di storia e comprendono che l’orrore della deportazione è una barriera invalicabile a baluardo di eventuali velleità che ogni giorno possono rinascere collateralmente al negazionismo e alle trasformazioni del contesto autoritario che lo ha permesso. La suggestione che accompagna certe mode verso il contrasto al diverso e verso la

L’Istituto per la Storia della Resistenza e della Società Contemporanea svolge un servizio ai cittadini, per conto del Comune di Reggio Emilia, nella gestione del Polo Archivistico, importante risorsa documentale del nostro territorio. prevaricazione di un popolo su di un altro, può portare ad abbracciare teorie che frappongono barriere, stimolano la caccia al nemico e arringano gli istinti più emotivi alla rabbia e all’aggressività. Ebbene, il Comune quest’anno ha tagliato per la prima volta quel piccolo contributo per i viaggi della memoria da sempre riservato a Istoreco. Non voglio pensare che questo atteggiamento dell’Assessorato alla Cultura di Reggio Emilia intenda recidere di netto una prassi che tutte le Amministrazioni, dalla Resistenza ad oggi, hanno sempre riconosciuto come una priorità politica. Non può essere una scelta politica, altrimenti sarebbe un gesto gravissimo di svolta conservatrice del nostro Comune. Si rischia di creare un black out verso i giovani e le scuole. Il ns. compito è di traghettare i valori, la democrazia, la giustizia e frapporre i baluardi al qualunquismo e alla dissipazione morale. Il Comune rappresenta i cittadini, la loro storia, l’orientamento politico e sociale dei giovani che non devono dimenticare il patrimonio culturale della nostra discendenza. La problematica trattata rappresenta una questione politica ed il significato dell’essere di Istoreco: s’invitino il Sindaco Graziano Delrio e l’Assessore alla Cultura Catellani ad un confronto sull’attività e sul valore della ricerca storica di Istoreco. Anna Salsi

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lutti

RENZO BONAZZI

27/01/1925-1°/04/2010 Alessandro Carri: “Riflettendoci oggi non si può dire che in Renzo Bonazzi non sia mai venuta meno la coerenza di appartenenza al partito della sinistra, pur esprimendo con forza le sue idee spesso in contrasto con le formazioni politiche che si sono avvicendate, dal PCI al PDS, al DS e al PD, nella ricerca di una intesa, sempre più convinta, tra le forze di orientamento marxista e cattolico...”.

Il 25 Aprile mi sono incontrato con Niveo Grossi in piazza Cavour. Era tanto che non ci vedevamo ed è stata subito festa con reciproci complimenti sulla nostra sopravvivenza nonostante l’età che inesorabilmente avanza. Com’era naturale che fosse abbiamo ricordato il passato e quei momenti che avemmo modo di trascorrere insieme. Niveo Grossi ha qualche anno più di me e fu uno dei più valorosi capi partigiani. Nel dopoguerra si dedicò alla costruzione del PCI a Reggio Emilia e divenne segretario della sezione del centro storico a Porta Castello. Una sezione prestigiosa, soprattutto perché tra i suoi iscritti annoverava tanti intellettuali giovani, figli della buona borghesia locale. Fra questi Renzo Bonazzi al quale Niveo era particolarmente affezionato e del quale era fiero tanto è vero che lo propose per importanti responsabilità politiche e per il Consiglio comunale già nel 1954 e poi come assessore. Nel 1960, con le nuove elezioni amministrative pensò a lui come nuovo Sindaco della città. Io, come segretario provinciale della FGCI, apprezzai quella proposta che, fermo restando il prestigio del Sindaco in carica, Cesare Campioli, si muoveva nel segno del rin42 giugno-luglio 2010

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novamento, della promozione di nuovi quadri giovanili. Lo scontro fu tuttavia duro nella federazione provinciale del PCI di allora, tanto è vero che la proposta passò in modo risicato: tanto risicato che si pensò bene di consultare la Direzione nazionale del PCI prima di decidere. Così, anch’io, con Niveo Grossi, il segretario di allora Remo Salati e altri ci recammo a Roma e fummo fatti accomodare nella stanza di Palmiro Togliatti, che ci attendeva alla sua scrivania con un tavolo appoggiato intorno al quale ci accomodammo. “Allora – disse Togliatti – cosa avete da dire?”. Cominciò Salati esponendo il problema della ipotesi della sostituzione di Campioli con il giovane Renzo Bonazzi e poi seguirono gli interventi di tutti a sostegno della proposta. Togliatti ci lasciò parlare piuttosto distrattamente e alla fine domandò: “Ma Campioli non era in piazza il 7 Luglio a sfidare la polizia e per pacificare gli animi?”. Tutti rimanemmo ammutoliti e l’incontro non ebbe alcun seguito, rinviando, come si disse, l’avvicendamento ad un momento successivo. Renzo Bonazzi comprese bene le ragioni di questa decisione e non vi si oppose. Diligentemente continuò a fare l’assessore fino al 1962 quando in effetti “maturarono le condizioni”, con il consenso di tutti, della sua proposta di elezione a Sindaco e alla quale contribuii anche io come consigliere comunale. Renzo era cresciuto alla scuola del partito e sapeva bene in quegli anni che non c’erano pregiudiziali ostacoli al suo rinnovamento pur sempre nella continuità e con la più ampia condivisione. Era fermamente convinto di agire con il Partito e per il Partito. Fin dal 1950 partecipai con lui in Corso Cairoli ad una scuola di partito di due mesi, diretta da Remo Polizzi. Io mi ero da poco diplomato e Renzo già laureato, aveva iniziato a fare l’avvocato. Fra i partecipanti (per lo più lavoratori e partigiani prestigiosi) non c’erano altri diplomati e laureati e la maggior parte dei partecipanti al corso possedeva solo la quinta elementare. Renzo per i suoi studi e la sua cultura era guardato con ammirazione, ma non dava alcun segno di superiorità, piegandosi sui testi sacri del marxismo come tutti gli altri e, come tutti gli altri, confrontandosi, partendo dalle esperienze concrete di lavoro e di studio che aveva avuto modo di fare. In quella scuola ricordo bene come si facesse ricor-

so all’uso della pubblica autocritica che consisteva nell’esporre la propria storia rilevandone pregi e difetti e sottoponendosi poi al giudizio collettivo (si trattava di una pratica mediata dall’uso che se ne faceva anche nei seminari per la formazione dei sacerdoti). Era tuttavia una forma che veniva esercitata contro ogni forma di espressione individualistica e di esaltazione della personalità dei singoli che spesso mortificava chi la subiva. Ma allora vi era la convinzione che potesse favorire l’esaltazione dello spirito di servizio collettivo per la causa unitaria del Partito. Quando toccò anche a me Renzo comprese che la mia, e ancora più la sua formazione, si prestava alla dura riprovazione dei compagni e intervenne in modo risoluto in mia difesa sostenendo la necessità dell’agire collettivo, senza mortificare le particolarità dei singoli e la loro individualità. Come è ben noto, una combinazione non facile da realizzare, che si è posta e riproposta spesso, nel corso degli anni, e che tuttora è oggetto di attenta riflessione nei partiti, come soggetti collettivi che si propongono di aumentare e non soffocare le libertà e il pensiero individuale e della quale abbiamo avuto modo di discutere più volte, nei momenti difficili, di trasformazione della forma-partito dal 1989. Riflettendoci oggi non si può dire che in Renzo Bonazzi non sia mai venuta meno la coerenza di appartenenza al partito della sinistra, pur esprimendo con forza le sue idee spesso in contrasto con le formazioni politiche che si sono avvicendate, dal PCI al PDS, al DS e al PD, nella ricerca di una intesa, sempre più convinta, tra le forze di orientamento marxista e cattolico. Renzo lo ha fatto sempre con attenta riflessione e spirito critico (forse più di sinistra), ma con la preoccupazione di mantenere il collegamento con forze culturali e intellettuali di più portate ad avere dubbi e perplessità sulle scelte da compiere. Con Renzo Bonazzi è venuto meno quindi uno dei più straordinari uomini politici locali che nella sua modestia sapeva raccordare l’anima popolare con quella degli intellettuali in una unitarietà di intenti che non era certo manichea, ma di coesistenza dei principi fra di loro apparentemente, ma solo apparentemente, opposti. Alessandro Carri


lutti

I funerali

RENATO TIRELLI

08/02/1918-11/05/2010 Per ricordare il partigiano Renato Tirelli, scomparso l’11 maggio scorso, le nipoti Daniela e Simonetta Caleffi e la sezione ANPI di Poviglio sottoscrivono pro Notiziario. Se ne è andato, l’11 maggio scorso, Renato Tirelli, già presidente dell’ANPI di Poviglio. Partigiano, classe 1918, di famiglia antifascista, figlio di agricoltori, e agricoltore lui stesso, fu coinvolto nella lotta di Resistenza dal suo caro amico Plinio Torelli, operando nella 77a Brigata SAP, dall’agosto del 1944 fino alla Liberazione. Aveva aderito alla lotta partigiana con entusiasmo. “Di giorno lavoravo alla TODT e questo mi permetteva di non vivere in clandestinità e di muovermi di notte senza dare troppo nell’occhio...” e, sorridendo, cominciava a raccontare. Aveva una straordinaria capacità di narrazione. Con i suoi racconti, rigorosamente in dialetto, estremamente precisi e dettagliati, era capace di commuovere chi lo ascoltava, e lui stesso si commuoveva quando ricordava la morte, alla vigilia della Liberazione, del suo amico fraterno Plinio Torelli. “Di Plinio – ha detto Sindaco Codeluppi, presidente dell’ANPI povigliese, nel corso dell’orazione –avevi un forte ricordo, una stima smisurata e tanta riconoscenza, perché nel periodo più difficile del secolo scorso, nel periodo della guerra voluta dal fascismo sei stato reclutato da Plinio tra i primi partigiani povigliesi e tra i pri-

mi iscritti al partito comunista. Di queste scelte sei sempre stato orgoglioso: eri stato chiamato a fare la guerra, tu che sei sempre stato un uomo di pace, per questo sei sempre stato fiero di aver combattuto il fascismo”. Codeluppi ha proseguito affermando che “durante il ventennio fascista, con la guerra voluta da Mussolini, questo Paese era ridotto male, chi non aveva la terra era ridotto alla fame, ma chi bussava alla porta dei Tirelli non ha mai bussato invano: un carniere di farina per il pane e la polenta c’era sempre. Ma il tuo impegno per una società più giusta non è finito lì. Per oltre mezzo secolo sei stato impegnato nelle organizzazioni democratiche dando un prezioso contributo perché quei valori per cui avete combattuto e che avete conquistato non andassero perduti...”. Tutta la comunità povigliese (e non solo) ha voluto salutare Renato Tirelli: chi col pugno chiuso (“come facevate voi Garibaldini”) e chi col segno della croce. Il Sindaco, le sezioni ANPI dei comuni limitrofi, i dirigenti del PD ma soprattutto tanta gente, e tanti giovani, tutti a rendere omaggio ad un uomo semplice, coerente e coraggioso, fiero dei suoi ideali antifascisti ed orgoglioso delle sue scelte, “un uomo di pace chiamato a fare la guerra, che ha saputo essere l’amico di tutti” come lo ha ricordato Sidraco Codeluppi. “Dopo un raccolto ne viene un altro” le parole di Alcide Cervi in cui Tirelli credeva fortemente, e con le sue preziose memorie ha passato un testimone importante ai giovani. Mancherà alla sua famiglia, e mancherà a noi, Renato, amabilmente ironico e gentile nei modi e nell’animo. Anna Fava

“O ragazza dalle guance di pesca...” Un ricordo di Maddalena Iovene

14/07/1972-13/06/2010

“O ragazza dalle guance di pesca./ O ragazza dalle guance d’aurora / io spero che a narrarti riesca /la mia vita all’età che tu hai ora... Ecco cosa abbiamo pensato mentre i versi di Calvino risuonavano al ritmo dei Modena City Ramblers e ci guardavamo intorno e vedevamo sventolare le bandiere rosse della CGIL, del Partito comunista (quello vero, quello che non c’è più), della Sezione sindacale della Funzione pubblica di Reggio Emilia, i suonatori della banda, e l’ANPI, i nostri partigiani, che se ne stavano lì, a capo chino, col berretto intriso di pioggia, lì fra i platani “dla miè tèra”,“dopo che avevamo pianto tutte le lacrime rimaste mentre quei fiati e quel tamburo, al tuo arrivo, avevano intonato Oh bella ciao e poi L’Internazionale e poi ancora La Guardia Rossa (come il 25 aprile, a Bologna, in piedi, con la gonna a pieghe al ginocchio e in bocca ancora il sapore della particola appena ingoiata perchè “in quella fettaccia di terra”, dopo la messa ti portavano a cantare le canzoni della Resistenza davanti al Monumento ai Caduti). Tu eri, sei e sarai sempre una grande donna di sinistra, una grande donna che non ha MAI CONOSCIUTO l’indifferenza. Eri iscritta all’ANPI da tanti anni (che bello il ricordo che ha portato Avio) e volevi conoscere, volevi sapere della Resistenza (quanta Resistenza hai fatto tu, Madda!), delle tracce che aveva lasciato nella nostra terra (quanto abbia-

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lutti mo amato i nostri partigiani e le loro tante storie che ci entusiasmavano, ci facevano commuovere e ci “caricavano come schioppi”); hai lottato da donna di politica e di azione, di parole (belle, sconvolgenti, sapienti, azzardate, dignitose, spietate) e di fatti (l’affido, la casa famiglia, i del ricovero che aspettano ancora una tombola automatica, e la tua cooperativa Coopselios...), una donna “contro” ha detto tuo marito, contro tutto quello che a noi, oggi, scivola via come le gocce di pioggia sul cappello dei suonatori di banda. Era lì, la tua Correggio (l’abbiamo sentita tua madre sussurrarti accarezzandoti prima di farti uscire da quella camera ardente satura di sospiri... ti aspettava all’imbocco

del viale di platani, tutti lì, con una rosa rossa in mano, a dirti che sei stata una grande compagna, una grande partigiana, una grande donna di politica, una grande sorella, una grande figlia e una grande moglie, sissignore. E una grande madre. Lo diceva la tua bambina, bellissima, composta anche nel suo pianto aggrappato alla nonna. E la tua Correggio è stata lì fino in fondo, a vederti calare “intla tèra mòia” con le funi eh, mica col muletto, e te l’ha cantato “oh bella ciao”, lì, mentre ti coprivano con quella terraccia bassa di fiume, e la tua bimba batteva le mani Bella, sì, grandissima strafiga, come sempre. C’è chi si è ricordato di lasciarti un lip gloss Lancome un secondo prima che tu

fossi coperta di terra e di addio. Noi, le tue amiche, le tue compagne, svuotate dal dolore, chi piange, chi bestemmia, chi non riesce più a parlare ma comincia ad osservare tutto perché poi te lo deve raccontare, chi sorride e dentro quel sorriso c’è tutto il tuo ricordo che adesso fa così male, ma che non ci lasceremo mai scivolare via; perché insieme abbiamo lottato, sperato, abbiamo esultato e poi pianto, abbiamo resistito, e insieme, sempre insieme, continueremo a farlo. E vorrei che quei nostri pensieri / quelle nostre speranze di allora / rivivessero in quel che tu speri / o ragazza color dell’aurora”... Le amiche e le colleghe Coopselios

“Pistelli” di Santa Croce. Ma Bruna non è stata solo questo, ma è anche stata una grande sostenitrice dell’associazionismo democratico e di tutte le associazioni e delle iniziative in difesa delle lavoratrici, dei lavoratori, dei più deboli e dei più bisognosi. La Redazione del Notiziario esprime le più fraterne condoglianze all’amico Bruno e ai suoi familiari.

alla sua partecipazione alla Resistenza come partigiano garibaldino in provincia di Parma. Documentazione che aveva ritenuto prudente, in precedenza, non inserire nel suo fascicolo personale. L’essere stato partigiano, e per di più nelle Brigate Garibaldi, non era un credito apprezzabile per le autorità competenti negli anni di Scelba e di Tambroni. Ma di mezzo c’era stato il Sessantotto, con tutto ciò che aveva significato in termini di cambiamenti di mentalità all’interno dei cosiddetti “corpi separati” dello Stato. Cambiamenti che avevano reso politicamente corretto, in polizia, anche l’essere stato partigiano garibaldino. Dalla documentazione presente negli archivi dell’Istituto storico Resistenza di Parma risulta che Saviano fu partigiano nella 78a Brigata SAP pianura fino al gennaio 1945. In seguito ai pesante rastrellamenti nazifascisti in pianura, la Brigata si trasferì sull’Appennino, zona sponda sinistra dell’Enza, con la denominazione di 178a Brigata SAP montagna. Saviano vi ebbe il ruolo di comandante di distaccamento. Dopo le esequie celebrate nella chiesa di San Pietro, qui a Reggio, Saviano è stato inumato nel cimitero della Villetta, in quella Parma dove era stato studente universitario e dove si era laureato in Legge nei primi anni del dopoguerra.. Alle figlie Maurizia e Patrizia, colpite anche dalla dolorosa scomparsa della madre, Romilda Lusetti, avvenuta un settimana dopo quella del marito, in seguito alle gravi ferite riportate nell’incidente, le condoglianze dell’ANPI e della nostra redazione (a.z.).

In ricordo di Giovanni Saviano

vicequestore ed ex partigiano

LUIGIA BRUNA MAMMI in Menozzi 25/06/1929-22/04/2010

Il 22 aprile scorso è scomparsa Bruna Mammi, moglie del “nostro” Bruno Menozzi. Bruna proveniva da una famiglia di contadini, da sempre democratica e antifascista, e nella memoria aveva sempre vividamente impressi gli episodi di violenza di fascisti e tedeschi commessi a Villa Sesso (RE), dove risiedeva. Avvenimenti che lei, giovanissima, aveva vissuto e che, in alcuni casi, avevano riguardato anche parenti stretti. Bruna era presente assiduamente alle commemorazioni e alle altre iniziative organizzate sia in provincia sia altrove, anche in altre regioni, fino a quando le condizioni di salute glielo hanno permesso. Non solo partecipava però, ma contribuiva personalmente ad organizzarle, coinvolgendo i compagni e le compagne della zona del

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Il 28 maggio u.s. è deceduto, in seguito a incidente stradale (nel quale è rimasta gravemente ferita anche la moglie) alla periferia della nostra città, il dott. Giovanni Saviano, classe 1925, che fu capo della squadra mobile della Questura di Reggio dal 1°giugno 1960 al 1974. Successivamente, nominato vice questore, fu in servizio nel veneto fino alla pensione, quando tornò a vivere a Reggio, in Via Alai. Un delle sue due figlie, come si è letto sulla stampa locale, ha dichiarato che il dott. Saviano amava ricordare che nessuno dei suoi uomini partecipò alle sparatorie che il 7 luglio 1960 provocarono la morte di cinque reggiani e il ferimento di decine di altri manifestanti contro il governo Tambroni. Negli ultimi tempi della sua permanenza in servizio a Reggio – sono passati quasi quarant’anni ma ne ho un vivo ricordo -, ebbe occasione di dirmi che, accingendosi a ricostruire l’intera sua carriera a fini della futura pensione, stava recuperando la documentazione relativa


lutti ROMOLO FIORONI

20/09/1928-27/06/2010 Romolo Fioroni, secondogenito tra cinque fratelli, è nato, vissuto ed oggi riposa nel cimitero della sua Costabona che ha sempre rappresentato il suo mondo cui era legatissimo, senza però dimenticare i suoi doveri di cittadino italiano, di patriota e di cattolico praticante impegnato a favore della povera gente della sua amata montagna. Il padre, geometra libero professionista, era stato un valoroso ufficiale di complemento nella guerra mondiale del 1915/18 e ritenne suo dovere di servire la Patria con il grado di Capitano anche nella seconda guerra mondiale nel corso della quale morirà da generoso sul fronte greco-albanese nel corso della sciagurata ed ingiustificata aggressione che Mussolini decise contro la Grecia. Rimasto quindi orfano in giovane età, seguendo gli insegnamenti della madre, insegnante elementare di grande prestigio, comprese che i valori patriottici così intensamente vissuti in famiglia, erano quelli della opposizione soprattutto al tedesco invasore ed al follia del rinato fascismo “repubblichino” ricostituitosi per decisione di Hitler dopo che gli stessi gerarchi fascisti ne avevano constatato il fallimento, decidendone la fine il 25 luglio del 1943. Esercitavano in quel tempo nel comune di Villa Minozzo, cui apparteneva Costabona, un grande fascino due sacerdoti: don Pasquino Borghi parroco di Tapignola e don Domenico Orlandini parroco di Poiano. Il primo, grazie alla sua ottima conoscenza sia del francese che dell’inglese, fatto del tutto eccezionale al tempo per un parroco di una sperduta parrocchia di montagna, agevolò il sal-

vataggio dei tanti prigionieri alleati liberatisi dai campi di concentramento dopo l’armistizio dell’otto settembre 1943, mentre il secondo, eccezionale uomo di azione, organizzò e condusse in prima persona fortunosi viaggi verso la Puglia e l’Abruzzo, regioni già liberate dagli eserciti alleati, al fine di portare in salvo questi ex-prigionieri di guerra. La madre saggiamente affidò a don Carlo, perché con il suo nome di battaglia è ancor oggi ricordato don Domenico Oralandini, i suoi due figli maggiori, Domenico di anni venti e Romolo di anni 16 che con i rispettivi nomi di battaglia di Nino e di Franco seguiranno don Carlo, che nel frattempo aveva costituito e comandato la 284a bgt. “Fiamme Verdi del Cusna” sino al 24 Aprile 1945 e alla Liberazione di Reggio e Romolo vedrà in quel giorno perire in battaglia nei pressi del Crostolo vicino alla chiesa di San Pellegrino il suo grande amico e compaesano di Costabona, Bruno Bonicelli Grappino, medaglia d’argento al valor militare. Rimarrà sempre fedele a questa sua stagione giovanile sia con la partecipazione attiva alle organizzazioni resistenziali, assumendo il ruolo attivo di presidente dell’Associazione liberi partigiani italiani di Reggio Emilia, aderente alla Federazione italiana volontari della libertà, distinguendosi nel curare e valorizzare il ruolo della Brigata partigiana di appartenenza attraverso la pubblicazione nel 2002 di un corposo e documentato volume affidato alla storico prof. Giuseppe Giovanelli e curando lui stesso come autore sia saggi biografici di resistenti cattolici che la storia dei valorosi e coraggiosi militari inglesi che agivano nella nostra montagna, avendo come base la sua abitazione al monte di Costabona, e che organizzarono, tra l’al-

tro, con successo l’attacco all’importante e vitale comando tedesco di Villa Rossi ad Albinea e parteciparono alla battaglia di Cà Marastoni a Toano il 1° aprile 1945, giorno di Pasqua. Và inoltre ricordato che avviò la collaborazione con l’ANPI per superare la triste separazione, frutto della politica di contrapposizione tra i partiti del CLN che avvenne nel lontano 1947, dando vita a numerose attività comuni che tuttora positivamente continuano. Ma il ruolo di Fioroni và ricordato sia come educatore perché per tanti anni insegnò nelle scuole elementari della sua montagna, ma anche e sopratutto come uomo di cultura per aver salvato nei primi anni cinquanta la tradizione del MAGGIO messa in pericolo da una malintesa modernità che spazzava via anche le tradizioni più nobili come quella appunto di questo teatro popolare cantato importato in montagna nei secoli scorsi dai nostri pastori che transumavano con le loro greggi in Toscana. La Società del Maggio costabonese, grazie a Romolo, tenne ferma questa nobile tradizione che oggi si è rinverdita in tanti altri paesi con successo di pubblico. Attivo nella DC svolse per anni il ruolo sia di componente il Consiglio Provinciale ed attività in altri enti pubblici ed assistenziali, senza mai rivendicare per sé nulla che non fosse un generoso ruolo di servizio alla sua gente, ed in particolare a quella della montagna. La sua scomparsa, dopo una lunga malattia dove è stato generosamente assistito e curato dalla moglie e dai due figli, è stata salutata nella sua Costabona da un grande concorso di compaesani, di ex.partigiani e di amici che ne assicureranno anche in futuro un ricordo doveroso e imperituro. Danilo Morini

Romolo Fioroni ai “Sentieri partigiani” nei pressi della Gatta, dove tra il 7 e l’11 gennaio del 1945 i nazisti iniziarono un grande rastrellamento sull’Appennino reggiano e modenese

giugno-luglio 2010 45 notiziario anpi


anniversari RINO SORAGNI (MUSO)

49° ANNIVERSARIO Nel ricordo dell’indimenticabile Partigiano Rino Soragni Athos, Libero, detto familiarmente “Muso”, vicecomandante della 37a bgt. GAP, medaglia d’argento al valor militare, scomparso tragicamente il 18 marzo 1961, la moglie Enza Gemmi

2° ANNIVERSARIO Il 4 giugno scorso ricorreva il 2° anniversario della scomparsa di Nello Aguzzoli di Correggio. Nel ricordarlo con tantissimo affetto, la moglie, i figli e le sorelle sottoscrivono pro Notiziario.

DINO SASSI

offre pro Notiziario.

15° ANNIVERSARIO

NELLO LUSOLI

3° ANNIVERSARIO Nel 3° anniversario della scomparsa del Partigiano senatore Nello Lusoli, avvenuta il 22 giugno 2007, la moglie Liduina, le figlie Zita, Valeria e i nipoti Tania e Roberto lo ricordano con immutato affetto insieme a quanti lo conobbero e ne apprezzarono l’impegno.

ELENA RICCO’ (NELLA)

5° ANNIVERSARIO Il 4 aprile ricorreva il 5° anniversario della scomparsa di Elena Riccò Nella. Il figlio Marco, la nuora Marina e la carissima nipote Roberta la ricordano con immutato affetto e amore sottoscrivendo pro Notiziario.

WOLMER VERZELLONI - VILMA GALAVERNI

ANNIVERSARI Il 3 ottobre ricorre il 18° anniversario della scomparsa del cognato Wolmer Verzelloni e l’11° anniversario della moglie Vilma Galaverni. Le famiglie Luigi e Alfredo Galaverni li ricordano con tanto affetto e in loro onore sottoscrivono a sostegno del Notiziario.

MARIA BARBANTINI

9° ANNIVERSARIO Il 5 luglio ricorreva il 9° anniversario della scomparsa di Maria Barbantini di Ligonchio. La ricordano con immutato affetto il marito Ennio Felici, i figli Giuseppe e Maria Grazia, i nipoti Roberto e Marco, la nuora Carla e il genero Tommaso. Nell’occasione sottoscrivono pro Notiziario.

46 giugno-luglio 2010

notiziario anpi

NELLO AGUZZOLI

Il 15 aprile ricorreva il 15° anniversario della scomparsa del combattente Dino Sassi. Lo ricordano con tanto affetto la moglie Iris e tutti i famigliari e sottoscrivono pro Notiziario.

RENATO ORLANDINI

1° ANNIVERSARIO Il 2 marzo scorso ricorreva il 1° anniversario della scomparsa di Renato Orlandini. Lo ricorda con grande rimpianto la moglie Rosanna Castellari.

ENNIO MONCIGOLI

4° ANNIVERSARIO A 4 anni dalla scomparsa di Ennio Moncigoli, lo ricordano con amore e affetto la moglie Maria, i figli Libero e Gina, la nuora Paola, il genero Ivan, i nipoti Lucilla, Stefano, Alessandro e Matteo. In sua memoria offrono pro Notiziario.

SILVIO BONACINI

7° ANNIVERSARIO Nel 7° anniversario della scomparsa di Silvio Bonacini, avvenuta il 10 luglio 2003, la cognata Anna Giorgia lo ricorda con tanto affetto e sottoscrive pro Notiziario.

GIUSEPPE BONACINI (RATA)

3° ANNIVERSARIO Il 25 maggio ricorreva il 3° anniversario della scomparsa del Partigiano Giuseppe Bonacini Rata. La moglie Anna Giorgia lo ricorda con immutato affetto e sottoscrive pro Notiziario.


anniversari PIETRO CANEPARI (CARTOQUE)

MARIA CERVI

17° ANNIVERSARIO

3° ANNIVERSARIO

In occasione del 17° anniversario della scomparsa del Partigiano Petro Canepari Cartoque, la moglie Angiolina, la figlia Mirna e le nipoti Giulia e Anna sottoscrivono pro Notiziario.

Il 10 giugno ricorreva il 3° anniversario della scomparsa di Maria Cervi. Il marito Giovanni Bigi, le figlie Anna e Silvia, i generi Albino e Paolo, i nipotini Alice ed Elia la ricordano con immutato amore. Offrono pro Notiziario.

LINO CORRRADINI (COLI)

1° ANNIVERSARIO Per ricordare, nel 1° anniversario della morte, lo zio Partigiano Lino Corradini Coli, appartenente alla 145a bgt. Garibaldi, i nipoti Laura, Stefania, Massimo, Corrado e Giulio e la cognata Antonietta sottoscrivono pro Notiziario.

NANDO POLI

LIDA VEZZANI - OLIVIERO CANEPARI (TOM)

ANNIVERSARI A sei mesi dalla scomparsa di Lida Vezzani e nell’anniversario di Oliviero Canepari Tom, i figli e i nipoti li ricordano sottoscrivendo pro Notiziario.

11° ANNIVERSARIO

DANTE CALZOLARI (SPADA)

Il 12 giugno ricorreva l’11° anniversario della scomparsa del Partigiano Nando Poli della 145a bgt. Garibaldi. La sorella Fernanda, nel ricordarlo sottoscrive pro Notiziario.

5° ANNIVERSARIO

WALTER REVERBERI (FRESA)

16° ANNIVERSARIO Il 7 aprile scorso ricorreva il 16° anniversario della scomparsa del Partigiano Walter Reverberi Fresa, ispettore di battaglione con il grado di sottotenente. La moglie Laura Cavazzoni, nel ricordare anche il loro matrimonio celebrato il 25 aprile 1942 e 52 anni di vita assieme, offre pro Notiziario.

LORIS CONFETTI - ENERMERE BEGGI

RICORDO Per ricordare i genitori Loris Confetti ed Enermere Beggi, i figli Ileana e Mauro sottoscrivono pro Notiziario.

In occasione del 5° anniversario della morte di Dante Calzolari Spada, partigiano combattente della 26a bgt. Garibaldi, il nipote Luciano e famiglia offrono pro Notiziario. Ferito in combattimento a Villa Codemondo, nella fase della “pianurizzazione” della lotta, Calzolari fu anche torturato a Villa Cucchi. Operaio alle Reggiane, fu protagonista dell’epica occupazione della fabbrica nel 1950. Aveva sempre vissuto in via Cassala, nel quartiere operaio per eccellenza di Santa Croce esterna.

AMOS SPADONI (MONTECCHI) - AMNERIS ZINI (NERA)

ANNIVERSARI Al ricordo del Partigiano Amos Spadoni Montecchi nel 4° anniversario della scomparsa si unisce quello della moglie, staffetta partigiana, Amneris Zini Nera, scomparsa l’11 giugno 2010. In loro onore la figlia Giustina e il nipote Marco sottoscrivono pro Notiziario.

GIULIO GUIDOTTI TINA FERRARINI

5° ANNIVERSARIO Il 25 aprile di 5 anni fa ci ha lasciato Tina Ferrarini, Partigiana della 76a bgt. SAP. La figlia, il figlio, la nipote, il genero e la nuora ricordano che il suo primo valore fu la libertà. Per onorarne la memoria sottoscrivono pro Notiziario.

7° ANNIVERSARIO Il 16 aprile ricorreva il 7° anniversario della scomparsa del Partigiano Giulio Guidotti, appartenente alla divisione Dalmazia dell’esercito di liberazione della Jugoslavia. Nel ricordarlo con infinito affetto, la moglie Selene, il figlio Gianni, la nuora Donatella, i nipoti Lisa e Marco, i cognati, le cognate e i parenti tutti sottoscrivono pro Notiziario. giugno-luglio 2010 47 notiziario anpi


anniversari MARIO CAVALLINI

RENZO IEMMI

14° ANNIVERSARIO

11° ANNIVERSARIO

Il 27 luglio ricorre il 14° anniversario della morte di Mario Cavallini. La moglie Maria e i figli offrono pro Notiziario.

Per ricordare il marito Partigiano Renzo Iemmi, ex sindaco di Campegine, nell’11° anniversario della scomparsa, la moglie Idemma Baruffi, i figli Giancarlo e Renza, e i nipoti sottoscrivono pro Notiziario.

SERGIO FRANCIA (GALO)

PIETRO GOVI (PIRULI)

9° ANNIVERSARIO

5° ANNIVERSARIO

L’8 giugno scorso ricorreva il 9° anniversario della scomparsa del Partigiano Sergio Francia Galo. Per onorarne la memoria e ricordarlo, la famiglia offre pro Notiziario.

Il giorno 24 luglio ricorre il 5° anniversario della scomparsa del Partigiano Pietro Govi Piruli di Rio Saliceto. Lo ricordano con tanto affetto la moglie Umberta, le figlie Adriana e Lorena sottoscrivendo in sua memoria al Notiziario.

ANSELMO BISAGNI

1° ANNIVERSARIO Il 29 giugno scorso ricorreva il 1° anniversario della scomparsa di Anselmo Bisagni. La moglie Carla e tutta la famiglia lo ricordano con immutato affetto e sottoscrivono pro Notiziario.

OVIDIO FRANCHI

50° ANNIVERSARIO Per onorare la memoria del Martire del 7 luglio 1960 Ovidio Franchi, il fratello Silvano e l’amico Fernando Cavazzini offrono pro Notiziario.

MARINO BERTANI (MASSA)

7° ANNIVERSARIO Per onorare la memoria del Partigiano Marino Bertani Massa della 76a Bgt SAP, nel 7° anniversario della scomparsa, avvenuta il 5 giugno 2003, la moglie Teresa e i figli Delfino e Marinella lo ricordano con immutato affetto sottoscrivendo pro Notiziario.

LIDIA BELLESIA - LINO FERRETTI

IN MEMORIA Protagonisti tra quelli di una generazione che ha fatto una scelta giusta nella lotta che ha aperto la strada alla Liberazione, alla democrazia e ai diritti civili di uomini e donne per la prima volta sanciti dalla Costituzione. Matteo, Lorena, e Tiziano ricordano Lidia Bellesia e Lino Ferretti con affetto in occasione del 25 Aprile anniversario della Liberazione.

FRANCO CIGARINI (ALTEO)

28° ANNIVERSARIO Il 26 luglio ricorre il 28° anniversario della morte di Franco Cigarini Alteo, partigiano della 144a bgt Garibaldi, autore del poema Reggiane, fotografo e documentarista. Lo ricorda la moglie Anna Tondelli, con i figli Claudio e Ildo, unendo a quella di Franco la memoria del fratello Ildo Libero, partigiano in Jugoslavia disperso dal 6 ottobre 1943.

MARIO BONEZZI (PAUCIN)

WILLIAM CAPRATI (DANTE) - ALBERTNA FERRARI (BINDA)

30° ANNIVERSARIO

ANNIVERSARI Nel ricordare il Partigiano William Caprati Dante, deceduto il 4 maggio 1985, e la Partigiana Albertina Ferrari Binda, deceduta il 16 agosto 1991, le figlie Vanna e Catia, assieme ai loro famigliari, sottoscrivono pro Notiziario. 48 giugno-luglio 2010

notiziario anpi

Mario Bonezzi Paucin di Scandiano militò nella 145a bgt Garibaldi, partecipando a tutte le battaglie sostenute dal distaccamento “F. Casoli” sul nostro Appennino, compresa la difesa della diga di Ligonchio. Nel 30° anniversario della scomparsa, la moglie Lillia e la figlia Carla a ricordo offrono pro Notiziario.


Il “Notiziario ANPI” è una voce della resistenza e della democrazia. PER VIVERE HA BISOGNO DEL TUO AIUTO - ENZA GEMMMI – in ricordo del marito Rino Soragni “Muso” euro - TEOBALDO e PAOLO BORCIANI – in memoria del fratello Walter “ - NERA SPADONI – a ricordo del marito Amos Spadoni di Borsano ........................................................ “ - LIDUINA LUSOLI e fam. – per ricordare il marito Nello Lusoli ..... “ - SILVIA BAGNACANI e fam. – in memoria del padre Mario .......... “ - VILLIAM GANDINI – a sostegno ................................................. “ - CENTRO SOCIALE “OROLOGIO” – contributo .............................. “ - BONINI-FICARELLI-LAZZARETTI – a sostegno ........................... “ - MARCO FERRATI – in ricordo di Elena Riccò (Nella) ................... “ - TELENICO ARLEONI “Lampo” – a sostegno ............................... “ - CARLO e STEFANIA GOVI – contributo ....................................... “ - NERE GRASSI – a sostegno ...................................................... “ - VASCO MONTECCHI – a ricordo del grande Sindaco Renzo Bonazzi ............................................................ “ - GIANPAOLO ARTIOLI – in memoria della madre Augustina Ferrarini ................................................................... “ - ARMANDA COCCONCELLI – in ricordo del padre Sparto e zii Armando, Colorno, Emma .................................................. “ - SILVANA, ROMEO GOTTARDI – a sostegno ................................ “ - IRIS NOTARI e familiari – in memoria di Dino Sassi ................... “ - MARISA e BRENNO GALLONI – per ricordare con affetto la madre Ester Bedogni ............................................................. “ - SEZ.ANPI PISTELLI – a sostegno notiziario ................................ “ - IRIS FONTANESI (MARIA) e figli – in memoria di Dino Olivi ........ “ - SEZ.GUASTALLA (Bernini, Vasconi, Pazzi, Bacchiavini) – a sostegno ............................................................................. “ - AGILE CORRADI – contributo 50,00 - DENIS e MARINA BOCCONI – in memoria del fratello Marino “Lampo” .................................................................................. “ - ILEANA e MAURO CONFETTI – in ricordo dei genitori Loris “Giulio” e Enermere ............................................................................. “ - GIANNI GUIDOTTI – per ricordare Giulio Guidotti ........................ “ - LIONELLA e ADOLFO CANEPARI – a ricordo dei genitori Oliviero “Tom” e Lida Vezzani ................................................... “ - AGOSTINO DALLAGIACOMO – a sostegno ................................. “ - ANNA e SILVIO TIRABASSI – in memoria dei genitori: Mercede e Cismo (caduto 23/4/45) .......................................... “ - ADA BARTOLI – per ricordare il padre Martino Batoli ................. “ - ANNA TONDELLI e fam. – in memoria del marito Franco Cigarini “ - GIOVANNI BIGI – per ricordare la moglie Maria Cervi .................. “ - MARIA MANZOTTI, ENRICO e MATTIA – in memoria di Maria Cervi ...................................................... “ - LUIGI FERRARINI, Caprara di Campegine – a sostegno .............. “ - LUCA, MONICA, LINA BIGLIARDI – in memoria di Dante ............. “ - FERNANDO CAVAZZINI – in ricordo di Franchi Ovidio – .............. “ - IVAN BIGI e fam. – per celebrare il compleanno del padre Andrea Bigi ................................................................ “ - SILVANA e ROMEO GOTTARDI – a sostegno .............................. “ - PAOLINA, VILLER, VALENTINO PINOTTI – in memoria di Monbello Pinotti .................................................................... “ - VIENNA e CLAUDIO BIZZARRI – in ricordo di Giovanni Bizzarri .... “ - FAM.AGUZZOLI di Correggio – per ricordare Nello Aguzzali ....... “ - SEZ. CANOSSA – a sostegno notiziario ..................................... “ - BRUNO FANI – in memoria di Bruna Mammi Menozzi ............... “ - SEZ. PIEVE MODOLENA – a sostegno ........................................ “ - ANDREA NASCIUTI – contributo 3 .............................................. “ - FERNANDA POLI – in memoria del fratello Nando ..................... “ - VINCENZO FERRARONI – a sostegno ......................................... “ - LAURA BIZZOCCOLI e nipoti – in ricordo dello zio Lino Corradini “Coli” ................................................................. “ - GIOVANNI ROSSINI – in memoria di William Caprati e Albertina Ferrari .................................................................... “ - ULDERICO FERRARI – a sostegno ............................................. “ - SEZ.ANPI di S.ILARIO D’ENZA – contributo ................................ “ - SEZ. S.GIOVANNI S.MARIA – a sostegno ................................... “ - AFRO CREMA e fam. Rio Saliceto – contributo .......................... “ - SEZ.CARPINETI – per onorare i caduti per la Libertà di Carpineti “

50,00 50,00 100,00 400,00 100,00 20,00 500,00 75,00 30,00 150,00 40,00 20,00 50,00 250,00 200,00 50,00 30,00 20,00 250,00 30,00 60,00 50,00 160,00 70,00 150,00 50,00 25,00 20,00 100,00 100,00 20,00 50,00 50,00 50,00 50,00 50,00 50,00 25,00 50,00 104,00 20,00 70,000 0,000 50,000 30,000 100,000 100,000 20,000 546,000 152,000 80,000 50,000

- AMOS CODELUPPI – sostegno Notiziario ................................... “ - IDEMMA BARUFFI e fam. – in ricordo del marito Renzo Iemmi .......................................... “ - TERESA GIOVANARDI – per onorare Marino Bertani ................... “ - PIERA RIGHI – sostegno Notiziario ............................................ “ - LINA CURTI – in memoria di Renato Tirelli di Poviglio ................ “ - ANNA GIORGIA COCCONI – in ricordo del marito Giuseppe Bonacini “Rata” ......................................................... “ - ANNA GIORGIA COCCONI – in memoria del cognato Silvio Bonacini .......................................................................... “ - ANGELO REVERBERI – a sostegno ............................................ “ - GIANNI CATELLANI – contributo ................................................ “ - SEZ.ANPI COVIOLO – sostegno ................................................. “ - ANGIOLINA BERTANI – in ricordo di Anselmo Bisagni di Montecavolo ......................................................................... “ - MARIA SIMEONE , Fabbrico – a sostegno ................................... “ - ADRIANO CASALI, Fabbrico – .................................................... “ - FRANCO VEZZANI, Fabbrico – .................................................... “ - ROMANO PEDRAZZOLI , Fabbrico – .......................................... “ - MARIA FERRETTI MARANI, Fabbrico – ....................................... “ - TERESINA BELLESIA, Fabbrico – ............................................... “ - MARIA CORRADINI ROSSI, Fabbrico – ....................................... “ - LAURA BADODI – per ricordare Sergio Francia ........................... “ - MARIA ROSSI – in memoria di Mario Cavallini ........................... “ - SEZ. di RAMISETO – a sostegno ............................................... “ - ANGIOLINA CASOTTI CANEPARI – a ricordo di Pietro Canepari “Cartoque” ................................................... “ - LEA FRANCIA – sostegno .......................................................... “ - OSCAR CORRADINI – contributo ............................................... “ - ALESSANDRO CARRI – sostegno ............................................... “ - NICOLA CALZOLARI – in memoria di Dante Calzolari ................. “ - LUIGI e ALFREDO GALAVERNI – in ricordo di Vilma e Wolmer Verzellini....................................................... “ - CARLO GOVI – a sostegno ........................................................ “ - FAM.GOVI – in ricordo di Pietro Govi ......................................... “ - GIUSEPPINA NEGRI, Reggiolo – a sostegno ............................... “ - MARIO ANDREOLI – a sostegno ................................................ “ - PAOLINA DALLARI – sostegno.................................................... “ - FRANCESCO BERTACCHINI e amici – contributo ......................... “ - DANIELA e SIMONETTA CALEFFI e sez. ANPI di Poviglio – in ricordo di Renato Tirelli ...................................................... “ - DILLE RAVAZZINI, Sassuolo – a sostegno ................................... “ - BACCI ILEANA – a sostegno ....................................................... “ - FELICI ENNIO – a sostegno ........................................................ “ - LELLI ENRICO – in ricordo di Vincenzo Melegari ........................ “ - LILLIA BONEZZI e FIGLIA CARLA – in ricordo di Mario Bonezzi “Paucin” ................................................................................... “ - CENTRO SOCIALE OROLOGIO – a sostegno ............................... “ - BORCIANI TEOBALDO – a sostegno ........................................... “ - MARIA PANCIROLI – in ricordo del marito Gino Rozzi “Palot” ..... “ - LA MOGLIE – per ricordare Mario Masoni ................................. “ - I partecipanti alla festa di Ancona – a sostegno ........................ “ - ALMA ZINI – a sostegno ............................................................ “ - FAM. MONCIGOLI – in memoria di Ennio Moncigoli ................... “

20,00 50,00 100,00 20,00 20,00 50,00 50,00 20,00 50,00 30,00 50,00 50,00 20,00 20,00 15,00 30,00 20,00 20,00 70,00 50,00 37,00 100,00 20,00 50,00 50,00 100,00 150,00 20,00 50,00 35,00 10,00 20,00 90,00 100,00 20,00 50,00 50,00 100,00 50,00 120,00 14,00 100,00 100,00 150,00 15,00 50,00

OFFERTA CON FOTO I coniugi Romeo e Silvana Gottardi di Cervarezza offrono pro Notiziario.

giugno-luglio 2010 49 notiziario anpi


A L R A P E H C O REGGI di Glauco Bertani

ntrordine... ta Amministrazione terrorizzato” Ops! Co o n n ha e ques ci o lip “Premesso ch .05.2010 dipurtroppo i Si bonini, RE) am Z a vi le n. 27 del 13 ta di i un nt gi de to si at re n i co carico legale (alcun ferimento di in n co il a ev Le mani sulla citttti, àfidatevi di noi e parlate o n on sp tela delle raun an SIS... per la tu tteri denunciò IS ra M G O e ... or . ” at “Non state zi vv o. ea ur l’A an al e ad episodio eggi l proc o in prima lin presenti nel R une in relazion ascrivibili i, “I e in in om C as dr l M ‘n de e a perché noi siam i qu as ni on n B gi ale fa le ci elli della Delrio, s. So rilevanza pen posti sono qu (s. Graziano ndo dalla presunta de a dell’estren re te I comuni più es l’a es al a li st eno si conducibi om ri n rfe ti il et a m.) gg in or so e a a ,m Anch in danno ai pa il sa o il territorio provinciale. sto in essere e’ po ar di ra st st lia ua lde ag ‘g a de tt o m tutt ente lla ba ce non devon i a ricorrenza de o Bini, presid ar ic la in al nr ig ti (E n or “Le mele mar a” pa ri ; ci gn 0 to te 01 monta di imprendi 27 febbraio 2 cio) lavoro onesto oprio queste la Camera di commer abbrico in data l confronF pr da e , ch po m do te an rd ie, nel frat sv ch alo to al at calabresi, rico to o ui at ib D m ta A ministr hanno contr in seno a ques Rizso io da os li on om imprese sane ta nt un pr a ti (A ot to da ” en a Iscari o territorio o nuovi elem proposta fatt luppo del nostr m- zione emergevan zzai molto la co non tanto re e) e di es pp a on br “A zi er la ra ca am C de re riconsi a ta [della un un gi e rr zo, imprendito i como di n du o cu in br mem hé qual ta gravità de rc ra pe su a n at ce i ss es la pa al br è ne ori cala dai soggetti di mercio]. Non lema da con- in ordi re ai costrutt posti in essere la strategia anfosse un prob ti e o ut en on n zi “Vorrei chiede am o te ta ri rt ic es po nr if ha on rante la man ciuto molto” (E mto in ordine al . n di dov’erano du re. Mi è dispia co (Mauro Ponzi cui sopra, quan ra ” di ... de e il ripetersi si a zo er ar m am o C im della per scongiurar te e ir en id gu timafia del pr es se pr da i, Bin ar Romero) presidente Osc ntesto simili episodi; mercio) to mutato co es qu in ie , ar to zi a sia finan Considera ta più opportun e città di troppe el in .. sc e. la za nt e een ta ch pr es ili , m pr im “La gio dell’ Antifascismo e nel corso della ricorrenza valutativontata, al momento, dall’operar gnale del disa guire se en è un altro se ve de a at “Premesso ch , in ricordo rapprese ente su un piano strettam sere finanzi febbraio 2010 onio am 7 nt ri 2 ta (A il sa che per es ri 7 ” a 2 ti io at n il pr br re a ut cele mpre traspa abbrico avven ale; canali non se a rinBattaglia di F brese) ta citta- te istituzion lla la vi de ca la re o to dell’intervenut er di rs to en pe et i pr ff cu im l’a in , al , zo Riz p- Ritenuto gli atti, febbraio 1945 opera della ra dei fatti e de e ad i on n zi ia ei ta n ig lu rt ra va ento ata to du dini civili e pa del provvedim dai fascisti, un nov ione sarà mol ro re az ti se re ri a es il za tr in os en re a n qu or st voca “La a di disp delin presaglia po te all’estrem fe mediante re ga ra i. Perché la n ig lle or ep co gi i, e in i in o on m as iv si rs pros ale di la deliberat nia M gruppo di pe presenziato al Giunta comun cchire” (s. So a ha te (L d, at ” un ... ve Po so de a es non dello st destra e a Cas Fabbrico. lla Battaglia di de m.) di za e en Fabbrico) rr on rs co ri po di pe up gr il on e m l ch Uno fa rte de gia Considerato ito di simbolo sponsabilità fo e non va bene? re un ch a m è s’ a i, un co er in ’è B C a, ra o m o. “N nric i la “Insom scute in estrema dest scista, tra cu mocratico, di reggiano...” (E fa de o o ic so od om ri or o) on rc pe ci ec il pe er do comm gli eletti, Salò, un bel richiamante lla Camera di ica sociale di la riunione de bl el de n ub te ep e en R id ea lla es bl on gli pr per assem bandiera de il sindaco e n destro alzato re o ta ci et ac sp so br ri bi e, gi di er rosa di hé og , ecc. decide magliette n secco ma una tra parte, perc canti fascisti e os n o, om la n an o m un ro em .) m ta ar to “F De Sciini, vol- presen fare il salu (s. Sonia Mas stra vi erano . La Filomena i.. e” de ir po di en e e ev on re pr rs tu a pe gn etto candida esperientra queste rché ha poca .. che il sudd S. pe e SI n n IS be M su O va es ... n e on a to scio n c’er ti noti com bati, IdV) l’atteggiamen o, perché non a?” (Liana Bar vo che rsone aveva ic ti pe lt ut “Di non ascolt ipo di od ps pr za e po or up do m gr ti te del mon tesle da incutere altro esponen i mafiose nel ovocatorio ta alla ricorpr on ti zi ra an lt ip fi ec in rt Bini, tti i pa o tu ic a segnalava le a che tr nr ico Chi? (E co gi o” lo n co mune di Fabbr sore socialista o reggia ic co es l ss om da l’a on o) ta a ec ci za m er iz to , n m su c’è GR Acom zioni “Scusi renza orga , C’è Del Bue, lla Camera di delle Associa o? e de m n ia te io bb en az ip id l’a ec es ce rt pr Barbati, e di titolo con la pa nta comunal LI...” (Liana L iu E G o SS a A am (L R bi G ... ab , O lori ZIAN partigiane sto di tutti i co dine, ma Fabbrico) “Ne abbiamo vi or ll’ de IdV) e rz fo volte le di fare io chiamato più gg ra co il o ha avut , nessuno poi stata omertà nostra non è a L denuncia.

50 giugno-luglio 2010

notiziario anpi


Destra gay

BROTHERHOOD – FRATELLANZA Esce nelle sale in piena estate, tra premi e polemiche, Brotherhood, il film di Nicolò Donato che racconta l’amore gay tra le file dei neo-nazisti danesi. Nicolò Donato, regista italo-danese al primo film per il cinema, racconta la storia del giovane Lars, militare col grado di sergente, di famiglia benestante e coinvolta nella politica locale. Il suo comportamento troppo rude coi sottoposti gli costa però la guida del suo plotone, e lui, deciso a non diventare un passacarte in divisa, carico di rabbia, lascia l’esercito. E finisce un po’ casualmente per avvicinarsi al movimento neonazista danese: un’organizzazione ferrea, dedita come ovvio al proselitismo. Uno di quei movimenti in cui, una volta avvenuta l’iniziazione, la regola è che non se ne può più uscire. Dopo aver dimostrato il suo coraggio pestando un immigrato del centro rifiugiati, Lars – brillante, intelligente, capace di coniare slogan di propaganda assai efficaci – viene affiancato, nel suo apprendistato a teorie e pratiche naziste, al fanatico, supertatuato e muscolare Jimmy, che diventa il suo mentore. I due vivono anche insieme, perché il protagonista è in rotta con la famiglia. Ma fatalmente tra loro scoppia la passione fisica, che si tramuta in amore. Un rapporto che, in un gruppo che compie raid contro i gay praticamente ogni giorno (anche se i bersagli favoriti sono e restano gli arabi), è ovviamente da tenere segreto. Perché, se fosse scoperto, le conseguenze sarebbero drammatiche... Alla conferenza stampa di presentazione il regista non ha detto tanto riguardo al fatto di aver scelto di calare questa passione nell’universo della destra estrema, che nell’Europa del Nord e dell’Est diventa sempre più minacciosa, per l’autore della pellicola è solo un escamotage di sceneggiatura: “Mi serviva per dimostrare il fatto che l’amore non si può controllare, volevo inserirlo in un contesto in cui non è accet-

tato ma in cui nasce lo stesso”. A ispirarlo, prosegue Donato, è stata “la visione alcuni anni fa di un documentario che parlava dell’omosessualità nel movimento nazista”. Quanto al perché un personaggio come Lars entri a far parte di quel mondo, taglia corto: “E’ un gesto di ribellione all’infelicità familiare, al fatto che i genitori non lo apprezzano: sarebbe potuto diventare nazi o hippy, la motivazione sarebbe stata la stessa”. Rifiuto totale, invece, ad affrontare il tema della presenza di queste frange pericolose nel suo Paese: “Di questo non parlo”. Ed è una scelta davvero singolare, la sua. Tanto da far pensare che magari sotto questo netto diniego potrebbero esserci delle minacce. O comunque una qualche forma di paura. Natalia Aspesi sulle pagine della “Repubblica” ha scritto: “un melodramma sentimentale e feroce tra i duri maschi del DNSB, il movimento che s’ispira al nazionalsocialismo nella libera, democratica e sempre meno ospitale Danimarca. La passione proibita, un genere che alimenta tanta letteratura e cinema, non sa più dove aggrapparsi, essendo ormai quasi tutto permesso, tranne ciò che (ancora) costituisce reato. Ma se una coppia gay, che in altri contesti è come tutte le altre – e se vuole mette anche su famiglia – la collochi invece tra omacci razzisti che dan fuoco ai quartieri dei pakistani ma gli fanno più orrore quelli che chiamano froci, ecco che si ricupera l’Amore Impossibile e anche omnia vincit amor, che piace sempre. Dice il regista: “La passione si alimenta con gli ostacoli e i tabù, e non ho trovato di meglio che l’omofobia politica per raccontare di un appassionato amore. Quindi il neonazismo è solo un pretesto diciamo letterario, come poteva un tempo essere la guerra tra Capuleti e Montecchi: anche perché il

DNSB in Danimarca non conta nulla”. Però quel piccolo paese in cui un quotidiano pubblicò nel 2005 una serie di vignette anti Maometto, provocando tragiche reazioni in tutto il mondo islamico, è anche uno dei pochi (compresa l’Italia) in cui i simboli nazisti non sono illegali. E, infatti, il picchiatore Jimmy ha tatuato sulla schiena la svastica e sul petto il numero 88, che vuole dire “Heil Hitler”, e suo fratello drogato Patrick ha il simbolo delle SS sul collo. Bandiere nazi e Mein Kampf in casa e come divertimento mettere al rogo fantocci di donne islamiche, insultare gli immigrati di colore (“Tua madre ti ha partorito con un gorilla”) che però si rivoltano a pugni, e in gruppo prendere a calci i gay. Lars è uno di quei bei biondini di buona famiglia con papà muto e mamma impicciona. Allontanato dall’esercito, si lascia attrarre da questi giovanotti rapati di gran virilità, che seguono il bionazismo: spaccano le teste ma bevono birra biologica. Sono certi della superiorità della razza bianca, non ce l’hanno coi musulmani purché se ne restino a casa loro. I froci invece non sono né bio né nazi, ma l’orrore in terra, anche se Lars cerca di ricordare che quelli erano i gusti del capo delle SA, Rohm, forse per questo fatto assassinare da Hitler. Il capo è un insospettabile borghese, il sottocapo un melenso ciccione che promuove Lars per il suo slogan: “I pakistani ci costano miliardi, una pallottola pochi centesimi”. Jimmy e Lars si fissano negli occhi, si baciano furiosamente, si sbattono sul letto, la passione li travolge; del resto donne in tutto il film non se ne vedono, il mondo dei bionazi è solo degli uomini purché almeno apparentemente etero.

giugno-luglio 2010 51 notiziario anpi


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