
6/2025
Sabato 23 maggio 2026 Assemblea
Parte privata ore 9.00
Parte pubblica ore 10.00 SAVE THE DATE




Il Presidente, il Consiglio di Presidenza, il Consiglio Generale, il Direttore con tutto lo staff di Ance Brescia rivolgono i migliori auguri di
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6/2025
Sabato 23 maggio 2026 Assemblea
Parte privata ore 9.00
Parte pubblica ore 10.00 SAVE THE DATE




Il Presidente, il Consiglio di Presidenza, il Consiglio Generale, il Direttore con tutto lo staff di Ance Brescia rivolgono i migliori auguri di

Gennaio | January
L / M 5 12 19 26
M / T 6 13 20 27
M / W 7 14 21 28
G / T 1 8 15 22 29
V / F 2 9 16 23 30
S / S 3 10 17 24 31
D / S 4 11 18 25
Aprile | April
L / M 6 13 20 27
M / T 7 14 21 28
M / W 1 8 15 22 29
G / T 2 9 16 23 30
V / F 3 10 17 24
S / S 4 11 18 25
D / S 5 12 19 26
Luglio | July
L / M 6 13 20 27
M / T 7 14 21 28
M / W 1 8 15 22 29
G / T 2 9 16 23 30
V / F 3 10 17 24 31
S / S 4 11 18 25
D / S 5 12 19 26
Ottobre | October
L / M 5 12 19 26
M / T 6 13 20 27
M / W 7 14 21 28
G / T 1 8 15 22 29
V / F 2 9 16 23 30
S / S 3 10 17 24 31
D / S 4 11 18 25
Febbraio | February
L / M 2 9 16 23
M / T 3 10 17 24
M / W 4 11 18 25
G / T 5 12 19 26
V / F 6 13 20 27
S / S 7 14 21 28
D / S 1 8 15 22
Maggio | May
L / M 4 11 18 25
M / T 5 12 19 26
M / W 6 13 20 27
G / T 7 14 21 28
V / F 1 8 15 22 29
S / S 2 9 16 23 30
D / S 3 10 17 24 31
Agosto | August
L / M 3 10 17 24 31
M / T 4 11 18 25
M / W 5 12 19 26
G / T 6 13 20 27
V / F 7 14 21 28
S / S 1 8 15 22 29
D / S 2 9 16 23 30
Marzo | March
L / M 2 9 16 23 30
M / T 3 10 17 24 31
M / W 4 11 18 25
G / T 5 12 19 26
V / F 6 13 20 27
S / S 7 14 21 28 D / S 1 8 15 22 29
Giugno | June
L / M 1 8 15 22 29
M / T 2 9 16 23 30
M / W 3 10 17 24
G / T 4 11 18 25
V / F 5 12 19 26
S / S 6 13 20 27
D / S 7 14 21 28
Settembre | September
Novembre | November Dicembre | December
L / M 2 9 16 23 30
M / T 3 10 17 24 M / W 4 11 18 25 G / T 5 12 19 26
V / F 6 13 20 27
S / S 7 14 21 28 D / S 1 8 15 22 29
/ M 7 14 21 28
/ T 1 8 15 22 29
/ W 2 9 16 23 30
/ T 3 10 17 24 31
/ F 4 11 18 25 S / S 5 12 19 26
/ S 6 13 20 27 L / M 7 14 21 28 M / T 1 8 15 22 29 M / W 2 9 16 23 30 G / T 3 10 17 24 V / F 4 11 18 25 S / S 5 12 19 26 D / S 6 13 20 27

Massimo Angelo Deldossi Presidente Ance Brescia
Ci lasciamo alle spalle un anno carico di impegni ma anche di grandi soddisfazioni per la nostra Associazione. Non solo abbiamo celebrato ottant’anni di storia e passiamo il testimone ai festeggiamenti del prossimo anno, per la medesima ricorrenza, degli enti bilaterali Cape ed Eseb; ma nel 2025 Ance Brescia è stata chiamata ancora una volta a svolgere un ruolo centrale nei processi di cambiamento che attraversano il settore. Giusto per fare alcuni esempi, questo è l’anno in cui abbiamo presentato i primi bilanci di sostenibilità, con l’obiettivo di indicare in quale direzione si muove il nostro impegno quotidiano e incoraggiare una responsabilità collettiva di settore. È l’anno in cui abbiamo messo a regime il nuovo servizio per sostenere la presenza internazionale di imprese e Pmi bresciane che operano, o che intendono operare, nei mercati esteri. È l’anno in cui siamo stati premiati a livello nazionale per l’inclusione lavorativa dei rifugiati e in cui, a riprova del profondo legame con la nostra comunità, abbiamo sostenuto la corsa solidale del Giornale di Brescia, nostro coetaneo, per la ristrutturazione del reparto di trapianto di midollo osseo pediatrico degli Spedali Civili. Sono tutti tasselli di un programma più ampio e articolato di operazioni e presenze sul territorio che muovono il nostro sistema, con il prezioso supporto degli enti paritetici, verso un solido, costante e virtuoso sviluppo del settore. Uno sviluppo che però riteniamo debba essere supportato anche da misure che ne incentivino la crescita, a favore di tutte le positive ricadute economiche e sociali che il comparto delle costruzioni porta con sé. In questo quadro, è urgente rifinanziare la misura sul caro materiali e prorogarla al 2026, soprattutto se si considera il grande sforzo richiesto al nostro settore per il completamento delle opere finanziate dal Pnrr. I prezzi sono ancora superiori del 30/40% rispetto a quelli di gara e Ance ha calcolato che per saldare i lavori già eseguiti fino a maggio 2025 e quelli in corso fino a fine anno servono circa 2,5 miliardi di euro. L’assenza nella Manovra di Bilancio 2026 di queste misure rischia di portare molti cantieri pubblici al collasso e frena le previsioni di crescita e occupazione. Nonostante permangano sul tavolo questioni di grande rilevanza, il nostro è un settore che tiene duro, che si mostra coeso di fronte alle difficoltà incontrate lungo la strada. Lo abbiamo reso ancora più evidente in eventi di stampo nazionale, molti dei quali raccontati nella nostra rivista: dalla presenza alla Biennale di Venezia a quella sui palcoscenici internazionali di Saie ed Ecomondo. Ad ogni occasione emerge un settore dinamico e in continuo fermento, capace di trasformarsi e di portare avanti un saper fare che combina tradizione e innovazione. Un connubio che trova terreno fertile nella nostra provincia, con Brescia che si conferma centro attrattivo e in crescita. Risultato che si può consolidare nel tempo solo portando avanti una visione urbanistica di lungo termine. È così che nelle pagine di questo numero riprendiamo l’analisi della città capoluogo proiettata al 2050. Uno studio, elaborato dal Cresme, per definire le linee strategiche d’intervento dei prossimi venticinque anni. Un nodo tanto bresciano quanto nazionale resta il tema della Casa e la necessità di trovare risposte concrete alla crisi abitativa e allo spopolamento dei centri minori. A un’emergenza strutturale come questa si fa fronte lavorando a infrastrutture, fisiche e sociali, adeguate. Con questo obiettivo, continueremo a sostenere una rigenerazione urbana complessiva, che include l'attuazione del Piano Casa nazionale, la creazione di infrastrutture per supportare nuovi modelli abitativi e la valorizzazione del patrimonio edilizio esistente.


Alessandro Scalvi
Direttore Ance Brescia
Siamo quasi arrivati alla fine del 2025 ed è tempo di bilanci. Uno dei più attesi è certamente quello di previsione dello Stato per il 2026 ed il triennio fino al 2028. La transizione energetica, la questione abitativa, il riassetto degli investimenti pubblici e l’impatto crescente dei rischi naturali stanno delineando una fase in cui alla politica economica è richiesto non solo rigore, ma visione. Il settore delle costruzioni ha già dimostrato, negli ultimi anni, di essere motore di modernizzazione in grado di sostenere la crescita del Paese, anche in un contesto complesso, ed è necessario che questa capacità diventi parte integrante di una strategia nazionale stabile. Nel merito del documento, la disciplina dei bonus fiscali ha particolare rilevanza per il comparto. La questione abitativa e la riqualificazione del patrimonio esistente vengono considerate leve centrali per accompagnare le trasformazioni in corso, ma assistiamo all’assenza di misure capaci di sostenere un Piano casa reale. Per rispondere alla domanda crescente di alloggi, in particolare da parte dei giovani e delle famiglie con redditi medi, occorre una politica fiscale più solida: il rafforzamento degli incentivi alla valorizzazione edilizia, il ripristino delle agevolazioni per l’acquisto di abitazioni energeticamente performanti e la reintroduzione del regime favorevole per gli under 36 rappresentano strumenti indispensabili. A ciò si aggiunge la necessità di intervenire sulla fiscalità delle locazioni, oggi penalizzante per gli operatori professionali, che potrebbero contribuire a incrementare un’offerta abitativa moderna e sostenibile.
C’è poi il capitolo lavoro. Le misure a favore dei lavoratori, tra cui l’imposta sostitutiva ridotta sugli incrementi retributivi, le agevolazioni sulle indennità legate ai turni e la forte valorizzazione dei premi di produttività, vanno nella giusta — seppur timida — direzione, ma non c’è traccia di misure strutturali di riduzione del costo del lavoro per le imprese. Inoltre, la mancata proroga della disciplina sulla Cigo per eventi oggettivamente non evitabili ripropone un disallineamento che pesa in modo specifico sul comparto edile. Particolarmente delicato è il tema dei lavori pubblici. Le rimodulazioni previste, insieme ai grossi tagli che interessano diversi capitoli di spesa, delineano un quadro a tinte fosche, proprio nel momento in cui l’Italia si avvia verso la fase discendente degli interventi finanziati dal Pnrr. Pesa poi, e non poco, il permanere del caro materiali: gli aumenti dei prezzi si attestano nell’ordine del 30-40% rispetto alle gare e risulta evidente che l’assenza della proroga dei meccanismi di compensazione renderà quasi certo il rallentamento, se non l’interruzione, di svariate opere. Basti pensare che, secondo i calcoli dell’Ance, per saldare i lavori già eseguiti fino a maggio 2025 e quelli in corso fino a fine anno sono necessari circa 2,5 miliardi di euro.
Il triennio 2026-2028 non può essere ridotto a contabilità e il nuovo anno dovrebbe essere la prima pagina di un patto rinnovato fra imprese, istituzioni e territorio. Le risorse vanno orientate con efficienza, ma anche con una visione coraggiosa: la costruzione — di case, di infrastrutture, di opportunità — non può restare per l’ennesima volta all’ombra delle parole. Un cambio di paradigma che, negli anni, continuiamo a chiedere per il Paese. Alla filiera delle costruzioni spetterebbe poi il compito più bello, quello di trasformare la visione in elementi reali. Cantieri che non siano solo numeri, ma prospettiva di rinascita, con giovani che non guardino più al futuro con riserva, ma con fiducia. Ma per fare tutto questo serve rompere gli indugi.






3 editoriale/1
Ottant’anni di impegno: costruire futuro, oltre le sfide di Massimo Angelo Deldossi
5 editoriale/2
Il Paese che vogliamo: oltre il bilancio, la visione di Alessandro Scalvi

10 in primo piano
Il potenziale attrattivo di Brescia
13 tecnologia
I data center.
Motori della rigenerazione e della digitalizzazione urbana
16 grandi opere
Notre Dame de Paris a un anno dalla riapertura
18 sostenibilità
L’efficienza non è solo una lettera. Perché rileggere l’Ape oggi?
20 fondazione campus
Dati e numeri per delineare il futuro di Brescia
22 digitalizzazione & bim
Entra in vigore il Data Act, inizia l’era dell’economia del dato
26 innovazione e tecnologia
La digitalizzazione servirà?
28 storia per il domani
Costruite ponti, non muri
41 servizi
Costruire il futuro dell’acqua: infrastrutture e investimenti
43 eventi
Due Fiere di rilievo, Ecomondo e Saie. Tra gli stand la percezione di un’edilizia che sta cambiando
44 siti iconici
Il Lingotto di Torino, memoria industriale e proiezione nel futuro
54 ance giovani
#SiamoFaro2025. Il futuro dell’edilizia italiana passa dai giovani Ance
56 economia
Edilizia: si conferma la forza del comparto
59 cape
Il sistema bilaterale delle costruzioni è virtuoso e in salute
60 eseb
Formazione e servizi in cantiere: un bilancio positivo per Eseb
63 ance
Ance informa


Rivista bimestrale del Collegio Costruttori Edili di Brescia e provincia anno 7 - numero 6
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Direttore responsabile
Adriano Baffelli
Redazione e Direzione
ANCE Brescia - Collegio Costruttori Edili di Brescia e provincia Via Ugo Foscolo, 6 - Brescia
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ENTRO LA FINE DEL 2025 L’UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI BRESCIA METTERÀ A DISPOSIZIONE DI STUDENTI E COMUNITÀ UNA PALESTRA POLIFUNZIONALE INTERAMENTE ACCESSIBILE ANCHE A PERSONE CON DISABILITÀ MOTORIE. IL MODERNO IMPIANTO SPORTIVO SORGERÀ NEL CAMPUS NORD E SARÀ INOLTRE SEDE DI INIZIATIVE A CARAT TERE UNIVERSITARIO E SOCIALE. LA STRUTTURA È DOTATA DI DUE CORPI FABBRICA COMUNICANTI: IL PRIMO OSPITANTE SPAZI PER LE ATTIVITÀ A CORPO LIBERO E I CAMPI DA GIOCO (PALLAMANO, PALLAVOLO, PALLACANESTRO E CALCETTO); IL SECONDO, INVECE, SI ARTICOLERÀ SU TRE PIANI COMPRENDENTI UNA HALL DI INGRESSO, VARI SPOGLIATOI, AMPIE SALE E PALESTRE DI POTENZIAMENTO FITNESS, UNA ZONA RELAX E LOCALI DA DESTINARE AD ATTIVITÀ DI UFFICIO. IL PROGETTO, DAL COSTO DI 7,25 MILIONI DI EURO, SARÀ REALIZZATO GRAZIE AD UN CONTRIBUTO DI OLTRE 1,7 MILIONI DI EURO EROGATO DA REGIONE LOMBARDIA E AD UN FINANZIAMENTO DEL VALORE DI 3 MILIONI DI EURO DELL’ISTITUTO PER IL CREDITO SPORTIVO E CULTURALE SPA.


Una riflessione sulle migliori politiche del presente e del prossimo futuro per mantenere dinamica e competitiva la nostra città

Emerge da due appuntamenti autunnali, il convegno “Orizzonte Brescia. Dati, crescita, futuro”, organizzato dalla Fondazione Campus Edilizia Brescia Ets e ospitato dall’Auditorium Eseb un ritratto di Brescia che è insieme promettente e in fase di transizione. A guardare i numeri e le analisi presentate nell’occasione, Brescia non è più soltanto un polo industriale del Nord: è una città di medie dimensioni con risorse culturali, una rete produttiva versatile e un capitale sociale che può essere ulteriormente trasformato in attrattività territoriale, se saprà tradurre rigenerazione e governance in politiche concrete. Come riportato nell’apposito servizio collocato a pagina 20, Brescia è la quarta città capoluogo di provincia italiana per crescita della popolazione registrata nel periodo 2019-2023, dimo-
strandosi così città attrattiva. Non sono dati autoreferenziali, emergono infatti dalla ricerca del Cresme, autorevole Centro studi nazionale del settore del costruito. Solo 20 città italiane hanno visto crescere la popolazione tra il 2019 e il 2023 tutte le altre hanno perso abitanti. La popolazione a Brescia è cresciuta dell’1%. Nello stesso periodo Milano ha registrato una diminuzione del 2,5%; Bergamo ha visto calare i residenti dello 0,5%, Sondrio dello 0,8%. Peggio ancora Monza, con un calo dell’1,6%, Verona, con un saldo negativo dell’1,5%, Como in diminuzione del 2,3%, in contrazione del 2,4 anche Cremona e Varese. Data per acquisita l’attrattività di Brescia negli anni più recenti, proviamo a guardare al futuro e a un contesto più ampio. Ci piace, quindi, collegare l’iniziativa bresciana con la tre giorni di “Città nel futuro
2030—2050” tenutasi al Maxxi di Roma per volontà di Ance con la direzione di Francesco Rutelli, già ministro dei Beni e delle attività culturali e sindaco della Città eterna. Dal lato della riflessione nazionale, a Roma il dibattito ha rimarcato un punto chiave per tutte le città italiane: la rigenerazione urbana non è un’operazione edilizia neutra, ma una strategia sociale che deve mettere al centro l’abitare, la cura dello spazio pubblico e l’adattamento climatico. I confronti al Maxxi hanno raccontato come esperienze, tecnologie e piani abitativi possano essere combinati per restituire alle città la loro funzione sociale e creativa, indicazioni utili che Brescia può e dovrebbe far proprie. Qual è, ci chiediamo, il potenziale di Brescia nel confronto europeo? Innanzitutto, la città ha il vantaggio della “densità temperata”: un centro storico vivo,

una cintura produttiva ancora efficace e un sistema di servizi capillare. Queste caratteristiche la rendono competitiva rispetto a tante città europee di dimensione simile, specie se saprà valorizzare i suoi poli culturali, le università e i progetti di recupero industriale trasformandoli in hub di innovazione e creatività. Il capitale umano c’è, ma va trattenuto e attratto con politiche mirate. Per diventare più moderna e appetibile, soprattutto per i giovani, servono scelte non retoriche ma misurabili. Quelle di seguito indicate sono delle possibili linee d’intervento, emerse oltre che dalle nostre riflessioni e dai lavori dei due appuntamenti sopra richiamati, anche dall’analisi delle considerazioni proposte sul tema da vari attori, tra i quali in primis figurano gli Ordini professionali: Politiche abitative miste e accessibili. L’emergenza abitativa è tema centrale al Maxxi: Brescia, in buona compagnia delle altre città, dovrebbe promuovere piani di housing misto (studenti, lavoratori, famiglie) incentivando co-housing e recupero di spazi sfitto, con
Le
città europee che attraggono giovani non usano soltanto incentivi economici: costruiscono storie di possibilità, percorsi professionali credibili, scene culturali autentiche, spazi di partecipazione
strumenti fiscali e partenariati pubblico-privati che accelerino la disponibilità di alloggi a canoni calmierati. Rigenerazione degli ex-siti produttivi come incubatori urbani. Convertire capannoni e aree dismesse in poli per startup, laboratori creativi, officine digitali e spazi performativi: non solo un’operazione edilizia, ma un investimento nella capacità di attrarre talenti e imprese culturali. La “città sociale” evocata a Roma è proprio questo: spazi che favoriscono l’incontro e la sperimentazione. Mobilità sostenibile ed esperienza urbana. Investire in piste ciclabili coerenti, trasporto pubblico effi-
ciente e micro-mobilità per collegare quartieri, università e distretti produttivi; rendere la città leggibile e fruibile a piedi e in bicicletta aumenta l’attrattività percepita dai giovani. Cultura accessibile ed economia della creatività. Festival, residenze artistiche, palestre digitali e programmi culturali diffusi: la cultura deve uscire dai luoghi istituzionali e contaminare piazze, scuole e periferie. Una agenda culturale che dialoghi con il tessuto produttivo alimenta anche il turismo di qualità. Formazione e legami con l’impresa. Rafforzare sinergie tra università, Its e imprese locali per creare percorsi formativi
collaudati che portino i giovani dal Campus all’azienda, con stage, incubatori e contratti di apprendistato legati a progetti reali. Questo riduce la fuga dei talenti e alimenta la vocazione innovativa del territorio. Verde urbano e resilienza climatica. Progetti di adattamento, ombreggiamento, dissesto idrogeologico, parchi urbani, rendono la città più vivibile e sono leva di marketing urbano per le nuove generazioni attente alla qualità ambientale. Anche qui la pianificazione partecipata, un tema ricorrente nelle discussioni di “Città nel futuro”, è cruciale. L’esperienza del convegno della Fondazione Campus Edilizia Brescia Ets, ospitato in Eseb ha ricordato come i dati siano fondamentali per tracciare traiettorie fino al 2050: conoscere flussi demografici, domanda abitativa e dinamiche del lavoro permette scelte più efficaci e meno soggettive. Ma i numeri da soli non bastano: servono politiche che traducano strategie in ritmi reali di intervento, coinvolgendo imprese, terzo settore e, soprattutto, i giovani. Infine, occorre un cambio di narrazione.
Le città europee che attraggono giovani non usano soltanto incentivi economici: costruiscono storie di possibilità, percorsi professionali credibili, scene culturali autentiche, spazi di partecipazione. Brescia ha materiale umano, architettonico e produttivo per scrivere la sua versione contemporanea di questa storia. Il compito è mettere in rete le energie, trasformare gli spazi e misurare il ritorno sociale di ogni intervento. Così facendo, la città potrà giocarsi un ruolo di primo piano tra le città medie europee, non come copia di modelli più grandi, ma come laboratorio di una modernità sostenibile, inclusiva e, in particolare, attrattiva per le generazioni che verranno.
In attesa venga definito un quadro normativo, l’Italia accelera sugli investimenti
Idata center non sono più soltanto infrastrutture tecnologiche, ma veri e propri catalizzatori di innovazione urbana. La loro presenza favorisce la riqualificazione di aree industriali dismesse, stimola investimenti in energia rinnovabile e accelera la digitalizzazione dei servizi pubblici, trasformando le città in ecosistemi più efficienti e sostenibili. I data center cambiano così il volto urbano e si attestano un mercato globale in piena espansione, oltreché una presenza positiva che porta con sé nuove sfide, tecnologiche, ma al contempo urbanistiche, ambientali e sociali. Nonostante rappresentino un’infrastruttura fondamentale per il funzionamento della società digitale
contemporanea, e il Regolamento europeo 2024/1689 (AI Act) definisca le regole sull'intelligenza artificiale e la necessità di infrastrutture digitali sicure e conformi, in Italia si sta ancora discutendo una proposta di legge per la regolamentazione dei data center. A gennaio 2025 intanto è comparso il codice Ateco per distinguerli da qualsiasi altro edificio industriale.
Gli investimenti nel settore confermano un settore in forte crescita spinta dalla digitalizzazione dei servizi, dalla diffusione del cloud, dalla crescita dell’intelligenza artificiale e dallo sviluppo dei dispositivi connessi. Secondo i dati raccolti nell’ultimo report presentato da Ida (Italian Da-
tacenter Association), il mercato italiano dei data center è cresciuto del 6% nel 2024 per un totale di 287 Megawatt, ma tra il 2025 e il 2026 aggiungerà altri 360 MW con un obiettivo stimato in 1,2 Gigawatt entro il 2028. Nei prossimi cinque anni sono previsti investimenti per 21,8 miliardi di euro e il mercato registrerà una crescita annua del 40% tra il 2024 e il 2029, puntando a raggiungere i 2 GW nel 2031. In questo contesto, la presenza di centri di elaborazione dati si concentra nel nord Italia, ma risulta in netta crescita in altre regioni come Lazio e Puglia. La Lombardia è la regione con la più forte concentrazione di data center. Milano si conferma il cuore pulsante dell’infrastruttura digitale italiana nonché nodo strategico nel panorama europeo. Nel 2024 ha raggiunto i 238 MW di capacità attiva (+34% rispetto al 2023), con progetti per superare i 300 MW entro il 2026 (dati Centro studi Rina Prime Value Services in collaborazione con Cer - Centro Europa Ricerche) e si posiziona tra i principali cluster emergenti dietro a città quali Londra, Dublino, Amsterdam, Francoforte e Parigi, che insieme generano il cosiddetto mercato FLAP-D.
Dai dati di Data Center Map (www.datacentermap.com), primo strumento di ricerca sull'ubicazione dei data center nel mondo, nato nel 2007, risultano a fine ot-
tobre 2025, 73 data center nella provincia milanese, sette nella bergamasca, quattro a Brescia, uno a Pavia, uno a Merate (Lecco) e uno a Varese. In molte province le infrastrutture digitali hanno rappresentato un’opportunità per coniugare innovazione, sostenibilità e sviluppo territoriale. Se città come Milano spiccano nel panorama nazionale con circa l’80% dei data center italiani, diventando hub strategico del cloud per il sud Europa, in altri territori emergono progetti virtuosi di rigenerazione legati alla transizione digitale. Questa riconversione non solo limita il consumo di nuovo suolo, ma crea anche nuove opportunità occupazionali e di sviluppo locale.
A Brunello in provincia di Varese, ad esempio, il data center situato in via Campo di Maggio nel cuore dell’area industriale, sorge sulle ceneri del sito che un tempo ospitava gli edifici industriali della fonderia Sorefa. Oggi, al suo posto, c’è l’In-
novation Center di Elmec Group, un edificio “intelligente”, basato su un sistema di gestione automatizzata che supporta le attività del quartier generale dell’azienda per lo sviluppo digitale del territorio e per l’internazionalizzazione del business delle imprese italiane.
A Brescia è in corso un progetto similare per la riconversione dell’area dismessa dell’ex Ideal Standard in un polo tecnologico avanzato che destinerà seimila mq a data center. Il progetto, commissionato da Intred, che dispone già di due data center oggi operativi a pieno regime, punta a rafforzare l’offerta di servizi digitali dell’azienda e rappresenterà un’infrastruttura strategica a supporto delle imprese del territorio.
Anche a Milano i data center sono oggetto di rigenerazione urbana attraverso progetti che riutilizzano aree industriali dismesse, come il polo ex Cise a Redecesio di Segrate per CyrusOne o l'ex Postal-
Città europee per potenza installata di Data Center nel 2024 (MW)

market a Peschiera Borromeo per Microsoft. Nel primo caso, i lavori per la nuova struttura di gestione dei flussi informatici del colosso americano, che si chiamerà “Mil1”, riqualificherà una grande area dismessa da 30 anni, dove un tempo si svolgevano ricerche sul nucleare. A San Bovio, frazione di Peschiera Borromeo, per far spazio all’infrastruttura tecnologica sono stati eseguiti lavori di demolizione dell’edificio della storica Postalmarket e interventi di bonifica dell’amianto, propedeutici all’edificazione della nuova struttura, in cui si collocheranno server e dispositivi di archiviazione dati. Un altro aspetto cruciale, quando si parla di data center, si lega alle implicazioni energetiche e ambientali legate alla loro gestione. Il settore delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione è responsabile di una quota crescente del consumo di energia globale. Il Centro studi Rina Prime Value Services segnala che nel 2024, i data center hanno infatti consumato circa 415 terawattora (TWh), pari all’1,5% della domanda globale di elettricità. Ma secondo l’Aie (Agenzia internazionale dell'energia), il loro fabbisogno salirà vertiginosamente nei prossimi anni, toccando quota 945 TWh entro il 2030 (dato mondiale). Questo spinge a un passo obbligato verso lo sviluppo di data center sostenibili e ad alta efficienza energetica, soprattutto nel contesto lombardo, dove le infrastrutture per dati più energivore si concentrano — come più volte evidenziato nel corso di questo articolo — nel Milanese.
Immagazzinare dati ha un costo ambientale ed energetico e la regolamentazione europea più recente si è concentrata in questo senso, stabilendo nel Regolamento (UE) 2019/424 i requisiti di progettazione ecocompatibile per i server e i prodotti di archiviazione dati destinati ai data center, con l'obiettivo di migliorarne l'efficienza energetica e la sostenibilità. Le nuove soluzioni vengono progettate per essere carbon neutral, utilizzando energie rinnovabili e sistemi di recupero del calore per alimentare reti di teleriscaldamento o altri edifici pubblici. Un esempio lo troviamo proprio a Brescia, dove A2A ha inaugurato il primo data center con raffreddamento a liquido collegato ad una rete di teleriscaldamento. Il progetto rappresenta una delle prime applicazioni in Italia di recupero di calore dai data center, la prima in una rete cittadina con l’innovativa tecnologia di raffreddamento a liquido, e risponde a una


Immagazzinare dati ha un costo ambientale ed energetico. Le nuove soluzioni vengono progettate per essere carbon neutral, utilizzando energie rinnovabili e sistemi di recupero del calore

sfida energetica globale: sfruttare il calore di scarto delle infrastrutture digitali — in continua espansione e fortemente energivore — per produrre energia termica utile per le città. A regime consentirà di soddisfare il fabbisogno termico di oltre 1.350 appartamenti, evitando l’emissione in atmosfera di 3.500 tonnellate di CO2 all’anno, equivalenti alla capacità di assorbimento di oltre 22mila alberi.
La rivoluzione dei dati è ormai una realtà fisica che ridisegna i confini delle città. Nei prossimi anni, i data center saranno sempre più integrati nei processi di pianificazione urbana e nella transizione energetica, diventando infrastrutture strategiche tanto quanto strade, reti e ferrovie. La sfida è far sì che il loro sviluppo proceda di pari passo con quello di una società digitale consapevole, sostenibile e inclusiva.
Lo splendore
di un’architettura gotica a un anno dalla sua riapertura al pubblico
L’architetto italiano Carlo Blasi racconta la sua esperienza nella ricostruzione di
uno dei monumenti francesi più iconici
Era l’8 dicembre di un anno fa quando, al cospetto di capi di stato e di governo, la Francia riapriva le porte di uno dei suoi gioielli architettonico-culturali più preziosi: la cattedrale di Notre-Dame de Paris. Conosciuta per lo stile gotico e come teatro di eventi che hanno segnato la storia dell’Hexagone — per menzionarne due, l’incoronazione di Napoleone Bonaparte e la beatificazione di Giovanna d’Arco —, decantata nella letteratura dall’omonimo romanzo di Victor Hugo, la celeberrima cattedrale parigina fu colpita il 15 aprile 2019 da un grande incendio che distrusse parte del tetto e l’iconica guglia ottocentesca firmata dall’architetto Eugène Viollet-le-Duc. Forte lo sgomento di milioni di persone in tutto il mondo che seguirono le immagini trasmesse in diretta dall’Île de la Cité, nel cuore della capitale francese, in una notte di incredulità e dolore collettivo. L’unico sollievo, al placarsi delle fiamme, fu constatare che gran parte del tesoro artistico e spirituale della cattedrale era stato salvato. Iniziava così la conta dei danni e una corsa contro il tempo per ricostruire le parti danneggiate.
Dopo cinque anni, le campane di Notre Dame sono tornate a suonare, intonando un’aria di festa per la rinascita di uno dei monumenti più iconici d’Europa. Oggi, a un anno dalla riapertura a fedeli e turisti, dedichiamo spazio al racconto di un’opera di restauro e ricostruzione straordinaria, che ha sapientemente intrecciato tecnologia, arte e ingegno umano per ridare vita al cuore gotico della Francia. In poche settimane venne formata una squadra internazionale di esperti, tra cui l’architetto italiano Carlo Blasi, chiamato a contribuire alla diagnosi strutturale e alla messa in sicurezza della cattedrale. Con alle spalle una lunga esperienza su edifici storici italiani e internazionali — tra cui la Torre di Pisa, la Basilica di Assisi e numerosi siti Unesco —, Blasi fu incaricato di valutare i danni e l’instabilità delle strutture murarie per poter procedere, celermente, in sicurezza, nel rispetto della storicità artistico-culturale del sito e con tutti gli accorgimenti e le attenzioni del caso, alla ricostruzione. Un intervento che impegnò, secondo i dati diffusi, 700 milioni di euro a fronte di 846 milioni raccolti, duemila artigiani e 2.063 giorni di lavoro. Per ripercorrere da vicino l’impegno profuso dai tanti professionisti che si misero alla prova in una delle più imponenti opere di restauro e fare il punto dell’eredità lasciata dopo cinque anni di intenso lavoro, chiediamo all’architetto Blasi, docente all’Università di Parma, di raccontarci il suo viaggio per la rinascita e la messa in sicurezza di uno dei monumenti più amati.

Architetto Blasi, qual è stata la sua reazione quando ha visto con i propri occhi lo scempio lasciato dalle fiamme?
Ogni volta che mi trovo davanti a distruzioni di questo genere, il sentimento immediato è quello di rabbia. Come è possibile che un monumento simile possa essere così danneggiato? Mi è capitato ormai tante volte di trovarmi di fronte a distruzioni dovute a eventi sismici o a incendi, e ancor più di fronte a distruzioni volute come quelle della guerra, e sono rimasto sempre senza parole per l’incapacità degli uomini a prevenire i danni e a difendere uno dei patrimoni storici più importanti per l’identità di un Paese, come quello architettonico.
Quali sono state le prime criticità strutturali a cui avete dovuto far fronte?
Il primo gravissimo problema è stato quello della messa in sicurezza di quanto restava. Due sono state le maggiori difficoltà: lo smontaggio del ponteggio che era stato costruito per il restauro della guglia e che, in buona parte fuso, minacciava di crollare sulla cattedrale, e la rimozione dalle volte delle macerie che ci gravavano

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I lavori di restauro della cattedrale di Notre Dame e l’arch. Carlo Blasi
sopra. Per entrambi gli interventi, non potendo salire sopra il ponteggio e sopra le volte, ma non potendo nemmeno operare dal basso per il pericolo di crolli, è stato necessario operare con le maestranze appese a funi. Con gli operai e i tecnici sospesi sono state effettuate le operazioni di pulizia e di messa in sicurezza. Che ruolo ha giocato la tecnologia nella diagnosi strutturale e nella messa in sicurezza della cattedrale?
Grazie al confronto tra i rilievi effettuati con il laser-scanner prima e dopo l’incendio, è stato possibile misurare le deformazioni prodotte nelle strutture dall’incendio e individuare le criticità. Ancor più significative sono state però le indagini tradizionali effettuate direttamente sul monumento, ispezionando ogni parte recondita, per individuare fessure e dissesti nascosti, oltre agli studi della storia

nale per la gestione delle emergenze sul patrimonio storico?
del monumento e delle ricostruzioni ottocentesche.
Come ha vissuto la responsabilità di intervenire su un monumento così carico di significato? E in che modo l’esperienza da lei maturata negli anni ha influenzato il suo approccio ai lavori di restauro di Notre-Dame? Il lavoro di chi opera su un monumento “malato” o “ferito” è simile a quello di un medico che deve individuare le patologie e somministrare le cure più efficaci e puntuali per non danneggiare l’organismo. Come per un medico, l’esperienza di tanti interventi è di enorme e insostituibile aiuto. Per ampliare le proprie esperienze, senza attendere l’età avanzata, è di notevole aiuto lo studio di esempi anche di letteratura: dato che le tipologie edilizie sono ricorrenti, anche le patologie sono spesso simili e presentano segni riconoscibili. Utili sono, ad esempio, i meccanismi di dissesto, che sono illustrati nelle cosiddette “Linee Guida”.
Cosa rappresenta, secondo lei, la rinascita di Notre-Dame? Crede che il suo restauro possa diventare un modello internazio-
Il cantiere per la ricostruzione di Notre Dame è stato probabilmente il più grande cantiere di restauro dopo le ricostruzioni dell’ultima guerra. Le problematiche teoriche e tecniche sono state però simili a quelle delle quali in Italia abbiamo, purtroppo, un’ampia esperienza, soprattutto per le ricostruzioni sismiche. In questo caso le difficoltà maggiori sono consistite nel tempo estremamente ristretto (cinque anni) e nelle dimensioni dei lavori per i quali sono state mobilitate circa 250 imprese e circa 1.200 operai. Il coordinamento complessivo ha richiesto una complessa strategia.
Cosa le è rimasto dell’esperienza vissuta a Notre-Dame, sia dal punto di vista professionale sia personale? E, come docente, quale messaggio sente di trasmettere ai giovani architetti, ingegneri e restauratori che scelgono di dedicarsi alla tutela del patrimonio?
L’aspetto che più mi ha colpito è stato il rispetto per il mio ruolo (responsabile della stabilità delle antiche murature) e la confidenza che si è creata con i colleghi francesi con i quali ho operato in stretto contatto. Ai giovani architetti e ingegneri vorrei trasmettere un consiglio fuori moda: il nostro operato nel mondo della conservazione architettonica è vincente se sappiamo coniugare insieme stabilità e conservazione. Il mondo, e in particolare l’Italia, è pieno di esperti di modellazioni numeriche (in vero poco utili) e di teorici del restauro che non sanno parlare tra loro. Mancano tecnici che abbiano una visione unitaria dei monumenti.
I recenti dati Enea-Siape mostrano che il 51% del patrimonio bresciano appartiene ancora alle classi E, F e G, ma allo stesso tempo circa il 27% degli Ape rilasciati nel 2024 ricade in classe A
L’Ape, attestato di prestazione energetica, è un documento che attesta la prestazione e la classe energetica di un immobile e indica gli interventi migliorativi più convenienti e viene richiesto in caso di nuova costruzione, vendita, locazione e per accedere ad agevolazioni fiscali. Intende rappresentare la “carta d’identità energetica” degli edifici, un’informazione chiara e attendibile per cittadini e operatori.
La classificazione energetica viene calcolata secondo criteri tecnici precisi, fissati dal Dm 26 giugno 2015, e l’attestato rappresenta la capacità dell’edificio di consumare energia in modo più o meno efficiente. Il documento, nel fotografare le necessità energetiche dell’immobile, è tuttavia profondamente influenzato dalla qualità della fonte utilizzata. L’indice che maggiormente orienta l’attribuzione della classe è
l’EPgl,nren, valore che misura il consumo annuo di energia primaria non rinnovabile per metro quadrato, considerando i consumi energetici dovuti a riscaldamento, raffrescamento, acqua calda sanitaria, ventilazione e, negli immobili non residenziali, anche illuminazione e trasporti interni. Ne consegue che impianti alimentati da rinnovabili incidono positivamente sulla classe finale, mettendo in secondo piano il fabbisogno effettivo dell’edificio. Da questa caratteristica discende un effetto che merita attenzione: due edifici identici, con le stesse dispersioni, lo stesso involucro e gli stessi impianti, possono ottenere risultati di classe energetica molto diversi a causa della sola fonte energetica. Un immobile alimentato da fonti rinnovabili può così avanzare di diverse classi, pur senza alcun intervento sul contenimento dei consumi, ad esempio, anche il

solo fatto di essere allacciati a un sistema di teleriscaldamento può determinare un miglioramento della classe, ma senza riduzione di consumi né un beneficio percepibile in bolletta. Il rischio è che l’APE, nato per garantire trasparenza e orientare il mercato verso scelte consapevoli, diventi uno strumento che può indurre a valutazioni non corrette sulle prestazioni e sui costi di gestione di un immobile.

I recenti dati Enea-Siape mostrano che il 51% del patrimonio bresciano appartiene ancora alle classi E, F e G, ma allo stesso tempo circa il 27% degli Ape rilasciati nel 2024 ricade in classe A. Si tratta di un segnale positivo, che testimonia competenze tecniche e capacità progettuali del settore. Nuovamente va ribadito che non tutte le classi A sono uguali e non sempre rappresentano edifici realmente per-
formanti dal punto di vista dei consumi. Tale considerazione non implica l’inutilità dello strumento, anzi: il valore dell’Ape rimane centrale per la transizione energetica, ma va tuttavia interpretato. Chi richiede o consulta l’attestato dovrebbe essere sempre informato che la classe non coincide automaticamente con bassi consumi e può avere un impatto sul valore dell’immobile senza rappresentare una garanzia di costi di esercizio inferiori. È un tema di correttezza verso cittadini e imprese, soprattutto in una fase storica in cui l’efficienza energetica è parte integrante delle scelte economiche e abitative. In questo scenario si inserisce la nuova versione della Direttiva europea Epbd, che punta a superare molte delle criticità legate all’Ape. La revisione approvata rivede l’intero impianto delle politiche energetiche nel settore edilizio, integrando la doverosa attenzione alla fonte di energia con la riduzione reale del fabbisogno energetico degli edifici. Il percorso europeo prevede diversi obiettivi: 1. che gli edifici di nuova costruzione siano a zero emissioni (entro il 2028 per il pubblico ed entro il 2030 per il privato);
2. che gli interventi di ristrutturazione di edifici residenziali garantiscano una riduzione del consumo medio dell’energia primaria di almeno del 16% (rispetto al 2020) entro il 2030 e di almeno il 20-22% entro il 2035;
3. per gli edifici non residenziali gli Stati dell’Ue dovranno fissare requisiti minimi di prestazione energetica che devono essere rispettati da almeno il 16% degli edifici entro il 2030 e da almeno il 26% entro il 2033.
Inoltre, la direttiva “Case Green” prevede, in supporto a cittadini e imprese, che il nuovo attestato di prestazione energetica comprenda raccomandazioni per il miglioramento efficace in funzione dei costi della prestazione energetica e la riduzione delle emissioni
L’edificio a energia quasi zero (nZEB - nearly Energy Zero Building) è definito come un “edificio ad altissima prestazione energetica in cui il fabbisogno energetico molto basso o quasi nullo è coperto in misura significativa da energia da fonti rinnovabili, prodotta in situ” . Il concetto di nZEB è stato introdotto dalla direttiva Epbd (2010/31/EU).
Con la Direttiva Ue 2024/1275 si specifica ulteriormente che un edificio a emissioni zero è un edificio ad altissima prestazione energetica, con un fabbisogno di energia pari a zero o molto basso, che produce zero emissioni in loco di carbonio da combustibili fossili e un quantitativo pari a zero, o molto basso, di emissioni operative di gas a effetto serra.

operative di gas a effetto serra e il miglioramento della qualità degli ambienti interni dell’edificio o dell’unità immobiliare, a meno che l’edificio o l’unità immobiliare raggiunga già almeno la classe di prestazione energetica A.
Le modifiche, che dovranno essere messe in pratica entro il 29 maggio 2026, modificano anche la classificazione degli edifici. Non cambieranno le lettere che sono già utilizzate per rappresentare la classe energetica, bensì come queste categorie saranno raggiunte.
La lettera A corrisponderà agli edifici a emissioni zero mentre la lettera G agli edifici con le prestazioni peggiori del parco immobiliare nazionale al momento dell’introduzione della scala e, per quanto riguarda le restanti classi (da B a F o
La classificazione energetica viene calcolata secondo criteri tecnici precisi, fissati dal Dm 26 giugno 2015, e l’attestato rappresenta la capacità dell’edificio di consumare energia in modo più o meno efficiente
da A a F), queste dovranno avere un’adeguata distribuzione tra le classi di prestazione energetica.
Il nuovo approccio rende evidente che la sostenibilità non può essere limitata alla scelta della fonte energetica, ma deve riguardare la riduzione dei consumi, la qualità dell’involucro, la durabilità delle soluzioni costruttive e la capacità degli edifici di funzionare con poca energia. È per questo che gli edifici nZEB, ormai punto di riferimento della progettazione contemporanea, non si limitano a sfruttare energie rinnovabili, ma integrano isolamento avanzato, orientamento corretto, eliminazione dei ponti termici, sistemi di ventilazione controllata e controllo intelligente dei flussi energetici. Si tratta di edifici dove tecnologia, progettazione e qualità costruttiva lavorano insieme per garantire comfort, ridurre emissioni e diminuire le bollette. L’obiettivo deve essere meno consumi e utilizzo di energia sostenibile, in modo da generare un circolo virtuoso, con più famiglie che accedono a energia pulita e benefici ambientali e sociali diffusi.
Nel convegno di Fondazione Campus Edilizia le prospettive demografiche della città

Brescia rimane, nonostante la positiva parentesi di Bergamo Brescia Capitale Italiana della Cultura 2023, lontana dal turismo di massa e spesso sottovalutata. La valutazione complessiva è positiva, con il patrimonio storico e culturale a rappresentare il suo principale punto di forza
Un’occasione per riflettere sulla possibile evoluzione della popolazione bresciana, analizzandone l’andamento economico, il patrimonio immobiliare e il modo in cui la città viene percepita. Questi sono stati i dati al centro del convegno promosso da Fondazione Campus Edilizia Brescia in collaborazione con Cresme, nell’ambito dell’Agenda Urbana 2050 del Comune di Brescia. L’incontro è stata l’occasione per presentare i risultati di una copiosa analisi demografica, economica e abitativa della città. Il quadro è stato infine completato da una previsione su quella che sarà la sua evoluzione nei prossimi venticinque anni. Per entrare più nel dettaglio dello studio, sono state analizzate le dinamiche demografiche e lo scenario previsionale della popolazione, considerando anche l’impatto dei flussi migratori e l’evoluzione della struttura d’età, fino a delineare i possibili scenari di trasformazione delle famiglie. Un ulteriore ambito di interesse della ricerca è stato il rapporto di Brescia con il territorio metropolitano circostante, focalizzando l’attenzione sul quadro economico e competitivo, anche in relazione agli altri comuni capoluogo italiani. Non sono assenti riflessioni sulla quantità e la tipologia abitativa che caratterizzerà i prossimi dieci anni e una sentiment analysis relativamente alla percezione della città.
All’evento, moderato dal giornalista Adriano Baffelli, sono intervenuti, dopo i saluti istituzionali del Comune di Brescia, Massimo Angelo Deldossi, presidente Fondazione Campus Edilizia Brescia Ets, Michela Tiboni, assessora Rigenerazione urbana, Pianificazione urbanistica ed Edilizia privata del Comune di Brescia, Valerio Barberis, consulente tecnico-scientifico Agenda Urbana Brescia 2050 e il consigliere comunale Fabio Capra.
I risultati dell’analisi
È stato Lorenzo Bellicini, direttore di Cresme, ad accompagnare i presenti nella presentazione dei dati elaborati per l’Agenda Urbana Brescia 2050. Ne è emerso che Brescia risulta essere un centro urbano attrattivo, tra le pochissime (solo 20) città italiane capoluogo di Provincia che dal 2019 al 2023 hanno visto crescere la loro popolazione. Nello specifico, l’aumento si attesta intorno all’1%: una percentuale che la colloca al quarto posto della classifica. Le proiezioni demografiche suggeriscono un’ulteriore crescita della popolazione nei prossimi vent’anni, con il superamento dei 208mila abitanti, previsto per il 2043. Per quanto riguarda il contesto familiare, il comune di Brescia registra segnali positivi con un incremento di oltre 7.700 famiglie nel periodo dal 2013 al 2023. Il divario tra la crescita del numero di fami-



Il convegno è stato promosso da Fondazione
Campus Edilizia Brescia in collaborazione con Cresme, nell’ambito dell’Agenda Urbana 2050 del Comune di Brescia
glie, pari al +8,7%, e quella della popolazione generale, pari all’1%, è riconducibile alla progressiva riduzione della dimensione media dei nuclei familiari. Si alza infatti il numero degli anziani, dei single e dei divorzi, senza contare i percorsi migratori individuali (molte famiglie unipersonali tra gli stranieri). Gli scenari presi in esame sembrano inoltre confermare la proiezione di una simile tendenza anche nel prossimo decennio. Si ipotizza infatti che saranno 19.969 le nuove famiglie, mentre 12.253 saranno quelle che si estingueranno, per un saldo complessivo di 7.446 nuclei familiari, che andranno a generare una nuova domanda abitativa.
Brescia si conferma una città attrattiva
Ci si è rivolti all’IA per approfondire il tema della percezione di Brescia, attraverso una ricerca condotta mediante tre diverse metodologie di analisi. Per la prima è stato utilizzato un approccio quantitativo che sfrutta un modello LLM (Large Language Model): attraverso il dialogo con l’intelligenza artificiale si è generata una rappresentazione verosimile di come un individuo potrebbe esprimersi su Brescia, sulla base dei dati che hanno contribuito ad addestrare l’IA. Non si tratta, naturalmente, di una verità oggettiva, ma del ri-


È stata impiegata la medesima metodologia di indagine per analizzare la percezione di Brescia come meta turistica. Dall’analisi è emerso che viene considerata una città da scoprire (una “hiddem gem”), meno conosciuta rispetto alle vicine Verona, Milano e Bergamo, ma caratterizzata da un patrimonio sorprendente e di grande valore. Brescia rimane, nonostante la positiva parentesi di Bergamo Brescia Capitale Italiana della Cultura 2023, lontana dal turismo di massa e spesso sottovalutata. La valutazione complessiva è positiva, con il patrimonio storico e culturale a rappresentare il suo principale punto di forza. Tuttavia, soffre ancora di una scarsa notorietà internazionale, e viene spesso considerata più adatta a un soggiorno breve che a una vacanza prolungata. Tra gli aspetti critici si segnalano l’inquinamento, il traffico e un’offerta digitale non sempre al passo con i tempi. In sintesi, l’analisi del modello IA mostra che Brescia è vista dai turisti come una città bella, autentica, accogliente e sorprendente, anche se non ha ancora espresso pienamente il proprio potenziale. La vera sfida sarà riuscire a consolidare questa immagine positiva, trasformandola in un posizionamento solido e riconoscibile nel turismo italiano ed europeo.
sultato di un esperimento di ricostruzione probabilistica ottenuto tramite il modello linguistico. I giudizi presenti su piattaforme di recensioni, forum, social media, portali turistici, blog e guide di viaggio, sono stati suddivisi per ambiti tematici (economia e lavoro; cultura e patrimonio; natura e turismo; enogastronomia; eventi e sport; sicurezza/cronaca; università e ricerca; immigrazione e società) e poi valutati dall’intelligenza artificiale sulla base del sentiment (positivo, negativo, ambiguo) e del peso qualitativo (alto, medio, basso). È stato così possibile riuscire a

delineare un’immagine probabilistica di Brescia. Dal primo livello di indagine sono emerse coppie semantiche qualitative sulla base delle conoscenze del modello: operosa/produttiva, da vedere/interessante, accogliente/vivibile, storica/artistica, sportiva/dinamica, a volte “dura”/problemi sul fronte cronaca e sicurezza. Il secondo livello di indagine ha invece attribuito, a ognuna delle coppie semantiche menzionate, pesi e sfumature. Si ripotano di seguito i risultati:
Alto peso
operosa, produttiva, ricca, multietnica
Medio-alto
inquinata, problematica (sicurezza), laboriosa (immigrati)
Medio
storica, bella, accogliente, sportiva, giovane, integrata a metà
Basso
verde, rinomata, emergente, tollerante

Il 12 settembre 2025 segna una data spartiacque per l’Unione europea: entra ufficialmente in vigore il Data Act, che inaugura l’era dell’economia del dato. Dopo l’AI Act e il Data Governance Act, il nuovo provvedimento completa l’ambizioso mosaico del Digital Package europeo, dando forma concreta a un progetto politico e culturale che mira a costruire un autentico mercato unico dei dati. È l’esito di una visione strategica nata nel 2020, quando la Commissione Europea individuò nella condivisione dei dati la chiave per una crescita sostenibile, innovativa e, soprattutto, autonoma rispetto alle grandi potenze tecnologiche mondiali. Si tratta di novità rilevanti, proposte e commentate in questo spazio dall’avvocata Chiara Micera, fondatrice dello studio legale Micera con sedi a Bologna, Brescia e Roma, esperta di Legal Bim e diritto delle nuove tecnologie, consulente di Ance Brescia, nell’ambito del servizio su Bim e digitale, posto a servizio delle imprese associate. Il Data Act rappresenta molto più di una norma: è la dichiarazione di sovranità digitale dell’Europa, il tentativo di restituire ai cittadini e alle imprese il controllo su una delle risorse più preziose e pervasive del nostro tempo. Nell’economia contemporanea, i dati non sono più un sottoprodotto delle attività digitali, ma la loro vera linfa vitale. Si tratta di un capitale immateriale che genera valore economico, influenza i comportamenti sociali, orienta le scelte politiche e ridefinisce gli equilibri di potere tra pubblico e privato. Tuttavia, sino a oggi, la loro gestione è rimasta spesso nelle mani di pochi grandi operatori globali, in grado di accumulare e monetizzare informazioni in modo opaco e asimmetrico. Con l’entrata in vigore del Data Act, questo scenario è destinato a cambiare. Il Regolamento interviene su accesso, utilizzo e condivisione dei dati generati da prodotti e servizi connessi, ridefinendo i diritti e gli obblighi di produttori, fornitori e utenti. L’obiettivo è duplice: garantire trasparenza e parità di condizioni nell’economia digitale e, al tempo stesso, redistribuire equamente il valore generato dai dati. Secondo la Commissione, il mercato europeo dei dati potrebbe raggiungere gli 829 miliardi di euro entro il 2028: una cifra che dà la misura di quanto il nuovo ecosistema regolatorio incida non solo sull’innovazione tecnologica, ma sull’intero tessuto produttivo continentale. La portata del cambiamento non è solo economica o tecnica, ma anche culturale e giuridica. Il Data Act impone di ripensare il rapporto tra utente e tecnologia, tra impresa e informazione, tra pubblico e privato. Introduce, per la prima volta, un principio di proprietà diffusa del dato, che riconosce a chi lo genera il diritto di accedervi, utilizzarlo e condividerlo liberamente. In questa prospettiva, l’Europa non si limita a regolamentare: definisce un modello etico e politico alternativo, fondato su fiducia, trasparenza e cooperazione. Per le imprese e gli operatori del digitale, la sfida sarà impegnativa. L’adeguamento non richiede soltanto aggiornamenti tecnologici, ma una vera rivoluzione organizzativa e contrattuale, capace di tradurre i principi del Data Act in pratiche quotidiane. In questo contesto, il ruolo dei giuristi e dei professionisti del diritto digitale diventa cruciale: saranno loro a guidare la trasformazione, costruendo un ponte tra norma e innovazione, tra regola e opportunità. L’entrata in vigore del Data Act non segna quindi solo un traguardo normativo, ma l’avvio di un nuovo paradigma economico e civile, in cui il dato diventa un bene comune da gestire con responsabilità, equità e visione europea.
Adriano Baffelli
a cura dell’Avv. Chiara Micera © riproduzione riservata

Dal 12 settembre 2025 il Regolamento (UE) 2023/2854, meglio noto come Data Act, è divenuto direttamente applicabile in tutta l’Unione europea, aggiungendo un importante tassello alla strategia europea sui dati lanciata nel 2020. Questo intervento normativo si colloca nel quadro delle iniziative UE con la finalità di realizzare un mercato unico dei dati, rafforzando la sovranità digitale europea e la competitività del settore tecnologico continentale.
Il provvedimento si inserisce nel più ampio disegno normativo del Digital Package, accanto all’AI Act e al Data Governance Act, adottato nel 2022, e mira a disciplinare l’accesso, l’utilizzo e la condivisione dei dati generati da prodotti e servizi connessi. Tali norme rispondono all’esigenze di stabilire quali diritti e quali obblighi spettino a tutti coloro che utilizzano i dati, specialmente in un contesto in cui essi costituiscono un bene rifugio del cui valore e utilità, non si ha piena consapevolezza. In sostanza
il Data Governance Act indica i processi e le strutture di governance per favorire la condivisione dei dati, mentre il Data Act interviene sugli aspetti sostanziali.
L’obiettivo del Regolamento è duplice: rafforzare i diritti di utenti e imprese nell’uso delle tecnologie interconnesse e ridistribuire in modo equo il valore economico dei dati, destinato ad arrivare fino a 829 miliardi di euro entro il 2028 secondo le stime della Commissione. È interessante poi sottolineare come la norma in commento, sia stata concepita come complementare alla già vigente normativa privacy, la quale ha un’applicazione prevalente, in caso di conflitto applicativo, e ciò anche per garantire continuità di tutela. Inoltre, essa si applica trasversalmente, a tutti i settori, compatibilmente con delle normazioni “verticali”.
Il Data Act si articola in 13 Capi e 50 articoli, introdotti da 119 Considerando e diventati applicabili dal 12 settembre 2025. Fa eccezione l’obbligo di adottare le specifiche tecniche necessarie a garantire che l’utente possa accedere autonomamente ai propri dati in modo libero, che decorre dal 12 settembre 2026; a partire dal 12 gennaio 2027, invece, gli utenti avranno diritto a condividere i propri dati con terzi o migrare verso altri fornitori di cloud in modo gratuito. I destinatari dei diritti e degli obblighi previsti dalla norma sono produttori, fornitori di servizi digitali, utenti sia business che consumer e, in casi eccezionali, le autorità pubbliche.
Al Capo I, dedicato all’oggetto e all’ambito di applicazione della norma, segue il Capo II contenente il cuore pulsante del Regolamento, ossia il riconoscimento agli utenti, persone sia fisiche che giuridiche, del diritto all’accesso ai dati generati dall’utilizzo di prodotti o dalla fruizione di servizi connessi, previa informativa obbligatoria da parte di produttori e for-




nitori circa il titolare del trattamento, le modalità di utilizzo e le condizioni di accesso dei dati.
Il Capo III disciplina il diritto alla condivisione dei dati. Previa richiesta e con il consenso dell’utente, il titolare dei dati deve metterli a disposizione del terzo destinatario, salvo specifiche eccezioni e nel rispetto dei limiti previsti dal Regolamento, tra cui il divieto di sviluppare prodotti o servizi concorrenti. Queste previsioni non si applicano, al sussistere di specifiche condizioni, alle micro, piccole e medie imprese, al fine di non onerarle degli elevati costi legati all’adozione delle misure tecniche necessarie previste dal Regolamento.
Sempre nell’ambito della condivisione B2B, il Capo IV prevede che determinate clausole contenute nei contratti aventi ad oggetto l’accesso e l’utilizzo dei dati possano essere dichiarate non vincolanti ipso iure, se limitano o escludono la responsabilità del contraente forte, oppure salvo prova contraria, qualora compromettano parzialmente ma non totalmente i diritti dell’impresa contrattualmente più debole. La finalità è quella di tutelare le imprese minori riequilibrando i rapporti commerciali asimmetrici. Notoriamente, nel settore digitale pochi soggetti posseggono infatti la quasi totalità delle quote di mercato e godono di maggiore forza contrattuale.
L’obiettivo del Regolamento è duplice: rafforzare i diritti di utenti e imprese nell’uso delle tecnologie interconnesse e ridistribuire in modo equo il valore economico dei dati, destinato ad arrivare fino a 829 miliardi di euro entro il 2028 secondo le stime della Commissione
dal titolare per mettere a disposizione i dati; esso assume la forma di un rimborso delle spese vive e non rappresenta una remunerazione.
In tema di migrazione dei dati tra fornitori di servizi cloud, infine, i Capi VI - VIII introducono l’obbligo di trasparenza nei confronti degli utenti circa le condizioni e i costi di uscita e il relativo diritto alla portabilità dei dati verso un altro prestatore; fino al 12 gennaio 2027, tuttavia, potranno essere applicate delle tariffe ridotte per effettuare il passaggio da un fornitore all’altro.
Considerando le numerose novità introdotte dal Data Act, si può affermare che il mercato dei dati verrà certamente rivoluzionato. Il dato viene trasformato in un bene condivisibile e controllabile da chi lo genera, rafforzando i diritti degli utenti e promuovendo la competitività del mercato europeo.
Il Capo V prevede, inoltre, che i titolari dei dati mettano questi ultimi a disposizione delle pubbliche autorità, fermo quanto già disposto da leggi speciali, in caso di circostanze eccezionali come la gestione di un’emergenza pubblica in atto ovvero la prevenzione o la ripresa da un’emergenza o altra necessità non emergenziale ma di pubblico interesse. A differenza della prima eventualità, nelle altre due è previsto il diritto ad un compenso per i costi tecnici sostenuti
Per imprese e operatori del digitale la sfida non sarà solo tecnica, ma anche giuridica: adeguarsi al nuovo quadro significa ripensare i processi interni alla luce di una normativa che riconosce al dato un ruolo centrale nel quadro sociale, economico e giuridico contemporaneo. In tale scenario, il contributo di professionisti del diritto digitale sarà essenziale per tradurre le nuove regole in prassi operative coerenti con l’impianto regolatorio europeo.

Angelo Luigi Camillo Ciribini Università degli Studi di Brescia
L’impresa di costruzioni attualmente si deve porre la questione intorno all’opportunità di investire realmente nella digitalizzazione. La sensazione è che occorra distinguere i diversi aspetti del fenomeno. Il primo approccio, secondo la vulgata, è legato, ovviamente, al cosiddetto Bim, ovvero al Building Information Modelling, un acronimo la cui consistenza è tutta da verificare, ma che conserva una grande capacità evocativa.
Il Bim, di fatto una sotto parte della Gestione Informativa Digitale, ha a che fare con gli obblighi previsti dal Codice dei Contratti Pubblici e può essere declinato dall’impresa nella duplice veste di un adempimento formale, in risposta a un’analoga richiesta formulata dalla committenza, in questo caso pubblica (ma parimenti da una privata) ovvero della possibilità di migliorare la gestione della propria catena di fornitura.
Nel primo caso, sarà sufficiente l’esternalizzazione delle
pratiche digitali, laddove sostanzialmente il dovere contrattuale dell’affidatario consisterà nella produzione di modelli informativi As Built al termine del lavoro oppure nel ricorso alla modellazione informativa per coltivare forme di contenzioso: sempreché la controparte non si mostri sufficientemente attrezzata per imporre l’attuazione di pratiche autenticamente digitali, cogliendo in fallo possibili disattenzioni da parte dell’appaltatore.
Ovviamente, ci si augura che nessuna delle precedenti ipotesi ricorra mai e che un approccio solo virtuoso avvenga costantemente.
Nella seconda eventualità subentra lo stato di necessità, per cui l’impresa utilizza la modellazione informativa per governare i propri subappaltatori e i suoi fornitori, ma ciò implica che essa scelga di investire nella digitalizzazione in profondità di questi e che, pertanto, ne fidelizzi la collaborazione, con le conseguenze evidenti strategicamente.
Dato, tuttavia, che la digitalizzazione, e lo stesso Information Management, non possa limitarsi alla modellazione informativa, sia pure nelle molteplici vesti e dimensioni, proprio la gestione strategica delle catene di fornitura palesa l’esigenza della messa in atto dello stato di necessità relativo alla produzione, alla trasformazione e alla veicolazione del dato o dell’informazione all’interno dei differenti sistemi informativi aziendali e specialmente, laddove sia presente, quanto al sistema di controllo di gestione. Questa considerazione introduce la comprensione del fatto che, qualunque sia la soluzione tecnologica adottata (dalla modellazione informativa alla realtà aumentata, dall’Internet of Things alla Blockchain, dal Digital Twinning all’automazione) l’impresa è chiamata a considerare le
innovazioni digitali, materiali e immateriali, come elementi parziali di generazione di modelli e di strutture di dati che necessitano un ecosistema e un’infrastruttura architetturale per influire realmente sui processi decisionali e per evitare investimenti puntuali autoreferenziali.
Si apre, tuttavia, in merito la maggiore difficoltà concettuale, poiché la valorizzazione di qualunque dato digitalmente prodotto richiede che si approntino quadri relativi alla comprensione semantica, vale a dire ontologie, modelli di dati e dizionari dei dati. Ora è evidente che, a fronte della robotica, che si manifesta tangibilmente, ma anche di un software, che conserva una sua concretezza, la nozione della semantica appare sideralmente remota per il vissuto quotidiano dell’imprenditore, ma costituisce la pre-

messa indispensabile, appunto, per la messa a profitto dei dati generati: si pensi all’importanza del ricorso alla tecnologia dei Linked Data. Qui si può intuire meglio come la digitalizzazione debba essere legittimata da due principali finalità: l’incremento della produttività, che dovrebbe migliorare gli esigui margini di profitto, e la mitigazione del rischio, che dovrebbe permettere all’impresa di posizionarsi meglio al cospetto degli attori del mondo finanziario.
La popolarità di cui oggi gode l’intelligenza artificiale nell’impresa di costruzioni, quanto ad aspettative, rivela come l’istanza resti quella di massimizzare l’efficienza dei processi gestionali, organizzativi, operativi, riducendo l’apporto di capitale umano (o meglio,
La popolarità di cui oggi gode l’intelligenza artificiale nell’impresa di costruzioni, quanto ad aspettative, rivela come l’istanza resti quella di massimizzare l’efficienza dei processi gestionali, organizzativi e operativi
indirizzandolo altrove), ma il punto sta nella centralità della disponibilità di serie di dati idonei.
Come è noto, le soluzioni di AI si stanno progressivamente muovendo dai tradizionali modelli linguistici basati sul dato alla Agentic AI, che dovrebbe consentire migliore causalità o spiegabilità dei risultati con-
seguiti, oltre a un’aumentata affidabilità degli esiti.
Un’esemplificazione del concetto, discussa dalla Unità di Ricerca sul tema dell’Università degli Studi di Brescia con i colleghi dell’Università degli Studi di Pisa, riguarda la gestione degli ordini di acquisto.
I modelli linguistici sono in grado di convertire off line i
dati non strutturati in dati strutturati, in ogni caso basilari per la semi-automazione del processo di approvvigionamento, tuttavia con scarsa affidabilità sul dominio verticale se on line, anche per via della loro natura di approssimazione statistica e della loro ridotta tempestività computazionale.
È chiaro che l’ibridazione tra dati strutturati, veicolati da Api o da protocolli specifici, e dati non strutturati, aprirà nuove prospettive.
Al contempo, nei prossimi anni, la diffusione del Digital Product Passport abiliterà alcune opzioni cruciali per l’impresa.
Affinché la digitalizzazione possa rivelarsi determinante, l’impresa dovrà modificare il proprio atteggiamento.
di Franco Robecchi, ingegnere e autore
apa Bergoglio aveva lanciato questo ammonimento, quando seppe che negli Stati Uniti si voleva ricominciare a erigere barriere sul confine meridionale: “Costruite ponti e non muri”. Si riferiva, in generale, al dovere di accoglienza indiscriminata di richiedenti asilo tendendo ad addossare la responsabilità delle restrizioni ai programmi elettorali di Trump, dimenticando che muri sulla frontiera con il Messico ne avevano già ampiamente eretti i presidenti democratici precedenti, da Clinton a Obama e Biden. D’altra parte, i muri non hanno goduto di stima negli ultimi decenni. Il più famigerato fu “il muro di Berlino”, emblema di una dittatura che non riconosceva il fondamentale diritto di movimento. E il muro era il meno. Il peggio erano i mitra che minacciavano o stendevano chi tentava di scavalcarlo. Quindi il muro come recinzione di una reclusione. In effetti i muri, per loro natura, separano, escludono, rinserrano. Ma anche difendono, proteggono, salvano. Lo sapeva anche Bergoglio che era meglio chiudere fra muri le opere di immenso valore dei suoi Musei Vaticani. Però non poteva sapere che così presto sarebbe stato accontentato, con l’apertura di un cantiere italiano per il ponte con la campata più grande del mondo. Evviva quindi, anche dal punto di vista morale, i ponti, e, primo fra tutti, il ponte sullo Stretto di Messina. L’osservazione non è scontata perché il gesuita Antonio Spadaro, personalità vaticana, ha recentemente scritto, per dare valore filosofico alla separatezza e, in parole povere, contro il ponte: “Costruire l’infrastruttura di un ponte può sembrare un atto di progresso; ma custodire una di-

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stanza può essere un atto di civiltà. Lo Stretto, con il suo mare di mezzo, è un’architettura perfetta: una che non unisce per fondere, ma per tenere in dialogo”. Sublime! Fa il paio con l’autrice Anita Seppilli che, già 48 anni fa, evocava il concetto della “sacralità dell’acqua e il sacrilegio dei ponti”. Un suo estimatore oggi si chiede come mai il Danubio abbia 133 ponti e il solenne e mitico Rio delle Amazzoni nessuno. Paragoni di una sperticata assurdità. Ovviamente sono già nati i comitati di esagitati oppositori con caschi e bombe molotov, stile “No Tav”, che quindi si chiamano “No Ponte”.
E poi vi sono le schiere degli ingegneri da bar che, loro sì, sanno i pericoli del ponte in zona sismica, e degli economisti da bar, che sanno quale sia il rapporto costi-benefici e quale l’entità dell’indotto, e anche i politici da bar, che sanno quali e ben altre sarebbero le priorità. Adesso, fra un bicchiere di complottismo al bar e uno stuzzichino di invidia, va di moda tirare in ballo la fatica da fretting, per il quale un acciaio sottoposto a infiniti sforzi localizzati e ripetuti, anche non elevatissimi e anche solo da sfregamento, va incontro a un affaticamento e a un degrado progressivi che ne riducono di molto la resistenza.
Qui, più modestamente, si vorrebbe ricostruire la vicenda storica di questi ponti dalle luci immense, inimmaginabili con le forme e i materiali tipici dei ponti ad arco.

Qualche passerella basata sul concetto dei ponti sospesi, chiamata anche “tibetana”, si è vista in alcuni luoghi primitivi, dove il pericoloso e stretto piano di camminamento è appeso a corde, talora liane, lanciate sul limitato spazio da superare. Sconsigliato a chi soffre di vertigini. Il ponte sospeso inverte totalmente la logica di sfruttamento della resistenza dei materiali. I ponti tradizionali si basavano sulla sorprendente resistenza delle strutture ad arco che sfruttano la resistenza a compressione dei materiali più diffusi, pietra e laterizio. Sino all’avvento della capacità di produzione di ferro, sempre più affinato sino a divenire acciaio, quindi tra la fine del ‘700 e inizio dell’800, le costruzioni erano quasi totalmente costituite da strutture soggette alla sola compressione. La trazione era sopportata discretamente solo dal legno, ma con entità limitata. Il ponte sospeso sottopone la struttura all’esclusivo sforzo di trazione e quindi è potuto nascere solo con la messa a punto del ferro più evoluto e dell’acciaio. Il ponte sospeso, come dice il nome, è costituito da un piano di transito appeso a cavi lanciati al di sopra. Ricordo, per inciso, che esiste almeno un caso in cui anche le solette di un edificio siano appese, anziché appoggiate su pilastri, così da eliminare del tutto pilastri interni allo spazio ricavabile. È la cartiera Burgo di Mantova progettata all’inizio degli scorsi anni ’60 da Pier Ligi Nervi. I primi ponti sospesi, all’inizio del XIX secolo, fu-


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Foto 1. Il più antico ponte sospeso italiano, progettato nel 1817, in stile neoegizio, sul fiume Garigliano.
Foto 2. Il celeberrimo ponte di Brooklyn in costruzione.
Il XX secolo ha visto un crescendo delle realizzazioni di ponti sospesi, per l’affinamento dei materiali e delle tecniche di progettazione, sollecitate a raggiungere luci sempre maggiori. Negli anni Trenta fu costruito un altro ponte-icona, il Golden Gate Bridge, di San Francisco, creato da Joseph Baermann Strauss
rono realizzati negli Stati Uniti e utilizzavano come linee di aggancio delle vere e proprie catene. Alla fine del secondo decennio dello stesso secolo furono realizzati, nel Regno Unito, i primi ponti del genere in Europa. Si parlava, come nel caso dell’Union Bridge, di modestissime luci: 137 metri. Nel 1826 fu terminato in Galles un ponte con la luce, allora sorprendente, di 176 metri. Fu in Francia che, nel 1825, si applicarono, invece delle catene, nuove funi di fili intrecciati. L’Italia fu tempestiva. Nel 1828 fu aperto, presso Padova, il ponte S. Benedetto, sopra i Bacchiglione, che era poco più di una passerella: 27 metri di luce. Fu ricostruito con un ponte normale ad arco già pochi decenni dopo. Del 1832, però già progettato nel 1817, si ricorda invece il primo ponte carrabile italiano, il ponte Ferdinandeo sul Garigliano, ancora con catene di ferro.
Certo il ponte più notevole fra quelli dei primi decenni di storia di queste strutture, che rimane come un monumento dell’ingegneria ottocentesca, è il Ponte di Brooklyn, di New York. Fu progettato da John Roebling nella seconda metà degli anni ’60 dell’800 e costruito in 14 anni, dal 1869 al 1883. Si trattava di superare un braccio di mare appunto fra Brooklyn e Manhattan. Il ponte, i cui cavi sono sostenuti da piloni in stile gotico, ha una luce massima di 486 metri. Fra i suoi cavi, rimase fatalmente intrappolato, nella finzione filmica, il mostruoso Godzilla. Alcuni anni dopo, a Londra, fu costruito un simile ponte, però solo parzialmente sospeso, avendo la luce centrale costituita da un ponte levatoio per il passaggio di navi. È il Tower Bridge, del 1894. Il XX secolo ha visto un crescendo delle realizzazioni di ponti sospesi, per l’affinamento dei materiali e delle tecniche di


progettazione, sollecitate a raggiungere luci sempre maggiori. Negli anni Trenta fu costruito un altro ponte-icona, il Golden Gate Bridge, di S. Francisco, creato da Joseph Baermann Strauss. Ha una luce massima, nelle sue campate, di 1282 metri. I cavi principali, costituiti ognuno da 27570 fili intrecciati, hanno un diametro di 92,4 cm.
Nel 1973 fu costruito a Istanbul il ponte denominato Ponte dei Martiri del 15 luglio, sul Bosforo, con una luce massima di 1074 metri. Sempre in Turchia, ma stavolta sullo stretto dei Dardanelli, fu costruito un grande ponte sospeso, lungo complessivamente 5169 metri, con una campata massima di 2023 metri. È la cam-

pata oggi record nel mondo. Anche questo ponte, come peraltro quello di S. Francisco, si trova in una zona a forte rischio sismico. È stato inaugurato nel recente 2021. Nel 1998 era stato invece inaugurato il ponte giapponese sullo stretto di Akashi, che ha una lunghezza totale di 3911 metri e una campata con luce massima di 1991 metri.
Come si vede, il ponte sullo Stretto di Messina avrà vistosamente la campata più lunga di tutte quelle sinora realizzate nel mondo. La lunghezza totale del ponte sarà di 3666 metri, ma svetta il primato della distanza fra le due torri di sostegno dei cavi: 3300 metri. Si tratta di 1277 metri in più della campata massina sinora esi-





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stente! I cavi del ponte di Messina avranno un diametro di un metro e 26 centimetri, costituiti da un intreccio di 44323 fili d’acciaio. Le due torri di sostegno, dall’estetica mozzafiato, bianche sul mare e il cielo blu del Mediterraneo, saranno alte 399 metri, solo 18 metri in meno delle perdute torri gemelle di New York. Sarà un ponte capace di 6000 veicoli all’ora e 200 treni al giorno. La piastra di scorrimento sarà larga 60 metri e sarà alta 72 metri sul livello del mare. La spesa per la costruzione del ponte e degli annessi è prevista di 13 miliardi e mezzo di euro. Ricordiamo che la metropolitana di Brescia costò poco meno di un miliardo. Un ponte record mondiale varrà pure 13 volte la metropolitana di una città di duecentomila abitanti. Il progetto del ponte è stato messo a punto da uno stuolo di specialisti incaricati e coordinati dal consorzio Eurolink, guidato dal gruppo multinazionale italiano Webuild, che ha nei decenni assorbito le grandi imprese Astaldi, Impregilo, Salini e altre. Con le sue componenti, nei decenni scorsi, e dal 2014, anno della sua costituzione formale, la We-
build ha realizzato immense infrastrutture in tutto il mondo. La più recente, inaugurata nel settembre scorso, è la più grande diga dell’Africa, in Etiopia: la Grand Ethiopian Renaissance Dam, sul Nilo Azzurro. Una piccola nota conclusiva. A proposito di opposizione al progetto, ormai da decenni uno sport nazionale che include ogni proposito di realizzazione di grandi e piccole infrastrutture, dal Mose al Tav e al Tap, il Trans Adriatic Pipeline, il gasdotto che approda in Puglia, ricordiamo l’esilarante e drammatico precedente del progetto della fondamentale autostrada del Sole, alla metà degli anni Cinquanta. Anche allora si levò la meditata e razionale opposizione politica, che, con rara lungimiranza e avvedutezza circa la modernizzazione del Paese, aveva, come principale argomento per un veto sull’autostrada, il seguente: “Si vuole l’autostrada per favorire gli affari del capitalista Agnelli e della sua Fiat che mirano solo ad avere un ampliamento del loro mercato e dei loro affari con la vendita di più automobili”. Quando si dice capacità di capire i tempi!
Il Sistema informativo lombardo sulla realizzazione delle opere pubbliche (Silrop), promosso da Ance Lombardia insieme al centro di ricerche Cresme, torna a fotografare ritmi e andamenti dei cantieri Pnrr e dei principali lavori pubblici in territorio regionale. Una panoramica sui dati bresciani e lombardi per capire lo stato dell’arte e quali scenari si apriranno dopo il 2026.

Pnrr: in Lombardia, Brescia inclusa, corrono le opere pubbliche
A livello regionale nove cantieri su dieci sono in corso, nel capoluogo dati positivi anche nel primo semestre 2025
Dai dati di ottobre di Silrop un’analisi aggiornata sul mercato delle opere pubbliche per le imprese di costruzioni nelle province della Lombardia. Il Sistema informativo lanciato da Ance Lombardia e dal Centro di ricerche Cresme di Roma raffronta gli anni dal 2019 al 2025 per offrire una panoramica sui lavori pubblici nella nostra regione e, più nello specifico, per fornire un approfondimento sui cantieri Pnrr distribuiti in tutte le province lombarde.
La Lombardia regge la sfida del Pnrr
In Lombardia gli ultimi sei anni e mezzo hanno registrato una forte accelerazione nei bandi e nelle aggiudicazioni di lavori pubblici. Il record, avuto per i bandi nel biennio 2022-2023 e per le aggiudicazioni nel triennio 2021-2023, evidenzia un primo segnale di rallentamento nel

2024, ma i livelli restano alti. I dati mostrano che i valori medi del 1° semestre 2024 e 2025 rappresentano quote dei valori medi annui del triennio 2019-2021 del 76%, per numero, e dell’87%, per importo.
Lo stesso si rileva nel resto del Paese. Dopo la fase di forte crescita registrata nel quinquennio 2019-2023, nel 2024 l’importo dei lavori scende a 59,9 miliardi (-33,8% rispetto al valore record del 2023). Nel 2025 il mercato però riparte e in soli sei mesi si arriva a un valore superiore ai valori medi annui registrati tra il 2002 e il 2021 (42,8 miliardi contro 28,6 miliardi).
Dall’elaborazione dei dati regionali da parte del Cresme si legge che, in Lombardia, nel 2024, sono state aggiudicate 2.817 gare per 6,6 miliardi di euro. Nei primi sei mesi del 2025 si registra una ripresa con una crescita del 19,3% delle aggiudicazioni e le imprese mantengono una forte
presenza vincendo il 68% delle gare nel primo semestre 2025. La Lombardia è a buon punto anche di fronte alle scadenze del Pnrr, con nove cantieri su dieci in corso. Dei 99 monitorati al 30 giugno 2025, per un valore complessivo di 2,2 miliardi di euro, il 98% è in fase di realizzazione con un avanzamento medio del 30%.
Solo 11 cantieri non sono ancora partiti, rappresentando meno dell'1% del valore totale.
“I dati che emergono dalla ricerca del Cresme — dichiara il presidente di Ance Lombardia, John Bertazzi — evidenziano l’impegno delle imprese per portare a termine il Pnrr nei termini previsti. Certo, il lavoro non è concluso e in questo ultimo anno saremo chiamati a compiere un ultimo grande sforzo per completare lavori che, in molti casi e per ragioni non dipendenti dalla volontà delle imprese, sono stati consegnati alle stesse in ritardo, rispetto al crono-
programma. La maggior parte delle opere sono stare realizzate da piccole e medie imprese — prosegue Bertazzi — che in questi anni si sono strutturate investendo in risorse e maestranze per poter rispondere al meglio alle esigenze del mercato. Ora però è necessario guardare avanti, a quello che potrà accadere dopo il 2026, per fare tesoro di quanto accaduto e per valorizzare gli investimenti fatti in questi anni in competenze e strutture”. Il commento del presidente di Ance Lombardia arriva con la presentazione del secondo rapporto “Il mercato delle opere pubbliche per le imprese di costruzioni nelle province della Lombardia 2019-2025” promosso dall’Associazione e realizzato da Cresme Europa Servizi. Il documento fotografa i momenti di ricaduta e rialzo della fase espansiva delle opere pubbliche sul territorio regionale. Dall’analisi delle aggiudi-
Open Network, tramite il dipartimento Sostenibilità, diretto dalla Dott.ssa Beatrice Scappini (professionista con oltre un decennio di esperienza in consulenza, insegnamento e ricerca in ambito universitario sul tema) fornisce servizi all'avanguardia nel settore dell'ESG –Environmental, Social, and Governance –, sempre più cruciale per il tessuto imprenditoriale contemporaneo.
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Rilevante in questo contesto è il supporto che Open Network offre
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alle imprese di allinearsi con gli standard ESG globali. Questo non solo migliora l'immagine aziendale e rafforza la fiducia degli stakeholder, ma apre anche la strada a nuove opportunità di mercato e a una maggiore resilienza operativa.
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Andamento mercato opere pubbliche in Lombardia e a Brescia
Mercato OOPP in Lombardia - Bandi e
Mercato OOPP in Provincia di Brescia - Bandi e aggiudicazioni
pubbliche (a) Trend 2019 - 1° semestre 2025
(a) Bandi e aggiudicazioni di importo superiore a 150 mila euro. Le differenze rispetto ai valori della precedente rilevazione sono dovuti ad aggiornamenti dello stato della procedura (gare annullate, deserte non aggiudicate e aggiudicazioni revocate) e al reperimento di nuove aggiudicazioni e nuove informazioni sulle procedure avviate prima dell’ultima rilevazione.
NB: Il dato delle aggiudicazioni, rispetto a quello dei bandi, sconta una minore rappresentatività dei lavori di importo inferiore a 500 mila euro a motivo della minore pubblicità e delle difficoltà di reperimento di tali informazioni, soprattutto riguardo ai lavori affidati prima del 2023.
I dati che emergono dalla ricerca del Cresme evidenziano l’impegno delle imprese per portare a termine il Pnrr nei termini previsti. Certo, il lavoro non è concluso e in questo ultimo anno saremo chiamati a compiere un ultimo grande sforzo per completare lavori
cazioni emerge che le imprese lombarde, in tre anni, dal gennaio 2022 al dicembre 2024, hanno vinto 4.085 gare per un valore complessivo di 10,6 miliardi (il 51%). Osservando invece i dati del 1° semestre 2025, le imprese lombarde hanno vinto 1.253 gare per un valore di 1,827 miliardi (il 54%), quantità in aumento rispetto ai risultati del 1° semestre del 2024.
Nei primi sei mesi del 2025 cresce la concorrenza nelle gare: in media dieci partecipanti per gli appalti localizzati in Lombardia. I ribassi tornano a salire: per il biennio 2019-2020 sono superiori al 21%, scendono al 19% nel 2021, al 14% nel 2022 e al 12% nel 20232024, per poi arrivare al 13% nel primo semestre 2025. A
scendere invece i tempi di affidamento dei lavori: in Lombardia si sono ridotti da nove mesi per i bandi antecedenti al 2019, a meno di due mesi nei primi sei mesi del 2025. Nelle gare emerge l’importanza dei lavori tradizionali (appalti di sola esecuzione e appalti integrati) che, dal 2022, con il contributo dei progetti PnrrPnc, sono tornati a rappresentare quote superiori al 90% della domanda. Riguardo agli importi, i mercati tradizionali si riservano la maggioranza delle quote che, rispetto all’82% del 2024, scendono al 57% nel primo semestre 2025. La restante parte del mercato spetta ai contratti di Ppp e agli appalti complessi di costruzione, manutenzione e gestione, un mercato in forte crescita nel
2025, con l’esaurirsi del Pnrr. Nel rapporto si evidenzia inoltre l’incidenza degli interventi di importo inferiore a un milione di euro, che sale al 75% nel 2024 e nei primi sei mesi di quest’anno. Rispetto alla spesa, gli appalti di importo superiore al milione, nell’intero periodo di analisi (2019 — 1° semestre 2025), incidono per l’86% del valore del mercato, con una quota massima dell’88% nel biennio 20222023 e una quota minima dell’80% nel 2021. Lato committenza, nell’ambito della programmazione PnrrPnc sono stati protagonisti i gestori locali e nazionali di reti e infrastrutture, con una quota degli importi in gara del 42%. Nel primo semestre 2025 si riduce la spesa degli enti territoriali — principali committenti di lavori pubblici in Lombardia come nel resto del Paese — e dei gestori di reti e infrastrutture, mentre aumenta quella degli enti nazionali. La fase espansiva delle opere pubbliche interessa sia le infrastrutture, ovvero gli interventi per la mobilità, per l’energia e le telecomunicazio-
ni per l’acqua, l’ambiente e il territorio, che l’edilizia, vale a dire gli interventi di nuova costruzione, riqualificazione ristrutturazione e manutenzione di edifici pubblici residenziali e non. Nel triennio 20222024 entrambi i comparti raggiungono massimi storici trainati dagli investimenti PnrrPnc per mobilità sostenibile ed edilizia scolastica. Nei primi sei mesi di quest’anno si segnala una ripresa anche nei settori sanità, uffici, energia e viabilità.
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“Il mercato delle opere pubbliche per le imprese di costruzioni nelle province della Lombardia 2019-2025”
La provincia di Brescia ha vissuto negli ultimi sei anni e mezzo una netta accelerazione dei bandi e delle aggiudicazioni per lavori pubblici di importo superiore a 150mila euro. A Brescia i bandi vivono una fase espansiva soprattutto nel triennio 2022-2024, mentre le aggiudicazioni sono da record nel biennio 2023-2024 e nel 1° semestre 2025. Ai dati positivi rilevati in territorio regionale si affiancano quelli altrettanto rosei della provincia bresciana: tra il 2022 e il 2024 si registrano 1.584 bandi per un importo complessivo di 3.362 milioni di euro, mentre nello stesso periodo sono state aggiudicate 1.020 gare di opere pubbliche per 2.411 milioni di euro. Nei primi sei mesi del 2025 si avvertono i primi segnali di rallentamento nei numeri che riguardano i bandi, ma il livello resta alto rispetto ai valori annui del triennio 2019-2021; sul fronte delle aggiudicazioni invece si registrano già nel primo semestre di quest’anno 314 gare per un importo totale di 749 milioni di euro.

“Dati che confermano una stagione fiorente e dinamica per il mercato delle opere pubbliche nella nostra provincia, che si sta concretizzando non solo in nuove gare di appalto, stimolo per l’economia e l’occupazione, ma nell’avvio della fase
Tra i più grandi mercati provinciali c’è Brescia insieme a Milano, Bergamo e Varese
Mercato OOPP Lombardia - Bandi per opere pubbliche 2019 - 1° semestre 2025 Mercati provinciali - Incidenza % per ambito territoriale
successiva — precisa il presidente di Ance Brescia, Massimo Angelo Deldossi —, che passa alla parte operativa, con l’affidamento dei lavori da parte delle stazioni appaltanti”. Si inseriscono in questa cornice anche i 371 cantieri legati alla programmazione Pnrr-Pnc nella provincia di Brescia e monitorati dal Cresme tra gennaio 2021 e giugno 2025: l’85% dei lavori in gara, per l’87% degli importi, risulta aggiudicato. Il restante 15% dei bandi,
Mercato OOPP Lombardia - Bandi per lavori Pnrr-Pnc - 2021-1° semestre 2025
2.422 bandi e 7.609 milioni di euro
per il 13% degli importi, risulta in fase di negoziazione.
In linea con il trend regionale, nel primo semestre del 2025 si registra un aumento del numero medio di partecipanti alle gare (10). Con l’esaurirsi della domanda legata al Pnrr, si osserva infatti una crescita del livello di concorrenza, con un maggior numero di operatori che prendono parte a ciascun appalto. Con la progressiva con-
clusione della domanda Pnrr, sale la concorrenza per ogni investimento pubblico. “Virtuosa la presenza alle gare delle imprese bresciane nel contesto regionale” commenta infine il presidente Deldossi. Nel triennio 2022-2024 le imprese della provincia di Brescia vincono il 45% delle gare e il 27% degli importi; nel 1° semestre 2025 il 37% delle gare per il 17% degli importi.
Un ultimo dato significativo che emerge dal report regionale riguarda i tempi di affidamento dei lavori. Brescia si distingue sul versante dell’efficienza nei tempi di affidamento, più brevi rispetto al complessivo della Lombardia, impiegando meno rispetto a quanto avviene nelle altre province: i tempi si sono ridotti da quattro mesi (per i bandi indetti prima del 2019) a meno di tre mesi (per i bandi dal 2021).
contest fotografico quarta edizione





candidature dal 3 novembre 2025 al 6 gennaio 2026
L'iniziativa invita i partecipanti a realizzare scatti che raccontino il dialogo tra elemento acqua ed edilizia, in un rapporto che valorizza il costruito nel rispetto dell'ambiente circostante. Un costruito che si è messo in gioco sia per gestire la risorsa idrica sia per proseguire nello sviluppo di un contesto urbanizzato.

Termini e modalità di partecipazione su: www.fotografiamoilfuturo.it


La gestione della risorsa idrica è una delle grandi sfide che l’Europa ha di fronte. La nuova Strategia per la resilienza idrica della Commissione Ue chiede agli Stati membri un cambio di passo deciso: ridurre perdite che in Europa oscillano tra l’8% e il 57%, aumentare del 10% l’efficienza entro il 2030 e rafforzare la lotta agli inquinanti, a partire dai Pfas. Una direzione sostenuta anche da nuovi strumenti finanziari, come il programma della Banca Europea per gli Investimenti da 15 miliardi previsto tra il 2025 e il 2027.
L’Italia arriva a questo appuntamento con una solida base tecnica e regolatoria. Grazie al lavoro dell’Arera, il nostro Paese dispone già di indicatori affidabili per la misurazione della pressione sulle risorse idriche al fine di orientare decisioni più consapevoli. Ma il quadro resta complesso: le perdite nelle reti idriche nazionali si attestano ancora intorno al 40%, ben al di sopra della media Ue del 23%. È un dato che non può essere ignorato, perché gli indicatori che Bruxelles introdurrà nei prossimi anni saranno sempre più rigorosi e richiederanno, per essere rispettati, investimenti continui, monitoraggio pun-
La nuova Strategia per la resilienza idrica della Commissione Ue chiede agli Stati membri un cambio di passo deciso: ridurre perdite che in Europa oscillano tra l’8% e il 57%
tuale e una filiera organizzata. In questo contesto si inserisce il piano stralcio del Mit da oltre 957 milioni di euro per 75 interventi distribuiti tra il 2025 e il 2029. Tali risorse sono finalizzate a realizzare interventi necessari a mitigare i danni connessi al fenomeno della siccità, a potenziare e adeguare le infrastrutture idriche, anche per aumentare la resilienza dei sistemi idrici ai cambiamenti climatici e ridurre le dispersioni di risorse idriche su tutto il territorio nazionale ed infine a realizzare nuovi serbatoi per l’accumulo e la
regolazione di risorse idriche. Un programma che spazia sul territorio nazionale con interventi in Lombardia, come ad esempio i lavori di manutenzione straordinaria della diga di Sarnico e le opere di regolazione per la messa in sicurezza del lago d’Idro. Un mosaico di progetti che testimonia quanto il settore idrico sia ampio e articolato: reti, impianti, sistemi di captazione, opere di invaso, dispositivi di monitoraggio e interventi di sicurezza.
Anche in questo ambito il mondo delle costruzioni assu-
me un ruolo determinante. Le imprese sono infatti protagoniste di un lavoro spesso invisibile ma decisivo: realizzano e mantengono il sistema di infrastrutture che permette all’acqua di raggiungere famiglie, imprese e agricoltura in modo sicuro e continuo. È un patrimonio tecnico che richiede aggiornamento costante, investimenti e una cultura della qualità che va sostenuta e raccontata. E nel solco di questa sensibilità per la salvaguardia dell’acqua Ance Brescia ha scelto di dedicare il contest fotografico 2025 al tema “Costruzioni e sottoservizi: l’edilizia in dialogo con l’elemento acqua”. Un invito a guardare oltre la superficie, a valorizzare il lavoro quotidiano che avviene nel settore idrico e all’impegno delle imprese che lo rendono possibile.
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LINEE VITA | LAVORI IN FUNE E SPAZI CONFINATI | FORMAZIONE E ADDESTRAMENTO | SOCCORSO INDUSTRIALE


Abbiamo visitato entrambe le dinamiche rassegne di Adriano Baffelli
Le collaborazioni intersettoriali, edilizia, economia circolare e digitale, diventano realistiche. La considerazione è offerta dalla visita all’edizione 2025 di Ecomondo a Rimini, dove, fra il resto, abbiamo registrato l’interesse degli addetti ai lavori per Il progetto Cdw Circle, finalizzato a raggiungere il riciclaggio totale dei rifiuti da costruzione e demolizione (Construction Demolition Waste) grazie alla produzione di materie prime secondarie a valore aggiunto da reintrodurre nel settore. Un’iniziativa cofinanziata dall’Unione Europea che vede Brescia protagonista con il Gruppo Gatti, Eseb, Pavoni Spa, Università Statale, Prandelli, con il supporto del Csmt, affiancati da Regione Lombardia, dalla bergamasca Cavart e dall’austriaca Binder. Interessante rilevare come Ecomondo avesse un focus sull’intera filiera, inclusi ambienti costruiti, suoli, infrastrutture, perché significa che l’edilizia va intesa in modo più ampio: non solo abitazioni o uffici, ma rigenerazione urbana, infrastrutture minori, retrofit, efficientamento del costruito esistente. La Fiera riminese, visitata quest’anno da 110mila operatori, è stata interessante anche per gli approfondimenti sulla gestione del fine vita dei materiali da costruzione, tema che si fa sempre più concreto. Con conseguenze positive: aziende che operano nel riciclo possono trovare clienti nel mondo dell’edilizia; imprese edili possono essere chiamate a gestire anche la fase post‐opera, materiali da smaltire, riciclo, riuso. Sempre in autunno ho visitato il Saie a Bari, caratterizzato da una percepibile vivacità, che va oltre i 31.700 visitatori, aumentati del 24% rispetto al 2023, segnale inequivocabile di una filiera delle costruzioni in buona solute anche nella parte meridionale del Paese. Saie Bari non si è limitata a mostrare le novità della fiera, ma ha fotografato uno stato della filiera che si sta riorientando: dall’edilizia tradizionale verso un modello che somma costruito, impianti, digitalizzazione, materiali performanti e rigenerazione. In particolare, mi ha colpito la centralità data alla rigenerazione urbana e alla filiera del restauro-riuso che appare


sempre meno marginale e sempre più strategica. Tra gli elementi più significativi: Il percorso tematico “Saie Sostenibilità” ha enfatizzato materiali ecosostenibili, benessere indoor/outdoor, e la gestione del patrimonio edilizio esistente. Un’area “Saie Innovazione” dedicata a Bim, intelligenza artificiale, macchine e attrezzature da cantiere. L’area “Saie InCalcestruzzo”, che ha presentato micro-innovazioni nel comparto cementizio, pavimentazioni ad alte prestazioni, soluzioni integrate per la posa in opera. Saie Bari non si è limitata a mostrare le novità della fiera, ma ha fotografato uno stato della filiera che si sta riorientando: dall’edilizia tradizionale verso un modello che somma costruito, impianti, digitalizzazione, materiali performanti e rigenerazione. In definitiva, Saie Bari ed Ecomondo 2025 ci dicono che la filiera dell’edilizia, pur ancora fondata sul costruire, si trova in una fase di metamorfosi. Non più solo mansione tecnica, ma sistema complesso: materiali, impianti, dati, circolarità. E le occasioni non mancano: rigenerazione urbana, efficientamento, materiali riciclati, norme e certificazioni, internazionalizzazione. Se dovessi sintetizzare il tutto in una frase, questa potrebbe essere: la costruzione diventa costruzione responsabile, digitale, circolare. E le fiere di questo autunno lo hanno confermato.
Il Lingotto di Torino è una delle architetture più iconiche del Novecento italiano, un edificio che racconta come pochi altri la trasformazione dell’industria, della città e dell’idea stessa di modernità. Nato come fabbrica d’avanguardia, abbandonato insieme alla crisi del modello fordista, poi rinato come centro polifunzionale e simbolo della riconversione urbana, il Lingotto è oggi un monumento vivente alla capacità di reinventarsi. La sua regolarità costruttiva e prospettica, i suoi spazi proposti all’insegna di speculare rigore mi hanno sempre affascinato. L’attraversarlo oggi, il viverlo nella sua parte alberghiera o commerciale, pensando ai giorni nei quali, in quei medesimi spazi ferveva l’attività produttiva capace di dare forme a centinaia di migliaia di autovetture, semplicemente emoziona. L’edificio fu realizzato per ospitare la nuova fabbrica della Fiat, che già allora rappresentava la più potente industria automobilistica italiana e una delle più dinamiche d’Europa. L’idea di costruire un impianto moderno, verticale, capace di sintetizzare in un unico corpo tutti i passaggi della produzione, dalla materia grezza all’auto finita, rispondeva perfettamente al sogno di un’industria razionale, ordinata e progressiva. Il progetto fu affidato all’ingegnere Giacomo Mattè-Trucco, che seppe tradurre in forma architettonica i principi dell’organizzazione fordista, con un linguaggio sobrio e funzionale, ma di una potenza visionaria straordinaria. I lavori iniziarono nel 1916, durante la Prima guerra mondiale, e proseguirono fino al 1923. L’impianto era concepito come un lungo parallelepipedo in cemento armato, una struttura innovativa per l’epoca, articolata su cinque piani. Al piano terra arrivavano le materie prime, che salivano progressivamente lungo le linee di montaggio fino al tetto, dove avveniva l’assemblaggio finale e, sorprendentemente, la prova delle automobili appena uscite dalla catena di montaggio. Proprio qui si trovava uno degli elementi più spettacolari e celebri del complesso: la pista di collaudo sul tetto, un circuito ovale di circa 400 metri, con curve sopraelevate, da cui le

di Adriano Baffelli
Nel 1982 la produzione automobilistica al Lingotto cessò definitivamente. L’immenso edificio, lungo più di mezzo chilometro, rischiava di trasformarsi in un relitto del passato industriale, una carcassa vuota in una città già segnata dalla crisi economica e sociale


Tra il 1985 e il 1994 il Lingotto venne trasformato in un grande centro multifunzionale: al suo interno trovarono posto un centro congressi, spazi per mostre, uffici, alberghi, una galleria commerciale, un auditorium e la sede del Politecnico di Torino per l’architettura e il design. Piano mantenne la struttura originaria in cemento armato e la pista sul tetto, che divenne un elemento identitario e scenografico del complesso rinnovato. Sopra la pista inserì la “Bolla”, una sala riunioni panoramica in vetro e acciaio sospesa nel vuoto, simbolo della nuova leggerezza e trasparenza di un’architettura che dialogava con la sua memoria senza rimanerne prigioniera. Attualmente il Lingotto è uno dei luoghi più visitati e riconoscibili di Torino, sede di eventi culturali e punto di riferimento per studenti, turisti e cittadini. La pista sul tetto è diventata un’attrazione a sé: restaurata e riaperta al pubblico, ospita installazioni artistiche, mostre temporanee e un giardino pensile. Da lassù, tra le curve sopraelevate si gode la vista di un panorama unico sulla città e sulle Alpi. Il Lingotto non è solo un capolavoro di ingegneria e di architettura, ma un palinsesto di epoche e di visioni. Nella sua concretezza di cemento armato convivono il sogno industriale di inizio secolo, la crisi della modernità produttiva e la rinascita culturale e urbana del tardo Novecento. La rampa elicoidale e la pista sul tetto restano simboli della velocità e dell’ingegno, ma anche della capacità italiana di trasformare l’eredità industriale in patrimonio culturale. Oggi, a un secolo dalla sua costruzione, il Lingotto continua a rappresentare una lezione di modernità, della continuità tra memoria e innovazione, tra materia e idea. È il luogo dove la fabbrica diventa città, dove il lavoro si trasforma in cultura e dove il movimento non è più solo quello delle automobili, ma quello di una città intera che ha imparato a rigenerarsi senza dimenticare le proprie origini.

vetture appena costruite potevano essere testate prima di scendere nuovamente verso il livello stradale. Per accedere alla pista, il progettista ideò una delle invenzioni più sorprendenti dell’architettura industriale moderna: la rampa elicoidale, una spirale di cemento armato che collegava i diversi piani della fabbrica, consentendo alle automobili di salire sino al tetto e di ridiscendere con fluidità. Questo dispositivo, oltre a essere un prodigio tecnico, divenne un segno distintivo dell’edificio, un simbolo di movimento e di energia che traduceva in architettura la fiducia illimitata nel progresso meccanico e tecnologico. Quando venne completato, il Lingotto non aveva eguali in Europa. I
visitatori stranieri lo consideravano una meraviglia dell’industria moderna, paragonabile alle grandi fabbriche americane. Le linee di montaggio potevano produrre sino a ottanta automobili al giorno. Per oltre trent’anni il Lingotto rimase il principale centro produttivo dell’azienda, ma a partire dagli anni Cinquanta iniziò a mostrare i segni della propria obsolescenza. L’espansione della produzione e l’avvento di nuove tecniche di assemblaggio rendevano ormai inadeguata la struttura verticale. La nuova fabbrica di Mirafiori, più estesa e orizzontale, rappresentava il futuro. Nel 1982 la produzione automobilistica al Lingotto cessò definitivamente. L’immenso edificio, lungo più di mezzo chilometro, rischiava di trasformarsi in un relitto del passato industriale, una carcassa vuota in una città già segnata dalla crisi economica e sociale. Tuttavia, proprio da questo vuoto nacque l’occasione di una rinascita. La Fiat, insieme al Comune di Torino, bandì un concorso internazionale per la riconversione del complesso, invitando alcuni dei più affermati architetti del mondo. Vinse Renzo Piano, con un progetto che seppe rispettare la memoria industriale del luogo e allo stesso tempo proiettarlo nel futuro.




È RECENTE IL CAMBIO AI VERTICI DI ANCE LOMBARDIA. L’ASSEMBLEA DELL’ASSOCIAZIONE REGIONALE DEI COSTRUTTORI EDILI LOMBARDI HA ELETTO JOHN BERTAZZI ALLA CARICA DI PRESIDENTE PER IL QUADRIENNIO 2025-2029, CHE SUCCEDE COSÌ A TIZIANO PAVONI, PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE DELLA PAVONI SPA, CHE HA GUIDATO L’ASSOCIAZIONE DAL 2021. BERTAZZI, È FONDATORE E CEO DI C&I GROUP MILANO, SOCIETÀ IMPEGNATA NELLO SVILUPPO, NELLA COSTRUZIONE, NEL RECUPERO E NELLA COMMERCIALIZZAZIONE DI INTERVENTI DI EDILIZIA RESIDENZIALE, TERZIARIA E COMMERCIALE. BERTAZZI HA RICOPERTO IN PASSATO IL RUOLO DI VICEPRESIDENTE DI ASSIMPREDIL ANCE. A COMPLETAMENTO DELLA SQUADRA DI PRESIDENZA, L’ASSEMBLEA DI ANCE LOMBARDIA HA ELETTO TRE VICEPRESIDENTI: MASSIMO COLOMBO (PRESIDENTE DI ANCE VARESE), CORRADO GATTI (TESORIERE DI ANCE BRESCIA), FRANCESCO MOLTENI (PAST PRESIDENT E CONSIGLIERE DI ANCE COMO) E IL TESORIERE LUCA FABI (PRESIDENTE ANCE LECCO-SONDRIO).
di Adriano Baffelli
La sede di Ance Lombardia si trova nel cuore di Milano, in una zona che fonde dinamismo urbano e storia architettonica. L’area circostante, caratterizzata da ampi viali e moderni complessi direzionali, riflette il ritmo produttivo e culturale della città, con uffici, studi professionali e attività commerciali che si affiancano a eleganti palazzi storici. La sede, di linee sobrie ma contemporanee, si inserisce con equilibrio nel contesto, con facciate vetrate che dialogano con la luce e spazi interni pensati per incontri, formazione e rappresentanza.
La posizione strategica favorisce l’accessibilità dai principali snodi di trasporto pubblico, rendendola punto di riferimento per imprese e professionisti del settore edile. Intorno, la città mostra il suo volto più vitale: strade animate, caffè e ristoranti, ma anche aree verdi e piazze che offrono momenti di respiro tra gli impegni di lavoro. La zona riflette così la doppia anima di Milano: efficienza e vivacità culturale, rendendo la struttura di Ance Lombardia un crocevia naturale per chi opera nell’edilizia e nelle costruzioni.
Presidente Bertazzi, quali sono le voci principali del suo programma per la prima fase al vertice di Ance Lombardia?
In questi primi mesi da presidente di Ance Lombardia ho voluto impostare una fase di ascolto delle esigenze dei territori lombardi: l’associazione regionale che immagino deve essere al servizio delle associazioni territoriali e quindi, per loro tramite, delle imprese associate e deve proporre soluzioni condivise alle questioni

raccolte, facendosi coadiuvare da Ance per le questioni di livello nazionale. Sono, infatti, fermamente convinto che le problematiche che emergono nel nostro territorio sono spesso questioni che precorrono il sorgere di problematiche simili in tutto il Paese. Il sistema economico della nostra regione molto spesso viene paragonato a una locomotiva e, infatti, ha proprio la caratteristica di essere davanti nell’affrontare alcune criticità. Un altro tema che ho deciso di affrontare prioritariamente è rappresentato dai rapporti con i vertici di Regione Lombardia e con gli altri stakeholder regionali: ho raccolto il testimone che mi ha passato Tiziano Pavoni e anche in questo devo dire di aver trovato un terreno fertile nel quale continuare a svolgere un’attività di rappresentanza attenta alle esigenze del settore e del territorio. Quattro delle priorità sul tavolo della presidenza in questi primi mesi: attuazione della Direttiva Case Green, Intelligenza artificiale, Legalità e Difesa dei Fondi di coesione comunitari.
Che associazione ha trovato e che cosa più l’ha colpita rispetto alle sue aspettative?
Ho trovato un tavolo dei presidenti lombardi coeso e appassionato al bene delle imprese associate e del settore. Una buona premessa rispetto alla mia decisione di imposta-
re con i colleghi presidenti un rapporto franco e diretto, infatti da loro ho avuto immediatamente una risposta di compattezza e unità di intenti, consci del fatto che le sfide che ci aspettano nei prossimi anni saranno fondamentali per costruire politiche industriali durature per il settore. Al contempo, le stesse possono supportare il Paese nella transizione verso un patrimonio edilizio, pubblico e privato, più efficiente e sicuro. Sta inoltre giungendo al termine l’effetto propulsivo del Pnrr che ha aiutato le imprese a strutturarsi per affrontare l’impegno organizzativo e realizzativo di numerosissime opere su tutto il territorio regionale: stiamo già guardando la questione a tutti i livelli e pensiamo che una ulteriore stabilità nei portafogli ordini delle nostre imprese possa essere rappresentata, in parte, dalla prosecuzione del Piano Lombardia che la nostra Regione aveva avviato come risposta alla crisi pandemica, nel 2020. A differenza del Pnrr, il Piano Lombardia, non avendo una scadenza, pensiamo possa dare continuità al mercato regionale delle opere pubbliche.
Come valuta la situazione attuale del settore delle costruzioni in Lombardia, sia per quel che riguarda l’edilizia residenziale che per le opere pubbliche?

Dopo il rallentamento registrato nel primo trimestre del 2025, la variazione su base annua del volume d’affari delle imprese del settore torna in campo positivo, segnalando una parziale ripresa dell’attività. Tuttavia, le aspettative sulla domanda di mercato restano improntate alla cautela, in particolare per il comparto privato. Il mercato dell’edilizia residenziale e delle ristrutturazioni continua a risentire della fine degli incentivi straordinari, fattore che mantiene debole le prospettive di crescita di questo mercato. Si osserva comunque un miglioramento rispetto ai valori fortemente negativi registrati nella parte finale del 2024, a indicare un lento, ma progressivo recupero di fiducia. Nel comparto non residenziale la situazione appare più stabile: pur mantenendo un saldo negativo, il divario rispetto ai mesi precedenti si riduce. Decisamente più favorevole è invece il quadro per le opere pubbliche e le infrastrutture. Le aspettative per questo segmento rimangono positive, sostenute dall’attuazione dei programmi del Pnrr e degli investimenti pubblici in corso. Posso dunque affermare che il settore delle costruzioni in Lombardia conferma segnali di resilienza, pur in un contesto ancora caratterizzato da incertezze sul fronte della domanda privata. In prospettiva
John Bertazzi è fondatore e Ceo di C&I Group Milano, società impegnata nello sviluppo, nella costruzione, nel recupero e nella commercializzazione di interventi di edilizia residenziale, terziaria e commerciale. Bertazzi ha una lunga esperienza associativa: è stato presidente del Gruppo Giovani di Ance Lombardia, consigliere di Assimpredil Ance Milano, Lodi, Monza e Brianza e, più di recente, vicepresidente di Assimpredil Ance. Bertazzi è stato vicepresidente di Ance nazionale con la delega ai Rapporti interni. L’attuale presidente di Ance Lombardia ha inoltre ricoperto ruoli in Federfidi Lombarda e Confidi province lombarde (ora Confidi Systema).
tre temi saranno centrali: il tema casa, la rigenerazione urbana e la riqualificazione energetica del patrimonio edilizio. Negli ultimi anni gli incentivi alla riqualificazione energetica e gli interventi legati alla sostenibilità ambientale hanno preso sempre più spazio: quali sono le principali sfide che le imprese lombarde devono affrontare in questo ambito, e come Ance Lombardia intende supportarle?
Oggi la crescente attenzione verso la sostenibilità ambientale e l’efficienza energetica rappresentano per il settore delle costruzioni una sfida complessa, ma soprattutto una grande opportunità di sviluppo. La riqualificazione energetica si intreccia infatti con il rinnovamento del patrimonio
edilizio esistente del nostro territorio, priorità strategica sia per il nostro comparto sia a livello normativo europeo. Infatti, la nuova Direttiva “Case Green”, fissa obiettivi ambiziosi di riduzione dei consumi di energia primaria e di ristrutturazione degli edifici meno performanti, puntando a un parco immobiliare a emissioni zero entro il 2050. In Italia, così come in Lombardia, dove oltre il 75% degli edifici è stato costruito prima del 1980, la sfida diviene particolarmente articolata: occorre intervenire su un patrimonio obsoleto e frammentato, caratterizzato da un’elevata proprietà diffusa e da una scarsa consapevolezza dei benefici economici e di comfort che la riqualificazione può offrire. Le imprese devono

affrontare anche la mancanza di un quadro normativo e di incentivi stabili, oltre alla necessità di integrare sostenibilità, innovazione e formazione in una logica di filiera. Come associazione, intendiamo supportare le imprese promuovendo una cultura della sostenibilità, rispetto anche alle possibilità di innovazione del prodotto e del processo edilizio. Partecipiamo, inoltre, a diversi tavoli regionali, con l’obiettivo sia di dare voce alle esigenze del settore, sia di condividere le nostre competenze su specifici argomenti. Promuoviamo anche l’attuazione di misure di finanziamento dedicate focalizzate soprattutto sulle Pmi, tali da accompagnare le imprese, anche meno strutturate, verso transizione ecologica per un’edilizia sempre più green, competitiva e responsabile. Ricordo, non da ultimo, il progetto Cis — Cantiere impatto sostenibile — il codice di condotta volontario promosso dal sistema Ance che accompagna le imprese del settore delle costruzioni, integrando i criteri Esg nella gestione sostenibile del cantiere.
La digitalizzazione del cantiere (Bim, modelli informativi, processi di controllo) e l’innovazione nei materiali e nelle tecniche costruttive sono sempre più strategici: quanto è diffusa questa trasformazione tra le imprese lombarde, e quali barriere rimangono?
La digitalizzazione dei cantieri e l’adozione di strumenti come il Bim stanno conoscendo in Lombardia una diffusione crescente, ma ancora disomogenea. La penetrazione di queste tecnologie è fortemente proporzionale alla dimensione d’impresa: le realtà più strutturate, come le grandi imprese di costruzioni e società di progettazione, hanno già integrato questo aspetto, spinte anche da commesse pubbliche (e private) che richiedono esplicito utilizzo. Tra le picco-
le e medie imprese, invece, la trasformazione procede più lentamente. Nel settore delle costruzioni - composto in larga parte da imprese di piccole dimensioni, con un organico medio dai 2 ai 4 addetti e fatturati che raramente superano il milione di euro - l’adozione di strumenti digitali risulta più complessa. Si tratta infatti di tecnologie che richiedono investimenti economici e di tempo significativi, spesso difficili da sostenere per una piccola impresa. Le principali barriere sono innanzitutto di natura culturale e organizzativa: occorre un cambio di mentalità e un nuovo approccio al processo edilizio, fondato su una visione di lungo periodo e sulla consapevolezza di come il settore stia evolvendo. A ciò si sommano ostacoli economici — legati ai costi iniziali per software, attrezzature e formazione — e problemi di interoperabilità tra diverse piattaforme digitali. Allo stesso tempo, l’innovazione nei materiali e nelle tecniche costruttive sta diventando un elemento distintivo e di competitività. In Lombardia si registrano esempi virtuosi, con imprese che hanno investito nel recupero e nel riuso dei materiali da demolizione e costruzione, ma anche nella digitalizzazione dei processi e nell’introduzione di tecniche costruttive più sostenibili. Ciò che accomuna queste esperienze è la volontà di offrire un servizio di qualità, che valorizzi il prodotto, la sua messa in opera, le modalità di installazione, il risultato finale, tenendo sempre presente l’aspetto di sostenibilità ambientale. In sintesi, questa transizione del settore è in corso, ma richiede uno sforzo collettivo: servono formazione diffusa, incentivi mirati, standard condivisi e soprattutto una cultura dell’innovazione che coinvolga l’intera filiera, dalle grandi imprese alle realtà più piccole. Solo così sarà

Il mercato dell’edilizia residenziale e delle ristrutturazioni continua a risentire della fine degli incentivi straordinari, fattore che mantiene debole le prospettive di crescita di questo mercato. Si osserva comunque un miglioramento rispetto ai valori fortemente negativi registrati nella parte finale del 2024
possibile accompagnare il comparto verso un modello di edilizia più efficiente, sostenibile e competitivo. La carenza di manodopera qualificata e la difficoltà di reperire figure professionali adeguate sono temi ricorrenti nel settore: quali strategie state introducendo per attrarre e formare nuovi talenti e garantire la continuità delle imprese edili?
Il tema della carenza di manodopera qualificata rappresenta uno dei principali problemi che, ormai da tempo, il settore si trova ad affrontare e che si intreccia fortemente con la scarsa attrattività del settore. Anche nei territori storicamente più vocati è ormai sempre più evidente la difficoltà nel reperire giovani lavoratori qualificati; questo fenomeno produce conseguenze quali la difficoltà per le imprese nell’attuazione di commesse già avviate e un progressivo trend di invecchiamento della popolazione lavorativa nel settore che, a sua volta, incide sia sui
livelli di sicurezza in cantiere che sulla capacità di innovazione del settore stesso. Una risposta a questo tema molto complesso stiamo cercando di darla con la partecipazione ai Patti territoriali/settoriali per le competenze e l’occupazione promossi da Regione Lombardia. Il “Patto per le competenze e l’occupazione in Regione Lombardia nel settore delle costruzioni” di cui Ance Lombardia è capofila vede la partecipazione di 32 partner e la presenza di una rete di supporto di 17 realtà e nasce per dare una risposta alla difficoltà di reperimento di manodopera da parte delle Imprese edili e alle esigenze del sistema formativo di settore che registra un numero di iscrizioni sempre più lontano dalla possibilità di soddisfare le richieste produttive. Il progetto, attraverso la condivisione dei dati di analisi del mercato del lavoro e della rilevazione del fabbisogno di competenze e profili professionali, si pone
l’obiettivo di superare il disallineamento tra domanda e offerta di lavoro, puntando su orientamento, comunicazione e formazione. L’obiettivo è rendere il settore delle costruzioni più attrattivo, con un focus sui giovani e le donne, target maggiormente distanti dal settore, e favorire l’inclusione attraverso percorsi formativi funzionali all’inserimento lavorativo.
Il contesto economico-finanziario (tassi d’interesse, accesso al credito, costi delle materie prime) può influenzare fortemente il mercato delle costruzioni: quali rischi vede per il prossimo biennio e quali leve operative possono essere attivate dalle imprese per mitigarli?
Il contesto economico-finanziario incide in modo determinante sul settore delle costruzioni, comparto estremamente sensibile ai costi di finanziamento e alle oscillazioni dei prezzi delle materie prime in quanto la redditività dei progetti/cantieri e la capacità di investimento ne sono strettamente correlate. Negli ultimi anni abbiamo assistito ad una situazione geopolitica non del tutto stabile, situazione che sembra proseguire anche nei prossimi anni, portando anche ad una contrazione del mercato delle costruzioni generato principalmente dall’aumento dei tassi di interesse, dal minor accesso al credito e dalla volatilità dei prezzi delle materie prime. Nonostante difatti la maggior parte dei prezzi delle materie prime da costruzione (ferro, petrolio, bitume, materie plastiche) abbia registrato una tendenza negativa nei primi otto mesi del 2025, con cali a doppia cifra, la volatilità sui costi energetici permane.
Per mitigare tali rischi, le imprese dovranno adottare una gestione finanziaria più strategica, diversificando le fonti di capitale e migliorando la propria solidità patrimoniale.
Nei prossimi anni saremo chiamati ad affrontare nuove sfide sia nella manutenzione del patrimonio pubblico e delle infrastrutture, sia nella realizzazione di opere nuove, come quelle destinate al Social Housing, come previsto dagli orientamenti della Commissione europea per la programmazione di bilancio 2028-2034


Su quest’ultimo punto, le imprese associate al sistema Ance hanno già avviato tale percorso.
Il rapporto tra imprese ed enti locali è fondamentale per il buon esito delle opere: quali sono gli aspetti della regolamentazione, dei bandi, dei tempi autorizzativi che ancora vanno migliorati in Lombardia? E quali proposte concrete la vostra associazione porterà avanti?
Ance Lombardia ha recentemente presentato i dati della ricerca realizzata in collaborazione con il Cresme, sullo stato al 30 giugno 2025 del mercato delle opere pubbliche di importo superiore ai 150.000 euro in Regione dalla quale emerge che le ultime riforme, in primis quella del nuovo Codice degli appalti, hanno avuto effetti molto positivi sulla realizzazione delle opere pubbliche. Ad esempio, i tempi di affidamento, che vanno dalla data di pubblicazione del bando di gara alla data di aggiudicazione, sono passati da 9 mesi circa del 2019 a 2,7 mesi del 2024 e 1,6 mesi nel primo semestre 2025. Ritengo quindi che la vera sfida che l’associazione dovrà porate avanti sia quella di fare in modo che il settore possa essere pronto ad affrontare il post Pnrr. L’esperienza del piano europeo è stata fondamentale e dobbiamo farne tesoro per il futuro. La maggior parte delle opere sono state realizzate da piccole e medie imprese che in questi anni si sono strutturate, investendo in risorse e maestranze per poter rispondere al meglio alle esigenze del mercato e questo patrimonio non deve andare perso. Occorre quindi creare le condizioni affinché le Pmi siano sostenute. Mi vengono in mente tre proposte. Innanzitutto, occorre favorire la loro partecipazione incentivando la realizzazione delle opere per lotti funzionali, già prevista anche dalla Direttiva Europea e
spesso non attuata dalle Stazioni appaltanti. Inoltre, va rivista la normativa che prevede il ricorso alle società in house da parte della Pa che rischia di espellere dal mercato molte imprese. Ed infine, penso sia necessario rivedere la normativa sul Partenariato Pubblico Privato che, con la limitazione del diritto di prelazione prevista dall’ultimo Decreto correttivo al Codice dei contratti pubblici, ha reso ancora meno conveniente per le Pmi partecipare a questa tipologia di gare. Nei prossimi anni saremo chiamati ad affrontare nuove sfide sia nella manutenzione del patrimonio pubblico e delle infrastrutture, sia nella realizzazione di opere nuove, come quelle destinate al Social Housing, come previsto dagli orientamenti della Commissione europea per la programmazione di bilancio 20282034. Occorre, pertanto, iniziare, fin da ora, a ragionare concretamente, per essere pronti ad affrontare queste nuove sfide, facendo tesoro di tutto quanto di buono è stato fatto in questi ultimi anni. In tema di rigenerazione urbana e valorizzazione del patrimonio edilizio esistente, quale ruolo possono avere le imprese lombarde e quali sono gli scenari che lei vede più promettenti in termini di mercato e di impatto sociale?
Come ho appena detto, il problema dell’accessibilità alla casa non è più un tema solo nazionale, ma ormai è entrato in pieno nell’agenda dell’Unione Europea e il ruolo delle imprese sarà fondamentale per la sua realizzazione. Nei prossimi anni i tasselli da mettere in ordine saranno tanti. Dopo anni in cui la pubblica amministrazione non ha impegnato risorse specifiche per sostenere l’accesso alla casa, è necessario mettere in campo politiche che permettano sia di reperire adeguate risorse finanziarie pubbliche, sia di attrarre capitale privato di inve-

stitori “pazienti” con il fine di massimizzare le risorse a disposizione. Ma per favorire la sostenibilità economica degli interventi occorre pensare anche alla previsione di incentivi sia di aumento volumetrico che di riduzione degli oneri di urbanizzazione commisurando questi ultimi, solo alla parte di nuova costruzione eccedente all’esistente per favorire la rigenerazione urbana. Vanno inoltre ripensate sia a livello statale che regionale, le norme sui cambi di destinazione d’uso, per favorire il recupero delle aree dismesse, e prevedere la possibilità di adottare varianti agli strumenti urbanistici in sede di conferenza dei servizi come già avviene per le attività produttive. Nelle nostre città esiste un patrimonio immobiliare ingente non solo abbandonato, ma semplicemente vetusto, di cui bisogna favorire il recupero, non solo per un miglior efficientamento energetico ma, soprattutto, per rispondere alle esigenze di abitazione che, specialmente nelle grandi città, si fanno
sempre più pressanti. Solo agendo così si può coniugare la necessità di ampliare l’offerta abitativa senza ricorrere a consumo di nuovo suolo, che ormai è uno nei principali principi di sostenibilità ambientale. E aggiungo che forse bisognerebbe fare di più: da anni sono in corso iniziative per aggiornare la normativa urbanistica nazionale, in modo che sia adeguata alla realtà contemporanea e alle normative regionali che via via in questi anni si sono affastellate. Occorre che a livello nazionale si abbia il coraggio di prendere in mano la questione, al fine di superare anche tutti i disallineamenti che ormai sono un problema che blocca l’attività degli operatori economici e delle pubbliche amministrazioni locali: è una vera e propria emergenza. Concludiamo con uno sguardo strategico e programmatico al futuro: quali macro obiettivi si prefigge di raggiungere entro il 2029?
Sicuramente vorrei riuscire a confermare e ad accrescere il
Nelle nostre città esiste un patrimonio immobiliare ingente non solo abbandonato, ma semplicemente vetusto, di cui bisogna favorire il recupero, non solo per un miglior efficientamento energetico ma, soprattutto, per rispondere alle esigenze di abitazione che, specialmente nelle grandi città, si fanno sempre più pressanti
ruolo di supporto e di affiancamento della nostra associazione nei confronti di Regione Lombardia quale elemento di riferimento nel partenariato economico lombardo: il nostro settore si è molto rafforzato in questi ultimi anni e i decisori pubblici sono sempre più consci dell’importanza economica delle costruzioni, soprattutto in una realtà complessa come quella della Lombardia. Penso quindi che tale importanza avrà un riconoscimento nei prossimi anni anche nel quadro delle priorità regionali, anche perché abbiamo dimostrato in questi ultimi anni di essere un partner di riferimento, anche come associazione. Vor-
rei inoltre riuscire a confermare anche il ruolo di supporto per le nostre associazioni territoriali aderenti; due temi su tutti penso siano i principali da perseguire: la sostenibilità e l’intelligenza artificiale. Su entrambi questi macro-temi dobbiamo essere capaci di portare chiarezza alle imprese associate: il mercato è saturo di soluzioni pronte all’uso, ma che non costituiscono una risposta di lungo periodo a una esigenza concreta che possa far crescere le aziende. L’associazione deve aiutare le imprese in questa fase di transizione, dando strumenti concreti e indirizzando le aziende verso le migliori soluzioni.

Il XXV Convegno Nazionale dei Giovani Imprenditori
Edili, ospitato il 31 ottobre a Sorrento, ha confermato il ruolo strategico della nuova generazione dell’edilizia italiana come motore di innovazione, responsabilità e visione di lungo periodo
Con l’hashtag #SiamoFaro2025, il gruppo guidato da Angelica Krystle Donati ha scelto una metafora potente: essere un punto di riferimento stabile mentre il settore affronta transizioni decisive, dalla digitalizzazione alla sostenibilità, dall’intelligenza artificiale alla riorganizzazione delle infrastrutture.
La giornata si è aperta con il discorso della Presidente Donati, incentrato su un messaggio chiaro: i giovani devono es-
sere protagonisti del cambiamento, non semplici osservatori. Al centro del suo intervento, l’urgenza di un sistema che favorisca crescita dimensionale delle imprese, intercettando lavoratori e investimenti strutturali, con un’attenzione particolare al mondo femminile, alla diversità e all’immigrazione regolare. Forte rilevanza è stata inoltre data al PNRR e alla sua imminente chiusura, richiamando la necessità di una visione di lungo periodo e di programmazione
strategica degli interventi, con chiarezza delle regole, tempi certi e un dialogo più efficace e corresponsabile con la PA. Imprescindibili, per Donati, temi quali la diffusione e lo snellimento del partenariato pubblico privato, all’interno del quale le PMI giovanili devono trovare spazio; l’abitare, che necessita di un vero e proprio PNRR per la casa, e ancora la rigenerazione urbana, la sostenibilità, l’innovazione e l’intelligenza artificiale. Un discorso di ampio respiro che,
richiamando il tema del Convegno, si è chiuso con un passaggio dedicato specificatamente ai giovani, valorizzandone il coraggio di osare e la capacità di essere un faro, un punto di riferimento che illumina la rotta verso il futuro. Un gioco consapevole tra faro e farò, per sottolineare che progettare significa guardare avanti. Il futuro appartiene ai giovani perché saranno loro a costruirlo e a viverlo.
I contributi di Edoardo Rixi, Viceministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, e di Stefano Donnarumma, Amministratore Delegato di Ferrovie dello Stato, hanno offerto una lettura puntuale del ruolo strategico che il settore delle costruzioni riveste per lo sviluppo del Paese. A seguire, Luca Bussolino — Partner e Head of Strategy & Innovation di Carlo Ratti Associati — ha proposto, attraverso un’intervista dedicata dal titolo “Città che cambiano (se le cambiamo noi)”, una prospettiva innovativa sul ripensamento delle infrastrutture urbane e sulle dinamiche di trasformazione delle città.
Il programma è proseguito con l’intervento di Massimo Angelo Deldossi, nel proprio ruolo di Vicepresidente Ance, che ha richiamato la necessità di governare l’innovazione con metodo, visione e responsabilità. Ha sottolineato come innovare non significhi inseguire la tecnologia, ma saperla orientare, ricordando che l’innovazione non si delega, bensì si coltiva, si trasmette e si ispira. Deldossi ha evidenziato che la trasformazione digitale, energetica e organizzativa in atto nel settore non è solo una sfida tecnica, ma una vera rivoluzione culturale che richiede dati misurabili, processi più efficienti, interoperabilità, formazione continua e una leadership capace di guidare il cambiamento. Al centro, la convinzione che il cantiere del futuro sarà un ecosistema in-

terconnesso dove la tecnologia, dall’IoT all’intelligenza artificiale, serve a migliorare sicurezza, qualità del lavoro e produttività, laddove produttività non significa lavorare di più, ma lavorare meglio riducendo sprechi e burocrazia, mantenendo sempre la persona come riferimento fondamentale.
Di grande spessore anche l’intervento di Padre Paolo Benanti. Nell’intervista sul tema “L’anima dell’Intelligenza Artificiale: l’etica dell’algoritmo o dei suoi programmatori?”, ha offerto una lettura profonda del rapporto tra tecnologia e società. Ha invitato a considerare l’IA non soltanto come strumento di efficienza, ma come un’occasione per riaffermare il ruolo dell’etica e della responsabilità nella progettazione del futuro digitale, ponendo l’uomo al centro dei processi innovativi.
Nel corso della giornata si sono alternati tre panel tematici — “Per quanta strada ancora c’è da fare... amerai il finale”, “Nessuno escluso” e “Un mare di possibilità” — che hanno


coinvolto esperti, manager e rappresentanti del mondo economico e istituzionale. Tra i relatori, Aldo Isi, Amministratore Delegato di Rete Ferroviaria Italiana; Claudio Andrea Gemme, Amministratore Delegato di Anas; Stefano Scalera, Amministratore Delegato di Invimit; Amedeo Manzo, Presidente BCC Na-

poli; Alessia Masitto, Responsabile Infrastrutture CDP; Massimo Sessa, Presidente del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici; ed Eliseo Cuccaro, Commissario straordinario dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Centrale.
Apprezzato anche l’intervento del Presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca, che ha richiamato il valore delle infrastrutture per lo sviluppo e la coesione dei territori. La giornata si è conclusa con il contributo della Presidente Ance Federica Brancaccio che ha ribadito la centralità delle nuove generazioni nella filiera delle costruzioni, ringraziando la Presidente dei Giovani Ance per la guida dinamica e coraggiosa e l’intero gruppo Giovani per il lavoro costante a favore della cultura d’impresa e del dialogo con le istituzioni.
Il XXV Convegno Nazionale Giovani Ance ha così riaffermato la volontà dei costruttori di essere protagonisti del cambiamento: un faro acceso sul futuro dell’edilizia italiana.

Caro materiali e crisi abitativa tra i temi da affrontare
di Roberto Ragazzi
Nel solo primo semestre 2025, nonostante un fisiologico rallentamento, il sistema ha mantenuto performance elevate: 314 gare aggiudicate per 749 milioni di euro, livelli prossimi ai picchi record del biennio precedente
Il settore delle costruzioni cambia passo. Lasciata alle spalle la stagione “eccezionale” del Superbonus, la nuova spinta arriva oggi dalle opere pubbliche e gli investimenti infrastrutturali alimentati dal Pnrr.
A confermarlo sono dati del rapporto “Il mercato delle opere pubbliche per le imprese di costruzioni nelle province della Lombardia 2019-2025”, promosso da Ance Lombardia e realizzato dal Cresme Europa Servizi. Numeri che fotografano una fase di forte accelerazione anche a Brescia: bandi e aggiudicazioni in costante crescita, con effetti tangibili sull’attività dei cantieri, sull’occupazione, sull’intero sistema economico provinciale.
I numeri
Tra il 2022 e il 2024, in provincia di Brescia sono stati pubblicati 1.584 bandi per lavori pubblici sopra i 150 mila euro, per un valore complessivo di 3,36 miliardi di
Tuttavia, non mancano le criticità. Una su tutte – che accomuna grandi e piccole aziende, aziende senior e junior – è rappresentata dal “caro materiali” diventata vera emergenza: nella manovra economica varata dal Governo non c’è alcuno stanziamento né per coprire i ristori dell’ultimo trimestre 2024 e di

tutto il 2025 né per prorogare le compensazioni al 2026. L’Ance nazionale ha stimato circa due miliardi e mezzo di scoperto ancora da saldare. Il settore è in forte trasformazione, ma registra una carenza di 210 mila addetti a livello nazionale. Un paradosso in un Paese che conta ancora una quota elevata di giovani inattivi.
Da qui la necessità –sottolineata a più riprese da Ance – di un “allineamento tra
Primo trimestre del 2025: 314 gare aggiudicate per 749 milioni di euro
euro, e aggiudicate 1.020 gare per 2,41 miliardi. Numeri che confermano la forza del comparto e la capacità delle imprese locali di intercettare le opportunità del mercato.
Nel solo primo semestre 2025, nonostante un fisiologico rallentamento, il sistema ha mantenuto performance elevate: 314 gare aggiudicate per 749 milioni di euro, livelli prossimi ai picchi record del biennio precedente.
“È una stagione fiorente e dinamica per il mercato delle opere pubbliche — osserva Massimo Angelo Deldossi, presidente di Ance Brescia — ma non dobbiamo abbassare la guardia. La continuità dei bandi, e quindi aggiudicazioni, è vitale: senza nuovi affidamenti da parte delle stazioni appaltanti, l’effetto sull’occupazione e sull’intero sistema produttivo sarebbe immediato”.
Non solo cantieri
Determinante è stato il contributo dei fondi Pnrr e Pnc (Piano nazionale investimenti complementari): tra gennaio 2021 e giugno 2025, in provincia di Brescia sono stati monitorati 371 cantieri legati a questi programmi, l’85% dei lavori (per l’87% degli importi) già aggiudicato. Il Pnrr ha at-
formazione e domanda reale delle imprese, con percorsi tecnici e professionali più mirati” . Ma Brescia resta anche un territorio “disarmonico”, dove l’edilizia residenziale pubblica è concentrata nella città capoluogo mentre molte aree periferiche si spopolano. Da qui – secondo Ance – la necessità di un piano casa “sartoriale”, capace di leggere le specificità dei territori e di valorizzare le comunità locali
senza snaturarle. Un tema questo cruciale e che accomuna molte città in Italia. Oggi, secondo un’analisi di Ance, dieci milioni di famiglie con redditi fino a 24 mila euro non riescono ad acquistare casa nelle grandi città. Milano, Roma e Napoli restano le meno accessibili, ma anche Brescia, pur con prezzi inferiori, riflette la stessa tendenza: l’affitto o il mutuo possono assorbire fino alla metà del reddito familiare.

tivato una filiera virtuosa che va oltre i soli cantieri: secondo le stime del Cresme, ogni euro investito in infrastrutture genera effetti moltiplicativi sull’indotto, dal commercio ai servizi professionali, fino alla manifattura. In un contesto di competizione crescente Brescia mostra ancora una volta la propria efficienza: i tempi medi di affidamento, pari a tre mesi, sono i più rapidi dell’intera Lombardia.
La congiuntura economica del 2025
La buona performance a Brescia del settore delle costruzioni si innesta in una Congiuntura economica bresciana che — nonostante le tensioni geopolitiche i conflitti e la battaglia commerciale avviata da Donald Trump — continua a inviare segnali di vitalità. Dopo mesi di incertezza e oscillazioni, il quadro del secondo e del terzo trimestre 2025 mostra una ripresa dell’attività produttiva nel complesso del sistema
industriale, con il manifatturiero in crescita dell’1,4% tendenziale nel terzo trimestre (contro il +0,3% del secondo). In parallelo, il comparto delle costruzioni consolida il proprio ruolo di motore dell’economia locale, con dinamiche più stabili e strutturate rispetto al periodo delle agevolazioni straordinarie del Superbonus.
I primi sei mesi del 2025 hanno segnato per l’edilizia lombarda un ritorno a tassi di crescita significativi (+3,2% tendenziale). Brescia, che da sola pesa per una quota rilevante dell’attività regionale, si è distinta per un lieve incremento delle imprese attive (+0,2%), in controtendenza rispetto al dato medio lombardo (0,4%). Piccoli segnali che, letti insieme al volume dei bandi pubblici e all’effetto dei programmi Pnrr, restituiscono l’immagine di un territorio solido, capace di reggere la transizione verso una nuova fase del ciclo edilizio.
Al Saie presentato lo studio del Cresme e premiati i vincitori dei Cassa edile awards 2025
Con oltre 31mila visitatori, anche quest’anno la fiera Saie di Bari ha radunato professionisti, istituzioni e associazioni di categoria per offrire una panoramica completa sulle principali novità di prodotto e sugli argomenti fondamentali per la filiera: innovazione, efficienza energetica, trasformazione digitale e sicurezza. Tra gli appuntamenti del fitto calendario di iniziative in programma durante la tre giorni, la presentazione dei dati elaborati dal Cresme per la Cnce, presentati dal direttore Lorenzo Bellicini, nel corso del convegno nazionale “Welfare sociale e innovazione — presente e futuro delle costruzioni”. Dall’indagine è emerso che il sistema della bilateralità gioca un ruolo strategico nel settore dell’edilizia per garantire legalità, sicurezza e servizi di welfare, soprattutto di fronte alle sfide moderne che vedono, da un lato, una grande crescita dell'occupazione e, dall’altro, nuovi strumenti tecnologici e innovazioni da governare, mentre si insediano rischi connessi a dumping contrattuale e contratti pirata. A livello nazionale il sistema bilaterale si dimostra però solido e in salute con le 112 Casse edili italiane che intercettano quasi il 90% della nuova occupazione del comparto e forniscono 1.063 servizi ausiliari a sostegno dei lavoratori e delle loro famiglie. Nel 2024, il valore totale delle erogazioni ai lavoratori è arrivato a 33 milioni di euro. Dal 2019 al 2025 gli iscritti alle Casse edili sono passati da 451.000 a 714.000 lavoratori, con una crescita del 58,3%, mentre l’occupazione complessiva del settore delle costruzioni è aumentata del 25,9% (dati Istat). “I numeri presentati dal Cresme — dichiara il presidente della Cassa edile bresciana, Raffaele Collicelli, in coro con il vicepresidente Fabio Mascia — sono la riprova di come il sistema bilaterale dell’edilizia funzioni e sia capace di
Grazie all’iscrizione delle imprese in Cape, tanti vantaggi per la salute e il benessere degli operatori del settore
Con Sanedil, il fondo di assistenza sanitaria integrativa dedicato ai lavoratori delle imprese edili e affini, gli iscritti in Cassa edile possono beneficiare di un rimborso, nel limite del massimale annuo di 500 euro, per le spese sostenute per trattamenti fisioterapici. Questi possono

fornire risposte concrete a tutto il comparto. Risposte non statiche e immutabili, ma capaci di sostenere nel tempo l’intera filiera e di evolvere insieme con le trasformazioni che interessano il settore”.
Al Saie è stato riconosciuto anche, dalla Commissione nazionale paritetica per le Casse edili, il comportamento virtuoso, in termini di correttezza, trasparenza e rispetto delle regole, di figure e realtà che lavorano nel settore dell’edilizia. Per Brescia, delle 609 segnalazioni avanzate dalla Cape, è Aldo Bertolassi, lavoratore instancabile dal 1977, a portare a casa il premio Maratoneta, riconosciuto a chi, con la propria lunga carriera, ha contribuito in modo silenzioso ma determinante alla crescita del settore. Applaudito dalla platea — tra cui sedevano il presidente Collicelli e il direttore della Cassa edile Brescia Nicolò Depellegrin —, Bertolassi ha dimostrato, con il suo esempio, impegno, correttezza e dedizione, diventando un punto di riferimento per i colleghi più giovani. A ricevere un riconoscimento anche 455 aziende, 18 lavoratori e 136 consulenti del lavoro della provincia, a cui è stato consegnato il Bollino Cassa edile awards 2025, simbolo di eccellenza e affidabilità, conferito per valorizzare chi contrasta la concorrenza sleale attraverso comportamenti virtuosi, come la regolarità contributiva, la trasparenza e il rispetto delle regole.
essere eseguiti privatamente o tramite il Servizio sanitario nazionale (Ssn), purché con prescrizione, non antecedente i 12 mesi, del medico o dello specialista e indicazione della patologia.
In un settore come quello dell’edilizia, che richiede prestazioni anche fisiche nelle lavorazioni di cantiere, è prioritario mantenere il proprio corpo in salute anche attraverso controlli e trattamenti di fisioterapia.
Le imprese del comparto, con l’iscrizione alla Cassa, hanno dato ai propri operai la possibilità di ricevere le qualificate prestazioni sanitarie dei piani sanitari Sanedil, prenotabili ed effettuabili anche nelle strutture convenzionate ad
Unisalute. La richiesta di rimborso per trattamenti fisioterapici, che devono essere eseguiti da personale medico o paramedico abilitato in terapia della riabilitazione, con nominativo e qualifica riportati sul documento di spesa, sono da inviare tramite il portale Sanedil, accedendo alla sezione autogestione, allegando fattura, prova del pagamento e prescrizione.
Per maggiori informazioni è possibile contattare la Cassa edile di Brescia e visitare il sito www.fondosanedil.it.

Sulla soglia degli ottant’anni di attività, numeri che attestano l'impegno dell'ente per la formazione degli addetti del comparto e la sicurezza negli ambienti di lavoro
Icorsi erogati sono 660, per oltre settemila ore, e più di novemila figure formate nel corso del biennio 20232025, 2.267 visite di personale tecnico qualificato ai cantieri della provincia in meno di un anno, a cui si aggiungono altri 2.302 monitoraggi dall’ottobre 2023 al settembre 2024. Questo il bilancio portato a casa dall’Ente sistema edilizia Brescia (Eseb) che, sulla soglia degli ottant’anni di attività, s’impegna per la formazione degli addetti del comparto delle costruzioni e la sicurezza negli ambienti di lavoro del settore. Un riferimento sul territorio per tutto ciò che riguarda la preparazione scolastica, con l’ottenimento del diploma di Operatore edile e della qualifica di Tecnico edile, a cui può seguire un percorso
di alta formazione con i corsi erogati in sede dalla Fondazione Its Academy I Cantieri dell’Arte. “Innovativi, pratici e ad alto valore aggiunto — commenta il presidente dell’ente, il geometra Paolo Bettoni —. Così si distinguono le proposte formative e i percorsi del nostro ramo scuola, dove i ragazzi e le ragazze apprendono in aula, nei laboratori e sul campo, il futuro mestiere”. Dopo aver appreso le basi del-
la professione, Eseb accompagna poi gli operatori di cantiere durante tutta l’età lavorativa con corsi di formazione continua, mentre sono iniziati anche i primi appuntamenti del calendario di iniziative del progetto “Più formato più sicuro”, che beneficia del contributo di Regione Lombardia e Inail. “L’iniziativa — afferma il vicepresidente Raffaele Merigo — vede Eseb impegnata nell’organizzazione di corsi di
formazione aggiuntiva orientati a diffondere la cultura della sicurezza e della salute sul lavoro, promuovendo un aggiornamento continuo delle maestranze per diffondere competenze e consapevolezza sui rischi a cui si può incorrere nello svolgimento delle attività di cantiere”.
Il catalogo dell’ente (disponibile sul sito www.eseb.it) conta circa 40 tipologie di corsi, prevalentemente legati all’am-
Anche quest’anno Cdw Circle, che punta al riciclaggio totale dei rifiuti da costruzione e demolizione (Construction Demolition Waste) attraverso un innovativo impianto di selezione degli aggregati di calcestruzzo, ha partecipato a Ecomondo, la fiera dedicata alla sostenibilità, all’economia circolare e alla transizione energetica. Il progetto si è raccontato, grazie ai partner che lo hanno reso possibile, tra i quali Eseb, a una platea internazionale di professionisti, imprese e stakeholder negli spazi dello stand dell’Unione Europea.
bito della sicurezza, e spazia da tematiche di base, che costituiscono il primo gradino per comprendere le buone prassi del settore e per operare in sicurezza, a percorsi di formazione per la crescita professionale che si articolano in progetti didattici dedicati a operai e tecnici edili con l’obiettivo di un progressivo perfezionamento delle competenze.
Uno spazio dedicato lo trovano i corsi legati all’utilizzo dei mezzi di cantiere — macchine movimento terra, gru mobili, carrelli elevatori, gru autocarrate, gru a torre, piattaforme di lavoro elevabili — e quelli relativi ad ambiti specifici quali, ad esempio, l’esecuzione di lavori in quota o in ambienti confinati, le operazioni di montaggio, smontaggio e trasformazione del ponteggio o di rimozione dell’amianto, l’impiego in sicurezza dei diisocianati, legati all’obbligo di formazione sul rischio di esposizione ad agenti chimici, o ancora le attività di revisione, integrazione e apposizione della segnaletica stradale destinata alle attività lavorative che si svolgono in presenza di traffico veicolare.
Le proposte di Eseb sono rivolte ai lavoratori delle imprese del settore e sono gratuite per operai e impiegati con iscrizione attiva in Cassa edile di Brescia.
L’ente si occupa inoltre di affiancare le imprese edili per garantire il miglioramento delle condizioni di sicurezza nei cantieri. Coprendo circa 1.500 cantieri e fornendo consulenza a circa 2.000 aziende del settore, Eseb monitora direttamente in loco le attività dei cantieri attivi sulla provincia bresciana e offre gratuitamente un punto di riferimento e un supporto diretto per la programmazione, il controllo e la verifica di tutti i necessari adempimenti in materia di salute e sicurezza.
Eseb ospita il convegno regionale 2025: verso un nuovo paradigma di edilizia sostenibile
Come è noto, l’edilizia tradizionale incide fortemente
sull’ambiente per via di emissioni, consumi di energia, acqua e materie prime.
L’architettura moderna, diversamente, si pone l’obiettivo di progettare edifici capaci di coniugare il comfort e un minor impatto ambientale alla massima efficienza energetica. È in questo contesto che si inserisce la filosofia Passivhaus (anche nota come Casa Passiva), un nuovo standard edilizio applicabile sia ai nuovi edifici che alle ristrutturazioni, che aspira a progettare fabbricati a basso consumo energetico grazie a una serie di dispositivi definiti, appunto, passivi.
È nel solco di una simile trasformazione che il convegno
IG Passivhaus Lombardia, ospitato negli spazi dell’Ente sistema edilizia Brescia in via della Garzetta 51, ha rappresentato un momento di incontro di grande valore tra professionisti, aziende e istituzioni. Dedicato al tema degli edifici verdi e alla sfida di unire efficienza energetica, comfort e sostenibilità, il convegno ha proposto un programma dinamico, alternando sessioni tecniche e tavole rotonde, in cui sono stati illustrati diversi casi studio regionali. Un’occasione per delineare il percorso del settore edilizio verso modelli costruttivi sempre più consapevoli e a impatto zero.
Gli interventi
Si è partiti dalla consapevolezza che il patrimonio immobiliare italiano è in larga parte non conforme alle attuali esigenze di comfort abitativo, efficienza economica e sostenibilità ambientale, sottolineando la necessità di interventi mirati di

riqualificazione energetica. Alla luce di questo scenario, appare evidente l’urgenza di avviare progetti di riqualificazione edilizia orientati a una nuova filosofia di progettazione, fondata su efficienza, sostenibilità e qualità dell’abitare. L’evento si è sviluppato lungo cinque sessioni, durante le quali sono state trattate varie tematiche: dalla certificazione Passivhaus alla nuova direttiva Case Green, con Norbert Lantschner Ideatore e fondatore di CasaClima, fino alla presentazione di diversi casi studio e una riflessione sul ruolo dell’innovazione tecnologica. Alessandro Merigo, Presidente IG Passivhaus Lombardia, ha condotto la prima sessione con un’interessante introduzione sul tema della neutralità climatica nel settore edile, mentre l’assessore del Comune di Brescia Camilla Bianchi e l’assessore di Regione Lombardia Giorgio Maione sono intervenuti in merito alle politiche e ai progetti delle istituzioni locali. Alla presentazione dei casi studio da parte di Marco Bevilacqua, Lina De Maron, Ettore Pedrini e Raffaele Ghillani, è seguita
un’approfondita panoramica sul tema PH a livello globale, nazionale e regionale, condotta da Marco Filippini e Giuseppe Franco. A chiudere la giornata, una tavola rotonda che ha messo a confronto Ance, progettisti, produttori, istituzioni e amministratori di condominio.
Lo standard Passivhaus: energia minima, comfort massimo
Nato in Germania e oggi diffuso a livello globale, il protocollo Passivhaus è in grado di adattarsi alle specifiche condizioni climatiche dei luoghi. Negli edifici strutturati secondo questa filosofia, le dispersioni termiche sono ridotte al minimo, senza necessità di ricorrere a impianti di riscaldamento tradizionale. Il fabbisogno energetico, infatti, è coperto da soluzioni passive e gratuite, come il calore solare, quello prodotto da persone ed elettrodomestici e il suo recupero dall’aria di ventilazione. Elevato comfort abitativo, riduzione dei consumi energetici fino al 70% e ottima qualità dell’aria sono gli elementi che rendono questa nuova tipologia di progettazione particolarmente apprezzata e di successo.

Dalle newsletter settimanali di novembre e dicembre 2025, una panoramica su alcune delle ultime novità in tema di lavori pubblici e lavoro. Tutte le notizie sono riportate anche sul sito internet dell’Associazione: ancebrescia.it.

novembre / Codice appalti. Commissione Europea: le norme italiane non sono ancora pienamente conformi alle direttive Ue
La Commissione europea ha inviato all’Italia una terza lettera di costituzione in mora supplementare per il mancato recepimento corretto di alcune disposizioni delle Direttive europee sugli appalti pubblici (2014/23/Ue, 2014/24/Ue e 2014/25/Ue). Secondo la Commissione, le nuove norme del Codice dei contratti pubblici adottate nell’aprile 2023 e modificate nel dicembre 2024 non sono ancora pienamente conformi alle direttive europee, in particolare per
quanto riguarda le procedure di aggiudicazione dei contratti di project financing e le regole sulla divulgazione dei segreti tecnici e commerciali contenuti nelle offerte di gara. Per approfondire: www.ancebrescia.it.
novembre /
Anac e attività Soa. Aggiornato il manuale sulla qualificazione per lavori superiori ai 150mila euro
Anac ha predisposto il nuovo manuale sull’attività di qualificazione per l’esecuzione di lavori pubblici di importo superiore a 150mila euro, adeguandolo al nuovo Codice dei Contratti, nella versione attuale post Correttivo. Il provvedimento recepisce le novità
introdotte dal d.Lgs. n. 36/2023 e dal d.Lgs. n. 209/2024 (“Correttivo Codice”). Oltre all’aggiornamento dei riferimenti normativi, sono stati inseriti e rivisti i singoli pronunciamenti adottati da Anac successivamente alla prima pubblicazione, aggiornando la disciplina dell’attività di attestazione, sia alla luce degli interventi del legislatore, sia del consolidarsi di pronunce giurisprudenziali, nonché delle più
recenti indicazioni fornite dall’Autorità. Scopri gli interventi più rilevanti sul sito dell’Associazione. Gli uffici di Ance Brescia rimangono a disposizione per eventuali chiarimenti.
novembre / Nuove soglie europee per i contratti pubblici dal 2026
Con tre distinti regolamenti delegati adottati il 22 ottobre

2025 e pubblicati nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea del 23 ottobre 2025, la Commissione europea ha provveduto al periodico aggiornamento biennale delle soglie di rilevanza comunitaria previste per l’affidamento di appalti pubblici e concessioni, da ultimo aggiornate rispetto al biennio 2024-2025. Dal 1° gennaio 2026, pertanto, entrano in vigore le nuove soglie Ue per appalti, concessioni e settori speciali. La revisione determina un leggero abbassamento dei valori soglia. Dal punto di vista operativo, ciò probabilmente comporterà un lieve aumento delle procedure che supereranno il limite comunitario. Per maggiori informazioni contattare gli uffici di Ance Brescia.
LAVORO
novembre / Ccnl 21 febbraio 2025. Riduzione dell’aliquota Fnape: ricadute sulla contribuzione verso Cassa edile e nuove tabelle del costo manodopera
Ance e le Organizzazioni sindacali nazionali hanno definito un piano straordinario di benefici per imprese e lavoratori, realizzato mediante l’utilizzo di strumenti e risorse del sistema bilaterale. Con riserva di tornare sui singoli strumenti non appena saranno diramati da Ance i chiarimenti operativi e/o i relativi regolamenti, segnaliamo alle imprese che a decorrere dal 1° ottobre 2025, le singole aliquote regionali di versamento al Fnape sono ridotte del 15%. Pertanto, l’aliquota riferita alla Regione Lombardia, pari,

fino al 30 settembre 2025, al 3,33%, scende, in virtù delle nuove determinazioni derivanti dall’accordo da ultimo intervenuto, al 2,83%.
Sul sito di Ance Brescia è stata ricapitolata la struttura della contribuzione dovuta dalle imprese per gli operai alla Cassa edile, con riferimento alle sole voci assistenziali, alla luce delle modifiche avvenute. Il Servizio sindacale di Ance Brescia ha già aggiornato, stante le variazioni contributive sopra riferite, le tabelle del costo della manodopera che sono, quindi, a disposizione delle imprese associate che ne facessero richiesta.
novembre / Ministero del lavoro: riduzione contributiva per i datori di lavoro del settore edile
Il Ministero del Lavoro di concerto con quello dell’Economia ha emanato il Decreto direttoriale del 29 settembre 2025 che
determina, per l’anno in corso, la riduzione contributiva nella misura dell’11,50% per i datori di lavoro del settore edile. Ricordiamo che l’agevolazione si applica sull’ammontare delle contribuzioni, diverse da quelle di pertinenza del Fondo pensioni lavoratori dipendenti, dovute all’Inps per gli operai con orario di lavoro di 40 ore settimanali. Ance Brescia si riserva di comunicare tempestivamente le indicazioni operative che l’Inps fornirà al riguardo.
novembre / Fondo Prevedi. Disciplina del contributo contrattuale: importo sostitutivo per rapporti di lavoro inferiore ai tre mesi di durata
Cnce ha diramato i chiarimenti relativi alle ricadute contributive e fiscali sull’importo sostitutivo erogato dalle imprese ai dipendenti il cui rapporto di
lavoro non raggiunga i tre mesi di durata. Con l’accordo tra le Parti Istitutive del Fondo Prevedi si è previsto dunque che l’obbligo di versamento al Fondo da parte del datore di lavoro del cd. “contributo contrattuale” decorra dal momento in cui il rapporto di lavoro del dipendente interessato superi i tre mesi.
Agli impiegati il cui rapporto di lavoro abbia avuto una durata inferiore ai tre mesi, dovrà essere riconosciuto dal datore di lavoro, al momento della cessazione del rapporto, un importo lordo calcolato secondo i criteri indicati dall’Accordo stesso. Nel caso in cui il rapporto di durata inferiore ai tre mesi interessi un operaio, invece, l’importo di cui trattasi sarà versato dall’impresa, al netto delle ritenute di legge, alla competente Cassa Edile/Edilcassa, che provvederà a riconoscerlo al lavoratore in concomitanza con l’erogazione della Gnf. Il Servizio sindacale di Ance Brescia resta a disposizione per ogni ulteriore chiarimento si rendesse necessario.
















