Ambasciata Teatrale - Settembre 2012 - Numero 7 Anno IV

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Esperienze

Firenze romantica 1

Segue dalla prima

di James O'Mara

E riduciamo anche i Conservatori di Gregorio Moppi 2. 3.

4.

5.

Entri nelle aule scolastiche, perlomeno nei licei, la storia della musica. E’ inconcepibile che un italiano colto conosca Dante e Manzoni, Kant, Cesare e Michelangelo, ma non abbia cognizione di Beethoven, Rossini, Stravinskij. Ridurre il numero dei Conservatori. Oltre settanta scuole che hanno lottato anni per ottenere un’effimera equiparazione all’università ricevendo tutti, alla fine, la patente di Istituti di Alta Formazione (proprio così, con la tripla maiuscola). Buon per loro. Ma chi dovrebbe occuparsi della bassa formazione? Le rare scuole medie a indirizzo musicale? I rarissimi licei musicali? E’ la solita storia italiana, troppi generali. Sarebbe più utile alla collettività che, dei Conservatori, qualcuno tornasse tra i sottufficiali. Parificare come minimo la pratica della musica a quella dello sport. Per un ragazzo fra i 5 e i 18 anni che fa sport, il genitore può detrarre dalla dichiarazione dei redditi il 19% della cifra spesa in iscrizioni e abbonamenti a una società sportiva, a una palestra, fino a un massimo di 210 euro. Andrebbe consentito anche al genitore di un ragazzo che frequenta una scuola di musica. Fare tutti molto molto di più.

Emozioni

Segue dalla prima

Cantala ancora, fammela riascoltare di Francesco Cury

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ella sensibilità dell’interpretazione l’orecchio fa da traghettatore e lo spirito, trasportato dal peso della propria esistenza, da ricordi, impressioni, crea immagini che l’animo assimila stimolando le cellule celebrali che, godendo di note ed emozioni sempre nuove, scalpitano e si dimenano, ballano e cantano, creano pensieri e svolgono la loro magnifica capacità di renderci pensanti, liberi e inclini alla meraviglia. Mi capita di ascoltare la stessa canzone o lo stesso disco anche venti volte consecutive per giorni e giorni. So che la risposta è lì, mi calmo, mi rilasso, mi concentro e aspetto il momento per rapirla e farla mia, personale e universale. E da quell’istante non mi lascerà più.Ti prego cantala ancora, fammela riascoltare dai.Viva, perché viva è, la musica, grazie agli artisti e ai loro straordinari strumenti.

Pieni d’Islam Macché nenia, è melodia del tappeto di Giovanni Curatola

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un orecchio poco allenato o di scarsa sensibilità i modi tonali della musica islamica appaiono come nenie ripetute: niente di più falso. Si gioca, invece, sui microtoni, si eseguono variazioni infinitesimali sullo stesso tema, si esplora il micro-tono per raggiungere (talvolta) la sensazione delle infinite possibilità di espansione del suono. Dio è l’Infinito. Irrapresentabile. Proviamo, ora una via diversa: se si analizza il tappeto (cosiddetto Ushak a disegno piccolo), si nota subito che lo schema sottostante è sempre il medesimo e che esso viene ripetuto con semplici ma visivamente molto efficaci variazioni dei colori che lo compongono. Se si sostituisce una nota a un colore avremo una melodia con variazioni sullo stesso tema, ripetuto, anche questa volta con la possibilità di accennare e alludere all’Infinito. Il tappeto diviene una musica di lana.

Gesti teatrali Nonno Milo andò nel bosco e costruì un magico trombone di Alberto Severi

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li altri bambini del paese, quasi tutti, sapevano fare le trombette con le foglie di zucca. I gesti per costruirle erano semplici e veloci. Bastava prendere la foglia da una zucca abbastanza sviluppata, e col temperino tagliarla via, con tutto il suo gambo. Poi si eliminava l’ombrello, stando bene attenti a tagliarlo sulle sue due o tre venature nel punto più vicino al gambo, perché proprio in quel punto doveva essere praticata un’incisione longitudinale di circa due centimetri. Si forzavano leggermente le due labbra così ottenute, si metteva in bocca e si soffiava. I gesti erano rapidi, fin troppo disinvolti: ma il suono finale della trombetta vegetale più che un suono era un rumore vibrante, una pernacchia. Il cui pregio principale era quello, se emesso all’improvviso e/o ripetuto a oltranza in un consesso di adulti, di far saltare i nervi a quest’ultimi: con effetto comico, sebbene col rischio, calcolato, di una labbrata atta a colpire, insieme, strumento e strumentista. Ma anche a Saverio, che pure aveva solo otto anni, le trombette, non piacevano, e le loro pernacchie risultavano irritanti. So-

prattutto dal giorno in cui suo nonno Milo gli aveva insegnato a costruire, e a suonare, il Trombone. Lo aveva fatto sedere, nel bosco, su un tronco abbattuto di castagno e poi gli aveva detto: “sta’ a vedere, e impara”. Allora, col coltello a serramanico, aveva tagliato da un castagno giovane un grosso virgulto, e ne aveva incisa ad elica la scorza, staccandola via, con un gesto sicuro ed elegante. Poi, posata la scorza elicoidale sul tronco dove stava seduto Saverio, lo aveva invitato a scegliere assieme a lui, da un cespuglio di rovo, le spine più robuste, e, con quelle, avevano fermato la scorza, dandole la forma di una specie di tromba imbutiforme. Era stata un’operazione lunga e laboriosa, Saverio si era punto i polpastrelli con le spine, ed era stato necessario arrestare il sangue tamponandolo con un fazzoletto. Il nonno (a questo punto un po’ sudato e tremante), aggrottando le sopracciglia canute, aveva prelevato col coltello un altro pezzo di scorza, circa cinque centimetri, da un altro virgulto di castagno molto sottile, lavorandolo sempre con la solita tecnica. Quindi, col pollice e l’indice, aveva strozzato

la cannuccia ottenuta dal lato più sottile, e l’aveva introdotta, dalla parte più stretta, nel Trombone. Infine, aveva porto solennemente lo strumento a Saverio, dicendo: “Toh, suona questo”. E Saverio aveva suonato. Un suono magico. Potente. Virile e profondo. Che sembrava raccontare il castagno, l’uomo che l’aveva inciso e lavorato, i suoi gesti, il sudore e l’ingegnosità della sua costruzione. Una musica, non una pernacchia. Secondo molti critici, l’eco di questa iniziazione infantile, raccontata da Saverio Berna nella celebre autobiografia Cuor di Castagno, risuona in alcune delle più belle composizioni jazz del periodo newyorkese, da Kind of Madness, dove all’inconfondibile tromba di Berna si affianca il mitico sax di John Coltrane (1965), a Pretty Body of Mylady, impreziosito dai sensazionali duetti con Miles Davis, e giustamente premiato col Grammy Award (1970). Sipario.

per Chris Cornell, voce dei Soundgarden, Alanis Morrisette o Morrissey, a settembre, precisamente il 23, sono slittati i Radiohead, in prima battuta dati per il primo luglio. Anche per la band del frontman con l’occhio guercio da pirata Tom York è un gradito ritorno dopo l’esibizione, anche questa una decina di stagioni prima, al Piazzale Michelangelo. Confermata la location del Parco delle Cascine. Creep farà ancora una volta vibrare l’Arno e dintorni, Paranoid android scalderà le coscienze, Karma Police striglierà, No surprises riappacificherà la rabbia repressa. Più in piccolo (ma il piccolo poi cos’è?) sempre a settembre, due date dei pisani Gatti mezzi, all’interno del cartellone folcloristico e co-

lorato di Utopia del Buongusto, spettacoli nelle province toscani e paesi arroccati, con il recital Lisciami, l’8 a Casciana Terme e il 13 a Fucecchio. Con loro il clown Andrea Kaemmerle, con il suo personaggio svagato, stralunato sognatore, ingenuo e naif, tenero e toccante. Se siete in crisi d’astinenza di watt e audio, di strumenti e corde, di arie e fiati vi potete però già preparare, cominciare a riscaldare la carta di credito per gli acquisti on line, i piedi e le caviglie per la fila al box office. Appena ritorna il freddo ecco una doppietta d’eccezione da non lasciarsi sfuggire, due vecchi leoni: prima Ennio Morricone, il 3 novembre al Mandela Forum, Paolo Conte il 16 al Teatro Verdi.

PS. Ovviamente, Saverio Berna è un personaggio di fantasia, “teatrale”: dunque non reale, ma vero.

In scena Una musica può fare di Tommaso Chimenti

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e l’inverno è deputato e destinato al chiuso di un teatro, per ovvie ragioni meteorologiche ed atmosferiche, l’estate e la bella stagione, che negli ultimi anni si è prolungata fino ad autunno inoltrato, è fatta per stare all’aperto, una birra in mano, molleggiare il tronco in mezzo a tanti altri, maglietta e pantaloni corti, gli occhi rapiti in un grande concerto guardando le stelle, senza più tetti a chiudere la visuale. Sarà la musica che gira intorno. Dopo i concertoni estivi che hanno caratterizzato Firenze, dal ritorno del Boss dopo dieci anni, a quello di Madonna, dopo addirittura venticinque, ed ancora l’inaugurazione rock, finalmente, della Cavea del Nuovo Teatro dell’Opera, luogo magico, con gli Afterhours passando


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