Dalle Dolomiti Alle Ande

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Sotto un cielo nero come la pece, con lampi che squarciano l’orizzonte ci rimettiamo in marcia. Durante questa traversata riportiamo i punti satellitari sulla nostra carta geografica, ed abbiamo così l’esatta percezione della vastità del Brasile. Arriviamo a Santarem: ci sentiamo frullati e centrifugati. Quando in campeggio esibiamo con orgogliosa sufficienza i nostri fuoristrada inzaccherati e malconci, su una carta geografica facciamo vedere da dove veniamo, tutti hanno un’esclamazione di stupore e battono le mani. Il porto fluviale, che vive del grande traffico commerciale, è anche punto di partenza di viaggi più o meno avventurosi tra i garabe, infinite isole di cui è costituita in gran parte la foresta Amazzonica. Anche noi con una lancia risaliamo il Rio Tapajòs affluente del Rio delle Amazzoni, che deve il suo color caffelatte all’immensità di limo che si trascina dietro nel suo lento andare verso il mare. Con le nostre macchine creiamo scompiglio in un sobborgo di pescatori, per poco non tranciamo un cavo troppo basso della linea elettrica ed infine, all’ora di pranzo, riusciamo a non prendere l’epatite in una baracca di paglia “tutto pesce”. Foreste, villaggi di case in paglia allineate sui due lati della pista, laghetti popolati di aironi e di ogni specie di uccelli, improvvisi temporali, fiammeggianti tramonti: questa è la Transamazzonica; ci siamo lasciati avvolgere dal suo abbraccio per otto giorni, 1830 km e due fusi orari. Le impressioni che si ricavano sono fortissime, perché la natura è ovunque prorompente, assale con profumi, suoni, fiori e incontri con animali che ci fanno di nuovo riflettere sul fatto che questo grande polmone verde è patrimonio dell’umanità che per essere tutelato richiederebbe grandi strategie internazionali. Giungiamo appena in tempo ad Alter do Chao per assistere all’evento folcloristico più importante del Parà occidentale: la festa do Cairè. Le sue origini risalgono forse ai simboli usati dai primi missionari per convertire gli indigeni.


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