AGe stampa 5/2012

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SPECIALE ANDREA

Andrea è partito da lontano Le esperienze e i premi di qualità Nell’ultima edizione, spazio al progetto di dialisi per neonati di Vicenza e al riconoscimento, tra gli altri, alla terapia intensiva neonatale di Viterbo di Chiara Crivelli* Andrea quest’anno è partito da lontano. La macchina che ha organizzato a Vicenza la dodicesima edizione del convegno nazionale degli Ospedali del Network si è messa in moto molto prima del 15, 16 e 17 novembre, con il coinvolgimento dei genitori associati alle Age locali insieme con gli educatori e i professionisti della salute: sei incontri per macro aree nei mesi di ottobre e novembre (Ronco all’Adige – Vr; Mogliano Veneto – Tv; Lonigo – Vi; Thiene – Vi; Rovigo; S.Elena d’Este – Pd), tutti molto partecipati, che costituiscono l’inizio di una riflessione comune intorno ai temi della salute e dell’umanizzazione (ne parliamo in dettaglio a pagina 18). Il convegno che quest’anno ha avuto come tema “Curare, assistere, educare. La salute comincia in famiglia e nell’ambiente in cui viviamo. L’ospedale e il territorio per Andrea” è stato inaugurato, per significare la centralità che la famiglia ha nel percorso di cura, da una famiglia dell’Age: Siro e Sonia, con i loro figli Amos, Ismaele, Fatima e Zaccheo, affiancati dal Vescovo di Vicenza, monsignor Beniamino Pizziol, Sono intervenuti, a testimoniare la vicinanza all’Age e la necessità di realizzare reti tra famiglia, istituzioni, scuole, ospedali, il direttore Generale dell’Ussl 6 di Vicenza Antonio Alessandri, Daniela Sbrollini, membro della commissione bicamerale per l’infanzia e l’adolescenza. Presenti medici e infermieri del Network di Andrea e dell’Ospedale San Bortolo di Vicenza, genitori dell’Age, autorità politiche, amministrative, scolastiche e religiose. La prima giornata ha proposto idee e valori coniugati ad esperienze concrete di eccellenza. Fra queste, l’affascinante lezione magistrale tenuta da Claudio Ronco, direttore della Divisione di Nefrologia dell’Ospedale San Bortolo di Vicenza, ci ha condotto attraverso un’avventura che ha le sue radici nella passione per la ricerca di ogni strumento che migliori la possibilità di cura per patologie gravissime, potenzialmente mortali, come l’insufficienza renale. Il progetto Carpe Diem nasce in un ospedale con una tradizione millenaria, e ha portato alla istituzione dell’International Renal Research Institute, che attualmente accoglie alcune decine di ricercatori provenienti dalle università di tutti i continenti. Fino agli anni ‘80 era impensabile e impossibile la dialisi per un neonato: le macchine non avevano la possibilità di taratura applicabile a un corpicino di qualche chilo, i filtri non erano adeguati per una ridotta quantità di flu-

ido, e in questo campo, un minimo errore è letale. La capacità di coinvolgere professionalità diverse: medici, infermieri, ingegneri, tecnici (alcuni dei quali provenienti dalla “dialysis valley”, il polo di eccellenza in biotecnologie di Mirandola e Carpi, così colpito dal terremoto di quest’anno) ha portato l’équipe di Vicenza a sperimentare filtri più piccoli, tubicini più piccoli, macchine con taratura minore, fino ad arrivare alla Cardio Renal Pediatric Dialysis Emergency Machine (Carpe Diem, appunto) specifica per la dialisi dei neonati, realizzando un principio che è caro al Progetto Andrea: il bambino non è un adulto in miniatura, ha diritti propri, dunque, ha diritto ad avere strumenti adeguati che affrontino le sue difficoltà. Questo progetto, un’eccellenza dell’Ospedale San Bortolo, fa capire come la ricerca sia possibile anche in ambienti non universitari, ma necessiti di passione, di coinvolgimento, di dedizione. Il prototipo, ora in sperimentazione clinica, è stato realizzato nel 2010: una macchina, ha detto il professor Ronco, «piena di tecnologia italiana, ma soprattutto di etica e di amore, a misura di bambino». Michela Possamai, dell’Ufficio scolastico regionale del Veneto, descrivendo il sistema delle scuole in ospedale e dell’istruzione domiciliare (realtà a pochi conosciuta, ma tratteggiata da grande professionalità unita a sensibilità, e competenza umana e relazionale) ha sapientemente coniugato diritto all’istruzione e diritto alla salute, secondo un approccio sistemico, ecologico. Citando Bateson (“nel mondo degli essere viventi non esistono mai cose, ma persone”), la professoressa Possamai ha individuato il nesso fra diritto alla salute e diritto all’istruzione: siamo con persone, che hanno lo status di “minore”, orfani fino alla metà del ‘900 dei loro diritti. E se, come diceva Don Milani «la scuola ha un solo problema, i ragazzi che perde», potremmo anche dire che lo stesso vale per la sanità. Non significa necessariamente non avere fatto tutto ciò che tecnologia e scienza consentivano, ma la differenza sta nella modalità con cui l’abbiamo fatto. Ciò che rende simili scuola e sanità è avere a che fare con persone e trattarle in modo umano. Ha concluso i lavori della prima giornata don Edmondo Lanciarotta, responsabile per il Triveneto della pastorale dell’educazione, scuola e università, aprendo a domande importanti sul confronto con il dolore, la sofferenza e la morte, esperienze quotidiane che nella realtà sanitaria interpellano i significati attribuiti alla vita, alla sua dignità e qualità.


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